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Autore: _diana87    27/10/2014    4 recensioni
"E va bene, vi dirò tutto, ma voi dovete lasciarmi parlare senza interrompermi, okay? Fate finta che vi stia raccontando una storia... agente, lei sa come funziona un romanzo, mi auguro... c’è un prologo, che potremmo identificarlo in questo momento, in cui il bravo ragazzo viene scambiato per un traditore e cerca di convincere la polizia che lui non c’entra niente... poi c’è il corpo, che è la parte centrale in cui vi racconto come si sono svolti i fatti... infine, c’è l’epilogo, in cui c’è la resa dei conti e la morale della storia... perché ogni racconto ha sempre la sua morale..."
Genere: Guerra, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Richard Castle, Sorpresa | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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L’indomani della discussione, Kate riappare al Dodicesimo sorridendo a tutti, perfino a Sonny e Owen, che arrossiscono per la vergogna. Soddisfatta del suo atteggiamento da dura e matura, la detective passa accanto a loro, senza mostrare nemmeno un segno di rancore.
Il centro del distretto è il solito viavai di agenti; il maxischermo perennemente acceso al centro e in alto, le mostra la mappa dell’Afghanistan. Due punti rossi attirano la sua attenzione. Tora Bora e Saqlawiyah.
“Secondo te la CIA a quanto me lo può vendere quello schermo?”
La voce di Javier la mette già di buon umore, facendola trattenere dallo scoppiare a ridere.
“Espo, guarda che non è un televisore.”
“Pensa ai film che potrei vedere con il Dolby Surround...” il detective non ascolta la voce del suo superiore, che lo guarda mentre con gli occhi sognanti si immagina di trasportare quel maxischermo a casa propria.
Il sorriso mattutino svanisce subito appena pensa alla sua di casa e a quella che condivideva con Castle.
Abbassa la testa, e alza le sue difese, come le è solito fare, per coprire il viso pieno di malinconia.
“Ehi Beckett... la Gates ti cercava.” Kevin si ferma stoppando davanti ai due. In mano ha una cartellina. “Voleva sapere se sei stata informata sul resoconto della riunione dell’altro giorno... sai prima che tu te ne andassi...”
Kate si morde il labbro ripensando a quel momento imbarazzante.
Javier la conosce bene senza neanche voltare lo sguardo, e quindi ammonisce l’amico. “Come sei delicato, fra!”
“Sì, l’agente Jones mi ha accennato qualcosa...”
I due si girano verso Kate, entrambi trasalendo.
“L’agente Jones? Ora vi vedete anche in privato?”
“Te l’abbiamo detto che non ci piace?”
La detective li guarda. Tutti e due con le mani sui fianchi, sguardo fisso su di lei. Sembrano due comari che non vedono l’ora di conoscere l’ultimo succulento pettegolezzo. Si chiamano ‘fratello’ l’un l’altro per un motivo. Un nomignolo che hanno trasmesso anche a Kate, come a dirle che loro prima di essere una squadra sono una famiglia, e nessun altro elemento deve andare a spezzare quest’equilibrio. Un sorriso di comprensione e di orgoglio le compare sul volto.
“Ragazzi, calmatevi. Apprezzo le vostre premure, avete paura che mamma e papà si lascino, ma io non sto assolutamente tradendo Castle! Mike è solo un buon amico.”
“Odio il suo accento.” Dice Kevin, lasciando andare le braccia in basso, che cadono a peso morto. Contorce tutto il viso in una smorfia di disprezzo pensando all’agente dell’Interpol.
“Io odio proprio gli inglesi.” Javier conferma il parere dell’amico. Kate guarda prima uno e poi l’altro trattenendo le labbra dentro la bocca. Il teatrino sta prendendo piega e lei sta per scoppiare a ridere. “Chi si credono di essere con i loro modi e il senso dell’umorismo?” il portoricano alza il tono di voce spalancando le braccia, poi in falsetto tenta di imitare la voce di un inglese dell’Inghilterra, uno di quei personaggi che si vedono nelle serie televisive di costume. Sventole le braccia come una signorina, apparendo più gaio possibile. “Uh guardatemi, ho fatto un giretto al Saint James’s Park oggi a raccogliere fiori, proprio come un personaggio di Downton Abbey!”
Mentre il teatrino è di scena, tra Kate che si trattiene dal ridere con il pugno posato sulla bocca e lo sguardo rivolto dall’altra parte, Kevin improvvisamente sbianca e tossisce più volte chiamando l’amico per nome.
A schiarire la gola più forte ci pensa Mike Jones. “Detective Esposito, mi fa piacere vederla di buon umore. Immagino che possa illuminarci sugli ultimi risultati ottenuti su Sayf Al-Islam.”
Chiamato in causa, Javier si volta, seguito da Kate. Il portoricano si mette sull’attenti, petto in fuori e spalle dritte, e fa un cenno col capo all’agente inglese.
 
La squadra di Beckett resta a guardare Christina Finch e Victoria Gates che tranquillamente parlano tra loro. In piedi, una di fronte l’altra, ogni tanto sorseggiano il caffè che hanno in mano, lasciandosi andare a qualche bonaria risata di tanto in tanto. Quelle due vicine, due grandi donne da una forte personalità attiva, sono una minaccia alla sicurezza del Dodicesimo.
Come leggendosi nel pensiero, Eposito e Ryan si lanciano uno sguardo di terrore.
“La fine del mondo è vicina!”
Kate si volta verso di loro sorridendo sotto i baffi.
“Espo, fossi in te non farei lo spiritoso, visto che ti spetta l’interrogazione davanti tutta la classe!”
La detective alza il sopracciglio alludendo all’entrata dell’agente Jones nella sala. Tutto chiuso nel suo completo scuro, sente il bisogno di allentare la cravatta quando incrocia lo sguardo di Kate. Lei, da parte sua, si sente in soggezione e abbassa gli occhi evitandolo. Kevin Ryan che si schiarisce la voce la costringe a rialzarli.
“Io direi di sederci nelle postazioni davanti, da bravi studenti.”
“Ci siamo capiti!” concorda Kate, facendo l’occhiolino ai suoi due colleghi.
Christina schiocca la lingua e batte le mani richiamando l’attenzione degli agenti. Sul volto ha ancora un lieve sorriso, derivante dalla conversazione con la Gates, che però sparisce per dar spazio ad un viso più teso e duro. Gli occhi sono puntati su ciascuno dei presenti, come se li studiasse uno a uno.
Percepisce la tensione tra Javier, Kevin, e Sonny e Preston, costretti a condividere la stessa porzione di scrivania. Come i bambini, stanno gomito a gomito uno contro l’altro, facendo a gara a chi resiste di più. La Finch scuote lievemente la testa, decidendo di ignorarli.
“Signori, grazie per essere di nuovo qui, come tutti i giorni ormai. Detective Beckett, è un piacere averti con noi.”
Kate avvampa e si limita a un sorriso forzato, nascondendo il viso tra i folti capelli.
“Stamattina io e la cara Victoria ci siamo ritrovate a fare il punto della situazione. Hayley, puoi accendere il maxischermo?”
Mentre la traduttrice esegue il comando con un semplice click dal suo pc portatile, Javier e Kevin si scambiano l’ennesimo sguardo di paura. Ora la Gates è diventata “la cara Victoria”. La fine del mondo è davvero vicina.
“La base in cui si trova Nasir Sayf Al-Islam è a Saqlawiyah, in Afghanistan. Corrisponde a quella attuale di Al-Qaida, e fin dai tempi di Osama Bin Laden, è sempre stata una forte roccaforte del terrorismo internazionale. Riteniamo che Richard Castle possa trovarsi prigioniero in quella roccaforte.”
L’immagine di Richard Castle compare sul maxischermo. Con quel suo sorriso sghembo e lo sguardo malizioso, sembra uscito da una rivista di gossip.
Kate sussulta sentendo il cuore batterle a mille. Come se avesse la sensazione che le stia per uscire dal petto, poggia una mano, tesissima e distesa, sul petto.
“Ora vi chiedo di mantenere lo stretto riserbo riguardo le informazioni che state ricevendo, perché è importante non creare il panico. Informerò il Presidente che deciderà di inviare un blitz per liberare lo scrittore.”
La detective non sente più nulla di ciò che la Finch sta dicendo. Il corpo è lì, ma il cuore e la mente sono assenti.
Sa dov’è il suo Rick.
L’eventualità di incontrarlo diventa possibile.
Sorride immaginando di andargli incontro vestita da sposa, l’acconciatura perfetta e gli occhi che le brillano di gioia. Lei urla il suo nome, lui si volta, ricambia il sorriso e si mette ad aspettarla per abbracciarla. L’immagine sfuma quando sente la Gates parlare a gran voce.
“... per questo ritengo che se vogliamo salvare il signor Castle, dobbiamo contribuire tutti quanti.”
Le basta quella frase per mettere in moto il cervello. Alza la mano verso l’alto, come una studentessa.
“Io mi offro volontaria.” Dice una prima volta, ma nessuno si volta per ascoltarla.
“Capisco cosa intendi, e ti stimo tantissimo, Victoria, ma ti ricordo che nessuno dei tuoi detective è addestrato abbastanza...”
“Imparano in fretta, Christina!”
“Mi offro volontaria!” stavolta alza il tono della voce. Esposito e Ryan la fissano spalancando gli occhi; Mike, i suoi due agenti e Hayley fanno altrettanto.
“Beckett, che diavolo fai?”
Lei non li sta a sentire.
Victoria Gates e Christina Finch hanno iniziato a parlare animatamente a voce alta.
Si schiarisce la gola, in preda ad una crisi nervosa.
“Mi offro volontaria!” Adesso stanno a sentirla. Il tono di voce ha superato quello delle due donne che si sono girate a guardarla come se fosse pazza. Vedendo gli occhi puntati su di lei, Kate prende a parlare. “Mi offro volontaria per andare sotto copertura. Se è l’unico modo per avvicinarsi a Castle, io sono pronta a correre il rischio...”
Christina guarda prima la Gates, poi poggia dei fogli sul tavolo davanti a lei. Prende a toccarsi la tempia, sentendola pulsare. Evidentemente, come il capitano del suo distretto, il funzionario della CIA non crede che sia una buona idea. “Detective, è una missione pericolosa... non siamo addestrati per questo...”
“Ma sono addestrata per riconoscere Richard Castle in un paese straniero. Anche se indossasse altri abiti e avesse barba e capelli lunghi, io lo riconoscerei tra mille, perché vedrei i suoi occhi e sentirei il suo profumo.” Kate è completamente andata. Immersa nei ricordi dell’uomo che ama, parla di lui davanti a gente che conosce a malapena, senza neanche vergognandosene. Questo è un grandissimo passo per lei, ma appena si rende conto degli sguardi increduli puntati su di lei, in primis quelli dei suoi due colleghi che la fissano scuotendo leggermente le teste, la detective deglutisce, e guarda la Gates, trattenendosi per l’emozione. “La prego, capitano.”
Per la prima volta, la Gates non riesce a pronunciarsi. Tutti si aspettano una risposta da lei che sia austera, del tipo ‘Non faccia sciocchezze, detective. Questa è la guerra, non stiamo a pettinare le bambole!’, nel suo stile tipico che l’aveva definita Iron Gates. Invece guarda la sua detective preoccupatissima.
“Mi sembra un piano sensato, Victoria.” Christina le tocca una spalla facendole voltare la testa per guardarla. “La tua detective sa cosa vuole. E poi questo è l’unico modo per non creare confusione con un blitz.” Anche la Gates sta trattenendo l’emozione e si prende del tempo per farla andar via, prima che il distretto scopra la sua umanità dietro quel suo essere di ferro.
“Va bene, detective. Se ti senti pronta, puoi iniziare anche subito l’addestramento.”
 
Mike resta a guardarla appoggiato sulla soglia della porta. Kate è in piedi, non curandosi della sua presenza, perché concentrata a leggere degli appunti che Javi e Kevin hanno preso per lei in sua assenza. Sorride, mettendosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio e mostrando all’agente inglese il suo profilo felice. I suoi colleghi e amici sono dei gran casinari quando stanno insieme, ma tuttavia si preoccupano per lei e da bravi studenti si sono presi la briga di prendere qualche appunto.
“Sicura di voler andare?” inizia lui, e quando lei si volta, lo vede guardarsi la punta delle scarpe, per poi rialzare lo sguardo sulla detective. “Non hai idea del gran casino che ti aspetta.”
“Sono consapevole, invece.”
“Tu lo fai per rivedere il tuo scrittore.” Lo dice con un tono consapevole e forse un po’ amareggiato, ma il silenzio di Kate gli dà la risposta ovvia che già sapeva. Fa una smorfia. “Dovevo immaginarlo.”
Kate prende a sistemarsi i capelli scompigliati portandoseli dietro le orecchie. “Senti, ho lavorato sotto copertura per l’FBI per un periodo di tempo. Ti ripeto che sono pronta.”
Mike continua a guardarla mentre lei sostiene decisa il suo sguardo. Lui scuote la testa avanzando di qualche passo verso di lei. “No, tu non sai quello a cui vai incontro.” Inizia a gesticolare con una sola mano, mentre l’altra è nella tasca dei pantaloni. Gli compare una ruga al centro della fronte. “Laggiù c’è l’Inferno. La gente muore sotto i tuoi occhi per colpa di qualche tiro sbagliato, c’è sofferenza e devi nasconderti continuamente.”
“Avrò il miglior addestratore, quindi non devo temere nulla, giusto?”
“E chi sarebbe?”
Lei sorride, abbassando e poi rialzando lo sguardo. “Intendevo te, Mike.” Dice, afferrando un paio di libri e un blocco da disegno. Gli passa accanto tenendo quel sorriso sul viso. Scuote la testa pensando che avrebbe potuto dirgli che per un agente di fama internazionale, abile a smascherare i cattivi, se la cava veramente male con le buone intenzioni delle persone.
 
Quando si reca da Hayley, la giovane traduttrice è in quello che una volta era l’ufficio principale, dove di solito Kate e gli altri parlavano con i parenti stretti delle vittime. Seduta perfettamente con gambe unite sul divano più grande, tiene un quaderno sulle cosce, e la testa piegata su di esso, mentre borbotta qualcosa tra sé. Giocherella con la penna in mano, e con un soffio sposta la ciocca di capelli cadutale sugli occhi. Si volta per afferrare il dizionario di arabo, un grosso mattone che sfoglia come un libro che lei già conosce. Kate fa qualche passo, tenendo il suo materiale didattico davanti a sé. Alza il sopracciglio appena Hayley sente la sua presenza.
“Kate! Cioè, detective Beckett... entri!”
“Oh ti prego, dammi del tu... potremmo essere sorelle!”
La giovane sorride e si fa spazio tra i libri, togliendone alcuni per farla sedere sulla poltrona di fronte. Kate ne afferra uno pesante, una grammatica moderna aggiornata, e inizia a sfogliarlo distrattamente.
“Come riesci a parlarlo perfettamente? Allora è proprio vero il detto ‘parlare arabo’... non si capisce davvero niente!” mostra alla ragazza una pagina presa a caso. È un’introduzione ai verbi con le varie forme. Hayley ride.
“Pensa che per imparare a parlarlo adeguatamente, sono stata due anni all’estero, frequentando la scuola a Gerusalemme.”
“E hai imparato lì?”
“Certo. Ma la lingua non si impara sui banchi di scuola... tu mi capisci, vero?” si ferma per strizzare l’occhio. Il momento iniziale di leggero imbarazzo è superato. Kate ride a sua volta, portando la testa indietro.
Una sonora risata che cattura l’attenzione dell’agente Jones, che si sofferma, in silenzio, ad osservare le due fuori dalla stanza, attraverso la vetrata. Divertito e intenerito, guarda Beckett e i suoi goffi tentativi di pronuncia.
“Allora iniziamo provando a pronunciare le lettere gutturali...” Hayley si schiarisce la voce, assumendo una posizione seria, che sembra più un Buddha in meditazione che una professoressa intenda a insegnare. Kate non trattiene un’altra sonora risata nel tentativo di pronunciare quelle lettere così complicate.
“Non ci riesco, sono così simili tra loro...”
Improvvisamente Hayley poggia i suoi libri dall’altra parte del divano. Tiene le mani unite e si allunga verso Kate.
“Posso chiederti una cosa? Com’è Richard Castle? Cioè tutto quello che so su di lui è grazie ai giornali... lui di persona, com’è?”
Beckett arrossisce di botto, e si gratta il naso nel tentativo di nascondere il rossore. Non c’è niente da fare, è davvero innamorata. Le basta udire il suo nome per sentire il cuore esplodere e poi fare un tuffo.
Sorride con l’immagine di Rick nella mente. “Beh è un narcisista. E un egocentrico. Ecco, quando spara una delle sue teorie fantascientifiche vuole aver ragione ad ogni costo. Ma non lo fa in maniera arrogante, al contrario.” Si ferma, sorride. “Ci fa sorridere. Da quando ha iniziato a girare per il Dodicesimo, ha reso il mio lavoro più leggero. Mi fa ridere quando risolve i casi nel modo più assurdo...” di nuovo una pausa. “E’ affettuoso. Con la famiglia, con le persone che ama... lui farebbe di tutto per loro. E’ umile. Riconosce il valore di una persona e lo rispetta.” Alza lo sguardo e vede Hayley che con occhi sognanti la incinta a continuare. “Porta il caffè la mattina solo per vederti sorridere. Lui riesce a leggerti dentro, come un vero scrittore. Ti capisce e vuole conoscere sempre più cose su di te...” Kate è partita in quarta a raccontare e lo fa in maniera calma. Forse è una delle poche volte in cui parla apertamente dei suoi sentimenti, ed è solo in quel momento che si rende conto di quanto lui le manchi. Inaspettatamente, sente una lacrima che vuole uscire. “Perché quando entra nel tuo mondo, difficilmente se ne va... Scusa, sto parlando troppo.” Conclude mordendosi il labbro e strofinando le mani sudate sui pantaloni.
Mike Jones ha sentito tutto, ma non ha voluto fare neanche un passo. È rimasto affascinato e senza fiato dal suo modo di raccontare.
Hayley è esultante. “No, affatto! Sei davvero innamorata di lui. Credo che tutte le ragazze della mia età sognano una storia d’amore come la vostra. Lo scrittore e la sua musa che combattono il crimine insieme! Ma come hai potuto notare, ho pochi svaghi.”
Kate nota lo sguardo pallido e triste che assunto la giovane traduttrice. Stavolta è lei ad allungarsi nella sua direzione, scrutando i suoi occhi bruni. “Hayley, perché hai scelto questo lavoro? Sei giovane, non hai pensato a divertirti prima di intraprendere una carriera del genere?”
La ragazza sospira, sentendo il bisogno di togliersi un peso. Sorride a malapena appena i ricordi le riaffiorano alla mente.
Banchi di scuola, ragazzi e i pochi amici. Tutte immagini che sbiadiscono nella sua mente, perché non è riuscita a memorizzarle in tempo.
“Ho 26 anni. La CIA mi ha notata quando ne avevo 20. Sono sempre stata un genio con il computer e avevo un’innata predisposizione per le lingue. Così dopo la laurea a Harvard, Christina Finch mi ha presa nella sua cerchia. Adoro il lavoro che svolge, e amo lavorare alla CIA. Forse mi pento un pochino delle scelte che ho fatto da giovane, ma è ciò che succede quando hai un quoziente intellettivo più alto della norma, no? Diventi speciale per i servizi governativi, che diventano la tua famiglia come il distretto lo è per te. E il tuo mentore finisce per diventare la migliore amica che ti è mancata al liceo.”
Kate la guarda rivedendo un po’ se stessa una quindicina di anni fa. Dovrebbe dirle che la capisce perché anche la sua vita è cambiata radicalmente dopo la morte di sua madre, ma non se la sente di rilasciare una bomba del genere. Non che non si fidi di Hayley, ma non la conosce abbastanza come Castle, che ha impiegato anni per entrare nella sua vita. Allunga la mano posandola sulla sua, per farle sentire il suo calore di conforto.
Le sorride semplicemente e alla giovane basta poco per riprendere lo spirito di entusiasmo che aveva prima.
Dall’altro lato della vetrata, Mike fa un passo, spostando il peso da una gamba all’altra. C’è qualcosa in Kate Beckett che l’ha colpito fin dal primo istante, e anche se ha dovuto combattere coi suoi tentativi di dimostrarlo, alla fine ha dovuto arrendersi. L’aveva giudicata male all’inizio, doveva ammetterlo, ma poi si era ricreduto giorno dopo giorno. Quella detective è una tipa tosta, crede in dei valori, e i suoi agenti per lei sono la sua famiglia. Non ha mai conosciuto una tipa con lei durante i suoi vent’anni di servizio, e la cosa lo spaventa a morte.
Si guarda le scarpe per distogliere il suo sguardo colpevole dalla detective. Non è giusto, non dovrebbe provare quelle sensazioni in quel momento, soprattutto perché non è né il luogo né la situazione adatta. Chissà se in altre circostanze...
“Agente Jones...” la voce calma che compare alle sue spalle è quella di Owen. “Il capitano Gates vuole parlare con lei...”
 
L’agente inglese si reca senza indugio nell’ufficio della Gates. Chiude la porta dietro di sé, restando in piedi con le mani in tasca.
“Voleva vedermi, capitano?”
“Sì, agente Jones. La prego, si sieda.”
“Stare seduto mi agita. Sembra di essere tornato a scuola.” La battutina sarcastica serve per smorzare l’aria tesa della stanza, però Mike dice il vero.
La Gates si sistema gli occhialini sul naso e lo guarda cercando di affrontare la sua altezza.
“Senta, siamo onesti. Io non piaccio a lei, e lei non piace a me, ma abbiamo in comune una persona. La detective Kate Beckett.” Si sofferma sul nome provocando un’impercettibile reazione da parte dell’agente. Avendo confermato la sua teoria, Victoria Gates inclina le labbra. “Entrambi vogliamo la sua sicurezza, quindi posso chiederle un favore? La addestri per questa missione.”
Mike si sente impacciato e prende a toccarsi la cravatta nervosamente.
“Non credo sia il caso. Non saprei da dove iniziare.”
In realtà l’idea di stare di più a contatto con la detective gli sta facendo sudare le mani.
“Ma come, un agente così importante come lei che si spaventa davanti a un piccolo ostacolo?” la Gates lo sta stuzzicando, ma è il suo modo di incitarlo. “Io mi fido di lei, e credo che anche Beckett si fidi. Se è l’unico modo per riportare indietro il signor Castle, sono pronta anche a trattare con i terroristi.”


Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:
Adoro Ryan ed Espo quando si comportano da fratelli maggiori per Beckett: sono preoccupati per lei e ovviamente non vedono di buon occhio l'agente Jones - e gli inglesi in generale. Al contrario, io ho un debole per l'accento british, ma non diciamoglielo :p
Kate, intanto, in pieno stile "Hunger Games", si offre volontaria per la missione sottocopertura... vedere Rick sullo schermo e la possibilità di incontrarlo non le ha fatto capire più nulla... ah, l'amour.
Poi approfondiamo il personaggio di Hayley e scopriamo che non solo è una fangirl ma che ha davvero un gran cervello (beata lei!)...
Infine la Gates. C'è da amarla. Mette da parte il suo 'odio' verso Jones e gli affida la sua detective affinché la addestri come si deve.
Grazie per essere arrivate fin qui, alla prossima :*
D.
   
 
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