Era estate, ma non una semplice estate perché pioveva ogni giorno; ogni singolo giorno pioveva una pioggia acida, di rimpianto e di solitudine. Non era una semplice estate. Ma alla fine a noi non importava, per noi l’importante era stare uniti sotto il nostro faro; non ci importava se pioveva, grandinava o c’era sole, per noi l’importante era stare uniti sotto il nostro faro.
Però quel giorno non piovve e non c’era sole; solo un venticello leggero e fresco. Il cielo era ricoperto di nuvole, l’unica cosa che si vedeva era un pallidissimo arcobaleno che riuscì a far risplendere il sorriso sul tuo volto, il tuo bellissimo volto coperto da quei ciuffetti color carota.
La tua malattia ti aveva allontanato da tutto e tutti, ma quel giorno tu ti sentivi normale, non pensavi ad altro che all’arcobaleno. Mi dicesti che volevi vederlo più da vicino, volevi vedere più da vicino quei pallidi colori che per te erano tanto speciali; salimmo sopra il faro per accontentarti. Lo fissavi come fa un pittore con il suo quadro, per te era stupendo e per me lo eri tu.
Ti abbracciai per evitare un’eventuale caduta, ma purtroppo non si può evitare l’inevitabile, l’acqua che era rimasta dalla pioggia del giorno prima ti fece scivolare. Ti presi per la mano ma ero troppo spaventato e stanco per riuscire a reggerti.
“Non ti preoccupare, ti tengo”. Furono le ultime parole che pronunciasti. Io scivolai con te.