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Autore: Ilovethegreenofyoureyes    28/10/2014    2 recensioni
Ciao a chi sta leggendo, che dire, questa storia parla di un demone, un demone che ha messo in discussione tutto quello in cui credeva, quando un giorno si trovò a incrociare lo sguardo di uno dei Winchester. Voglio precisare che non è una storia sdolcinata, e che è la prima volta che scrivo. La protagonista è Isabelle, la sua storia volente o dolente s'intreccia con quella dei cacciatori.
Posso dire solo questo, visto che la trama nasce man mano che la scrivo...
Spero vi prenda, lei ha preso me.
Grazie in anticipo per chi leggerà.
Buona lettura.
Genere: Horror, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, Impala, Lucifero, Sam Winchester, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni, Contesto generale/vago
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L'inferno.
Lo immaginate un posto caldo, avvolto dalle fiamme, con il "diavolo" che punzecchia con il suo tridente gli sventurati che vi finiscono.
Niente di più sbagliato.
L'inferno come più essere caldo essendo la casa del male, del odio, e di tutto ciò che di atroce c'è al mondo.
Un posto freddo, come la lama di un coltello, tagliente come le parole d'odio dette da chi amiamo.
Un posto dove il dolore inflitto alle anime, il dolore che voi conoscete, supera ogni vostra immaginazione.
L'inferno, quel posto da dove provengo.

Sono passati tanti anni, troppi per la mia mente per ricordare il giorno in cui fù "creata".
Il tempo li è soggettivo.
Mi sono sempre spostata vagavo da un ospite ad un'altro a seconda degli ordini, non importava chi fosse, uno valeva l'altro per dar noie ai Winchester.
Beh...si, li sotto quei due sono l'argomento principale.
Hanno distrutto ben tre di quei miei "vestiti" umani, poi arrivò questo corpo, questa donna, ed iniziò la mia tortura.

Ricordo vagamente il giorno del possesso, giá questa cosa non era normale.
La casa dove abitava, i due cacciatori con cui lavorava.
Si, con mia sorpresa scopri in seguito che era una cacciatrice.
Ironia della sorte.
Passai mesi nel buio, fra flash di ricordi non miei e vuoti di memoria inspiegabili.
Il mio superiore aveva un altro lavoro per me. 
Un altro caso dei fratelli Winchester.

"Prima o poi mi dirai quello che voglio sapere..?"

A quelle ultime righe mi soffermo a pensare fermando la penna sul foglio. Mi chiedo se faccio bene ad alimentare questa cosa, parlare con lei, con questa voce nella mia testa, attraverso un diario.
Ero stanca e gli occhi mi bruciavano, lasciai cadere la penna sul tavolo e mi stiracchiai, avevo appuntato abbastanza per stanotte.
Mi alzai di scatto dalla sedia passandomi una mano sul viso.

"Devo bere....."

Dissi fra me e me diretta in cucina, aprì l'anta del mobiletto e presi una bottiglia di Jack, era diventata un abitudine ormai.
Richiusi il mobile dopo aver preso anche un bicchiere e mi sedetti al tavolo, mentre svitavo il tappo lo sguardo si posò sulla parete, una parete piena di ritagli di giornale, tutti i casi risolti da quei due. 
Scossi il capo distogliendo lo sguardo e riempì il bicchiere buttando giù d'un fiato il contenuto subito dopo.

Brrr...

Strinsi gli occhi emettendo quel verso e riabbassai il bicchiere poggiandolo sul tavolo.

"Il prossimo lavoro consiste nel togliere di mezzo il Winchester maggiore. Ci serve il bestione. Fai quel che vuoi, ma toglilo dai coglioni."

Mi ritornarono in mente quelle parole, un lavoro come un altro, ed era stato facile fino ad allora eliminare gli ostacoli per me. 
Fino ad allora.
Mentre nella mia mente riaffiorarono quei ricordi, riempì di nuovo il bicchiere e lo feci ondeggiare tornando a ricordare.
Schiocchiai le dita materializzando il diario e la penna sul tavolo e ripresi a scrivere.

"C'era quella casa sul fiume, penso avessero a che fare con un fantasma, io avevo preso il posto della barista in cittá.
Ricordo perfettamente quel giorno.
Ero li dietro al bancone e in serata entrarono, tutti e due con quei vestiti e il distintivo dell F.BI.
Li studiavo da settimane, sapevo giá le loro abitudini.
Li osservai senza dare nell'occhio mentre asciugavo un bicchiere, Sam si fermò ad "interrogare" dei clienti mentre lui..Dean avanzò verso il bancone, si beh, da quel che avevo capito lui era il modesto della situazione.

Con fare plateare si tolse gli occhiali da sole sistemandoli nel taschino, da dove tirò fuori il distintivo che mi mostrò poco dopo guardandomi negli occhi.

"Agente..bla..bla..bla.."

Non capì nemmeno il nome falso che mi disse quando incrociai il suo sguardo, quegli occhi, non avevo mai visto un verde cosi profondo. 
Scossi il capo per distogliere lo sguardo, poggiai il bicchiere sul bancone e sorrisi come da copione.

"Buona sera agente... in cosa posso esserle utile?"

Chiesi voltandomi verso le mensole degli alcolici, presi una bottiglia e tornai a guardarlo riempiendo il bicchiere
Che spinsi sul bancone porgendoglielo.

"Questo lo offre la casa..."

Dissi sistemando delle cose.
Scambiammo due parole giusto il tempo del suo "interrogatorio", fatto da sorrisi sfacciati e battutine.
Ed io ero ancora li a fissare i suoi occhi.
Mi passò il suo biglietto da visita accompagnato da un occhiolino, il classico tizio che sa di essere bello e ne approfitta.
Afferrai il biglietto ed annuì guardandoli andare via."

Portai la penna alle labbra mordicchiandola pensierosa, e sbuffai riempiendo un'altro bicchiere.
La notte pian piano stava passando, ne sorseggiai un pò e ripresi a scrivere.

"Passarono i giorni, loro avevono risolto il caso ed erano pronti per ripartire per unaltra cittá, mi materializzai nei pressi del motel dove alloggiavano, dovevo fare il mio lavoro, dovevo.
Uscirono dal motel alle prime luci dell'alba, li osservai mentre sistemavano il porta bagagli, quella fù la prima volta che ebbi un flash.
Ero fuori davanti ad una casa di campagna in mano avevo un fucile che stavo caricando con il sale.
Pochi secondi e ritornai alla realtá, loro erano giá seduti sul veicolo.
Mi avvicinai attirando la loro attenzione, poggiai la mano sul bordo del finestrino e mi abbassai per guardare all'interno

"Buongiorno agenti...avete risolto il caso?"

Chiesi come se m'importasse, loro annuirono inventando quattro cazzate, avrei potuto colpirli in quel momento ma ero troppo esposta, c'era gente.

Li salutai augurandogli buon viaggio di ritorno, li avrei colpiti durante il tragitto."

Ricordare i fallimenti non è proprio un buon metodo per stare bene, pensai sorridendo sarcastica, stavo riempiendo di nuovo il bicchiere, poi optaì per il bere direttamente dalla bottiglia, un lungo sorso che passò lungo l'esofago lasciando quella sensazione di calore lungo il percorso. 
La ri poggiai giocherellando con la penna, scrivendo di tanto in tanto altre schegge di passato, presente, flash.

"Si, diciamo che quel agguato fu un disastro, mi materializzai dentro la vettura sui sedili posteriori poco dopo che furono fuori cittá.
Dean frenò di colpo imprecando, finimmo fuori strada, uscì dalla macchina e cercai di colpirlo, uno scontro che avrei potuto far finire diversamente se non fosse stato per quei maledettissimi occhi.

Ero riuscita a bloccarlo contro il cofano della macchina, finchè non mi guardò, che diavolo avevano quegli occhi da riuscire a bloccarmi, distrarmi al punto da dagli la meglio, costringendomi a ritirarmi.
Prima di sparire usai il mio potere di annullamento, avrei cancellato quello scontro, non si sarebbero ricordati di me.
Dovevo rimediare.

Una, due, tre fallimenti, ai piani bassi decisero che erano troppi, mi serviva una punizione.
Il mio cari paparino aveva molto senso dell'umorismo."

"Una sola cosa dovevi fare Isabelle!
Mettere fuori gioco Dean. 
Non ti ho dato questo corpo per sprecarlo inutilmente signorina!"

Odiavo quando mi parlava cosi, questa volta non mi rinchiuse, fece di peggio, aprì la linea di confine fra il demone e l'umano.
Nella mia mente iniziai a sentire delle urla strazianti anche se con noi non c'era nessuno.
Portai le mani contro le tempie e lo guardai, lui sogghignava compiaciuto.

"Le senti? Senti che melodia soave?
Sono le urla delle tue vittime, tutte le vite e le anime che negli anni qui sotto hai strappato alla vita e torturato"

Disse muovendo la mano sinistra a mezz'aria come per disegnare il suono.
La mia punizione.
Poi mi caccio via, se volevo che quelle urla smettessero, dovevo portare a termine il mio lavoro.
Portagli Dean Winchester.

Continuai a scrivere, non so bene perchè, forse volevo che lei, lei la cacciatrice leggendo quando prende il sopravvento su di me, trovasse una soluzione per far smettere le urla.

Bevvì un'altro sorso sospirando, da quel incontro erano passati anni, anni che passai da fuggitiva, perchè alla fine non portai a termine il mio compito, mi ribellai alla mia "famiglia", e divenni anch'io una nemica, nemica anche di me stessa.

"Le urla rendono tutto un pò contorto nella mia testa, sai?
Ti va bene se ti chiamo Jane?"

Ripresi a scrivere parlando a lei, forse era frutto della mia immaginazione, un alter ego creato nei momenti di disperazione, che allevio affogandola nel fondo di un bicchiere.

"Mi ha fottuto, quel maledetto sguardo, quei maledetti occhi, quel verde.
Ho passato gli ultimi anni ad osservarli, a volte aiutarli senza farmi scoprire.
E più passava il tempo più non riuscivo a vederli come nemici.
Nel seguirlo per trovare il momento giusto per eliminarlo, mi ritrovai ad un punto che avrei fatto qualsiasi cosa pur di salvarlo."

Muovo la penna che fa capricci e non vuole scrivere, ma dopo tutto questa parte è inrilevante per le ricerche.
La mia mente vacillava a volte, in lotta con me, con il mondo, con le urla, con le emozioni.
Quelle fottono sempre.
Passai più volte la penna contro l'angolo del foglio finchè ripartì.

"Come fai ad entrare nella vita di una persona che ha fatto tabula rasa intorno a sè?
Come fai ad avvicinare qualcuno se per prima ti costruisci muri attorno, cosi spessi che nemmeno tu ricordi come uscirne.
Quando le tue parole dicono il contrario di quello che pensi il più delle volte.
E non guardi mai negli occhi perchè li dentro ci sei tu, quella vera, e loro non sono bravi a mentirti come le parole.
Non lo fai, rimani li ad osservare, vai avanti da sola, perchè sai che starti accanto è distruttivo per gli altri, mi consola pensare che questo è tenerli al sicuro.
Al sicuro da quello che sono, dagli sbagli che faccio.
Al sicuro da me.
O forse la veritá è sono io a volermi tenere al sicuro dalla vita.

I mesi passano, da un bar ad un altro, cittá in cittá, mi sposto seguendoli, sto cercando il momento più adatto per chiedere il loro aiuto, se mani ne avrò il coraggio.
La notte è finita Jane....
Cos'altro potrei scriverti?
La domanda che mi pongo ogni giorno è sempre la stessa.
Perchè ho mandato tutto a puttane per quegli occhi?
.....
Anni che me lo chiedo, e non ho ancora la risposta, o semplicemente non mi piace.
A volte lo odio con tutta me stessa, me ne sto seduta al bancone osservando ogni sua mossa, cercando di leggergli dentro.
Ma ha un muro ben costruito, ma cosa pretendo, io abito in una casa dove la mia solo compagnia sono le bottiglie di Jack, e la parete con con i loro casi, l'unico contatto con il mondo.
Riprendiamo un'altra volta Jane...."

Conclusi, lanciando la penna contro la parete scocciata, ripresi la bottiglia e mi alzai lasciando li il diario aperto, che cosa umana tenerne uno, questa donna mi sta cambiando, pensai.
Bevo il mio Jack mentre cammino verso il divano, sul tavolo una foto scattata qualche giorno prima, una foto in bianco e nero del cacciatore che tanto, odiavo.
La presi buttandomi sul divano, e la guardai per svariati minuti, buttandola di nuovo sul tavolo, bevvi ancora portando il braccio destro contro il viso e chiusi gli occhi, l'altra mano penzolava al lato del divano stringendo la bottiglia.

"Maledetto....maledettissimo verde....."
   
 
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