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Autore: 9dolina0    28/10/2014    4 recensioni
«Il futuro di Chichi è drammaticamente avvolto da una coltre di nebbia attraverso la quale i miei poteri non possono penetrare. Vedo i malvagi incombere sul suo regno; vedo il sangue scorrere lentamente lungo le terre di Furipan e contaminare il vostro fiume; ma non posso vedere cosa ne sarà esattamente di vostra figlia. Perderà, usurpata dai malvagi, il controllo delle sfere del drago, ma che lei sopravviva o meno alla venuta di quegli esseri non posso in alcun modo saperlo. Tuttavia, riesco distintamente a scorgere accanto a lei la figura di un giovane forte e valoroso. Non so chi sia, né da dove venga, né se sarà davvero in grado di proteggerla. Cerca quel giovane e spera che possa davvero fare qualcosa. Ma sta’ attento a non confondere il designato con un malintenzionato: il destino di tua figlia potrebbe essere nelle sue mani.»
Amore, lotta, usurpazione e sentimenti...
Un destino da cambiare e una principessa da salvare.
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bulma, Chichi, Goku | Coppie: Bulma/Vegeta, Bulma/Yamcha, Chichi/Goku
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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Capitolo VIII – Incontri notturni

 

Tra tutte le cose che il principe le aveva chiesto di fare, quella era senza dubbio la meno sensata.

Perché, d’accordo, ci poteva stare che le ordinasse di riparare astronavi, costruire stanze gravitazionali e progettare marchingegni per i suoi assurdi allenamenti; ma che pretendesse addirittura che fosse lei a lavare i piatti e a pulire la cucina dopo che i pochi saiyan residenti a corte avevano cenato, be’… era davvero troppo.

Tanto più che Giumaho, fino al giorno prima, aveva un esercito intero di domestici che provvedeva a tenere lindo e pulito il palazzo principesco.

Che ne era stato di quello stuolo infinito di uomini e donne tanto prodighi?

Bulma sbuffava, e intanto strofinava con vigore la stoviglia che le capitava in mano.

Pensandoci bene, quel lavoro tanto insulso aveva un piccolo pregio: le concedeva un attimo di solitudine e di silenzio.

Da quando, infatti, Vegeta aveva deciso che lei sarebbe stata la sua scienziata personale, si era ritrovata a contatto col principe quasi ogni minuto della sua giornata. Quel dannato saiyan non la lasciava in pace un attimo: pretendeva da lei l’impossibile e le stava alle calcagna come un marito geloso della propria donna.

 

A proposito di mariti, da quanto tempo Giumaho non si faceva vedere in giro per il palazzo?

Bulma era quasi certa che Mamanu continuasse, nonostante la sparizione del consorte, a occuparsi delle proprie faccende e a rabbonire il popolo di Furipan.

Doveva ammetterlo: senza l’aiuto di quella donna, i sudditi di Chichi avrebbero già tentato una rivolta da un pezzo. Ovviamente, ci avrebbero rimesso la pelle.

La scienziata non aveva ancora capito quale tipo di sentimento legasse Mamanu a Chichi; sapeva dell’astio della ragazza nei confronti della matrigna, ma quest’ultima era sempre stata molto brava a non svelare le proprie opinioni.

Che le volesse bene davvero? Oppure il suo era solo un tentativo per tenersi buona la principessina e, all’occorrenza, sottrarle poi il regno?

Per quanto Bulma non avesse in simpatia Chichi, doveva però ammettere che difficilmente Mamanu sarebbe stata all’altezza del compito che il Supremo aveva affidato alla giovane figlia di Giumaho. D’accordo: Mamanu era molto più elegante ed educata di Chichi, ma molto probabilmente non aveva la sua spiccata forza di volontà.

 

Il rumore di un sasso che batteva sul vetro della finestra distrasse Bulma dai suoi pensieri e dalle poco amate stoviglie. Non c’era alcun dubbio: qualcuno le stava chiedendo di aprire.

Da quando viveva a stretto contatto con i malvagi – o saiyan, che dir si voglia – la scienziata aveva imparato a rapportarsi in maniera diversa col rischio.

Era vero: poteva esserci chiunque al di là di quella finestra; ma quante possibilità c’erano che costui fosse peggiore del principe?

La ragazza non ci pensò su ulteriormente e andò ad aprire, trovandosi faccia a faccia col suo fidanzato.

 

«Oh, questa poi! Che c’è? Hai finito le scorte di cibo e non sai più dove andare a cercare la pappa?»

 

«Ma piantala, Bulma! Tu non perdi mai l’occasione di parlare a vuoto.»

 

«Che diavolo ci fai qui?»

 

«Non vuoi sapere dove fossi finito?»

 

«Sinceramente no.»

 

Bulma fece per richiudere la finestra, ma l’uomo la fermò in tempo e riuscì a entrare nella cucina.

Erano diversi giorni, in effetti, che Yamcha non si faceva vivo. Per quanto ne sapeva lui, potevano benissimo essere morti tutti quanti, nel frattempo.

Trovare Bulma sana e salva fu per lui un sollievo: se i malvagi avevano deciso di non eliminare gli esseri umani, forse c’era la possibilità di trattare.

E di fregarli.

Con sorpresa, Yamcha si accorse che la sua ragazza era intenta nelle faccende di casa.

Da quando la conosceva, mai gli era capitato di vederla pulire anche un solo piatto.

Come avevano fatto quei dannati mostri a convincerla a diventare una brava domestica?

Yamcha scoppiò a ridere di gusto, immaginando le imprecazioni che la sua donna doveva aver elargito mentalmente nei confronti di chi l’aveva messa a lavorare.

 

«Che diavolo hai da ridere, idiota?»

 

«Ah, datti una calmata! Il ruolo della donna alterata con i piatti da lavare non ti si addice per niente.»

 

Bulma afferrò il primo bicchiere che le capitò a tiro e glielo lanciò, mancando però il bersaglio.

 

«Niente da fare: sono ancora troppo agile per te. Dammi retta, metti da parte il nervosismo e ascoltami.»

 

La ragazza si tolse i guanti da cucina e si mise le mani ai fianchi, con fare decisamente poco amichevole.

 

«Che diavolo vuoi? Sei sparito per giorni e adesso vieni qui a burlarti di me? Sei un idiota.»

 

«L’idiota sei tu che non mi hai dato ascolto quando ti dicevo che quel Son Goku non mi piaceva affatto. O dovrei chiamarlo Kakaroth

 

«E dunque? Se sei venuto qui a farmi la paternale, puoi anche risparmiartela e tornare da dove sei venuto.»

 

«Però sul suo conto avevo ragione. Siete stati dei fottuti ingenui!»

 

«Forse, ma tu che te la sei data a gambe sei stato un fottuto traditore!»

 

A Yamcha non piacque affatto sentirsi apostrofare in quel modo.

Conosceva molto bene Bulma e sapeva che l’orgoglio era uno dei suoi difetti peggiori: per quanto ella stessa sapesse di avere torto marcio, mai e poi mai gli avrebbe dato la soddisfazione di riconoscerlo.

Era fatta così, e lui da diversi anni ormai aveva perso ogni speranza di cambiarla.

 

Ma quella vicenda del protettore gli bruciava dentro come non mai.

Aveva dimostrato a Bulma e a Crilin di aver sempre avuto ragione e che tutti i suoi sospetti erano terribilmente fondati.

E, nonostante tutto, la sua donna non aveva nemmeno contemplato l’idea di chiedergli scusa.

Addirittura, sembrava quasi che non si fosse minimamente preoccupata per lui nel corso di quei giorni. Possibile che non avesse mai pensato a quale fine potesse aver fatto? Per quanto ne sapeva lei, poteva benissimo darsi che gli invasori lo avessero fatto fuori.

La cosa assurda e, in un certo senso, preoccupante, era che Bulma stava bene.

A parte la rabbia per le stoviglie da lavare, infatti, la sua donna sembrava non avere addosso alcun segno di stanchezza, sofferenza fisica o sofferenza psicologica. Che ne era stato, poi, dei saiyan? Da quando li aveva visti atterrare, di loro non aveva avuto più notizie, se non le poche che era riuscito a rubare a qualche boscaiolo che si inoltrava nella foresta di Furipan per ordine degli invasori.

E quel poco che sapeva era che il principe si era stabilito definitivamente a palazzo.

In effetti, poteva anche starci.

Ma che diavolo ci faceva, allora, Bulma lì dentro?

Solo in quel momento si rese conto che la presenza della ragazza nel castello era tutt’altro che normale, come tutt’altro che normale era il fatto che non sembrasse particolarmente provata da quella strana situazione. Che il principe l’avesse ingaggiata per lavare i piatti e poi la lasciasse tornare nella sua camera d’albergo gli sembrava piuttosto improbabile.

Ma, allora, perché si trovava lì? E dove erano finiti Giumaho, Chichi e Mamanu?

In quel momento, l’uomo ebbe un’illuminazione: il geniale, dannatissimo, fottutissimo cervello di Bulma. Tutto iniziava ad avere senso: il sovrano dei saiyan l’aveva tenuta con sé a causa delle sue incredibili doti intellettive.

Con sé.

Erano soli?

Possibile che quel pazzoide avesse sfrattato i legittimi proprietari dell’edificio?

 

«Come mai ti trovi qui, Bulma? E dove sono Giumaho e Chichi

 

«Oh, ora vuoi riprendere il ruolo del fidanzato preoccupato? Be’, non serve. Come vedi me la sono cavata alla grande anche senza di te. Non sprecare il fiato e tornatene da dove sei venuto, tanto sono certa che avrei più possibilità io di te di eliminare i saiyan

 

«Non mi hai risposto.»

 

«Non credo che ti interessi sul serio saperlo.»

 

«Perché una volta tanto non metti da parte il tuo pessimo carattere e non cerchi di collaborare? Credi forse che in questi giorni io sia stato a perdere tempo?»

 

«Non mi interessa cosa accidenti hai fatto in questi ultimi giorni! A me interessa sapere dove non sei stato: cioè, qui. Ora torni, come se niente fosse, e mi fai pure il terzo grado. Se proprio ci tieni a saperlo, siamo tutti sani e salvi, Giumaho è nella sua stanza e Chichi si sta allenando con Gok… Kakaroth. Ora, te lo dico per l’ultima volta, sparisci, o rischi di mettermi seriamente nei guai.»

 

La risposta di Yamcha tardò ad arrivare.

Nella sua testa, si era creato mille film su come sarebbero potute andare le cose, ma di sicuro non aveva messo in conto tutto quell’astio da parte di Bulma.

Non credeva nemmeno di trovarla tutta intera, a dirla tutta.

Eppure, tutto gli si poteva rinfacciare, tranne che fosse lui il responsabile di quella situazione.

Se gli avessero dato ascolto a suo tempo, probabilmente le cose sarebbero andate diversamente. E tra le persone che non avevano prestato attenzione ai suoi sospetti c’era anche Bulma. Con quale coraggio si permetteva di aggredirlo in quel modo?

Yamcha era sempre stato invaghito di lei; forse, in alcuni momenti della sua vita, l’aveva persino amata davvero. Ma quella che aveva di fronte in quel momento non era certo la donna che gli aveva fatto perdere la testa. Che ne era stato della scienziata impulsiva ma fottutamente brillante che non sbagliava nemmeno un calcolo? Dove era andata a finire la donna dall’intuito sopraffino in grado di smascherare ogni tresca? Bulma si era fatta raggirare da un impostore, uno che, per giunta, mirava a impossessarsi delle sfere del drago.

A proposito delle sfere, cosa diavolo stava facendo Chichi?!

Aveva capito male oppure si stava allenando con Kakaroth?

Dire che aveva fatto male i conti era poco. Conosceva bene la principessa – o, almeno, così credeva – e mai si sarebbe aspettato che decidesse di allenarsi con uno dei malvagi.

Per quale motivo, poi? Che diavolo aveva in mente di fare quella ragazzina?

 

Yamcha storse la bocca e digrignò i denti.

 

«Vorrà dire che risolverò la questione senza il vostro aiuto. Pazienza, Bulma. Poteva essere una buona occasione per contribuire alla salvezza del pianeta.»

 

L’uomo non attese la risposta della compagna e uscì dalla finestra in pochi attimi.

Bulma, nel frattempo, aveva perso completamente la voglia di continuare a fare le pulizie.

 

«Al diavolo Yamcha e la sua patetica vigliaccher…» cominciò a urlare la donna; ma l’elegante figura del principe dei saiyan materializzatasi in quel momento davanti a lei la fece desistere dal continuare.

Quel saiyan si era sicuramente accorto della presenza di Yamcha, e per lui adesso erano guai seri.

 

***

 

Bardack e Mamanu erano stesi l’uno al fianco dell’altra, nudi, sul comodo letto di cui il guerriero si era appropriato da quando aveva messo piede al castello. Il volto della donna era leggermente inclinato verso l’incavo delle spalle dell’uomo e la loro vicinanza era tale da permettere il mescolarsi dei loro respiri.

Nessuno dei due stava realmente dormendo.

Riuscire ad abbracciare il sonno dopo aver consumato la passione in quel modo non sarebbe stato possibile per entrambi.

O, almeno, questo era ciò che pensava Mamanu.

La moglie di Giumaho non poteva davvero sapere cosa passasse per la testa del saiyan con cui aveva appena fatto l’amore. Di lui non sapeva nulla, se non che era il padre di Kakaroth e che era stato promosso a generale dal principe in persona prima che partissero dal loro pianeta per giungere sulla Terra.

Per conquistarla, oltretutto.

Eppure, pareva proprio che fino a quel momento i saiyan non avessero conquistato altro che i cuori di tante donne terrestri. Nonostante i brividi di piacere che ancora correvano lungo la pelle nuda, Mamanu  aveva ancora una lucidità tale da poter riflettere su ciò che stava accadendo.

Che Chichi si fosse infatuata di Goku se ne era accorta ancor prima che costui rivelasse la propria identità; ma, a suo avviso, tale scioccante scoperta aveva tutt’altro che spento i sentimenti della ragazza. Chichi, volente o nolente, era per lei un libro aperto. Sebbene tra loro il rapporto non fosse mai stato amichevole, Mamanu aveva imparato comunque a conoscerla a fondo, approfittando dei pochi momenti di cordialità che la figlia di Giumaho le riservava.

Pochi, certo, ma ce n’erano stati; e per quel che la riguardava, erano più che sufficienti per tracciare un profilo della bella principessa.

Mamanu aveva qualche anno più di lei e uno spirito d’osservazione maggiore.

Non poteva essersi sbagliata.

Sapeva che Chichi era tutt’altro che insensibile al fascino di Kakaroth.

Già, poteva anche essere giustificata una cosa del genere.

In fondo, lui era un magnifico ragazzo e lei un’altrettanto splendida fanciulla, testarda, sì, ma non indifferente alle pulsioni del corpo.

 

Ma lei?

Cosa avrebbe dovuto pensare di sé stessa l’ancora bella e piacente Mamanu?

I bollori dovuti al focoso rapporto sessuale appena consumato si stavano ormai spegnendo e, puntuali, stavano sopraggiungendo i sensi di colpa.

Perché, d’accordo che non era stata lei a decidere di sposarsi e di accollarsi un impegno forse troppo grande per le sue possibilità; ma era pur vero che nessun uomo sulla Terra l’aveva mai trattata con tanto rispetto come aveva fatto Giumaho.

Nemmeno Bardack.

Quel saiyan non si era lasciato andare a troppi complimenti e a troppe smancerie.

La voleva, e gliel’ha detto chiaro e tondo.

Che poi lei non avesse opposto la minima resistenza era un altro conto.

Col senno di poi, lui avrebbe potuto farle qualsiasi cosa se lei avesse rifiutato quella sorta di avance. E, probabilmente, nemmeno la amava.

Poteva esserci spazio per l’amore nella cultura di un popolo dedito alla guerra e alle conquiste? Probabilmente no. E Mamanu non era mai stata tipa da credere alle favole.

 

Lasciando sulla pelle di Bardack un ultimo respiro, la donna si sollevò pian piano dal letto e prese a rivestirsi.

Il saiyan la osservava senza battere ciglio.

Le sue iniziali aspettative rispetto a quel dannato pianeta che suo figlio avrebbe dovuto conquistare da solo si erano rivelate al quanto riduttive. Egli non aveva messo in conto la ricchezza minerale di quel pianeta, né la varietà dei climi, né tantomeno la presenza di creature intelligenti tanto simili ai saiyan. Di umanoidi, in giro per l’universo, ne aveva scovati fin troppi, spesso approfittando impunemente delle donne che quegli astri potevano offrire.

Ma, di sicuro, mai gli era capitato di imbattersi in una popolazione che non aveva alcuna differenza fisica con i saiyan, se non l’assenza della coda.

Coda che, oltretutto, erano riusciti a mascherare egregiamente a quasi tutti gli esseri umani.

 

La vera disgrazia, in tutto ciò, era l’essere incappato in Mamanu.

A lui non importava niente di lei – o, perlomeno, questo era ciò che pretendeva da sé stesso – ma quella donna lo aveva in qualche modo stregato.  Certo, sicuramente ciò dipendeva dal fatto che era passato molto tempo da quando si era concesso il lusso di possedere una femmina; ma ciò non giustificava affatto il desiderio malsano che provava nei suoi confronti.

Se avesse continuato in quel modo, presto avrebbe finito per considerarla sua, e ciò avrebbe rischiato di compromettere i piani di conquista del pianeta.

Perché, d’accordo che lui era uno dei guerrieri saiyan più potenti del pianeta Vegeta – probabilmente, il secondo dopo il principe, se suo figlio, nel frattempo, non aveva superato il suo livello – ma questo non gli garantiva comunque un qualche potere decisionale sugli schiavi.

Quello ce l’aveva soltanto Vegeta e, allo stato attuale, Bardack non aveva ancora capito cosa diavolo avesse intenzione di fare.

Se si fosse affezionato davvero a quella donna, avrebbe mai potuto permettere che il principe ordinasse lo sterminio di tutta la popolazione umana e, dunque, anche la sua uccisione?

In fondo, era vero che nel corso della sua vita si era macchiato di crimini atroci nei confronti di creature innocenti; tuttavia, quando si era trattato di difendere coi pugni e coi denti qualcuno a cui teneva, che fosse un suo commilitone o la sua ex compagna, Bardack aveva lottato.

 

Mamanu, nel frattempo, aveva già lasciato la stanza, nel totale silenzio di una notte ormai inoltrata.

Il corridoio che l’avrebbe riportata nella stanza in cui Giumaho stava ancora pregando le sembrava stranamente più lungo del solito.

 

***

 

«Te l’ho già detto e te lo ripeterò all’infinito: io non stavo complottando un bel niente contro di te!»

 

Bulma aveva paura e il tono alterato della sua voce lasciava trasparire senza alcuna mitigazione il suo stato emotivo.

Vegeta aveva visto Yamcha con lei e li aveva sentiti parlare ma, ritenendo Bulma più astuta di una volpe, non credeva affatto che le parole rivolte a quel terrestre fossero sincere.

No.

Quella dannata donna lo aveva sempre sorpreso, da quando egli aveva messo piede nel castello di Furipan, e di lei aveva capito ben poco, se non che ci si poteva aspettare di tutto.

Tutto.

Persino che trattasse volutamente in malo modo uno sporco terrestre per non destare sospetti nel principe dei saiyan.

Più approfondiva la conoscenza della scienziata e meno riusciva a fidarsi di lei.

Troppo intelligente e troppo astuta per essere degna della sua totale fiducia.

La presenza di quell’uomo nella sua cucina lo aveva mandato oltremodo su tutte le furie, in parte perché la sorveglianza messa a guardia del castello aveva miseramente fallito, in parte perché quella stupida donna gli aveva aperto la finestra. I suoi ordini erano sempre stati chiari: guai a parlare con chiunque che non vivesse stabilmente al castello!

E, tra questi ultimi, della moglie di Giumaho nemmeno si fidava più di tanto.

 

Bulma non era una sprovveduta e sapeva perfettamente a quale reazione sarebbe andato incontro Vegeta se l’avesse sorpresa lì. Lei, a dire il vero, aveva la coscienza pulita, ma dimostrarlo a quel maledetto principe, ormai infuriato, era un’impresa tutt’altro che facile.

Vegeta era a pochi passi da lei, e lei era con le spalle al muro. Vie di fuga non ne aveva, né avrebbe potuto costruirsene una. Gli occhi del saiyan tralucevano rabbia e malvagità. Mai, prima di allora, aveva avuto davvero paura del principe. In fondo, non l’aveva trattata poi così male. Certo, l’aveva costretta a lavorare duramente e a sottoporre Crilin a esercizi estenuanti; ma, fondamentalmente, lei non aveva tratto altro che giovamento dalle assurde pretese di Vegeta.

Sì, perché alla fine era sempre riuscita a dimostrare a sé stessa e al saiyan che la sua intelligenza non aveva limiti.

Ma avrebbe potuto il suo cervello tirarla fuori da una situazione del genere?

 

Vegeta le aveva messo le mani intorno al collo, rendendo più difficoltoso il suo respiro.

Bulma annaspava e, pur cercando di mantenere la calma, sentiva che il terrore stava pian piano prendendo il dominio sulla sua razionalità

 

«Non mi piace essere preso per i fondelli, lo sai?»

 

«Lo so» sussurrò Bulma col poco fiato che riuscì a tirar fuori «e non l’ho fatto. Te lo giur…»

 

Vegeta allentò la presa e le si avvicinò ulteriormente, ridendo dei suoi goffi tentativi di riprendere aria.

 

«Dei tuoi giuramenti non me ne faccio niente. Se davvero non stavi complottando contro di me, non devi far altro che dimostrarlo.»

 

Bulma alzò lo sguardo verso il principe e cercò di ricomporsi.

Quell’uomo aveva iniziato a farle paura davvero.

Cosa diavolo avrebbe dovuto dimostrare lei a lui? Non gli bastava il fatto che da una settimana eseguisse tutti i suoi ordini senza battere ciglio?

 

«Ho la coscienza pulita, caro principe. Avanti, cosa vuoi che faccia?»

 

Sul volto del saiyan si delineò un ghigno perverso, un sorriso a mezza bocca che non prometteva nulla di buono.

Bulma ingoiò, temendo di aver azzardato troppo.

 

«Uccidilo. Tanto, prima o poi, quel bastardo tornerà da te.»

 

***

 

Continuare a rigirarsi nel letto non lo avrebbe di certo aiutato a fare meglio i conti con sé stesso.

E questo Kakaroth lo sapeva benissimo.

Eppure, cercare di rilassarsi e far finta di niente era praticamente inutile.

L’aveva baciata, accidenti a lui, e per quanto il suo cervello gli suggerisse di credere che lo avesse fatto per provocazione, la sua coscienza continuava a tormentarlo.

Ma era la coscienza saiyan o quella terrestre a impedirgli di dormire?

 

La verità era che Kakaroth aveva fantasticato su Chichi fin dal primo momento in cui l’aveva vista. Non che si fosse innamorato o smancerie simili, ma quella ragazzina dal temperamento ballerino e dal carattere tutt’altro che principesco l’aveva incuriosito parecchio.

C’era poco da fare: sognare di mettere le mani addosso a una ragazza che fingeva indifferenza nei confronti del piacere carnale e che a fatica riusciva a nascondere il fatto di avere una cotta per lui lo elettrizzava da morire.

Eppure, fino al giorno prima aveva resistito all’impulso di toccarla.

In fondo, lui era consapevole del fatto che la principessina lo incuriosiva più del dovuto. Anche se non riusciva a capire cosa fosse, c’era in lei una forza particolare che la rendeva speciale. Certo, a livello di forza fisica non era al suo livello e non lo sarebbe mai stata, ma era assolutamente certo che in lei si nascondesse un potere misterioso e aveva la sensazione di aver percepito quel qualcosa durante la loro visita alle sfere del drago.

Sfere che, nel frattempo, erano tornate nelle mani del legittimo proprietario.

Kakaroth sapeva che Chichi era solo la custode di quei preziosi oggetti – in fondo, la stessa ragazza glielo aveva ripetuto più volte – anche se, probabilmente, ciò non le avrebbe impedito di usarli. A volte, il saiyan si chiedeva se fosse il caso di costringerla a esaudire un suo desiderio.

Già. Ma quale?

Prima di allora, Kakaroth non aveva mai pensato di avvalersi personalmente delle sfere del drago. La sua missione non era di certo quella. Se suo padre lo aveva spedito su quello stupido pianeta quando era ancora bambino era solo per conquistarlo e poi consegnarlo nelle mani del Re.

Re che nel frattempo era morto e aveva lasciato il suo vasto impero all’unico figlio che aveva.

 

Kakaroth, insomma, aveva sempre obbedito, e, per di più, a persone che non aveva mai visto in vita sua se non dopo il loro arrivo a Furipan. Per anni il saiyan aveva comunicato col padre e col suo principe tramite il dispositivo monoculare che gli avevano lasciato in dotazione. Di costoro aveva sentito soltanto la voce e visto qualche immagine sfuocata che di tanto in tanto si formava sulla lente del dispositivo.

Ma niente di più.

Non c’era quasi alcun legame con loro.

Ma per i saiyan esisteva il concetto di legame affettivo?

Che lui sapesse, no.

E, tutto sommato, anche a lui, fino al giorno prima, l’idea che ci si potesse affezionare a qualcuno faceva venire il voltastomaco.

 

Poi, il suo dannatissimo cervello gli aveva suggerito di baciare Chichi.

Nemmeno lui avrebbe saputo spiegare perché lo avesse fatto. Sapeva solo che in quel momento sentiva il dannato bisogno di farlo.

E gli era piaciuto.

E se lo avessero scoperto?

Certo, Kakaroth avrebbe sempre potuto trincerarsi dietro a un avevo bisogno di una distrazione; ma il modo violento in cui pulsava il suo cuore e la rabbia con sé stesso che provava per essersi concesso quel maledetto bacio gli suggerivano che quella era solo una scusa.

Un’inutile e patetica menzogna.

 

Il saiyan si alzò dal letto e decise di uscire dalla sua stanza per sgranchirsi le gambe.

Non aveva una meta precisa verso la quale dirigersi, ma restare imperterrito sdraiato su quel materasso lo avrebbe mandato ai matti.

I corridoi del castello gli sembravano più lunghi del solito, nonostante li stesse percorrendo a una velocità tutt’altro che modica. La solitudine, poi, di certo non lo aiutava a cacciare dalla mente i suoi patetici dubbi. Era incredibile come, in pochi, stupidissimi giorni, una persona riuscisse a mettere in discussione sé stessa a tal punto. Ed era altrettanto incredibile che tale messa in discussione fosse sopraggiunta col ricongiungimento di Kakaroth alla sua famiglia di origine.

A chi apparteneva veramente?

La verità era che il giovane saiyan si sentiva fuori luogo ovunque: la Terra non era la sua patria perché lui non apparteneva a quel mondo; ma del pianeta Vegeta e dei suoi abitanti la sua mente non conservava alcun ricordo.

 

Con disappunto, il ragazzo si accorse che nel castello c’era ancora qualcuno sveglio.

La luce della sala da pranzo tradiva una presenza che non poteva di certo nascondersi.

Kakaroth si affacciò e scorse la scienziata seduta al tavolo con le mani sul volto, come se stesse piangendo.

Non che le importasse chissà quanto di cosa le fosse successo, ma il fatto che a quell’ora fosse ancora sveglia e in piedi lo incuriosì oltremodo.

Vegeta ci teneva molto a lei. Riteneva che fosse l’unico essere umano a meritare un briciolo di rispetto viste le sue incredibili doti intellettive e, proprio per questo, non le permetteva mai di andare a letto troppo tardi.

La voleva al meglio delle sue capacità e sapeva che i terrestri, per dare il massimo, dovevano anche riposare più dei saiyan.

 

Il ragazzo entrò nella stanza, facendo sussultare Bulma.

 

«E tu che ci fai qui?» chiese con disappunto la scienziata.

 

«Potrei farti la stessa domanda.»

 

«Ah, è il mio destino, insomma. Questa è la giornata degli interrogatori.»

 

«Come se mi importasse davvero qualcosa. Semplicemente, mi sembrava strano che tu fossi ancora in piedi. E con i piatti da lavare, oltretutto. Che c’è, le pulizie ti danno noia?»

 

«Se proprio ci tieni a saperlo, a darmi noia è quel pazzo furioso del tuo principe. Ma che te lo dico a fare, tanto siete fatti della stessa pasta.»

 

La ragazza si alzò di scatto e si diresse verso la porta della sala.

 

«Buonanotte, Goku, o come accidenti ti chiami. È meglio che vada a dormire se non voglio rischiare la vita domani mattina. Vegeta è già abbastanza nervoso, a quanto pare.»

 

Il ragazzo seguì con lo sguardo Bulma e rifletté sulle sue parole.

Quella stupida doveva aver commesso qualche sciocchezza seria se era riuscita a far infuriare Vegeta. Non che ci volesse molto a far scaldare le corde del principe dei saiyan, ma con Bulma, fino a quel momento, si era sempre contenuto abbastanza.

Che c’entrasse il tizio che lui stesso aveva sorpreso ad aggirarsi nei dintorni del castello, quella sera?  Ora che ci pensava, lui lo conosceva.

Già, lo aveva affrontato durante il torneo di arti marziali.

Poi non lo aveva più visto.

Kakaroth non si era né preoccupato, né occupato di lui. In fondo, era solo uno stupido terrestre e, per quel che aveva visto, non era nemmeno il più potente.

 

«Be’, se la vedrà Vegeta. Casomai gli dirò che non vale la pena darsi cruccio per quella mezza cartuccia.»

 

Ormai erano quasi le due di notte.

Kakaroth sapeva che a quell’ora i terrestri solitamente dormivano.

Già il fatto di aver trovato Bulma ancora sveglia lo aveva in qualche modo infastidito e al contempo risollevato: quella breve chiacchierata lo aveva distratto per un attimo dai suoi pensieri.

Per un solo attimo, appunto.

Kakaroth aveva da qualche minuto imboccato di nuovo le vie del corridoio e l’idea di girovagare a vuoto lo disturbava abbastanza. Se poi a tutto ciò aggiungeva il fatto che a farlo reagire così fosse stato un inutile bacio, la sua indignazione lo rendeva ancora più nervoso.

 

Certo era che andare a passeggio per il castello durante orari per lui insoliti gli aveva dato la possibilità di capire meglio quali fossero le abitudini degli inquilini della dimora.

Giumaho stava pregando. Per sua figlia? Per il suo regno? Per la sua gente?

A Kakaroth, tutto sommato, non importava affatto. Ciò che lo aveva incuriosito, affacciandosi a quella porta semiaperta, era che Mamanu non fosse con lui.

Che i due coniugi dormissero separatamente era improbabile, visto che Napa e suo padre li avevano sorpresi insieme il giorno in cui avevano invaso il castello.

Eppure, nonostante l’orario, della moglie dello stregone del toro non c’era traccia in quella stanza.

 

Il ragazzo se ne andò.

Era stanco ormai, e quel continuo girovagare non aveva portato ad alcunché di concreto.

Nel mentre in cui riprendeva la via per tornare nella sua stanza, la vide.

Mamanu gli era passata davanti.

Si erano ritrovati faccia a faccia, inaspettatamente, senza che nessuno dei due capisse, lì per lì, da dove venisse l’altro.

Lo sguardo tra i due durò meno di un secondo.

Kakaroth fece in tempo a scorgere sul viso di Mamanu l’onta della vergogna.

Il saiyan conosceva bene quel sentimento. Non lo aveva mai provato sulla propria pelle, ma il solo fatto di aver vissuto per anni a contatto con gli esseri umani, lo aveva istruito a sufficienza sull’interpretazione degli sguardi altrui.

Lui non disse niente; lasciò che la donna lo oltrepassasse e tornasse nella sua camera.

Chissà, magari Giumaho stava pregando che lei tornasse.

Ma da dove?

E perché?

 

La curiosità lo avvinse e il saiyan fece qualche altro passo.

In fondo a quel corridoio c’erano solo due stanze: la sua e quella di Bardack.

Il ragazzo si avvicinò a quella del genitore e, notando che era solo socchiusa, si affacciò.

Suo padre era sdraiato sul letto.

Dormiente e completamente nudo.

 

CONTINUA

 

 

Angolo dell’autrice

Ciao, miei affezionati lettori!

Mentre mi accingo a scrivere le note di questo capitolo, il cielo si sta annuvolando e il vento comincia a soffiare. Che sia il preludio di un temporale?

Una bella tempesta, comunque, sta sorprendendo i protagonisti della mia storia. Lo so, questo capitolo probabilmente vi ha lasciato l’amaro in bocca. Insomma, tutti i protagonisti della storia hanno iniziato ad amoreggiare (più o meno) e Vegeta tratta Bulma in questo modo? D’altra parte, il principe è pur sempre il principe e ho voluto che mantenesse più degli altri una parvenza da cattivo. In realtà, ciò non significa affatto che gli altri siano buoni, ma comunque lui deve essere peggio.

Nei prossimi capitoli tornerò a parlare di Chichi e Kakaroth, ovviamente – in questo ho deciso di concentrarmi solo sul saiyan per non mettere troppa carne al fuoco – e avremo anche modo di vedere come se la caverà Bulma.

Detto questo, la smetto di tartassarvi con le mie logorroiche note.

Grazie di cuore a tutti per il vostro sostegno!

 

9dolina0

 

 

 

  

   
 
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