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Autore: Kisshou    19/10/2008    3 recensioni
Questa fanfiction è nata per evidenziare le caratteristiche e le somoglianze presenti tra i vari membri di tutti i team principali del manga. Una One-Shot piuttosto lunga e faticata, quindi leggete e recensite
Sasori_Danna
Genere: Generale, Triste, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Naruto Uzumaki era un ragazzo strano sotto vari punti di vista. Anzitutto, aveva un demone sigillato dentro. Ma questo era il meno. Era solito attirare l’attenzione su di se … per non sentirsi escluso. Per illudersi che al mondo, esistono ancora i sentimenti. Illudendosi di non essere solo.

 

 

 

 

 

Choji Akimichi non aveva idea dei pregiudizi della gente. Era insensibile a tanta crudeltà, di cui
le persone  che crediamo alleate sono provviste. O meglio, non se ne curava. Continuava a mangiare, a fare di testa sua. Forse per dimostrare agli altri (ha se stesso) che avevano torto. Forse semplicemente perché la disperazione va annegata da qualche parte.

 

 

 

 

 

 

Kiba Inuzuka  aveva una visione ottimista del mondo. Forse perché era giovane
Forse perché non aveva mai avuto contatti diretti con il dolore. Forse perché la sua infanzia
era stata davvero felice. Forse perché il mondo ruotava intorno a lui. Non aveva idea della
malvagità delle persone. Preferiva giocare col cane, piuttosto che confrontarsi con i malvagi.
Era una visione egoistica della vita. E quando si trovò faccia a faccia con il terrore, allora
Contò sul cane …

 

 

 

 

 

 

Rock Lee non si sentiva poi così diverso dal resto del mondo. Perché tutti lo guardavano sempre male, lo chiamavano imbranato … ma quella era davvero vita? Cos’aveva di diverso? D’accordo, non era capace di usare le arti magiche, ma chissenefrega? Non vedevano che per un ninja ciò che conta è la volontà, e non la bravura? Come potavano essere così scocchi?
Così dannatamente ciechi …

 

 

 

 

Kankuro pensava che la sua vita fosse ingiusta. Era più grande, più maturo di Gaara. Eppure tremava alla sua ombra. Tremava a causa dl suo fratellino … non andava affatto bene. Voleva sbarazzarsi di lui … ma non ce l’avrebbe mai fatta. Primo perché Gaara era davvero molto più forte di lui, secondo perché, infondo, era pur sempre suo fratello.

 

 

 

 

 

Obito Uchiha non credeva nei miracoli, ma nelle azioni. Viveva in un mondo tutto suo,
nascosto dagli altri. Forse perché era la pecora nera del clan … non sapeva usare lo sharingan … era un disastro! Un imbarazzo per la foglia. Lui disonorava il marchio che aveva sulla schiena.  Non era degno di essere un Uchiha. Ma quando dovette guardare in faccia la morte, non si curò di essere Uchiha, Hyuga, Aburame o di qualsiasi altro maledetto clan. Prese quella roccia e basta.

 

 

 

 

 

Probabilmente Jiraiya non era nato per fare il ninja. Viveva all’ombra del suo compagno.
Tsunade lo insultava, Sarutobi lo rimproverava, Orochimaru lo commiserava. Avrebbe volentieri
Voluto dirgliene quattro. Era, d’accordo, assolutamente negato per fare il ninja. A lui non interessava. Ma se c’era una bella ragazza, arrivava al massimo del silenzio possibile per un ninja, per spiarla . Volontariamente, era una spia perfetta.

 

 

Yahiko pensava di essere il più grande ninja di tutti i tempi. Era allegro, spensierato, divertente
Bastava guardarlo per scoppiare a ridere. Immediatamente, una risata cristallina si aggiungeva.
La sua. Dolce, limpida. Yahiko era un vanto per tutto il Villaggio della Pioggia.
Quando morirono i suoi genitori, Yahiko non seppe sorridere. Per la prima volta, in vita sua, le sue labbra non s’incresparono all’insù.

 

 

Sempre, comunque, sorridenti …

 

 

***

 

 

Sakura Haruno teneva al suo aspetto. Era sempre in piedi, eretta davanti allo specchio. Aveva paura.
Paura di non apparire, paura di sentirsi fragile come in passato. Si sistemava i capelli meticolosamente. Capelli splendenti, capelli da principessa. Ma la paura la divorava. Paura di avere un capello fuori posto, paura di non essere perfetta. Quando si trovò in difficoltà, rimase una cosa da fare. Si recise i capelli. Da quel giorno non ebbe più paura.

 

 

 

 

Ino Yamanaka non sapeva cosa voleva. So guardava continuamente intorno, in attesa che il mondo
invertisse il suo giro. Forse qualcosa in lei sarebbe cambiato. Si sentiva terribilmente monotona.
Cosa ci poteva trovare Sasuke in lei? Domanda a cui non avrebbe saputo rispondere. Commiserava Sakura, l’aveva sempre fatto. Ma forse, infondo, le sarebbe piaciuto essere un po’ come lei …

 

 

 

Hinata Hyuga viveva dietro un palo. E da qual palo osservava il mondo. Ma soprattutto osservava lui. Quel tizio divertente, che l’aveva affascinata fin da subito. Naruto Uzumaki … quel nome che le dava il buongiorno la mattina e si addormentava con lei, la sera. Lo guardava e arrossiva da dietro il palo. Perché lui non poteva (voleva) notarla, così nascosta. Quando lui se ne andò, lei non corse a salutarlo. Si limitò a piangere, da dietro il palo …

 

 

Tenten rideva sempre. Era allegra, fondamentalmente, solare e di buon carattere. Voleva diventar brava come Tsunade. Inizialmente pensava che fosse un sogno da ragazzina. Ma quei sogni passano,  questo persisteva. Come poteva essere …? Forse, non era un sogno. Allora cominciò a crederci. Allenandosi, divenne la maestra d’armi, e fu temuta da tutti. Tenten era allegra, solare, attiva. Ma soprattutto, credeva nei sogni.

 

 

 

 

 

Temari amava vincere. Si sentiva completa, quando vinceva.  Non aveva dovuto fare da mamma a nessuno dei due fratelli, perché uno la ignorava, l’altro non la voleva nemmeno, una mamma. Lei aveva provato ad avvicinarsi a Gaara, a coccolarlo, a rassicurarlo. E ogni volta era stata respinta. Solo allora si rendeva conto che lui non la voleva una mamma. Perché una l’aveva gia uccisa. Temari non poté fare da mamma al suo fratellino. Quella sfida l’aveva persa.

 

 

 

 

Rin aveva occhi solo per Kakashi. Ignorava le altre lodi. Era incredibilmente testarda.
Era carina, simpatica, anche piuttosto abile. Allora perché lui non la guardava?
Egoisticamente aveva ignorato quegli occhi che così a lungo l’avevano ammirata.
E quando se n’era accorta, quegli occhi si erano ormai chiusi per sempre.

 

 

 

 

 

Tsunade era una ragazzina normale. Fisico normale, occhi normali, capelli normali.
Aveva un carattere normale, da ragazza normale. Aveva abilità normali per la sua età. Aveva compagni normali, amici normali, famiglia normale. Ma desiderava ardentemente proteggere quella normalità. Bastava questo a renderla speciale.

 

 

Konan era un’orfanella come tante, con una passione come pochi. Era abilissima nel maneggiare e la carta. Gli origani erano la sua vita. Sapeva creare qualsiasi forma con la carta. Quando era  molto piccola, amava fare i cuoricini, le stelline e i cagnolini. Lavorava tutto il giorno, incantata e stupita dalla sua bravura. Forme perfette uscivano dalle sue mani perfette. Quando morirono i suoi genitori le venne naturale creare, una lacrima, splendente nella sua perfezione.

 

 

 

 

Infondo,erano ragazze comuni …

 

 

 

***

 

Sasuke Uchiha custodiva un sogno. Travolgeva chiunque, pur di esaudirlo. Era un sogno
Un po’ particolare. Era il sogno di un incubo. Voleva che il sangue di suo fratello gli scivolasse
Docile tra le dita. Voleva deliziarsi di quella vista. Non ascoltava nessuno, perché nessuna raccomandazione sugli effetti negativi delle vendetta lo colpiva in nessun modo. E la vendetta riuscì
A compierla, oh sì. E gli rimase un infinito senso di vuoto.

 

 

 

 

Shikamaru Nara trovava la perfezione nelle nuvole. A volte si stendeva e stava per ora a guardare il cielo sereno, e le nuvole bianche ben distinte in esso. Trascurava gli allenamenti, a volte, semplicemente per guardare le nuvole. Alla morte del suo maestro alzò lo sguardo verso il cielo, in cerca di conforto. Ma pioveva. Le nuvole erano nere e compatte. Non si distinguevano più.

 

 

 

 

 

Shino Aburame non si era sempre difeso dagli sguardi che gli lanciava la gente.
Era un maestro nell’ignorarli. Ma quando ignori qualcosa, va a finire che questa ti si rivolta contro.
E Shino non seppe come pararla. Quindi, si coprì la faccia. Così, ignorare qualcosa diventa più facile. Ma neanche dietro la sua esagerata copertura si sentiva riparato dal giudizio della gente.
Lui non voleva affrontarlo. Così si coprì di più.

 

 

 

 

Neji Hyuga pensava di vedere tutto, con quei suoi occhi. Non c’era particolare che sfuggisse alla sua vista perfetta. Quegli occhi erano il suo vanto. Era convinto che non gli servisse altro, che non avesse bisogno di altro. Riusciva a vedere quanto era solo, ma cercava di non badarci. Così concentrato nell’allenamento dei  suoi occhi non si accorse di coloro che cercavano di andargli incontro. Lui non lo vedeva.
In realtà, era irrimediabilmente cieco.

 

 

 

 

Gaara del Deserto non aveva sentimenti. Non li aveva mai voluti. I sentimenti erano un peso morto, secondo lui. Qualcosa che influenza le tue azioni, buone o malvagie che siano.
Uccideva senza rimpianto, tanto non aveva sentimenti. Non provava nulla a vedere la luce abbandonare gli occhi di un uomo, solo appagamento. Non poteva essere allegro, d’accordo. Ma non avere sentimenti, può essere un vantaggio. Non puoi ridere, certo … ma non puoi neanche piangere.

 

 

 

Kakashi Hatake si portava dietro il peso del pregiudizio. Viveva nel terrore, nell’ansia che gli potesse accadere ciò che era accaduto a suo padre.
Si era coperto il viso, per mascherare la somiglianza. Viveva maledicendo il suo nome, rinnegando le sue origini, temendo il giudizio degli altri. Non si rendeva conto di quanto la morte fosse preferibile …

 

 

 

 

Orochimaru era un bambino solo. La gente o guardava storto, e lui rispondeva con il medesimo rancore. Aveva provato ad essere come gli altri, ma più cercava la normalità, più si accorgeva di essere speciale. Voleva allontanarsi, ma qualcosa lo attirava nuovamente al suo posto, tra i comuni mortali. Parlava con la tomba dei suoi genitori, ma non gli rispondeva nessuno. Deluso da qual silenzio, decise di andarsene definitivamente. Lui non era come gli altri. Si credeva speciale. Era, quindi, un bambino normale.

 

 

 

 

Nagato era in cerca di qualsiasi cosa lo facesse sentire sereno. Ne aveva abbastanza di piangere, di farsi deridere da Yahiko e di cerare conforto tra le braccia di Konan. Stufo di essere debole.
Non capiva che era normale, per un bambino, spaventarsi. Il fatto di essere orfani no rende più forti. Nagato non lo sapeva. Aveva paura di osare, di smettere di piangere. Alla morte del compagno Yahiko, felice che non potesse più deriderlo, scoppiò a ridere. Quella volta osò troppo.

 

 

 

Magari, neanche così speciali.

 

 

 

***

 

 

 

 

 

 

Ciao a tutti!!!! Ho faticato molto per scrivere questa ff, quindi ripagatemi lasciando un commentino, o una piccola critica.

Troverete i ringraziamenti in “Raccolta di Cuori”.

 Grazie in anticipo.

Sasori_Danna

 

 

  
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