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Autore: 1rebeccam    27/10/2014    11 recensioni
ULTIMO CAPITOLO scrisse all’inizio del foglio di word a lettere maiuscole, mosse il mouse e puntò il cursore sull’icona ‘centra’.
La scritta troneggiò al centro superiore del foglio virtuale.
Si sistemò per bene sulla poltrona di pelle e, sospirando, cominciò la fine del suo racconto.
Genere: Angst, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Capitolo 49
 


Sabato 2 marzo, ore 00,12
 
Sul pannello dell’ascensore appare il numero due quando Kate, d’istinto, preme il tasto di blocco. Il cubicolo si arresta di colpo e appoggia le spalle alla parete dietro di lei.
Si sente stringere la gola e le manca il respiro.
E’ appena passata la mezzanotte. E’ appena cominciato un nuovo giorno e dopo quasi quaranta ore ininterrotte di indagini e di corse contro il tempo, lei non ha ancora in mano il veleno.
Non c’è più tempo…
Per un istante, mentre guardava il cadavere dissanguato sulla scena del crimine, ha  sentito quelle parole chiare, non nella sua testa, non nella sua immaginazione, ma realmente e direttamente dalla voce di Rick. L’ultima volta che gli ha parlato lui non riusciva a respirare e lei percepiva il dolore, la paura e il peso sul petto allo stesso modo.
Si era estraniata completamente con l’unico pensiero che doveva correre da lui.
La sensazione di soffocare è aumentata una volta arrivata all’ospedale.
L’entrata era transennata dalle forze dell’ordine che tenevano fuori l’orda di giornalisti pronti con microfoni, telecamere e fastidiosi fari, posizionati per avere una buona visuale in caso di un collegamento improvviso con la rete di appartenenza. Ai bordi dei parcheggi c’era perfino gente che bivaccava con il naso all’insù, senza sapere esattamente quale finestra fosse quella giusta.
L’oppressione al petto le aveva provocato un’altra vertigine, sembrava tutto così irreale. La baraonda della stampa contrapposta al silenzio composto dei fan, qualcuno solo curioso, qualcun altro sinceramente preoccupato.
Qualcuno di loro pregava…
Una volta scesa dall’auto era stata circondata da luci e microfoni. Voci diverse e confuse chiedevano quale sarebbe stata la prossima mossa di Nikki Heat: lo spettacolo li aveva elettrizzati. Mentre le guardie cercavano di diradare la folla, il capitano Gates con maestria li aveva distratti, fingendo di dare loro novità sul caso e promettendo presto un nuovo bollettino medico e Ryan ed Esposito l’avevano aiutata ad entrare di fretta.
Solleva la testa appoggiandola alla parete, fissa lo sguardo sulle luci che sovrastano il pannello superiore dell’ascensore e respira a pieni polmoni, chiude gli occhi accarezzandosi le labbra, pensando alle riunioni segrete per recuperare ossigeno.
Io ti vedrò morire…
C’è tanta di quella confusione fuori dall’ospedale, tra guardie di sicurezza e quella marea di persone tenute a bada a stento, che Scott Dunn potrebbe passare loro davanti e nessuno se ne accorgerebbe, nonostante i controlli.
Lui lo sa, sa che possono fermarlo solo in dirittura di arrivo. Ha messo in conto l’arresto o addirittura la morte, pur di prendersi l’ultimo respiro di Rick e l’ultimo barlume di speranza dai suoi occhi, perchè alla scadenza del tempo il veleno non servirà più a niente. Sarà troppo tardi.
Non c’è più tempo…
La frase continua a ronzarle nella testa. Il Professore ha messo in conto 72 ore circa con l’eccezione e sembra che l’eccezione sia proprio Castle. Il veleno agisce troppo in fretta sul suo organismo.
Sblocca l’ascensore che riprende la sua salita. Terzo piano, quarto… quinto…
Il corridoio è poco illuminato, completamente deserto, a parte gli agenti di guardia posti ai lati dell’ascensore e davanti alla stanza di Rick. Accanto alla finestra Alexis sta armeggiando con il telefono. Perfino da parecchi metri di distanza riesce a vedere che le tremano le mani. La ragazza si gira sentendo il rumore dei passi e sospira.
-Stavo per chiamarti.-
Le dice facendo cenno al telefono tra le mani che ancora le tremano.
-Ha… ha avuto un’altra crisi respiratoria. Il dottor Travis è ancora dentro con la nonna e tuo padre.-
Kate guarda verso la porta chiusa, riportando lo sguardo sulle mani di Alexis. Non riesce a tenerle ferme. Le ricopre con le sue e si stringono forte, guardandosi fisse negli occhi.
-Ha chiesto di te, dice che non…-
-…che non c’è più tempo. Lo so!-
Alexis corruccia la fronte alla frase di Kate, le stesse identiche parole dette dal padre prima di avere bisogno dell’ossigeno.
Il cigolio della porta che si apre le fa girare entrambe. Guardano attentamente il dottor Travis che parla con Martha e Jim e Alexis la trascina letteralmente verso di loro, senza lasciarle la mano.
-Continua a chiedere di te Kate! Dice che devi esserci…-
Le sussurra Martha cercando di non piangere e il dottor Travis annuisce.
-Gli ho dato un altro miscuglio di calmanti, farà meglio a sbrigarsi finchè è ancora vigile.
Si scambiano un’occhiata ed entra in camera, chiudendo la porta.
Nelle ultime ore lo ha sentito soltanto al telefono ed è stato un tormento ascoltare il suo respiro pesante, i lamenti sommessi, la voce appena sussurrata. Vederlo è un pugno nello stomaco. Le guance scavate ricoperte da un filo di barba, le labbra secche, gli occhi cerchiati, la carnagione pallida e il torace che va su e giù in maniera innaturale per il respiro pesante.
Gli mette una mano sulla fronte calda e la lascia andare sulla guancia accarezzandolo dolcemente, Rick ruota di poco la testa senza aprire gli occhi, accennando un piccolo sorriso. Avrebbe riconosciuto quella carezza sempre e comunque.
-Finalmente… Kate!-
Sussurra aprendo gli occhi, incontrando i suoi. Lei non riesce a dire nulla, ha lo stomaco sottosopra, ma gli sorride dolcemente.
-Cre… devo che… che avrei avuto p… paura, invece sono solo arrabbiato!-
Kate continua ad accarezzarlo, mentre con l’altra mano gli stringe la sua.
-Davvero… se… se riuscissi a muovermi… farei vedere a Dunn qua… quanto sono incazzato!-
Lei continua a stare in silenzio e lui digrigna la mascella.
-Avrei… avrei dovuto uc… ciderlo tre anni fa, avrei dovuto mirare alla testa. Non è vero che ho sba… gliato, l’ho deciso proprio di non ucciderlo ed è… stato l’errore… più grosso che… che…-
Tossisce convulsamente, sollevandosi di poco per prendere aria. Stringe ancora le labbra sempre più arrabbiato.
-Ogni de… cisione ha una conseguenza ed io…-
Fa troppa difficoltà a parlare e Kate cerca di calmarlo appoggiando la fronte alla sua.
-Quelle ragazze sarebbero vive adesso… io… io non…-
-Shhh…-
Lo ferma lei scuotendo la testa sulla sua fronte.
-Non avresti mai potuto ucciderlo...-
Si allontana di poco per guardarlo negli occhi. In quel momento la rabbia di Rick sparisce per incanto e sospira mentre si perde ad osservare il colore strano che hanno preso le sue pupille alla penombra della stanza.
-No… non avrei po… tuto!-
Abbassa gli occhi e con uno sforzo sovrumano riesce a spostare la mano sul polso di Kate.
-Ti sei riappro… priata del… del tempo…-
Le sussurra sorridendo, muovendo impercettibilmente le dita sul quadrante. Kate mette la mano sulla sua. Per lei lo sforzo sovrumano al momento è sorridere, ma s’impone di farlo.
-Colbert è venuto in ufficio per onorare una promessa.-
-Sempre saputo che… che quell’uomo è… una ga… ranzia.-
-Ora devi onorarne una tu, pagare il conto di persona.-
Rick sospira, si stringono le mani e restano a guardarsi senza più dare peso al tempo, poi lui abbassa lo sguado.
-Mi… mi spiace Kate… il mio… sempre… è du… rato poco!-
Esclama sussurrando. Un sussurro che le si conficca nell’anima come una lama tagliente, come le aveva predetto Dunn. Kate scuote la testa e appoggia la mano sul suo petto, all’altezza del cuore.
-Il tuo sempre è qui, ed è infinito!-
Lui chiude ancora gli occhi, corrugando la fronte.
-Vedi perché è… un pec… cato morire ades… so? Proprio ora che… che mi sei diventata romantica!-
Ha sempre amato questo suo spirito ironico, eppure nessuno dei due riesce a ridere della sua battuta. Kate deglutisce per evitare di piangere, lui invece non ci riesce. Le lacrime scendono leggere sulle tempie andandosi a bloccare sul cuscino.
Il dolore non lo abbandona e si irrigidisce di colpo per le fitte all’addome e al petto. Stringe gli occhi lamentandosi.
-Una piccola soddisfazione però, me la prendo anche io.-
Riesce a dire l’intera frase senza balbettare, solo sussurrando, ma tutta d’un fiato.
-Lui non… è qui, anche se è la cosa che… più desidera. E’ convinto di… di avere ancora del tempo, invece gli ro… vinerò il finale. Il mio ultimo… respiro sarà so… lo… mio!-
Esclama tossendo. Quando si calma guarda Kate dritto negli occhi.
-Ora cercherà te. Stai… attenta…-
Kate scuote la testa e gli occhi le si riempiono di lacrime senza che possa fermarle. Lo sente tremare mentre gli stringe le mani, il suo corpo si irrigidisce e  il monitor segna il battito troppo veloce.
-Tienimi stretto Kate, tie… nimi… stret...-
 
 
‘Continuiamo con la musica migliore, per tutti voi che a quest’ora lavorate, o non dormite per i motivi più disparati. E’ appena scoccata la mezzanotte e J.J. Forbs vi terrà compagnia fino alle prime luci dell’alba, parlando di tutto e di più e tenendovi al corrente passo passo della cronaca nera del giorno: il killer silenzioso, il suo libro e la sua musa…’
Abbassò il volume sorridendo. 
Decise di lasciare la luna e le stelle ai loro affari e di occuparsi dei suoi.
Mezzanotte…
Guardò l’orologio e sorrise ancora.
Aveva ancora un po’ di tempo prima di muoversi, certo poteva volerci anche più tempo e la cosa gli avrebbe fatto piacere, perché significava più sofferenza e patimento, in ogni modo si sarebbe mosso al momento giusto. Nel frattempo doveva restare al sicuro, sarebbe stato stupido farsi beccare gironzolando in giro, proprio adesso che era ad un passo dal suo infinito piacere.
Prese il portatile, lo accese e aspettò che caricasse il file di ‘Epilogo’, scorse i diversi capitoli, fino al foglio in bianco su cui campeggiavano proprio quelle sette lettere che definivano la fine e cominciò a delineare quello che sarebbe successo entro poche ore.
Ripensò a tutti i personaggi del suo libro, al timido e solitario Stephan Grayson, al Professore e al suo amico storpio che, doveva ammetterlo, stavano quasi per cambiare la sua trama, agli angeli dagli occhi verdi che le aveva dedicato, senza motivo, solo per giocare e godere delle sue reazioni. 
Le era stato dietro e l’aveva osservata in ogni momento quando ancora lei non sapeva esattamente quale fosse la vera trama. 
Era riuscito a cogliere ogni sfumatura del suo comportamento fino al parco giochi. In quel momento la sua paura di trovare lo scrittore cadavere, gli aveva tolto ogni dubbio su come avrebbe reagito una volta scoperta la verità.
Odio!
Lo stesso odio che provava lui per il suo tradimento.
Dopo essersi mostrato e avere cominciato il gioco vero e proprio però, era stato costretto a lasciarla “libera”, non aveva avuto modo di controllarla come prima, di godere di ogni suo sussulto o di ogni sua lacrima.
Anche adesso. Dopo la sua bravata alla televisione, era stato costretto a nascondersi e non era riuscito a vedere i suoi occhi davanti alle bellissime lettere scritte con il sangue che componevano il suo dolcissimo nome.
Sorrise ancora davanti al foglio pieno quasi per metà.
Gli sarebbe piaciuto essere lì vicino per vederla arrivare, consapevole che quel cadavere era frutto della rabbia per il suo show alla TV. Avrebbe voluto scrutare i suoi occhi, scuri come la notte buia e il suo viso impassibile, duro, senza nessuna espressione particolare, come deve essere una professionista come lei.
Continuò a scrivere quello che sapeva sarebbe successo una volta sorto il sole. 
Un nuovo giorno in cui il sole non era contemplato per lo scrittore, tanto meno per lei.
‘Interrompiamo i programmi per un aggiornamento sul caso del killer silenzioso…’
Spostò la mano dalla tastiera del computer, alzò il volume curioso delle novità e la voce di J. J. Forbes si fece profonda e seria.
‘…Richard Castle non ce l’ha fatta…-
Corrucciò la fronte appoggiando il portatile sul pavimento e alzando ancora il volume.
‘…purtroppo il famoso scrittore è deceduto pochi minuti fa. Non abbiamo ancora informazioni precise, ma sembra che abbia avuto un arresto cardiocircolatorio dovuto ad una crisi respiratoria provocata dal veleno iniettatogli ieri mattina da Scott Dunn. La notizia è arrivata dalla redazione della CNN…’
Scosse la testa stringendo i pugni, senza distogliere lo sguardo dalla radiolina.
‘…sembra anche che proprio pochi minuti prima, il detective Beckett fosse arrivata in ospedale scortata dai suoi colleghi, forse chiamata d’urgenza per l’aggravarsi improvviso dello scrittore. Non abbiamo ancora nessun comunicato stampa ufficiale, ma la notizia ha fatto ormai il giro di tutte le agenzie giornalistiche del paese…’ 
La voce dello speaker continuò a dare informazioni vaghe, ma nelle sue orecchie si affievolì pian piano.
Sentì la testa pulsare e l’unica cosa che riusciva ancora a sentire era proprio il rimbombo del suo cervello che elaborava.
Lo scrittore morto!
Digrignò la mascella stringendo i pugni.
-Non può essere…-
Riprese i sensi per un attimo e cambiò canale. 
Con frenesia schiacciò i tasti di ogni emittente registrata e ogni volta una voce diversa leggeva la stessa notizia.
-Non è vero…-
Sibilò tra i denti, alzandosi in piedi. 
Si diresse alla finestra e quando sollevò lo sguardo infuocato sulla luna, lei rise. Beffarda. Proprio come aveva riso l’uomo tatuato. 
La testa continuò a pulsare e le unghie s’infilzarono nei palmi delle mani. 
Osservò il poco sangue che faceva capolino tra le linee del destino.
Diede un ultimo sguardo alla luna, socchiudendo le palpebre.
Come si uccide la luna?
Come si spegne quella risata e quella luce splendente?
-COME!?-
Urlò come se volesse sfidarla, ma la palla bianca e le piccole stelle luminose sue complici, non si mossero dal loro piedistallo.
Guardò il portatile sul pavimento, lo schermo in stand by era nero.
Si chinò toccando appena uno dei tasti per ripristinarlo.
Cercò di leggere le parole che aveva digitato poco prima, ma non ci riuscì. 
Ormai erano solo dei segni senza nessun significato.
La sua trama. Il suo libro. I suoi desideri. 
Svaniti…
-Maledetto scrittore da quattro soldi!-
Sferrò un calcio alla radio che finì sul muro a ridosso della finestra, frantumandosi sul pavimento.
-Maledetto Professore…-
Il suo era solo un sibilo trattenuto a stento per la rabbia che lo aveva invaso. 
Prese a calci i resti della radio, pestò più volte i piedi sopra l’apparecchio ormai distrutto riducendolo in poltiglia.
Fece un lungo respiro e guardò ancora il suo computer. 
Si sedette sul pavimento, lo prese sulle gambe incrociate e lo aprì di nuovo sul file di Epilogo. 
Cancellò la pagina che aveva quasi riempito e lasciò soltanto le sette lettere in grassetto, campeggiare al centro del foglio.
Fece un altro paio di respiri profondi. 
Ruotò il collo a destra e a sinistra per rilassare la tensione e sistemare i pensieri dentro il cervello che ancora pulsava.
I suoi occhi brillarono sul bianco del foglio virtuale e le sue dita si sistemarono sulla tastiera. 
Attese un paio di secondi. 
La rabbia era sparita.
Scrisse velocemente un paio di parole, che rilesse sorridendo. 
Lo scrittore era morto troppo presto, gli aveva tolto la soddisfazione di sentirlo rantolare… ma questo significava solo che Nikki era morta con lui.
Il suo libro non era ancora perduto.
Il suo epilogo era appena iniziato.
 
 
E’ bastato un cenno della testa, gli occhi bassi e la mascella contratta, perché tutto il suo mondo sprofondasse nell’abisso.
Chiude gli occhi concentrandosi sul battere irregolare del suo cuore.
Il resto non esiste più.
Li riapre solo perché un infermiere la strattona violentemente, se non avesse ripreso coscienza mantenendo l’equilibrio, sarebbe caduta rovinosamente a terra. Il silenzio si è trasformato in via vai di frenetico di medici, infermieri e poliziotti.
I suoi occhi guardano Martha accarezzarlo piangendo, mentre suo padre cerca di consolarla cingendola da dietro le spalle, le labbra di Alexis pronunciano parole silenziose in mezzo alle lacrime.
Si volta alla sua destra attirata da un movimento brusco: Esposito batte ripetutamente il pugno contro il muro digrignando la mascella. Ryan tiene la testa tra le mani e scivola lentamente con le spalle alla parete sedendosi a terra. Alle sue spalle il capitano Gates parla frenetica con il direttore della CNN. Nell’incoscienza corruccia la fronte chiedendosi come Trenton Bell avesse superato la sorveglianza fino ad arrivare in reparto, mentre gli agenti presenti nel corridoio cercano di sequestrargli il cellulare e di trasportarlo di peso verso l’uscita.
Tutto intorno confusione e fibrillazione, ma solo a livello visivo.
L’udito non è in funzione.
Non riesce a sentire le voci, le urla, i singhiozzi.
Riporta lo sguardo all’interno della stanza.
Il dottor Travis l’aveva spinta fuori quando Castle era svenuto e il suo cuore aveva preso a battere come impazzito per un attacco di tachicardia, causata dall’ennesima crisi respiratoria. Insieme ad altri due medici e un’infermiera si era adoperato immediatamente per cercare di rianimarlo, ma il fisico già provato per l’azione del veleno aveva ceduto improvvisamente.
-E’ in fibrillazione!-
Aveva esclamato Travis, mettendo in funzione il defibrillatore. L’infermiera aveva preso il tubo di gelatina e lo aveva passato sulle piastre per la defibrillazione e lei era entrata di nuovo nella stanza, seguita da Martha ed Alexis che chiamavano Rick per nome, sperando che aprisse gli occhi. Ben le aveva praticamente buttate fuori e con fermezza le aveva messo le mani sulle spalle.
-Devi restare qui, Kate!-
Era rientrato di fretta, chiudendole la porta in faccia e lei era rimasta lì ad aspettare, mentre l’infermiera serrava le veneziane, per tenerli del tutto fuori dal destino di Richard Castle.
Sentiva le voci concitate, il fischio del defibrillatore che veniva caricato, il rumore sordo che provocava la scossa al torace. Non ha idea di quanto tempo abbia passato davanti a quella porta chiusa. Sentiva Martha disperarsi alle sue spalle ed era certa che Alexis fosse immobile e senza respiro come lei.
Fu quando sentì il silenzio totale oltre la porta che il suo cuore si era messo a giocare saltando qualche battito, mentre tratteneva il respiro. Aveva sgranato gli occhi e aguzzato l’udito per sentire solo il sibilo continuo del monitor che indicava il battito inesistente, sussultando quando la porta si era aperta di poco e Ben Travis era uscito richiudendosela alle spalle.
Il medico si era ritrovato con gli occhi di tutti addosso. Occhi pietosi che chiedevano speranza, ma lui deglutendo, aveva semplicemente scosso la testa, digrignando la mascella.
E il suo mondo era sprofondato nel buio e nel silenzio.
Riporta lo sguardo dentro la camera.
Jim continua ad abbracciare Martha, Alexis tiene ancora la mano di suo padre tra le sue, mentre l’infermiera sposta i macchinari di emergenza e il dottor Travis lo ricopre con il lenzuolo fin sopra la testa.
Un sospiro lungo e profondo la riscuote dall’immobilità, scaraventandola nella baraonda della confusione.
Gli occhi si fermano sulle lancette dell’orologio appeso al muro. Sono passati una decina di minuti da quando il cuore di Rick si è fermato. Stringe le labbra esasperata quando sente la discussione in atto alle sue spalle. Mentre continua a guardare il corpo immobile di Rick ricoperto dal lenzuolo, stringe i pugni alle parole dell’agente che mette al corrente il capitano che la stampa ha già saputo. Trenton Bell è riuscito ad avvertire i suoi uffici e la notizia sta già facendo il giro delle agenzie.
Sospira ancora per riuscire a riprendere il controllo anche degli altri sensi e fa qualche passo in avanti, appoggiando la mano sullo stipite della porta della stanza di Rick. Stringe il pugno e deglutisce. Alexis alza lo sguardo su di lei e digrignando la mascella le si avvicina.
-Non azzardarti ad avvicinarti a lui!-
Sussurra con calma e determinazione, mentre Martha solleva lo sguardo su di lei sorpresa. Kate resta impietrita, socchiude le labbra per parlare, ma la ragazza non gliene dà il tempo.
-Vattene Kate, non ti permetterò di avvicinarti a lui…-
-Alexis!-
Esclama Martha avvicinandosi, ma lei prosegue senza darle retta.
-Avrei dovuto allontanarti da lui tempo fa… è colpa tua!-
-Alexis tesoro, sei sconvolta e…-
Martha le mette una mano sulla spalla, ma lei si divincola.
-Si nonna, sono sconvolta. Mio padre è stato ucciso. Sono sconvolta!-
Kate non riesce a risponderle, non riesce nemmeno a pensare qualcosa di sensato da poterle dire. Sente lo sguardo di Jim cercare di darle conforto, impietrita dai sussurri taglienti di Alexis che continua imperterrita.
-Papà è morto Kate e non venirmi a dire che prenderai il suo assassino, perché a questo punto non ha più importanza. E’ morto!-
Si avvicina ad un paio di centimetri dal suo viso.
-E’ morto… e lo hai ucciso tu! Vattene.-
Le volta le spalle e torna accanto al padre. Martha la prende per un braccio e l’allontana di qualche passo, abbracciandola d’impeto.
-Dalle il tempo di calmarsi Kate, lo sai che non lo pensa.-
Le sussurra all’orecchio singhiozzando. Quel calore materno la avvolge del tutto e improvvisamente piomba nella realtà.
E’ morto…
Sente gli occhi riempirsi di lacrime per la prima volta in quel frangente, deglutisce imponendosi di non piangere. Si scosta gentilmente dalle braccia di Martha, la guarda per un paio di secondi, le stringe le mani e fa per allontanarsi, ma Jim la trattiene, mettendole le mani sul viso.
-So cosa stai provando Katie, ma non è il momento di lasciarsi andare. Ora lui vorrà te.-
Sono io che voglio lui papà… 
Lei scuote la testa e gli lascia un bacio sulla guancia, bloccando quella frase solo nei suoi pensieri segreti.
-Resta con loro papà. Io sono al sicuro, tutta la polizia della città adesso si occuperà di proteggermi.-
La sua voce non ha nessuna inclinazione e la sua espressione mostra solo il vuoto. Si allontana andando verso i colleghi. Ryan ed Esposito si sono uniti alla Gates che ha richiamato a se gli agenti presenti, contattando anche quelli nell’atrio e fuori dall’ospedale.
-Cercate di tenere a bada la stampa, ormai la bomba è scoppiata, ma che nessuno si avvicini alla famiglia o faccio cadere parecchie teste…-
Resta ferma alle loro spalle sentendo rimbombare gli ordini del capitano.
-Scott Dunn è ancora là fuori e adesso la priorità assoluta è non perdere d’occhio Beckett…-
E’ morto e lo hai ucciso tu!
Chiude gli occhi respirando a fondo ancora una volta. Si ritrova improvvisamente in una zona di guerra. Soldati pronti alla caccia, un via vai continuo di polizia e di parole provenienti dalle radio e dai telefoni. Parole per lei senza senso.
Vattene…
Si guarda intorno e con molta calma si allontana verso l’ascensore, prima che cominci davvero la ronda di protezione. Ha bisogno di quei famosi due minuti da sola. Deve andarsene da quel posto.
Ora lui vorrà te…
Entra in ascensore, le porte si chiudono e schiaccia un pulsante qualunque che la porti via.
  
EPILOGO
Vengo a prenderti Nikki…

 
Digitò i tre puntini di sospensione e sorrise. Non c’era altro da scrivere per il momento.
Spense il computer, lo sistemò dentro lo zaino e si guardò intorno.
Il suo epilogo iniziale era intrigante e coraggioso. 
Ci sarebbe voluto coraggio per arrivare al capezzale dello scrittore e prendersi le anime di entrambi. 
Ma lui era disposto a tutto. 
Anche a farsi ammazzare.
Il Professore aveva fallito e lo scrittore aveva stravolto la fine che aveva in mente, ma forse gli aveva dato l’idea per un epilogo più entusiasmante. Un vero thriller di tutto rispetto.
Lei adesso sarebbe stata vulnerabile, ma piena di odio e di rabbia. 
Avrebbe fatto di tutto per trovarsi faccia a faccia con lui.
Doveva solo cambiare la location del suo racconto. 
Si ritrovò a sorridere ancora, pensando che così ci sarebbe stata anche una punta di romanticismo. 
Doveva solo andare a prenderla e, conoscendola, lei si sarebbe lasciata prendere pur di mettere fine alla rabbia e soprattutto al dolore.
Prese la scatola che racchiudeva l’ampollina dal suo nascondiglio, la aprì e ammirò ancora il veleno. 
La strinse nella mano e si avvicinò alla finestra sollevando la boccettina verso la luna, che incorniciò con il suo bianco fluorescente, l’azzurro brillante del veleno.
Comunque fossero andate le cose, il gioco sarebbe giunto alla fine. Quella notte.
Fece un paio di isolati a piedi, mimetizzato nel buio e quando si ritrovò in un quartiere abitato, scassinò velocemente la portiera di un’auto, incrociò i fili e partì a luci spente, in direzione dell’ospedale. 
Lasciata la zona nera della città si ritrovò nel traffico caotico della Grande Mela. La città che non dormiva mai.
Era riuscito ad evitare un posto di blocco deviando in una strada secondaria per pochi chilometri, rimettendosi di nuovo nell’arteria principale che lo avrebbe portato a destinazione.
Rallentò davanti al maxi schermo di Times Square. La foto dello scrittore appariva in primo piano e in sovraimpressione scorrevano le didascalie che raccontavano al mondo le sue ultime ore di vita. 
Sullo sfondo,  l’esterno del Saint Andrew transennato da una marea di poliziotti e di giornalisti.
Sorrise scuotendo la testa. Con tutta quella gente non si sarebbero resi conto nemmeno se fosse arrivata la regina d’Inghilterra.
Entrò dalla strada che portava al parcheggio interno sotterraneo. 
Conosceva quel posto come le sue tasche. Aveva studiato la piantina per ore intere per essere pronto ad usare qualunque buco lo conducesse all’interno. 
Prese il cellulare, digitò il suo numero e attese che rispondesse…
 
 
Il display segna il passaggio dell’ascensore al quarto piano quando il telefono le vibra nella tasca dei jeans. Sullo schermo  s’illumina il viso sorridente di Rick. Digrigna la mascella e blocca la discesa dell’ascensore.
Accetta la chiamata e si porta il telefono all’orecchio.
-Ciao Nikki! Volevo esternarti il mio cordoglio. Ti sono vicino per la tua perdita!-
-Davvero? Io ti vedrò morire… lo hai ripetuto fino alla nausea. Che fine hai fatto Scott? Ti sei perso lo spettacolo.-
Sente un sospiro cupo all’altro capo del telefono, come se Dunn stesse cercando di mantenere la calma.
-Credevo che il tuo uomo fosse forte, invece non ha retto la sofferenza. Come vedi ti sei affidata all’uomo sbagliato.-
Kate chiude gli occhi, passandosi la mano sulla fronte, cercando di mantenere la stessa calma che sfoggia Dunn.
-Vuoi uccidermi vero Nikki?-
-Puoi contarci che voglio ucciderti e se non hai le palle di venire tu da me, sarò io a darti la caccia anche in capo al mondo.-
Lo sente ridere con soddisfazione.
-Oh, lo so che lo faresti. Ti conosco. Ne sei capace… e poi è l’unica cosa che ti farebbe vivere d’ora in avanti: darmi la caccia. Ma non sarà necessario venire in capo al mondo. Sono qui Nikki…-
Lascia la frase in sospeso forse per capire la sua reazione, ma quando lei non risponde, Dunn sospira in maniera teatrale.
-Sta a te decidere. Puoi avvertire i tuoi colleghi, venire ad arrestarmi e concludere tutto in un paio di minuti, oppure… oppure finire il gioco solo con me e sperare che io metta fine al tuo dolore…-
Kate non risponde, ma il fiato corto e accelerato è una risposta eloquente che fa felice Scott Dunn.
-Bene. Decidi cosa fare, io sono nei sotterranei.-
Interrompe la chiamata e lei resta a guardare il viso di Rick che ancora le sorride. Ci passa il dito sopra con dolcezza, fino a che il display diventa nero. Stringe le labbra, sblocca l’ascensore schiacciando il pulsante per il seminterrato e quando le porte si aprono, getta il cellulare in terra prima di uscire.
Non vuole nessuna interferenza esterna.
E’ una cosa tra lei e Scott Dunn.
Si guarda intorno con gli occhi sgranati e la mano sulla pistola.
Sente una presenza alle sue spalle, ma non hai il tempo di girarsi.
-Brava Nikki… solo tu ed io…-
E’ l’ultima cosa che sente prima che il cloroformio le faccia perdere i sensi…


Angolo di Rebecca:

Buona seraaaaaaa :)
Capitolo lunghetto, ma se lo avessi diviso vi sareste arrabbiate, invece così non siete arrabbiate. Vero? :3
Che dire... Scotty bello è dispiaciuto, ma si riprende subito :p

Ringrazio zia Vale per gli accorgimenti medici, sennò facevo un papocchio :D
  
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