Thunder’s
lullaby
La
stanza, fino a quel momento avvolta dalle tenebre, s’illumino rivelando il
corpo tremante di un bambino. Quando il tuono rimbombò per tutto il villaggio
il piccolo si strinse a sé, cercando di farsi coraggio e di affrontare quella
sua paura. Il boato gli scosse le membra, pietrificando tutto il suo coraggio. Lasciando
solo con le sue angosce. Sconfitto ed impaurito, si portò la coperta fin sopra
la testa e chiuse forte gli occhi.
Itachi aveva sempre avuto paura dei temporali, ma
non lo aveva mai detto a nessuno. Fin da piccolo, i suoi genitori lo avevano
lasciato a sé stesso obbligandolo a crescere da solo e privandolo in parte del
concetto di famiglia. Non era mai stato abituato ad affidarsi a qualcuno che
non fosse lui stesso, difficilmente si confidava con qualcuno perché, quelle
poche volte che lo aveva, fatto si era sempre sentito dire che era un debole,
aveva paura di provare affetto per gli altri perché non voleva soffrire dopo,
nel caso in cui quelle persone morissero o peggio, lo abbandonassero. Aveva raggiunto
un livello intellettivo fuori dal normale contando solo sulle proprie forze,
ponendosi domande e cercando di ottenere da solo delle risposte. Cosi era
cresciuto: intelligente e diffidente. Tuttavia leale. Lo era sempre stato con
quei pochi avevano avuto il privilegio di diventare sui amici, non perché fosse
il tipico figlio di papà con la puzza sotto al naso, ma perché era una persona
che difficilmente dava fiducia agli altri a causa delle piccole cicatrici che
il termine “tradimento” aveva lasciato sul suo petto. Eppure dietro quella
fortezza di sicurezza e capacità c’era un ragazzino insicuro, con ancora un’infinità
di domande senza risposta, quesiti irrisolti, che ancora si portava dietro
pezzi delle sue paure ormai infantili.
Sasuke era stato, dopo un periodo di assoluta
lontananza, quello che Itachi avrebbe potuto definire il suo primo grande
amore. Ma l’amore, si sa, non è solo quello che un uomo dedica ad una donna. Difatti
l’amore di Itachi era quello incondizionato, indistruttibile di un fratello
maggiore, puro amore dedito solo al suo fratellino. Non voleva amarlo, Itachi,
ma non era stato in grado di farne a meno quando quel fagottino lo aveva
guardato negli occhi per la prima volta e lo aveva riconosciuto come la sua
guida, il suo scudo. Quando, dentro il fagottino bianco che lo proteggeva gli
aveva preso il dito e lo aveva stretto a sé sorridendo contento. Itachi non era
più stato capace di placare il suo cuore scalpitante nel suo petto, aveva
capito che quel pargolo sarebbe stato diventato l’unica cosa che avrebbe amato
incessantemente per tutta la sua vita. E cosi era stato.
Mentre gli altri bambini della sua età passavo le
giornate a giocare al parco, ridendo e scherzando fra di loro, lui li guardava
da lontano senza invidia. Perché lui aveva qualcuno che lo aspettava a casa, un
paio di grandi occhi neri che brillavano ogni volta che si specchiavano nei
suoi, c’era una boccuccia che gli sorrideva e che lanciava strani versi quando
era felice di giocare con lui. C’era Sasuke. E ancora come la prima volta, il
suo cuore batteva all’impazzata quando lo vedeva dopo solo qualche ora, quando
tornava dall’accademia.
Col passare degli anni Sasuke era cresciuto ed
aveva imparato a parlare e Itachi ancora non poteva fare a meno di vedere i
suoi occhi brillare ogni volta che gli correva goffamente in contro per
salutarlo, di sentire il proprio nome venire pronunciato con tanta felicità, di
sentirsi chiamare fratellone. Dopo ben
quattro anni il suo cuore ancora batteva solo per lui. Era contorto il
sentimento che provava, al limite dello spirito, perché era solo quello che un
bambino poteva provare. Itachi sapeva di essere il suo punto di riferimento,
capiva che lui veniva ancor prima di mamma e papà per Sasuke.
Fu per caso, però, che Itachi scoprì come anche
Sasuke avesse delle paure infantili proprio come le aveva lui. Perché nonostante
Itachi avesse finalmente compiuto dodici anni, aveva ancora vergognosamente
paura dei temporali, non era mai riuscito a superarla. E quella sera il
temporale era forte e rimbombava violento, scuotendo i vetri della sua stanza
assieme alle sue membra. Come soleva fare in quelle notti turbolente, si portò
le coperte fin sopra la testa e si girò dalla parte opposta alle finestre,
sperando di non vedere quegli schizzi di luce accecarlo di terrore. Ma era
inutile perché lo strano fischio alle orecchie che sentiva ad ogni lampo lo
rendeva consapevole dell’imminente tuono. E cosi accadde anche quella sera. Appena
il tuono squarciò il silenzio con prepotenza, la porta della sua stanza si
aprì.
“F-fratellone..” Era Sasuke. Ed era spaventato. Itachi
si mise meccanicamente a sedere quando la voce impaurita del più piccolo arrivò
alle sue orecchie. Capiva che suo fratello aveva bisogno di lui e non lo avrebbe
deluso. Non lo avrebbe abbandonato. “Hai paura..?” Gli chiese soltanto lui,
sperando che fosse cosi. Anche lui ne aveva. Il piccolo annuì, un po’ vergognandosene.
“Posso.. Posso dormire con te, fratellone?”
Itachi non avrebbe mai potuto dire di no ad una richiesta cosi dolce, cosi fece
segno di si con la testa ed alzò le coperte, invitando Sasuke ad entrare. Il più
piccolo si fiondò sotto le coperte e attese che anche il maggiore si fosse
messo a suo agio prima di artigliargli la maglietta del pigiama e di stringersi
forte al suo petto, in cerca di conforto.
Nonostante fuori il temporale infuriasse
imperterrito, Itachi non ne ebbe timore. E la ragione era semplice. Sasuke aveva
bisogno di lui, aveva bisogno che lui estirpasse quella paura dalla sua mente e
anche se inconsciamente aveva appena fatto la stessa cosa, Itachi non si
dimostrò mai debole di fronte a lui. Perché il suo cuore ancora batteva forte
per Sasuke.
Erano passati tre anni dall’ultimo incontro che
aveva avuto con Sasuke. Era cresciuto, il suo fratellino e stava diventando
sempre più forte. Ora era li, di fronte a lui, pronto a sfidarlo per vendicare
il clan che lui aveva glacialmente sterminato. Itachi sapeva che in realtà lui
era ancora troppo forte perché Sasuke potesse sconfiggerlo, ma era il suo
fratellino e gli avrebbe concesso anche quella vittoria. E mentre combattevano,
Itachi non poteva fare a meno di sentire ancora quel cuore malato galoppare nel
suo petto, avrebbe voluto pensare che fosse per via dei rapidi movimenti fisici
che sia lui che Sasuke eseguivano, ma non poteva. Non poteva e non voleva, perché
sotto quella coltre di freddezza e indifferenza c’era ancora quel sentimento
limpido che aveva brillato fin dal primo mento che aveva incrociato gli occhi
di suo fratello. Itachi lo amava ancora. Ed era sempre lo stesso, incrollabile
amore che legava la sua intera vita a Sasuke e non quel vago amore carnale che
si potrebbe provare per chiunque e con chiunque. Era tutt’altra cosa, ad Itachi
non importava nulla dei piaceri della carne, lui aveva giurato a sé stesso di
dedicare il suo amore solo a Sasuke, con tutta la sua anima. E in quel momento,
proprio per quell’amore Itachi chiudeva gli occhi per sempre, ma con il sorriso
sulle labbra. Aveva mantenuto la sua promessa in vita. Eppure sentiva ancora
quei battiti rapidi. E il tuono che rimbombava nel cielo, anche se gli parve
solo una lontana ninna nanna.
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Cari lettori,
un piccola one-shot per
iniziare la settimana! E’ molto triste, ma si sa, a me raramente vengono fuori
cose allegre..
L’unica piccola precisazione che voglio fare è
che, nonostante si parli di amore, non c’è NIENTE di fisico da parte di Itachi.
È tutto amore spirituale. :)
A presto!
Reika_Kun