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Autore: ChrisAndreini    29/10/2014    4 recensioni
In una notte di Halloween, quattro amici passano la serata raccontandosi storie dell'orrore, con due guest star d'eccezione.
Un divertente (almeno si spera) Modern AU che vede come protagonisti i nostri quattro amici, in tre storie raccontate con passione o sarcasmo.
Ispirato alle puntate di Halloween dei Simpsons.
All'interno:
Alien Trainer (Parodia demenziale)
The Witch (Leggera storia di streghe)
Dark Sweet (più o meno introspettivo)
Più gli intermezzi dei personaggi tra una storia a l'altra
Spero davvero che la storia vi piaccia :)
P.s. Nel testo sarà presente la coppia Jackunzel, e riferimenti alla coppia Mericcup e Helsa
Genere: Comico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hiccup Horrendous Haddock III, Jack Frost, Merida, Rapunzel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Speciali! '
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Treehouse of horror
(Big Four Edition) 

 

-… e il pupazzo di neve si sciolse al calore del sole, scomparendo per sempre- 

Anna così concludeva la sua storia dell’orrore.

Era la notte di Halloween, e Rapunzel, approfittando dell’assenza dei suoi genitore per un paio di giorni, aveva organizzato una festa di Halloween nello scantinato sotto casa, in compagnia di molti compagni di scuola e delle cugine, Elsa e Anna, che sarebbero anche rimaste a dormire.

-Una storia di un pupazzo di neve che si scioglie per il calore? Mamma mia che originale- commentò Merida, sarcastica.

Non era infatti una novità che Anna raccontasse quella storia, era il terzo anno di fila che riproponeva il tema, con sempre nuovi dettagli.

Ormai la festa era giunta al termine, e restavano solo un paio di amici, per eccellenza il gruppetto di Rapunzel, composto da Merida, Jack e Hiccup.

Con Merida erano rimasti anche i suoi tre fratelli, che stavano nascosti in qualche luogo segreto e misterioso a pensare a qualche scherzo da mettere in atto contro Hiccup ed Elsa, che erano riusciti ad evitare ogni tiro mancino rivolto loro fino a quel momento.

-Va bene, chi è il prossimo a raccontare una storia?- tagliò corto Rapunzel.

Stare seduti in cerchio a raccontare storie era un rito che facevano ormai da molti anni.

Hiccup aveva un libro in mano e prestava davvero poca attenzione alla situazione, con il suo fido gatto Sdentato accoccolato sulle sue gambe, che sembrava leggere a sua volta il tomo.

Rapunzel era accanto a lui, che mangiava i pop corn rimasti da una ciotola.

Anna era vicino a lei, con la torcia in mano, che doveva scegliere il prossimo malcapitato a raccontare la storia.

Accanto a lei Jack, che si sporgeva spesso per fregare i pop corn di Rapunzel.

A chiudere il cerchio c’era Merida, mentre Elsa era già tornata in casa, e probabilmente in quel momento stava facendosi una doccia e preparandosi a dormire.

Dopotutto il giorno dopo aveva un appuntamento con un compagno di corso all’università, e non poteva essere stanca.

-Vediamo, io scelgo, scelgo… Merida. Vediamo tu se sai raccontare una bella storia- la sfidò.

-Accetto la sfida, dammi qui la torcia- la prese con entusiasmo dalle mani di Anna, e l’accese davanti al viso.

-Tanto tempo fa…- iniziò, con fare misterioso.

-Ti prego, non dirmi che è ancora quella storia dell’orso- si lamentò Jack.

-E’ una bella storia- obiettò Merida.

-E comunque non è quella. E’… un’altra che… devo ancora inventare. Perché non lo fai prima tu?- chiese a Jack, in tono di sfida, Anna ridacchiò.

-D’accordo, inizio io. Hiccup, vogliamo fare una storia in due?- chiese all’amico di fronte a lui.

-Eh?- il moro alzò gli occhi dal libro che stava leggendo.

-Suvvia, è Halloween, è festa, non si deve stare con la testa tra i libri- lo incoraggiò Jack, con una pacca sulla spalla.

-Si da il caso che tra due giorni abbiamo il compito, e mi mancano ancora un paio di capitoli- gli ricordò l’amico, incrociando le braccia.

-Suvvia, io non l’ho neanche iniziato quel libro, e tu un paio di capitoli li leggi in dieci minuti. Siamo in compagnia, sii partecipe- insistette Jack.

-Voglio proprio vedere che storia raccontate, voi due insieme- Merida si sistemò rilassata e scettica.

-Va bene, ma comincia tu- cedette Hiccup, mettendo da parte il libro per un attimo.

-Ok. In una galassia lontana lontana…- cominciò Jack.

-Partiamo bene- sussurrò Merida.

 

Alien trainer

 

In una galassia lontana lontana, c’era un’astronave: il Nostromo.

Pochi riferimenti ad Alien, eh?
Zitto Hiccup, e fammi raccontare…

Il nostromo era un’astronave commerciale, ed era di ritorno da un viaggio nello spazio, con una nuova tappa da affrontare, ossia andare in un pianeta semi sconosciuto apparentemente deserto.

Sul serio, Jack, un po’ di fantasia

In realtà era dimora di bestie selvagge, che usavano gli esseri umani per riprodursi.

Tre dei sette astronauti scesero nel pianeta e uno di questi venne preso dalla bestia, entrando in contatto con essa e rischiando di morire.
Poi la creature gli uscì dalla pancia, uccise tutti tranne una. Fine. A chi tocca?

Smettila, Hic. Adesso cambia.
Voglio sperarlo

I sei ricercatori cercarono un modo di salvarlo, ma un mostro uscì dalla sua pancia e iniziò a scorrazzare per l’astronave.
Erano rimasti due uomini e quattro donne, che si armarono per cercare una soluzione.
-Jack, cosa facciamo?- chiese una delle ragazze, la navigatrice Anna Lambert, al più figo del gruppo, il capitano Jack Dallas.

Si, come no! Il più figo del gruppo.
Merida, ti ci metti pure tu?
Calma, ragazzi, ora tocca a me continuare la storia.

-Non lo so, signorina Lambert, dobbiamo pensare a un piano d’azione. O uccidiamo l’alieno, o lo lasciamo qui e scappiamo, attivando magari l’autodistruzione o qualcosa del genere- disse il capo tecnico, Hiccup Parker.
-E dato che non possiamo ucciderlo dobbiamo scappare- i tipi scapparono, fine.

Non è divertente così, deve essere una storia dell’orrore!
Ok, ok, Anna. Continuiamo.

Il capitano decise di non ascoltare il consiglio del capo tecnico, benché fosse il consiglio più saggio. Voleva sentirsi un grade, un figo, e così iniziò a dare la caccia al mostro, perché era talmente pieno di se che credeva che fosse semplice e nelle sue corde.

Ehi, vacci piano!

Il capitano non era pieno di se, ma voleva salvare tutti e nella scialuppa non sarebbero entrati, perciò decise di chiedere consiglio su come uccidere l’alieno alla collega del tecnico, Rapunzel Brett, che era di certo molto meglio del collega Parker, e che aveva molta più intelligenza e abilità.

E’ una storia dell’orrore o una dichiarazione d’amore?

L’aiutante del tecnico era molto brava, ma il piano del tecnico era senz’altro più sensato, anche se l’ufficiale Merida Ripley era dalla parte del capitano. 

Evviva, sopravvivo, alla faccia tua, Jack.
No, non è Alien, non è detto che tu sopravviva.

Infatti la prima vittima fu proprio Ripley, andata a scovare la bestia armata di arco e frecce che non l’avrebbero scalfita di una virgola.

Ehi, non oserai…

La trovò in un condotto di areazione, e alzò l’arco, ma la bestia non venne scalfita, velocemente si avvicinò…
E mentre stava per ucciderla, con un lampo fulmineo il gatto di Parker si avventò sulla bestia, distraendola il tempo sufficiente da permettere al tecnico di salvare la povera ragazza, trovata mentre cercava appunto il gatto.
Scapparono via dai condotti, e Ripley finalmente si convinse del piano di Parker, e insieme lo proposero a Elsa Ash, che però non voleva rischiare che i due compromettessero la missione.

Sbaglio o Ash è cattivo nel film?
Si, è un androide che tenta di uccidere la protagonista.
NON OSATE FAR DIVENTARE MIA SORELLA IL CATTIVO!!!
Ehm, no, non temere, infatti…

La navigatrice, Anna Lambert, tentò di convincere l’androide a lasciarli vivere, mentre il capitano superfigo e l’assistente tecnico cercavano un modo di prendere in contropiede l’alieno.

Si, appartati in qualche ripostiglio.
Merida, ti prego!

Purtroppo l’alieno li scovò, e li uccise.

No, non è vero! 

Invece è vero, li scovò e prese per primo il capitano, mentre l’assistente del tecnico cercava di chiamare aiuto.
Quando Ripley e Parker arrivarono nel luogo del delitto era troppo tardi, e l’Alien, che per comodità chiameremo FB era scappato.

Perché FB?
Diminutivo di Furia Buia.
E che c’entra furia buia?
Si muove nel buio ed è una furia.
La storia sta iniziando a cadere nel demenziale.
Infatti, ora continuo io.

Ma in realtà il tecnico non era morta.
Era ancora leggermente viva, ma le serviva soccorso immediato, che solo la navigatrice Anna Lambert era in grado di procurarle.
E Anna era riuscita a convincere Elsa Ash ad aiutarli, nonostante il suo compito fosse quello di portare l’alieno sano e salvo sulla terra, probabilmente perché chi gli aveva impartito gli ordini era stupido e masochista.
Comunque, grazie all’aiuto di Elsa, i ragazzi riuscirono ad avviarsi verso una scialuppa di salvataggio, ma l’Al…

Hem hem…

L’FB (ti va bene così) si parò davanti a loro, in tutta la sua furia buia.
L’androide li incoraggiò a scappare velocemente, e per proteggere Anna venne distrutta dall’FB.

NO!

Purtroppo si.
I tre rimasti: l’assistente tecnico, l’ufficiale e la navigatrice raggiunsero la scialuppa, e dato che in tre riuscivano ad entrarci, salirono all’interno e, insieme anche al gatto, scapparono dalla navicella.

Ehi, aspetta, io, o meglio, il capo tecnico Parker è ancora vivo e vegeto.
Ma davvero?
Si

Purtroppo la navicella poteva ospitare solo tre persone più il gatto, così Hiccup Parker fu costretto a restare nell’astronave.
Il ragazzo era spaventato, aveva una pistola in mano, ma sapeva che non sarebbe servita. Salutò tutti i suoi compagni, sperando che riuscissero a cavarsela.
Merida Ridley lo guardò mentre si allontanava dalla sua visuale.
Lui aveva salvato la sua vita, e lei non l’avrebbe mai dimenticato, l’avrebbe amato per sempre.

JACK!

Uff, il ragazzo restò solo, nell’astronave silenziosa.
Non sembrava ci fosse un’altra creatura con lui, da qualche parte, e lui si arrese alla morte che lo attendeva a breve.
Gettò la pistola, e si sedette a terra, aspettando il mostro, con il volto posato sulle ginocchia e l’aria afflitta.
Non si sentì niente, e piano piano, preso dai fatti di quel giorno, che non gli avevano lasciato un attimo di pace, Hiccup Parker si addormentò per l’ultima…

Eh no!
Come no?
Tu hai iniziato la storia, io la finisco.
No, Hiccup, non oserai…

Si addormentò, e quando si svegliò, convinto di essere morto, notò con orrore che l’FB era al suo fianco, addormentato a sua volta.
La sua paura era gigantesca, ma ebbe comunque la prontezza mentale di pensare che forse il mostro, sotto sotto, non era cattivo come tutti pensavano.

Hiccup, ti prego, non uno di quei messaggi animalisti!

Avrebbe potuto ucciderlo nel sonno, ma non l’aveva fatto.
Perché?

No, davvero, Hiccup, non continuare.

Ripensò a tutti i morti. Uno di loro era morto per la sua nascita, e non era un evento che l’FB poteva controllare.

Sul serio, Hiccup, basta.

Jack Dallas era morto cercando di distruggerlo. Aveva attaccato Merida Ridley perché lo stava attaccando a sua volta.
Ed Elsa, oltre al fatto che era un androide, l’aveva attaccato per farli scappare.

No, Hiccup, non farlo.
Infatti, basta, è stupido.
ZITT

Il ragazzo rimase a osservare il mostro finché anch’esso non si svegliò.
Lo guardò spaventato, pronto ad attaccarlo se avesse provato a fare qualche passo falso.
Hiccup alzò le mani in segno di resa.
-Non voglio farti del male- disse alla bestia, che lo guardò sospettoso.
Sollevò la mano davanti a lui, tanto non aveva niente da perdere.

L’FB, dopo un attimo di sospetto ed esitazione, posò il muso sulla mano di lui.

Bleah!
Awww!

Ma l’amicizia appena formata non era destinata a durare.
Infatti il meccanismo auto distruttivo dell’astronave era stato attivato a distanza, e il ragazzo, consapevole di questo, si maledisse per essere stato così stupido.
Non c’erano solo le due possibilità che aveva dato come uniche: Ucciderlo o scappare.
Ce n’era anche una terza: provare a capire le sue intenzioni, e lui era stato così accecato dai pregiudizi che non l’aveva vista, ed ora era troppo tardi.

No

Si, purtroppo l’astronave saltò in aria, e l’ultimo pensiero di Hiccup andò ai morti e a se stesso, maldicendosi per non aver capito subito il modo per impedire la carneficina.
Poi morì insieme all’FB.

***

-Jack, è tutta colpa tua!- si arrabbiò Merida con l’albino, che guardava Hiccup seccato.

-Povero FB- Anna si asciugò una lacrimuccia, Hiccup passò lo sguardo sulle due ragazze commosse, con soddisfazione, poi riprese il libro.

-Non avrei dovuto chiedergli di raccontare la storia con me, mi prendo ogni responsabilità- ammise Jack.

-Non capisco davvero perché non apprezziate queste perle di saggezza- si lamentò Rapunzel, appoggiando il finale di Hiccup.

-Se avessi voluto sentire una storia moralista sarei rimasta a casa con mia madre- si lamentò la riccia, guadagnandosi un’occhiatina di sbieco da Hiccup, ritornato presto nella lettura.

-Bene, allora raccontane tu una- la incoraggiò nuovamente Anna, prendendo di prepotenza la torcia dalle mani di Jack e porgendogliela.

La rossa sbiancò.

-Certo, ne racconto una molto spaventosa, altroché. E senza insegnamenti moralisti- prese la torcia con fare titubante, e molto lentamente.

-Se non è sempre quella dell’orso…- la prese leggermente in giro Anna.

Con il broncio, Merida l’accese, ma prima di iniziare a raccontare, Hamish, Hubert e Harris entrarono nella stanza correndo, per poi nascondersi dietro Merida, con fare spaventato.

-Ragazzi, ma cosa…?- cominciò a chiedere Merida, confusa, ma la risposta venne da se.

-VENITE QUI ESSERI MALEDETTI!- come una furia entrò Elsa, in accappatoio e con i capelli raccolti in un turbante bagnato.

Merida non l’aveva mai vista così arrabbiata.

-Elsa!- Anna cercò di metterla in guardia circa le sue condizioni poco pudiche, ma la sorella la ignorò bellamente.

Hiccup alzò un attimo la testa dal libro, sgranò gli occhi e la riabbassò in tutta fretta, tirando una gomitata a Jack, che osservava maliziosamente la ragazza.

Ad un’occhiataccia di Rapunzel anche l’albino abbassò lo sguardo, con rimpianto.

-Elsa, cosa è successo?- chiese Rapunzel, facendo passare lo sguardo dalla cugina ai tre ragazzi, nascosti dietro la sorella, e con espressioni un po’ spaventate ma anche soddisfatte.

-Tu consegnameli solamente, poi ce la vedremo tra noi- disse per tutta risposta Elsa, rivolta a Merida, guardando i ragazzi con odio.

-Si può sapere che le avete fatto?- chiede Merida, senza riuscire a trattenere un sorriso per la gaffe d’abbigliamento di Elsa, che personalmente non le è mai stata molto simpatica.

I gemellini fecero delle facce angeliche, e a Merida venne un lampo di genio sulla storia da raccontare.

-Quei tre piccoli… monellacci mi hanno messo qualcosa nello shampoo- ammise Elsa, arrossendo leggermente.

-E allora?- chiese Jack, non riuscendosi a trattenere. Dopotutto chi se ne importa se nello shampoo ci finisce qualcosa, sempre shampoo rimane.

Tutte le ragazze gli lanciarono un’occhiataccia, avevano tutte molto a cuore il tema capelli, in particolare Rapunzel e Merida, che si fece subito comprensiva.

-Cosa ti hanno messo nello shampoo?- chiese, guardando storto i fratelli.

Elsa arrossì ancora di più, poi confessò.

-Tintura per capelli- disse in un sussurro, togliendosi il turbante dalla testa.

Ci fu un numero smisurato di colpi di tosse, che difficilmente passarono per tali.

Elsa era così arrabbiata che per poco non le uscì fumo dalle narici.

-Lo trovate divertente?- chiese ai presenti, con odio.

-No, assolutamente no, vero Jack?- Rapunzel si rivolse all’albino, che aveva un “attacco di tosse” così forte che avrebbe potuto rimetterci i polmoni da un momento all’altro.

-Ma no *coff ahahahahah coff* per niente divertente *coff coff*- disse per compiacere la bionda.

Ma lo spettacolo, non si può non dire, era davvero buffo.

I bellissimi capelli biondo platino della ragazza erano diventati completamente blu scuro, ad eccezione per le radici e alcuni punti dove evidentemente non aveva applicato bene lo shampoo.

Anche le mani, ora che lo notavano, erano blu. Erano troppo occupati ad ammirare l’outfit per accorgersene prima.

-Oh, Elsa, domani hai anche un appuntamento con Hans. Come farai?- Anna sembrava l’unica, oltre a Rapunzel, a non trovare la cosa divertente. Si alzò in piedi e osservò attentamente i capelli della sorella.

-Non è un appuntamento, ma una seduta di studio- protestò Elsa, diventando se possibile ancora più rossa.

-Senti, possiamo eliminare la tinta, dopotutto sarà qualcosa di momentaneo, sarà il caso di andare su e tentare in qualche modo. voi continuate, ragazzi. Rapunzel, registrami la storia di Merida, che la voglio sentire dopo- e, rubando il libro dalle mani di Hiccup, Anna trascinò la sorella di sopra.

-Ehi!- si lamentò il ragazzo, facendo per alzarsi, ma venendo immediatamente placcato da Jack.

-Non puoi andare di sopra, è vietato, ricordi? O vuoi vedere Elsa che si fa la doccia?- lo prese in giro, il moro divenne rosso d’imbarazzo e rabbia.

-Tu proprio non puoi parlare- si lamentò, ma si risedette.

-Bene bene bene, tocca a me, non è così?- e accendendo nuovamente la torcia, guardò i fratellini con un sorrisetto malvagio.

Loro si guardarono tra loro, e pensarono di scappare, venendo prontamente afferrati da Rapunzel, Jack e Hiccup.

In realtà Hiccup non era pronto, e dovette rincorrere Hubert per tutto lo scantinato, riuscendo a placcarlo solo grazie all’aiuto di Sdentato, che saltò addosso al bambino e lo immobilizzò.

Quando Hiccup tornò a posto Merida scosse la testa, poi cominciò.

-In una notte come questa, tra qualche anno a venire, in questo stesso periodo dell’anno, tre ragazzi si stavano preparando per Halloween.

 

The Witch

 

Hamish, Hubert e Harris Dumbroch erano tre ragazzi che amavano fare scherzi, specialmente ad Halloween.

Ogni volta che arrivava questa festività annuale, facevano centinaia di scherzi a tutti, spesso anche a gente che non conoscevano, e invece di fare “dolcetto o scherzetto”, preferivano fare “dolcetto e scherzetto” finendo per infastidire tutto il quartiere con i loro tiri mancini.

Programmando il giro per la notte di Halloween, i tre ragazzi avevano deciso di battere il loro record di scherzi, e ampliarono il loro giro di dolcetto e scherzetto.

Infatti, oltre che essere amanti degli scherzi, erano anche ingordi, e non si accontentavano mai, finendo spesso anche per ricattare i poveri vicini in cambio di un numero sempre superiore di dolcetti.

Decisero quindi di ampliare il loro giro, fino a spingersi nella casa della vecchia signora Fisher.

 

*I tre gemelli trattennero il fiato, spaventati*

 

Il giorno di Halloween, loro fecero scherzi a tutto spiano, guadagnandosi minacce a vuoto da tutti i vicini, e rovinando la nottata a tutti.

-Ragazzi, la pagherete, queste cose non vengono lasciate impunite- urlò loro contro Elsa Brooks, che era rimasta vittima di un loro scherzo, che le aveva rovinato la possibilità di uscire con un tizio che le piaceva (anche se devo ammettere che quel tizio non sembra molto raccomandabile, comunque…)

Loro risero.

-Nessuno riuscirà mai a prenderci e punirci- dissero alla ragazza, arrampicandosi su un albero lì affianco e dirigendosi senza dare nell’occhio nella casa della signora Fisher.

Hubert, con il cestino in mano, si avviò tranquillamente alla porta, mentre Hamish e Harris si misero appostati per gettare della farina addosso alla signora una volta sganciati i dolcetti, sempre che ne avesse sganciati.

Hubert suonò il campanello, e poco dopo un’anziana signora, corrucciata, andò ad aprire.

-Che volete?- chiese, al ragazzo, che non badò molto all’uso del plurale, come avrebbe dovuto fare se non voleva ritrovarsi nei guai.

-Dolcetto o scherzetto?- chiese lui, porgendo il cestino.

La vecchietta lo guardò male per un attimo, poi prese un contenitore pieno di dolci da accanto alla porta, e lo svuotò nel cestino.

-Bene, ora che vi ho dato i dolcetti, via dalla mia proprietà- lo guardò con uno sguardo di sfida, quasi sfidandolo a giocarle qualche scherzo.

Il ragazzo si girò per andarsene, ma i suoi fratelli mollarono la presa…

 

*I tre gemelli scossero la testa con forza*

 

La vecchietta sollevò la mano, e la farina si fermò a mezz’aria, e si andò a depositare sui ragazzi.

-Avete osato fin troppo, ora la mia vendetta sarà terribile- urlò la donna, i suoi capelli divennero serpenti, i denti storti e verruche su tutto il viso.

I ragazzi urlarono, terrorizzati, e velocemente raggiunsero il fratello, correndo alla velocità della luce.

Con un movimento della mano, la strega aizzò i rami degli alberi vicini per acchiapparli, ma loro svincolarono attraverso ogni tentativo di venir presi.

La strega allora, con un altro movimento della mano, animò le mattonelle del viale che conduceva fuori dalla proprietà, che iniziarono a far cadere i gemelli come fossero nelle sabbie mobili.

Ma con uno slancio fulmineo, i ragazzi riuscirono a uscire, e, con i dolcetti in pugno, si avviarono terrorizzati a casa, chiudendosi in camera.

 

*I gemelli tirarono un sospiro di sollievo, e si guardarono tra loro soddisfatti*

 

-Non finisce qui- minacciò però la strega, e mandò il suo fedele corvo domestico a seguirli, per vedere dove fossero di casa e riuscire a scoprire il più possibile su di loro, per dargli una bella lezione.

Il mattino dopo i ragazzi erano soddisfatti da loro stessi, e il sole splendente aveva completamente cancellato la paura dai loro giovani cuori corrotti.

Pensavano si fosse trattato di un semplice trucco, che quella donna non fosse veramente una strega, e che li avesse voluti prendere in giro.

Inoltre non sapeva chi fossero, e potevano stare tranquilli, no?

Ma si sbagliavano.

Dopo essere andati in sala da pranzo, dove la loro grandiosa sorella stava facendo colazione, ed aver preso i dolcetti di Halloween per nutrirsi a loro volta, suonò il campanello, e la loro madre andò ad aprire.

-Chi diavolo sarà a quest’ora?- si chiese, controllando di essere in ordine per evitare eventuali figuracce.

Quando aprì una simpatica vecchietta la guardò con espressione fragile dall’altra parte della porta.

-Salve, posso fare qualcosa per lei?- chiese Elinor, senza farla entrare.

-Si, volevo parlare con la madre dei tre giovani ragazzini che ieri mi hanno giocato un brutto scherzo- rispose la vecchietta, con voce debole e innocua.

-Oh, santo cielo! Cosa hanno combinato questa volta?- chiese la madre, facendola accomodare in soggiorno.

-Io sono debole e vecchia, e ho dato loro tutti i dolcetti di cui disponevo nella mia umile magione. E loro mi hanno giocato comunque uno scherzo, infilandosi in casa mia e mettendo in disordine tutte le mie numerose statue di legno di orsi…

 

Sapevo che avrebbe aggiunto un orso da qualche parte 
Zitto Jack!

 

… esigo che mi rimettano tutto in ordine, questa mattina o questo pomeriggio, come punizione per il loro comportamento vergognoso- spiegò indispettita, alla madre esigente.

-Oh, ma certamente, li chiamo subito. Purtroppo hanno questa cattiva abitudine di fare scherzi anche se hanno ricevuto dolcetti, e sono così impegnata a rovinare l’adolescenza di mia figlia maggiore che non bado minimamente ai loro guai- si scusò con la vecchietta, poi chiamò la figlia maggiore.

-Merida, vieni subito qui!- 

-Che vuoi? Stavo facendo colazione- si lamentò la ragazza, avvicinandosi alla madre.

-Vammi a chiamare i tuoi fratelli- gli ordinò lei, la figlia la guardò come se fosse pazza.

-Ma non potevi chiamare direttamente loro?- chiese, poi, sbuffando, si avviò in sala da pranzo, e chiamò i fratelli che tranquillamente si avviarono verso il soggiorno, per poi impallidire alla vista della strega.

Rimasero a bocca aperta, e fecero per scappare, ma Elinor li bloccò.

-Ragazzi, avete messo in disordine tutte le statue della signora Fisher, e io per punizione vi farò andare da lei a rimetterle in ordine- disse ai figli in tono autoritario.

-Ma noi non abbiamo fatto niente del genere- provò a spiegare Harris, ma i loro precedenti non li aiutavano per niente, e nonostante le proteste e i lamenti spaventati, i tre gemelli furono costretti a seguire la vecchia a casa sua.

 

*I tre gemelli iniziarono a respirare a fatica e a scuotere la testa, spaventati dalla sorte dei loro omonimi*

 

Appena entrarono, Hamish cercò di usare la diplomazia.

-La prego, signora strega, non faccia del male, siamo solo dei giovani ragazzi, non le faremo mai più scherzi, la prego- la supplicò, piangendo disperato.

-Chi troppo vuole nulla stringe- disse per tutta risposta la strega, e li immobilizzò con pesanti catene.

Quando ritrovarono i loro corpi nella casa della strega erano morti da tempo, e nessuno, neanche la loro stessa madre, li pianse, perché il loro sadico senso dell’umorismo aveva rotto così tanto le scatole di tutta la città, che anzi, tutti festeggiarono, ed elessero la strega eroina nazionale.

E poi la sorella uccise l’orso gigante che la tormentava da mesi, fine.

***

-Senza insegnamenti moralisti, eh?- chiese Hiccup alla fine della storia, lanciando un’occhiata divertita all’amica.

-Sta zitto!- ribatté a denti stretti lei.

I tre gemelli avevano espressioni spaurite, le storie della sorella erano le uniche che riuscivano a spaventarli, sopratutto per come le raccontava. Neanche il padre riusciva a farli tremare così.

Vennero liberati dalla stretta e subito scapparono, per rifugiarsi sotto al tavolo del cibo.

-Non li vedremo fino all’arrivo di mamma, e credo che non ti faranno scherzi, Hiccup, ritieniti fortunato- con una punta di rimpianto, la ragazza passò la torcia a Rapunzel.

-Tocca a te raccontare- la bionda cadde dalle nuvole.

-A me?- chiese, confusa.

-Sei l’unica che non ha ancora raccontato una storia- spiegò Merida.

-Ma non ho idee- la ragazza assunse un’espressione pensierosa, poi osservò i suoi amici.

Si erano tutti vestiti in costume, come Rapunzel aveva ordinato, ma non avevano avuto abbastanza tempo per descrivere ognuno i propri costumi.

-Da cosa vi siete vestiti, esattamente?- chiese, senza alcuna apparente logica.

Merida, Jack e Hiccup si guardarono.

-Cosa c’entra?- chiese Merida.

-Voi ditemeli e basta, così cerco ispirazioni- 

-Io da cacciatrice di mostri- rispose così Merida, mostrando il paletto anti vampiri e l’arco con frecce di finto argento.

-Io da spirito di un fantasma che infesta le case e cerca di diventare un demone- rispose invece Jack, orgoglioso dalla spiegazione esaustiva.

-Da poltergeist, insomma- tagliò corto Merida.

-No, è molto più complesso il concetto- si lamentò Jack.

-E tu, Hiccup?- chiese la ragazza al moro.

-Da lupo mannaro in forma umana- come al solito il ragazzo non si era voluto impegnare più di tanto, ed aveva semplicemente indossato dei vestiti stracciati.

-Allora, Punzie, su chi farai la storia?- chiese Merida, le storia di Rapunzel erano sempre quelle che attendeva di più.

-C’era una volta una bambola… - cominciò, tirando in ballo il suo travestimento.

 

Dark Sweet

 

Era una bellissima bambola di porcellana, dagli abiti vittoriani di pregiatissima fattura. Un modello da collezione di inestimabile valore.

Aveva viaggiato tra le mani di centinaia di persona, ma tutte l’avevano rivenduta dopo poco, a prezzo sempre maggiore.

Lei, immobile nella sua forma di bambola, soffriva al pensare che nessun collezionista la volesse solo per via della piccola crepa che le percorreva al guancia, e che veniva sempre nascosta a ogni scambio, scoperta dopo poco e che ogni volta la facevano passare in altre mani.

Il suo valore sembrava aumentare, ma per colpa di quella piccola crepa in realtà non valeva niente.

E con il tempo la crepa sembrava ampliarsi nel suo volto, rendendola sempre meno preziosa.

Quando il suo ultimo acquirente notò la crepa, il giorno dopo averla acquistata, per poco non la gettò a terra per la rabbia.

-I soliti truffatori!- si lamentò, prima di mettere un annuncio su e-bay -Ma li frego io questi cialtroni!- aveva poi commentato.

La bambola era rimasta lì, impotente e immobile mentre l’acquirente si lamentava davanti a lei della sua crepa, che la rendeva brutta, insignificante, e senza il minimo valore.

Ma lei non voleva avere valore, lei voleva essere una bambola normale, voleva essere usata per giocare, come tutte le bambole dovrebbero essere usate, e dove le crepe sono all’ordine del giorno, e più ne hai più significa che piaci alla tua padrona.

Aveva una volta una padrona così, che l’amava tantissimo, e che giocava sempre con lei.

Le aveva dato persino un nome: Sweet.

Era lei che le aveva inferto quella crepa, ma non glielo aveva mai fatto pesare.

Era il periodo in cui era ancora una bambola con il sorriso.

Quando era cresciuta e l’aveva abbandonata, il sorriso, lentamente, era scomparso, e ora la sua espressione era impassibile e statica.

L’annuncio di e-bay venne letto il giorno dopo, e per Sweet le cose ricominciarono da capo.

Ma stavolta, appena la nuova acquirente vide la crepa, non fu minimamente scosso, e, anzi, ci passò il dito con aria estasiata.

-Cavolo, una bambola rotta, mi serviva proprio per i miei esperimenti, chissà che oscuro passato ha alle spalle- disse, osservandola con grandissimo interesse.

L’acquirente era una studiosa di fenomeni paranormali, che spesso si definiva una cacciatrice di mostri.

Molti la consideravano pazza, ma a lei non importava, e Marlene Hills continuava a vivere la sua vita in grande studio e ricerca, insieme al marito, Harry Hills, che sembrava l’unico in tutta la città a credere in lei, forze perché era un lupo mannaro, anche se la moglie ignorava questo fatto, troppo concentrata sui suoi esperimenti per accorgersene.

 

Ma che cavolo, Rapunzel, anche tu ti ci metti?!
Non c’è niente tra me e Merida, volete capirlo?! 
Ehi, è solo una storia, fatela continuare!!
Grazie, Jack

 

La bambola venne messa in una teca di vetro, per essere utilizzata per gli esperimenti sulla possessione di oggetti.

E non venne cacciata fuori di lì per un mese.

Sweet rimase scioccata da quel fatto, in quella stanza vedeva tante cose che mai aveva visto nella sua vita, ma una in particolare la scioccò.

La studiosa spesso, durante gli esperimenti, invocava spiriti, e cercava di mettersi in contatto con loro, e ogni volta si lamentava perché non ne aveva visto nessuno.

Ma Sweet, dalla sua postazione, ogni volta riusciva a vedere chiaramente lo spirito di un ragazzo che compariva dinanzi alla donna, guardandola immobile, per poi scomparire appena ella si arrendeva.

Col tempo aveva capito che la sua acquirente non era in grado di vederlo, nonostante per lei fosse davvero chiaro, e le venne voglia di aiutarla.

Un giorno, durante una di queste evocazioni, cercò di chiamare il fantasma, che si girò nella sua direzione, sentendo il piccolo mormorio dei suoi pensieri.

-Tu puoi vedermi?- chiese alla bambola, che, rimanendo sempre immobile, gli rispose di si mentalmente.

Il fantasma si avvicinò, e Marlene iniziò a sentire qualcosa, una tensione, davanti a se.

-Una bambola?- chiese ancora il fantasma, avvicinandosi a Sweet, che dalla sua immobilità riuscì ad emettere un piccolissimo cenno d’assenso.

Marlene trattenne bruscamente il fiato, e il fantasma scomparve.

La donna si affrettò a raggiungere la bambola che si era mossa, e la guardò attentamente.

-Harry!- chiamò, eccitata.

Il marito arrivò tutto trafelato, poco dopo.

-Che c’è? Cosa è successo?- chiese, guardandosi intorno, quasi spaventato dal fatto di poter vedere un vampiro o un demone da quelle parti.

-La bambola, si è mossa, mentre evocavo il demone- spiegò, incredibilmente sorpresa e felice.

-Forse ci è entrata in contatto, magari il demone potrebbe decidere di possederla, devo fare un altro esperimento- sollevò la mano per aprire la teca, me il marito la bloccò.

-Marlene, cara, è ora di cena, possiamo farlo domani, che ne dici?- chiese, cercando di farla ragionare.

-Ma…- provò a ribattere la donna.

-Ti prego, sono mesi che non passiamo una serata insieme. E oggi è anche luna nuova- l’ultima frase la disse senza pensarci.

-Luna nuova, e che c’entra?- chiese la moglie.

-Nessun lupo mannaro in giro, mia cara- recuperò lui.

La moglie si fece pensierosa.

-Potremmo andare a cena fuori, in effetti. Dammi solo il tempo di prepararmi, ok?- e con un leggero bacio sulle labbra, la donna salì le scale, diretta verso la camera.

Il marito si girò per salire a sua volta, poi cambiò idea, e fissò gli occhi sulla bambola, come a studiarla.

Un lampo giallo gli attraversò gli occhi verdi, paura e sospetto, poi seguì la moglie su per le scale.

Quando Sweet sentì la porta sbattere, il fantasma, o demone, che dir si voglia, comparì nuovamente, seduto sulla poltrona preferita di Marlene, e fissò lo sguardo sulla bambola immobile.

La guardò con sguardo di arrogante noncuranza che però velava un grande interesse.

Si alzò lentamente, e si diresse verso la teca.

Sweet aveva sentito racconti sui demoni, un paio dei suoi vecchi acquirenti l’avevano definita tale, ma non sapeva il vero significato di quel nome.

O almeno non lo sapeva finché non aveva sentito un brandello di conversazione tra i due coniugi, e aveva capito che era una cosa da temere.

Così era spaventata da quel tipo, ma anche molto curiosa di sapere cosa fosse, e perché Marlene era così interessata ad entrarci in contatto.

-Così anche le bambole hanno un’anima- disse il demone, aprendo la teca.

Sweet restò immobile, ma iniziava ad essere spaventata all’idea di essere posseduta dal demone.

-Non temermi, non devi. Gli unici in questa casa che devono temermi sono Harry e Marlene Hills- osservò il suo volto di porcellana, soffermandosi in particolare sulla crepa della guancia.

La bambola sgranò leggermente gli occhi.

Non voleva che il demone facesse del male ai suoi acquirenti.

Il ragazzo sorrise con malvagità.

-Il problema degli oggetti, si affezionano troppo facilmente- commentò, toccando la crepa della bambola, e facendola tramare.

Sentì come se una tremenda forza negativa le entrasse dentro l’anima, scavando nei suoi ricordi e in tutto ciò che aveva appreso, e soffermandosi in particolare sul momento esatto in cui la bambina le aveva fatto la crepa.

Stavano a un picnic, e giocavano poco distante.

Ad un certo punto un ragazzo aveva disturbato la sua proprietaria, iniziando a spingerla e a punzecchiarla.

Lei aveva stretto a se la bambola, mentre lui cercava di prenderla per distruggerla.

Aveva provato tantissima paura

Poi i genitori l’avevano chiamata, e lei si era affrettata a tornare indietro.

Il bambino però non si era lasciato battere così facilmente, e le aveva fatto lo sgambetto, facendola cadere a terra e provocando una crepa nella bambola.

Il volto del ragazzo e della bambina erano molto sfocati nei suoi ricordi, ma le emozioni tornarono a galla come allora, e dagli occhi della bambola uscì una lacrima.

sorridendo malignamente, il demone smise di toccarla, e la bambola tornò come prima, immobile e statica, con la lacrima ferma sulla sua guancia, immobile anch’essa.

-Credo che sarà molto divertente giocare con te- disse il demone prima di sparire.

Inizialmente, a sentire queste parole, la bambola si sentì speranzosa, perché l’unica volta in cui avevano giocato con lei era stata felice, ma poi si rese conto che non intendeva farla felice, dopo molte volte che le fece visita, facendole rivivere i ricordi peggiori della sua vita, come l’abbandono della sua padrona, il passaggio nelle mani di tutti e le terribili parole che da sempre le venivano dette.

Iniziava ad odiare gli esseri umani, e ogni giorno la sua espressione iniziava a diventare sempre più arrabbiata, come Marlene Hills non faceva a meno di notare con entusiasmo, e con grande sospetto e paura da parte del marito.

-Ci sta stabilendo un contatto, questa bambola e il demone stanno entrando in coesione o qualcosa di simile, potrebbe essere la svolta alle nostre ricerche.

-O la fine della nostra vita. Marlene, non sai a cosa stai andando incontro, sento che dovremmo darla via- i pensieri di Harry non erano minimamente condivisi né dalla moglie né dalla bambola, che iniziava a vedere nei suoi proprietari dei semplici approfittatori.

Erano sempre eccitati ogni volta che soffriva, ogni volta che il demone “giocava” con lei.

E anche il demone la usava, il motivo ancora non la ragazza non lo capiva bene, ma ogni giorno era sempre più arrabbiata con il mondo.

Le bambole nascevano senza saper niente.

Molte di loro vivevano dell’ignoranza per tutta la loro breve vita, altre riuscivano a vivere abbastanza da imparare qualcosa dal mondo accanto a loro, e lei viveva da così tanto tempo che aveva imparato tutto ciò che aveva sentito, senza però arrendersi mai all’odio, alla rabbia e al desiderio di vendetta, come ora stava iniziando a fare vedendo come l’avevano trattata e continuavano a trattarla.

La crepa, insieme alla sua espressione rabbiosa, cresceva ogni giorno.

-Sweet, se solo potessi vedere la tua faccia- le disse il demone dopo averle mostrato i suoi ricordi dell’ultimo proprietario prima degli Hills.

La stava per buttare a terra, maledicendola, come se fosse un demone, mentre il suo unico peccato era stato quello di avere una crepa.

Guardò il demone nei suoi freddi occhi di ghiaccio, e lui la osservò piegando la testa, guardandola a fondo nella sua anima, dove sembrava poter andare con sempre maggiore facilità.

Le toccò la fredda guancia, e per la prima volta la sensazione non fu fredda e ostile, ma normale, come se a toccarla fosse Marlene Hills o qualsiasi altro umano.

Le fece passare il dito per tutto il viso, fino a raggiungere il collo della bambola.

-Peccato che una tale bellezza sia stata ripudiata per una insignificante cicatrice-

Cicatrice? Cos’era quella parola?

La bambola non l’aveva mai sentita, ma dato che il demone indugiò con il dito sulla crepa, capì che doveva essere un sinonimo di quel termine. Ma perché non l’aveva usato nessuno prima di lui?

Queste domande vennero ascoltate dal demone, che per tutta risposta rise.

-Le cicatrici sono umane, ma tu sei solo una bambola, e come tale non hai cicatrici, ma solo crepe. Spirituali e fisiche- ritirò la mano, e dopo averle dato le spalle scomparve alla sua vista.

Lo rivide i giorni seguenti, e dopo che lui le ebbe mostrato ogni singolo giorno fino al loro incontro, non si fece più vedere, o almeno non a lei.

Marlene tornò meno nello studio, e Harry non si vide.

Sembrava sempre spaventata e spesso Sweet sentiva dei brutti rumori venire dai piani di sopra, ma sinceramente non le interessava minimamente quello che poteva succedere ai suoi proprietari, e se il demone faceva loro qualcosa non le sarebbe interessato.

Almeno finché Marlene non si chiuse dentro lo studio piangendo terrorizzata.

La bambola rimase molto scioccata da quel comportamento.

La donna rimase lì dentro per tutto il giorno, sfogliando libri e piangendo disperata.

Quando tornò la notte, iniziò a guardarsi intorno spaventata, e Sweet rivide il demone, che comparì dietro di lei.

Aveva gli abiti sporchi di sangue, e sembrava guardare la spaventata Marlene come se la volesse uccidere, cosa che, si disse la bambola, era molto probabilmente vera.

Marlene sembrò avvertire il demone dietro di se, perché si voltò di scatto e prese un crocifisso a caso, parandolo davanti a lei come uno scudo, che il demone guardò quasi divertito.

Lo toccò ed esso si sbriciolò tra le mani della ragazza, che indietreggiò fino ad andare a sbattere contro la teca di Sweet, che iniziò a barcollare, rischiando di cadere.

Appena iniziò la sua caduta, Marlene, con grande prontezza di riflessi, la prese al volo, e la usò quasi come scudo tra lei e il demone, senza pensarci.

Il demone stava per attaccare, non gli importava niente della bambola, ma Sweet, rimasta incredula di fronte al gesto della sua acquirente, capì che non voleva che le venisse fatto del male.

Rimase immobile, ma il demone non riuscì a toccare la donna.

-No- urlò, furente, cercando di oltrepassare quella strana barriera che si era creata attorno alla donna appena la bambola aveva iniziato ad esserle nuovamente fedele.

-NO!!- ripeté, mentre iniziava a sparire , disgregandosi nell’aria come sabbia.

La bambola non capiva cose stessa succedendo, perché lei non sapeva che i demoni non potevano tormentare una famiglia se gli oggetti con un’anima erano fedeli a loro.

Non sapeva che oltre a lavorare su di lei, aveva lavorato anche con tutti gli oggetti con un’anima e un passato appartenenti ai due coniugi.

Non sapeva che il demone aveva ucciso Harry, e non sapeva neanche che lei lo aveva distrutto con solo la forza della sua fiducia.

Se gli oggetti vengono trattati bene ci salveranno, nonostante non abbiano, a detta nostra, dei veri e propri sentimenti.

Marlene, dopo questa esperienza, non cercò più di entrare in contatto con fenomeni paranormali, e la bambola occupò il posto più speciale nella sua casa.

***

Dopo la storia di Rapunzel, la sala crollò nel silenzio.

-Allora, che ne pensate?- chiese Rapunzel dopo un po’.

-Deprimente- rispose Merida, affascinata.

-Inquietante- rispose invece Jack, a bocca aperta.

-Cosa c’entra il fatto che il marito è un lupo mannaro?- chiese Hiccup, confuso.

Merida e Jack lo guardarono storto.

-E’ davvero l’unico commento che hai da dire?- chiesero.

-Ehi, ho solo fatto una domanda- si lamentò lui, alzando le spalle.

-Volevo mettere tutti i travestimenti di tutti- rispose Rapunzel.

-Ma vi è piaciuta? non sapevo cosa inventarmi- cerca di giustificarsi.

-E’ bellissima, dovresti pubblicarla sul giornalino della scuola- le consigliò Jack.

-Tu credi, non vi ho annoiato, vero?- chiese agli altri, perché il giudizio di Jack contava molto per lei, ma credeva potesse non essere del tutto sincero.

-No, era molto, come dire, strano. Mi ha tenuto con il fiato sospeso- ammise Merida.

-Spero davvero abbiate fatto la registrazione della storia di Merida, io la voglio sentire- Anna entrò in quel momento, trafelata, e con i vestiti un po’ bagnati e macchiati di blu, così come le mani.

-L’ho fatta io, cappuccetto blu- Jack le mostrò il cellulare, ridendo delle macchie sul suo travestimento da Cappuccetto Rosso mangiata dal lupo.

-Cappucce…? Ah, intendi… è stato difficile lavare i capelli di Elsa, quei tre hanno davvero esagerato con la tintura!- si lamentò, cercando i ragazzi con lo sguardo, ma senza rimanere stupita nel non trovarli.

-Non preoccuparti, quei tre hanno avuto quello che si meritavano. La signora Fisher non perdona- ridacchiò Merida.

-Bene, Hiccup, tieni il libro, scusa se te l’ho tolto, ma non dovevi fare i compiti ad Halloween, comunque dovevo dirti una cosa, Merida, ma l’ho dimenticata…- si batte in testa per far riaffiorare la memoria, poi spalanca gli occhi.

-AH, ecco! E’ arrivata tua madre, è ora di tornare a casa- disse alla riccia, che sbuffò.

-Cavolo, è solo mezzanotte e mezza- si lamentò.

-Ragazzi, venite subito, o chiamo la signora Fisher e vi faccio mangiare vivi- i tre sbucarono fuori dal tavolo e corsero verso l’ingresso, rapidi come saette.

-Beh, è il caso di sbrigarsi, mamma non è tipo da perdonare i ritardi, ci vediamo dopodomani, Punzie, e grazie mille per la festa- con un grande saluto scomparve alla vista degli amici.

-Credo che sia il caso che vada anche io- mettendo il libro nello zaino e prendendo Sdentato in braccio, Hiccup si avviò verso l’ingresso, salutando i due amici.

-Aspetta, se vuoi ti do un passaggio- si offrì Jack, prendendo il casco della moto, ma Hiccup declinò l’invito.

-Non preoccuparti, ho l’autobus, è una fortuna che ad Halloween passi fino all’una ogni mezz’ora- commentò, e lasciò soli i due ragazzi e Anna.

Rimasero un attimo in silenzio, poi Anna capì cosa avesse voluto fare Hiccup, e con una scusa salì le scale.

-Io è meglio che… vada a vedere le condizioni di… dei capelli di Elsa- e lasciò soli i due ragazzi.

Rapunzel arrossì, e si alzò per andare a prendere un panino, più per are qualcosa che per vera fame.

-Vuoi che ti aiuto a sistemare qui?- si offrì il ragazzo.

-Oh, non serve, grazie, sistemeremo domani io e Anna, sarà uno spasso con lei- declinò l’offerta Rapunzel, ridacchiando per allentare la tensione.

-Posso almeno portare il cibo in frigo, credo che il budino si possa rovinare se resta troppo tempo fuori- propose l’albino, prendendo la ciotola di budino… -A meno che non venga finita- … e prendendone una cucchiaiata.

-Oh, Jack! Sei un bambino- riprendendosi il budino, Rapunzel ridacchiò con più sicurezza.

Erano amici da tanto tempo, ma stavano uscendo insieme da due settimane, e ancora la ragazza non sapeva se era qualcosa di serio.

-Suvvia, dopotutto è qui per essere mangiato- il ragazzo rubò un’altra cucchiaiata, e Rapunzel lo mise dietro la schiena, per non farglielo prendere.

-E’ per Elsa, sai che è celiaca e può mangiare praticamente solo questo- ribatté la ragazza.

-Uff, non l’ha finito, no?- il ragazzo provò a riprenderselo, ma Rapunzel lo tenne fuori dalla sua portata.

-Mi dispiace, niente budino per te- 

-Posso farti una domanda?- chiese il ragazzo, cambiando bruscamente discorso.

-Me ne hai appena fatta una- osservò la bionda, lui la guardò storto.

-Ma puoi farmene anche un’altra- acconsentì lei, tendendo sempre ben lontana la ciotola di budino dalle mani di Jack.

-Ma il demone, teneva alla bambola, o l’ha solo usata per i suoi scopi?- chiese, sorprendendo Rapunzel.

“Ma allora ha davvero ascoltato la mia storia” pensò, incredula.

-Beh… i demoni non hanno sentimenti, credo che l’abbia solo usata, ma dopotutto entrava nei suoi, di sentimenti, quindi sotto sotto si può dire che leggermente tenesse a lei, ma non tanto quanto teneva all’oscurità- rispose lei, abbassando lo sguardo, pensierosa.

-Ah… no, perché, sai… sembra tanto un racconto autobiografico- ammise.

-No, no, non devi credere questo, non è assolutamente autobiografico, ho solo preso dei personaggi, io… non voleva dare questa impressione, non credo minimamente che tu… che il demone… noi…- le sue guance si imporporarono, non sapeva che pesci pigliare, e Jack ridacchio, prendendosi un’altra cucchiaiata di budino a tradimento.

-EHI!- si lamentò Rapunzel rialzando al guardia.

-Sei graziosa con le guanciotte rosse, sembri proprio una bambola- ridacchiò lui, gustandosi la cucchiaiata.

-E tu si un demone- si arrabbiò lei, facendo per superarlo ma venendo bloccata.

-Forse- rispose lui, avvicinandola a se e baciandola.

La ragazza rimase così sorpresa che lasciò cadere la ciotola, scatenando un gran baccano, poi chiuse gli occhi, e ricambiò il bacio, portando le braccia intorno al suo collo.

Anna attirata dal rumore, fece sporgere la testa per vedere cosa stesse succedendo, e, con un sorrisetto malizioso, scattò una foto con il cellulare, per poi dileguarsi nella casa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Spero che la One Shot vi sia piaciuta.

Non sono molto brava con questo genere di storie corte, ma mi andava di fare uno speciale di Halloween con i miei quattro personaggi preferiti (più Elsa e Anna) e non sono riuscita a trattenermi.

Ci ho lavorato davvero tanto, perciò mi piacerebbe davvero tanto ricevere un vostro parere.

Avrei dovuto pubblicarlo ad Halloween, ma ho deciso di farlo oggi perché così posso lavorare su un’altra storia nel weekend e magari aggiornare pure quella, senza fare altri ritardi.

Mi sono ispirata agli speciali di Halloween dei Simpsons per questa storia a tre episodi, che all’inizio sarebbero dovuti essere tutti compici, ma poi ho deciso di fare una parodia, un racconto classico sui mostri sempre molto leggero e una storia più seria.

Spero che il risultato sia stato di vostro gradimento, e mi auguro di ricevere un vostro parere.

Ditemi se vi piace, se vi fa schifo, se avete qualche domanda.

Insomma, sbizzarritevi.

Ringrazio tutti quelli che leggono :-*

Un bacione e alla prossima ;)

   
 
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