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Autore: saramermaid    29/10/2014    1 recensioni
Thadastian | Mini Long | Bas!The Flash
Dal testo:
"E frattanto mentre il suo respiro diventava regolare ed il suo petto si alzava ed abbassava per incamerare aria, Sebastian non sapeva nemmeno lontanamente quanto quell’incontro con Harwood avrebbe sconvolto radicalmente sia la sua vita che quella dell’altro, ma lo avrebbe capito molto presto e forse quello in fondo era semplicemente il loro personale punto di partenza. "
Genere: Angst, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Sebastian/Thad
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Superheroes


Capitolo Quinto









Il continuo Biip, proveniente dal monitor, era l’unico suono in grado di spezzare il silenzio di quella camera asettica dalle parenti bianche e le tende celesti. Sebastian si mosse a disagio sulla scomoda poltrona, posta accanto al letto, e stancamente si passò una mano tra i folti capelli castani; le sue iridi verdi continuavano a vegliare senza sosta il corpo di Thad privo di conoscenza ed attaccato alle macchine. Erano passate poco più di quarantotto ore dall’incidente e lui si era fermamente rifiutato di lasciare l’altro anche solo per cinque minuti. Nell’arco di quel breve lasso di tempo si erano susseguiti Jeff e Nick, entrambi amici di Thad, a fargli compagnia e rassicurarlo sul fatto che presto il moro si sarebbe svegliato tornando di nuovo da tutti loro. Tuttavia nonostante quelle parole di conforto, e la pacca sulla spalla da parte di Sterling, aveva cominciato a perdere le speranze. I medici erano stati abbastanza chiari e categorici; l’abbondante perdita di sangue e la ferita alla testa erano indubbiamente gravi. L’equipe aveva fatto tutto il possibile, bloccando l’emorragia e ricucendo il taglio, ma ora spettava a Thad reagire ed aprire gli occhi.

Quei meravigliosi occhi castani che gli mancavano più di qualsiasi cosa al mondo, insieme al profumo muschiato, a quel sorriso contornato da due adorabili fossette, alle guance quasi sempre imporporate quando lo beccava a fissarlo insistentemente, a quelle labbra perfette che soltanto pochi giorni prima aveva potuto assaporare sulle proprie. Non l’aveva ammesso ad alta voce ma si sentiva profondamente colpevole e continuava da giorni a rimuginarci sopra rivivendo la scena dell’incidente a rallentatore. Ed ogni volta si rimproverava dicendosi che avrebbe potuto fare qualcosa di più, usare i suoi poteri in modo più tempestivo e tirare fuori entrambi dalle lamiere molto prima.

Sebastian sospirò, allungando il braccio in direzione della mano sinistra di Thad e posandovi sopra la propria per stringere la presa. Il viso dell’altro era ricoperto da escoriazioni e lievi graffi dovuti ai vetri rotti, mentre la fronte era fasciata da una benda sterile e pulita. Si era sforzato di tornare a casa soltanto per cambiarsi i vestiti sporchi e strappati e fare una doccia, poi non si era più mosso da quella posizione. Se non fosse stato per la gentilezza e compassione delle infermiere che gli lasciavano il vassoio per il pranzo sul tavolino, era certo che non avrebbe nemmeno mangiato. In quel momento gli tornò alla mente la discussione avuta con Harrison Wells subito dopo l’accaduto; il fatto che si fosse esposto, senza tuta né maschera, per salvare l’altro aveva decisamente allarmato l’amico portandoli ad accrescere i toni delle loro voci finché Sebastian non era andato via sbattendosi la porta alle spalle con rabbia. La verità era che non gli importava un accidenti se qualcuno, o persino Thad stesso, lo avesse visto sradicare a mani nude la portiera dell’auto perché in quel preciso istante aveva scelto. Aveva deciso di gettare ogni sorta di maschera e mostrarsi per come era in realtà, aveva scelto di rischiare il tutto e per tutto per la persona con cui stava bene e che lo completava in ogni aspetto. Semplicemente aveva messo in gioco quel cuore che per molto tempo aveva creduto di non poter più aggiustare e che invece Thad aveva fatto rinascere.

«Hey pulce, se riesci a sentirmi ti prego apri quei tuoi meravigliosi occhi e guardami. Mi basta anche solo che tu muova un dito per farmi capire che sei qui con me.. Ho bisogno di te, Thad. Per favore..» Mormorò con voce spezzata cercando di mandar giù il magone bloccato in gola mentre gli occhi si riempivano di lacrime.

Un sonoro singhiozzo lo scosse all’altezza del petto e, per la prima volta dopo giorni, si lasciò andare al dolore sordo che sentiva comprimergli l’addome ed il cuore. Non smise di stringere quella mano calda e più abbronzata della sua, nonostante la vista appannata e le stille salate che si infrangevano sulla coperta color panna. Si sentiva spezzato, come se una parte importante e vitale di sé gli fosse stata portata via un’altra volta e del resto l’altro era diventato questo per lui. Thad era calore, allegria, gioia, timidezza, sincerità, dolcezza e vita. Era uno strano mix pieno di miliardi di aggettivi ed allo stesso tempo era proprio questo a renderlo speciale ai suoi occhi.

«Sebastian..» Un bisbiglio lieve e la stretta debole attorno al dorso della mano lo costrinsero a sollevare lo sguardo di scatto.

Thad lo osservava con gli occhi socchiusi e le palpebre tremolanti a causa dell’eccessivo tempo in cui erano stati serrati per via del coma farmacologico. Sebastian si asciugò le lacrime con il dorso della manica e pochi istanti dopo era già stretto tra le braccia dell’altro. Thad gli stava passando la mano libera dalla flebo nei capelli e lungo la guancia ispida di barba, tracciando un percorso delicato con i polpastrelli quasi come a volerlo rassicurare sul fatto che quello non fosse un sogno e che lui era sveglio.

«Ho creduto non ti saresti mai svegliato e che non ti avrei più potuto abbracciare. Thad io devo dir-»

«Ssh, è tutto okay. Io sono qui e non vado da nessuna parte, ciò che devi dirmi può aspettare.» Lo interruppe l’altro, posandogli un dito sulle labbra e sorridendogli con premura per quanto il fastidio delle fasciature glielo permettesse.

Sebastian chinò il capo sospirando e scostandosi per non pesare eccessivamente sull’altro, ma rimando comunque accanto al letto. Le pozze color prato si spostarono lungo la finestra e si persero ad osservare gli imponenti grattacieli che si stagliavano all’orizzonte, tinteggiato da candide nuvole bianche. Lungo la strada vi era il solito traffico e la solita caoticità frenetica; gli schiamazzi dei bambini e persino i clacson dei taxi si sentivano distintamente. Tuttavia il castano sembrava non prestargli davvero attenzione cercando, invece, di trovare le parole giuste per fare un discorso coerente. Non era certo che la voce avrebbe retto o che il suo turbamento e la sua paura non l’avrebbero tradito, ma era giunto il momento di essere sincero al 100% perché lo doveva a Thad e soprattutto a se stesso.

«Aspetta a dirlo. Dopo quello che sto per confessarti ci sono ottime probabilità che non vorrai più vedermi.. » Rispose Sebastian con tono flebile, dando le spalle al panorama e ritornando a prestare attenzione ad un Thad visibilmente stupito.

«Sebastian mi stai facendo preoccupare. Cosa diavolo sta succeden-»

«Ero io Thad.» Lo interruppe torturandosi le dita e stringendole tra loro in una presa salda a causa del nervoso e della tensione. «Ti ho salvato per ben due volte nel giro di quasi due mesi e ti ho tenuto nascosta la verità perché questo mi spaventa. Sono terrorizzato dall’idea che tu possa vedermi come un mostro e che tutto quello che abbiamo conquistato sparisca.. Io sono The Flash» Concluse facendo ripiombare la stanza in un silenzio carico di aspettative, paure e timori.

In quel momento Sebastian stava semplicemente lottando con sé stesso, con il suo istinto che gli suggeriva di scappare, evitando abilmente di incrociare il volto di Thad per la paura di poterci leggere impresso sopra il disgusto o peggio il terrore. Tuttavia quando la ragione prese il sopravvento si costrinse ad incrociare quelle pozze cioccolato fuso, scorgendovi soltanto incredulità e stupore. La bocca dell’altro era schiusa, probabilmente in cerca di qualcosa da poter dire, gli occhi erano sgranati e le dita artigliavano saldamente il lenzuolo stringendolo tra esse.

«Era giusto che lo sapessi, non pretendo nulla da te né voglio ferirti in alcun modo, perciò ti lascerò tutto il tempo che vuoi per rifletterci.» Mormorò Sebastian mentre la delusione si faceva largo nel suo animo e lui prontamente erigeva la solita barriera protettiva attorno al proprio cuore per evitare di restarne ferito. «Ti aspetterò, Thad. Anche se dovesse essere per sempre.» Sussurrò alla fine uscendo dalla stanza e chiudendo la porta.







Erano trascorsi cinque lunghi giorni da quando si era svegliato ed una settimana da quando finalmente era potuto tornare a casa sua, nell’appartamento che ora gli ricordava costantemente Sebastian. Aveva trascorso le precedenti giornate a riflettere attentamente, a scomporre in mille modi differenti quelle poche frasi e ricomporle insieme un secondo dopo. Tuttavia, per quanto ci provasse, la verità non cambiava e quella confessione restava impressa indelebile nella sua mente. Non ne aveva fatto parola con nessuno, nemmeno con Jeff che andava a trovarlo ogni giorno per accertarsi se avesse tutto lo stretto necessario. I tagli e le escoriazioni erano scomparse rapidamente ed i punti di sutura, abilmente nascosti da un cerotto, si stavano riassorbendo.

C’erano momenti in cui il mal di testa si faceva sentire più intensamente del solito, costringendolo a restare a riposo a letto o sul divano, ed altri in cui l’urgenza di camminare e uscire a fare due passi era così pressante che Thad prendeva la giacca pesante e percorreva i pochi metri che lo separavano dal parco. Proprio come in quel preciso istante, mentre le sue scarpe da ginnastica scure sfregavano sulle foglie secche producendo un rumore stridulo. I giardinetti erano pieni di bambini costantemente sorvegliati dai genitori o dalle baby-sitter, constatò spostando poi lo sguardo verso destra. Tra le centinaia di sportivi intenti a fare jogging e studenti in cerca di un posto tranquillo per leggere un libro, la sua attenzione venne catturata da un’anziana coppia teneramente abbracciata sotto una quercia.

Gli angoli delle sue labbra si incurvarono in un sorriso dolce e tenero a quella visione e Thad non poté non autoimporsi di distogliere lo sguardo per evitare di sembrare un maleducato o peggio ancora un impiccione. Si strinse di più nel cappotto di panno ed alzò il collo del cappuccio fin sotto il mento, nonostante la gola fosse coperta da una pesante sciarpa di cotone rosso acceso. Quasi senza accorgersene i suoi piedi si arrestarono in prossimità di una panchina libera e lui vi si sedette sopra con garbo ed educazione sospirando rumorosamente.

«Qualcosa non va, giovanotto?» Gli chiese con premura l’anziana signora che aveva adocchiato prima in compagnia del marito.

«E’ tutto apposto, signora. Non si preoccupi sono soltanto i pensieri a fare troppo rumore.» Rispose con tono cordiale, abbozzando un sorriso, constatando che non si era minimamente accorto dei due che gli si avvicinavano.

«Quelli sono sempre presenti, ragazzo mio. Fa parte dell’essere vivi e senza preoccupazioni o timori perderemmo di vista chi siamo davvero. A me piace credere che i pensieri siano una sorta di monito costante per tenerci ancorati alla realtà.» Aggiunse la donna rispondendo al sorriso e scambiandosi uno sguardo d’intesa con il marito.

«Magari fosse così semplice.. A volte è tutto così difficile che non so davvero cosa fare, il cuore dice una cosa ma la testa ne dice un’altra..» Disse alla fine dando voce per la prima volta ai dubbi che continuavano a turbarlo nel profondo.

Era strano parlare della sua vita con due completi estranei, ma per qualche assurda ragione si sentiva a suo agio in quel frangente. Forse perché in fondo sapeva che i due non lo conoscevano e non sapevano nulla di lui, che non avrebbero potuto accusarlo, rimproverarlo o giudicarlo. L’uomo ridacchiò ed annuì in contemporanea nel sentire la sua frase, posando un bacio delicato sulla nuca della moglie, e Thad si chiese come facessero i due a completarsi in maniera quasi perfetta continuando ad amarsi anche in età avanzata.

«Oh capisco perfettamente come ci si sente, ragazzo mio.» Esclamò l’uomo con sguardo vispo ed attento colmo di esperienza. «Quando ho conosciuto mia moglie Christine erano i tempi della guerra ed io ero un soldato. Eravamo innamorati ma sapevamo che il tempo che avremmo potuto spendere insieme fosse limitato. Io potevo morire sotto gli scoppi delle bombe e così decisi che se non potevo amarla per sempre sarebbe stato meglio non stare insieme, così la lasciai andare nonostante il mio cuore ne soffrisse.»

«E cosa è accaduto? Come avete fatto a restare insieme per così tanti anni?» Chiese incuriosito Thad, avvicinandosi di qualche passo alla coppia ed incrociando le braccia all’altezza dell’addome.

«Semplicemente non mi sono arresa. Sapevo che Luke era un testone caparbio e così mi sono presentata in stazione il giorno della sua partenza e gli ho detto davanti a tutti cosa provavo per lui, che non mi importava di cosa sarebbe potuto accadere perché per me contava soltanto il presente e che lo amavo davvero. Alla fine si è arreso all’evidenza e quando è tornato sano e salvo dalla guerra ci siamo sposati. Vedi, caro, l’amore è imprevedibile, impulsivo e travolgente, non puoi controllarlo o negare i tuoi sentimenti. E se hai la fortuna di incontrare qualcuno di speciale, come Luke lo è per me, non lasciartelo sfuggire. Lotta per lui.» Terminò la donna rispondendo al posto del compagno.

«La ringrazio e credo di aver preso la mia decisione. Scusatemi se vi ho rubato tempo prezioso ma sarà meglio che vada.» Sussurrò Thad in maniera alquanto imbarazzata mordendosi la guancia dall’interno e giocherellando con i fili decorativi della sciarpa.

«Non scusarti, caro. Ci ha fatto piacere la tua compagnia e ti auguro buona fortuna per qualsiasi decisione tu abbia preso.» Disse l’anziana signora regalandogli un’amorevole carezza sulla guancia prima di avviarsi insieme all’uomo verso l’uscita del parco.

Thad li seguì ancora per qualche secondo con lo sguardo, poi percorse a ritroso il viale svoltando a destra ed incamminandosi all’interno del traffico. Le parole di Christine lo avevano aiutato a comprendere, capire e soprattutto sbrogliare la matassa informe di pensieri. Era come se all’improvviso all’interno di quella fitta nebbia si fosse aperto uno spiraglio di luce in grado di fornire una risposta concreta ai suoi quesiti e dubbi. Iniziava a sentirsi stanco ed affaticato, ben consapevole che a quell’ora sarebbe già dovuto rientrare invece di restare al freddo, ma non gli importava. Si fermò soltanto quando arrivò a destinazione, salendo di corsa i gradini del portico e passandosi una mano tra i capelli scuri prima di suonare il campanello.

Attese soltanto pochi minuti prima che la porta laccata di rosso si spalancasse, rivelando la figura slanciata e magra di Sebastian che ora lo fissava sconcertato. Thad notò le pesanti occhiaie sotto gli occhi ed il viso stravolto, segno che quei giorni dovessero essere stati un inferno anche per lui. Si concesse un minuto per recuperare fiato e far smettere alla sua milza di tirare all’altezza del fianco; si sentiva in imbarazzo ed era abbastanza teso ma non aveva intenzione di mollare. E quando, finalmente dopo giorni, poté ritornare a specchiarsi in quel profondo mare verde smeraldo capì cosa realmente gli era sfuggito. Sebastian gli mancava. E lo faceva in un modo così doloroso e pressante da comprimergli il torace e non riuscire a respirare.

«Thad?» Esclamò con tono sorpreso il castano, mantenendo la porta aperta e scrutandolo con sguardo indecifrabile.

«Ho preso la mia decisione. Posso entrare?» Fu tutto quello che riuscì a mormorare, mentre l’altro annuiva scostandosi per permettergli di varcare la soglia di casa.

Il ringraziamento di Thad si perse nel vento pungente del tardo pomeriggio, quando il sole al tramonto tingeva di arancione l’orizzonte e la vita continuava a scorrere inesorabile per tutto il resto del mondo, mentre la porta rossa si chiudeva alle spalle di entrambi inghiottendo le loro figure fino a farle scomparire del tutto all’interno dell’abitazione.












A/N

Mi avvalgo della facoltà di non rispondere, è colpa dei Thadastian prendetevela con loro per questo finale aperto e pieno ancora di domande irrisolte. Posso però rassicurarvi sul fatto che ci sarà l’epilogo, l’ultimissimo capitolo in assoluto di questa mini long, quindi non è finita qui. Alcune cose come avrete notato sono andate magicamente al loro posto: la verità detta a Thad, alcuni particolari sull’incidente e soprattutto l’ammissione dei sentimenti reali e tangibili che entrambi provano l’uno verso l’altro. Mi sono divertita un mondo a scrivere la parte in cui interviene l’anziana coppia sposata perché credo che non ci sia nessuno meglio di loro per poter consigliare Thad. L’esperienza e la saggezza dell’età avanzata sono sempre la miglior soluzione, anche se inizialmente avevo pensato a Jeff per questo ruolo. Come sempre se avete dubbi, domande, critiche, commenti, o volete lasciarmi la vostra opinione io sono sempre qui pronta a rispondervi. Ringrazio di cuore chi legge, commenta e le 14 anime pie che hanno inserito la storia tra seguiti/preferiti/ricordati.. Buona lettura!

P.s. I ringraziamenti come si deve ve li farò insieme all’epilogo quindi l’appuntamento con il finale è mercoledì prossimo e se volete, frattanto, potete spulciare la nuova Os Thadastian a rating rosso che ho pubblicato pochi giorni fa.

xoxo

Sara
  
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