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Autore: Yutsu Tsuki    29/10/2014    6 recensioni
Dal primo capitolo:
“Osservando il suo volto, si accorse di una cosa. Tutti quegli anni passati dietro a due spesse lenti rotonde gli avevano fatto dimenticare di quanto belli fossero i suoi occhi. Erano di un verdeacqua chiaro, ma intenso, quasi luminoso. Si avvicinò ancora allo specchio e allungò la mano, come per poter afferrare quel colore che era un misto fra il cielo azzurro senza una nuvola ed un prato fresco d'estate.
Voleva toccarli, sfiorare quella luce e immergersi in essa, ma venne bruscamente interrotto dalle urla di sua sorella: — Keeeen! Vieni a cena, è prontooo!
Si allontanò in fretta dalla sua immagine riflessa. Per un attimo restò senza parole. Era rimasto affascinato dal suo stesso volto. Poi scoppiò a ridere, rendendosi conto dell'assurdità della cosa.
Aprì la porta della stanza gridando: — Mi chiamo Kentin!! — e corse in cucina.”
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dolcetta, Kentin, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 20


Scambio







Luci soffuse apparivano ad intermittenza attraverso le palpebre chiuse di Kentin, mentre un moto irregolare e incalzante lo cullava, anziché disturbarlo. Dormiva beatamente, senza preoccupazioni o ansie che alterassero la sua quiete. Ogni tanto aveva sentito qualche suono, dei rumori poco chiari provenienti da sopra la sua testa, ma nemmeno quelli erano riusciti a svegliarlo. Per un arco di tempo non definito aveva avvertito qualcosa di spettinato e delicato appoggiarsi sulla sua spalla destra, che dopo un po’ era scomparso. Tutto era calmissimo e avrebbe desiderato fosse rimasto così per sempre.
Ad un certo punto, però, si sentì spostare il braccio ripetutamente. Qualcuno voleva svegliarlo e non sembrava intenzionato a fermarsi. Senza poter opporre troppa resistenza, aprì gli occhi e venne di colpo catapultato nella realtà.
— Kentin, svegliati: siamo arrivati — esclamò Candy dalla sua destra.
Delle ombre a sinistra attirarono la sua attenzione: i passeggeri erano tutti in piedi e si apprestavano ad uscire con i bagagli in mano.
Non si era ancora completamente destato, ma riuscì a tirarsi su dal sedile e, dopo che gli altri furono passati, si spostò verso il corridoio dell’aereo. Ancora frastornato dal brusco risveglio e con gli occhi semichiusi, aprì lo scompartimento in alto per estrarre la sua valigia e poi quella di Candy. — Grazie per avermi svegliato e scusa se ho dormito per tutto il tempo — le sussurrò.
— Non ti preoccupare — gli rispose. Poi aggiunse: — sei carino quando dormi — e corse verso l’uscita.
Ora era del tutto sveglio.

Fuori dall’aeroporto c’era un parcheggio pieno di autobus. Dopo che i professori ebbero fatto la conta degli studenti, si prepararono tutti per l’ultima tappa: il viaggio in pullman che li avrebbe portati al Dolce Amoris londinese.
Non appena individuarono il loro bus, i ragazzi vi salirono e presero posto. Fortunatamente Kentin aveva recuperato in aereo tutto il sonno perduto la sera prima, perciò poté ammirare in completa calma gli edifici inglesi che si ergevano fuori dal finestrino. Come aveva spiegato la preside al momento dell’annuncio della gita, il luogo in cui avrebbero alloggiato non era un hotel, bensì la sede inglese della loro scuola. Sebbene fosse solo una filiale, essa era molto più grande del principale liceo francese, poiché era pensata per ospitare studenti stranieri durante viaggi d’istruzione o vacanze studio. Questo voleva dire che oltre a lui e ai suoi compagni, sarebbero stati presenti anche i regolari alunni della scuola.
Il tragitto dall’aeroporto alla scuola durò una mezz’oretta. Appena scesero dall’autobus si ritrovarono davanti ad un imponente cancello nero. Dopo essere entrati, percorsero una lunga strada lastricata a mosaico che divideva in due parti un vastissimo prato verde. Arrivati all’ingresso, un enorme palazzo in mattone rosso si stagliò davanti a loro. L’entrata, inquadrata da due alte colonne dal fusto liscio, era sormontata dalla grande scritta “Sweet Amoris High School”. L’edificio principale, che non superava i sei piani, faceva parte di un ampio complesso architettonico composto da altre tre strutture.
Una volta entrati, insegnanti e alunni vennero accolti dal preside, un uomo alto e anziano, che, dopo aver rivolto loro parole di benvenuto, si mise a parlare con i tre professori. Nonostante fosse una scuola, il piano terra assomigliava a quello di un hotel: sulla sinistra c’era la reception, più in fondo parecchi divanetti e tavolini, al centro due grandi ascensori e a destra le scale. L’area era molto ampia e spaziosa, tanto che i nuovi ospiti non ebbero problemi ad entrare tutti e quaranta contemporaneamente.
Finito di parlare col preside, Faraize e Stikonski distribuirono le chiavi delle camere agli studenti, mentre la professoressa Moreau richiamò l’attenzione per un annuncio.
— Avete mezz’ora di tempo per fare un giro della scuola e sistemare i bagagli nelle vostre stanze. Alle due in punto dovete essere tutti nella hall pronti per partire. — Poi, alzando la voce, aggiunse — non si accettano ritardi, capito, Castiel? — in direzione di lui e della sua solita banda, che se la ridevano sotto i baffi.
Prima che potesse congedare gli studenti, però, il preside dello Sweet Amoris le si avvicinò e le sussurrò qualcosa nell’orecchio. Subito dopo, la Moreau disse: — C’è una novità: saranno i vostri colleghi inglesi a farvi fare il tour della scuola e, una volta terminato, ci sarà un piccolo buffet per voi. Vi do dieci minuti per posare le vostre valigie, poi venite qui nella hall; è chiaro?
I ragazzi annuirono, dopodiché si avviarono rumorosamente verso le rispettive camere. Alexy raggiunse di corsa Kentin.
— Qui c’è scritto che la nostra camera è all’ultimo piano. Ci conviene prendere l’ascensore — disse l’amico.
Kentin acconsentì, e in breve tempo la raggiunsero.
Dopo aver aperto la porta con una delle due chiavi elettroniche dategli dai prof., portarono dentro le loro valigie ed osservarono la stanza. Aveva un arredamento molto moderno, tipico dei dormitori dei college inglesi. Erano presenti due armadi ed un semplice tavolo poco distanti dal letto matrimoniale, mentre sulla sinistra si trovava la porta per accedere al bagno.
Alle 13:35 Alexy e Kentin uscirono per raggiungere il piano terra.
— Tu comincia a scendere, io prima volevo andare da mio fratello — riferì il gemello, camminando verso le scale.
— D’accordo, a dopo.
Kentin si chiese in che stanza fosse Candy, così decise di andarla a cercare. Mentre stava attraversando il corridoio, sentì delle voci giungere da una camera, tra le quali riconobbe quella di Iris. Forse lei sa a che piano è, pensò, e bussò alla porta.
Ad aprirla fu Violet.
— Ciao Violet, sai per caso dove… — Violet, vieni a guardare che vista! — lo interruppero le grida di Iris provenienti dall’interno della stanza. Subito dopo venne raggiunta da Kentin e Violet, i quali rimasero a bocca aperta nel vedere il bellissimo paesaggio che si presentava fuori dalla finestra. Alloggiare all’ultimo piano aveva i suoi pregi: da quell’altezza, che sovrastava tutte le circostanti casette londinesi, era possibile assistere ad un panorama fantastico. Sulla destra i palazzi piuttosto bassi e dai colori variopinti permettevano di scorgere buona parte del Big Ben, mentre a sinistra si ergeva, in tutto il suo splendore, il London Eye. Le due strutture erano separate dal corso grigiastro del Tamigi, così che il risultato era in tutto e per tutto una vera vista da cartolina.
Dopo aver ammirato per qualche minuto la stupenda visuale, Kentin chiese alle ragazze in che stanza fosse Candy. Loro risposero di sapere solo che era in coppia con Melody, ma non dove si trovassero; perciò lui le salutò e se ne andò. Poi decise di andare in camera sua per controllare se anche in quella ci fosse la stessa vista di cui potevano godere Violet ed Iris. Una volta entrato, oltrepassò gli armadi e il letto e spostò a sinistra la lunga tenda verde scuro: con suo grande sollievo entrambi i simboli di Londra erano ben visibili dalla finestra.
Soddisfatto per l’ottima posizione che gli era toccata, tornò sui suoi passi, scavalcando la sua valigia e avvicinandosi alla porta. Ma poi si arrestò di colpo.
Si girò a guardare. Come mai c’era solo una valigia? Dov’era finita quella di Alexy? Eppure si ricordava benissimo che tutti e due, solo qualche minuto prima, le avevano portate in camera. Possibile che fosse stata rubata?
Stava già cominciando ad agitarsi, quando qualcuno suonò il campanello della porta. Si precipitò subito ad aprirla.
— Ciao — lo salutò Candy entrando dentro e portando con sé la sua valigia.
Kentin indietreggiò per lasciarla passare, ma divenne un po’ confuso e rimase zitto.
Accorgendosi di non aver ricevuto risposta, Candy si voltò e lo guardò.
— Alexy non ti ha detto niente? — chiese poi.
Lui si limitò a scuotere la testa e a continuare ad osservarla.
— Abbiamo fatto cambio di stanza. Ci ho capito poco, ma… mi ha detto che dovrò stare con te.
Gli occhi di Kentin si sgranarono. Cambio di stanza con Alexy? In altre parole Candy sarebbe stata con lui a dormire?! Era uno scherzo, per caso?
Vedendo che il ragazzo non reagiva, lei aggiunse: — Pensavo te ne avesse già parlato.
Kentin rimase come paralizzato. Da un lato non credeva sarebbe stato possibile, ma dall’altro gli veniva quasi da sorridere, al pensiero di condividere la stanza proprio con Candy.
Dopo qualche secondo di silenzio, la sentì dire: — Vado a dirgli che è stata una pessima idea — e fece per uscire, ma Kentin la fermò subito. — No no, non preoccuparti: resta pure — esclamò, — posa qui la valigia. Gli chiederemo spiegazioni più tardi.
— Sei sicuro che non sia un problema?
— Certo, è tutto a posto.
Kentin ci pensò per un po’, ma alla fine decise di accettare la cosa, anche se quella scelta lo metteva un po’ in agitazione. Non che Candy fosse il tipo da approfittarsi di lui durante il sonno, ma piuttosto lo preoccupava la possibilità di venire scoperti da un professore o, peggio, da altri studenti. Tuttavia non poteva fare a meno di domandarsi come mai Alexy non lo avesse avvisato. Che fosse stata una sua idea per fargli una sorpresa (o meglio, un regalo)? In quel caso era stato un gesto davvero gentile, ma… se li avessero beccati?
— Sono già le 13:40; faremmo meglio a scendere — intervenne all’improvviso Candy.
— Hai ragione, andiamo — ribatté Kentin.
Arrivati al punto di ritrovo stabilito dalla Moreau, avvistarono Rosalya, Melody e gli altri, così si diressero verso di loro facendosi spazio tra la folla già presente. Mentre si stavano avvicinando, sbucò da lontano la faccia di Alexy, che, vedendoli, rivolse loro un sorriso più grande dell’intera hall.
— Si può sapere che ti è saltato in mente? — esordì Kentin, dopo averlo preso in disparte.
— Non sei contento di stare con Candy? — domandò innocentemente Alexy.
— Ma è rischioso! I prof. ci uccideranno, se lo verranno a scoprire. E lo stesso vale per te: sarai in camera con Melody!
— Lo so, ma non c’è da preoccuparsi: ci sarà anche Nathaniel.
— Come? Che c’entra Nathaniel?
— Per farla breve, si è ritrovato senza una stanza in cui dormire e l’unico letto disponibile era nella camera di Melody e di Candy, che è da tre posti. Ma dato che Candy non voleva stare con lui, le ho proposto di fare cambio con me, così non ci sono problemi. Tu hai la tua Candy, e io ho il mio Nathaniel. Ora dillo: sono un genio.
— Ah, quindi non l’hai fatto per me? — chiese Kentin un po’ ingenuamente.
Alexy scoppiò a ridere. — Ah ah no! Però sapevo che saresti stato al settimo cielo — disse pizzicandogli una guancia. Kentin non ribatté, perché era diventato rosso dalla testa ai piedi.
— Ma basta parlare, adesso andiamo. Sono curioso di vedere com’è questo “Sweet Amoris”! — concluse Alexy; dopodiché tornarono insieme dai loro compagni.


   
 
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