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Autore: Dregova Tencligno    29/10/2014    0 recensioni
Sono la figlia di una strega, sono dotata di poteri che in molti non riuscirebbero nemmeno a immaginare. Vivo ricordi che non sono i miei ma sono gli unici indizi che ho per capire la mia natura. Sono stata una figlia, un’oggetto, un'anima, un fantasma. Se i nomi definiscono chi siamo sono stata Pulce, Piccola, Emma, Custode, Amore… Ma solo ad un nome, che ho perso molti anni fa, posso rispondere con certezza… nessuno me lo potrà togliere perché con quello sono morta e sono rinata.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Faccio finta di dormire quando sento una porta venire aperta.
È Lovro. Passa accanto al divano dove sono distesa.
Lo osservo togliersi la maglietta, socchiudendo gli occhi, e posarla sullo schienale del divano e mi osserva a lungo prima di andarsene.
La porta d’ingresso si chiude silenziosamente.
Un po’ alla volta sento che anche gli altri si stanno svegliando e prima che Beatrice esca dalla sua camera sono già in piedi ed ho riscaldato anche il latte.
-Mattiniera?-
-Non mi piace stare per tanto tempo distesa a oziare.-
-Non dovevi disturbarti per il latte.-
-A me non piace essere in debito con le persone, e poi io ho già fatto colazione, mi è sembrato giusto prepararla anche per voi.-
-Sei molto gentile.-
-Non l’ho fatto per essere gentile.-
-Lo so, ma lo sei lo stesso.-
Un brivido freddo mi corre lungo la schiena e sento provenire dall’esterno della casa il rumore di vari colpi, tra cui quello che fa la porta di Beatrice quando rientra nella sua camera.
È una sensazione bruttissima e non so come decifrarla. Sono molte le nuove emozioni che sto sperimentando. Quando passa mi accorgo di non aver respirato e mi sento pronta a scattare per qualsiasi cosa.
Ti stai facendo prendere dal panico. Anche se lo vedi in ogni visione, non è detto che ti attaccherà anche nella vita reale.
Mi avvicino al divano e piego la coperta posandola sul bracciolo, piego anche la maglia di Lovro, ma quando la sollevo da questa cade un foglio di carta piegato. Lo prendo pensando si tratti di una sciocchezza, forse persino un foglio di carta bianco, ma quando lo apro vedo che è scritto.
È una calligrafia chiara e ordinata quella che sto osservando. Un messaggio: “Illuminami col tuo sorriso perché la tua luce riscalda ma non brucia. Continua a guardarmi con i tuoi occhi neri, così da permettermi di immergermi in quei due laghi limpidi e sicuri. Pronuncia il mio nome e sarò il tuo servo e il tuo cavaliere. Lovro.”
Immagino il mio cuore mettersi a palpitare e le guance diventare rosse. Ed è quello che accadrebbe se le cose fossero diverse. Ora come ora sono solo spaventata dalla strana piega che hanno preso gli eventi.
La porta dalla camera di Lovro si apre ed esce Zephyro.
Richiudo in fretta il foglio sperando che non l’abbia notato.
-Buongiorno.- mi dice.
-Bu-Buongiorno.- sento il foglio bruciarmi tra le mani.-
-Hai qualcosa che non va? Ti senti male?-
-No, perché?-
-Mi sembri solo un po’ pallida.-
Sono sempre pallida.
-Sarà solo una tua impressione.-
-Beatrice?-
-È in camera a vestirsi.-
-Dille che sono andato giù in paese per cercare il regalo per Elebene.-
Sarà il suo compleanno.
-Non fai colazione?-
-Non ne ho bisogno.-
-Sicuro?-
-Sì, sì…-
Il foglio non smette di bruciarmi il palmo della mano e sembra aver acquisito un considerevole peso. Quando finalmente Zephyro se ne va mi sento meglio.
Non è possibile che stia accadendo tutto questo a me.
Riapro il foglio e lo rileggo.
Non può essere per me. Sicuramente è per un’altra ragazza. Una che conosce da più tempo.
Quando Beatrice esce dalla sua camera ho come un’illuminazione. Devo controllare una cosa con urgenza.
-Sono stata bene con voi, ma è giunto il tempo che io tolga il disturbo.-
-Tua sorella è già arrivata.-
-No, ma sarà a casa tra poche ore e vorrei farle trovare un buon pasto caldo quando torna, sicuramente sarà stanca e affamata.-
-Vuoi che Lovro ti accompa…-
-NO!...Voglio dire… non si deve preoccupare…-
Mi guarda con sospetto.
-Sei sicura?-
-Sicurissima.-
Esco dalla casa prima che possa accadere qualcosa che non sia in grado di gestire.
Capisco cosa è che produce quei rumori secchi che sento.
L’aria è fredda e mi chiedo se così facendo non corra il rischio di prendere un brutto malanno.
La leggera peluria dorata che gli copre il petto e l’addome fa da specchio ai pigri raggi solari facendo brillare queste zone come se fossero ricoperte da schegge di vetro. Sono tentata di corrergli incontro solo per vederlo da vicino, ma le parole che ha scritto mi risuonano nella mente e non posso dargli l’impressione di tenere a lui in quel modo. Anche se è vero.
Io conosco tutto di te, ma tu non mi conosci, altrimenti non proveresti questo per me.
Sento i suoi occhi su di me, ma non posso voltarmi.
Mi incammino velocemente sul sentiero che porta al paese e poi devio entrando nel bosco e mi guardo intorno freneticamente in cerca di un posto in cui mettere al sicuro le mie cose.
Scorgo, tra i rami di un pino, quello che doveva essere stato il nido di un gufo o di uno scoiattolo. È un buco abbastanza largo da permettermi di verificarne l’abbandono e lo stato di pulizia. Mi spoglio pregando che nessuno mi veda e metto i miei abiti al suo interno, mi concentro e torno alla mia vera forma; fiamme blu coprono il mio corpo donandomi la mia naturale incorporeità e trasparenza.
Una manciata di minuti e sono dentro la mia casa.
Avendo indossato per tanto tempo i panni di una mortale mi ero quasi dimenticata quanto fossi veloce da fantasma.
La stanza è come l’ho lasciata, non c’è segno di altre visite oltre la mia.
I libri e gli oggetti che Esmeralda si è portata via ancora mancano, come lei. Faccio un sospiro di sollievo.
Mi serviva sapere se era nei paraggi per non rischiare di incontrarla per caso mentre ero al paese. Visto che, in teoria, una barriera avrebbe dovuto tenermi prigioniera.
Probabilmente tornerà questa notte.
Constatato che tutto è in ordine ritorno all’albero dove ho lasciato le mie cose.
Lentamente, non senza un po’ di difficoltà, ricreo il mio costume di carne.
Appena termino la trasformazione provo nuovamente un brivido freddo, questa volta doloroso, entrarmi nei tessuti della schiena. È immenso e mi piego in due. Provo una forte pressione al petto e sul cranio, penso che stia per arrivare una visione, ma lentamente tutto svanisce lasciandomi una brutta sensazione alla bocca dello stomaco.
I fantasmi sono molto più sensibili dei Viventi. So che sta per accadere qualcosa di orribile e ho paura che sia per colpa mia.
Ho un conato di vomito e mi appoggio al tronco dell’albero. Pensavo che tutto fosse passato e invece il dolore ritorna più insistente, poi passa com’è venuto. Aspetto un po’ per vedere se torna di nuovo, ma non sentendo niente prendo gli abiti dal buco nel tronco e mi rivesto.
Ho le mani che tremano, gli occhi che lacrimano e una sensazione orribile che sale verso la gola.
Quando sono pronta mi sento esausta.
Lentamente torno a casa di Lovro.
Lo trovo madido di sudore e seduto a terra, faccio un sospiro per cercare di alleggerire il peso che ho nel petto. Tutto inutile, è un macigno indistruttibile.
Sembra proprio stanco, ed è da solo.
Entro in casa e non vi trovo nessuno. Prendo un asciugamano e verso dell’acqua in un bicchiere e, attenta a non versarla per terra, gli porto tutto.
-Acqua?-
Mi sorride.
-Sì grazie.-
Gli porgo il bicchiere e lui trangugia il contenuto in un battibaleno.
Apro l’asciugamano e gli copro la schiena, ho preso il più grande che sono riuscita a trovare.
-Pima che ti ammali.- gli dico.
Mi siedo al suo fianco.
Ha un pezzetto di corteccia fra i capelli e gliela tolgo e non mi è difficile notare che è diventato rosso, gli sorrido e gli poso un mano sulla spalla mentre con l’altra gli chiudo l’asciugamano davanti al petto.
Fai anche la civettuola adesso?
Mi sta per dire qualcosa quando sua madre lo precede.
È davanti alla porta di casa.
-Tua sorella è tornata?-
-Ancora no.- le rispondo –Però penso che tornerà a momenti.-
E dovresti farti trovare a casa.
Ma guardo Lovro e non trovo il coraggio di lasciarlo.
Quale metodo migliore di sbatterle in faccia la verità se non farmi trovare fuori di casa con un Vivente?
Aiuto Lovro ad alzarsi e, ridendo, mi trovo stretta tra le sue braccia in un abbraccio molto stretto.
-Sei piccola.-
-Tu sei grande perché sei più muscoloso.-
-Ti potrei far del male facilmente.-
-Non penso. Finiresti a terra prima di poter alzare un dito su di me.-
-Ne dubito. Hai detto pure tu che sono più muscoloso di te.-
-Non sfidare mai una persona che non conosci veramente. Potrebbe sorprenderti.-
-E se la volessi conoscere?-
La domanda mi sorprende e mi abbraccia più forte affondando il viso nel mio collo.
Poi torna a fissarmi.
Un’ombra vola nei suoi occhi e non riesco a percepire più nessun suo sentimento. È come se la corda delle sue emozioni si fosse improvvisamente spezzata.
Mormora qualcosa a bassa voce e poi le sue gambe cedono. Lo afferro al volo e sono costretta a usare i miei poteri per non far cadere entrambi a terra.
Chiamo a squarciagola Beatrice che esce di casa con lo sguardo spaesato e quando vede suo figlio in queste condizioni si precipita ad aiutarmi seguita da Elebene.
Non mi sono accorta che anche lei fosse tornata. Fortuna vuole che mentre cerchiamo di portarlo in casa Zephyro sia a una ventina di metri dall’abitazione, abbastanza lontano per vedere cosa sta accadendo e per correre a darci una mano.
Dentro casa lasciamo che sia lui a cambiarlo dopo averlo portato in camera loro.
Elebene corre fuori di casa urlando che sarebbe andata a chiamare il medico.
Zephyro però non riesce a vestire un peso morto, così lo aiuto.
La pelle di Lovro scotta molto ed è appiccicosa.
Non capisco cosa gli è preso.
Lo prendo per una spalla e comincio a chiamarlo. Lo faccio per salvare le apparenze perché in realtà sto cercando di curarlo, ma non ci riesco. Il mio potere si ferma solo all’interno del mio corpo, non riesce a entrare nel suo.
Forse così non è sufficiente.
-Vai a vedere se Elebene è tornata con il medico.- dico secca a Zephyro.
-Non penso, altrimenti sarebbe già qua dentro.-
-Per favore, vai.-
Mi fissa pensieroso, poi se ne va senza dire una parola.
Lovro tossisce e un grumo di sangue gli sporca le labbra. Il suo colorito sta diventando violaceo.
Mi chino su di lui e lo bacio.
Le labbra sono calde e sento il sapore ferroso del sangue entrare nella mia bocca. Lo bacio tenendo gli occhi aperti. La mia pelle incomincia a emettere un flebile bagliore mentre la sua continua a essere viola.
Le vene si scuriscono mentre continuo a baciarlo.
Impossibile…
Smetto di baciarlo e le vene tornano al loro stato normale.
Lo stavo uccidendo.
Beatrice entra nella stanza e urla vedendo il colorito del figlio, ma forse si preoccupa più per l’espressione che ho io.
-Emma…-
La Guarigione non ha mai fallito, non ha mai ucciso nessuno.
Tutto il potere che sono riuscita a produrre nel mio corpo per tentare di salvarlo non è servito a nulla. Incomincio a piangere dalla rabbia.
Velocemente mi pulisco le labbra per non far notare che sono sporche di sangue.
Elebene posa una mano sulle mie spalle, ma io la allontano stizzita ed esco dalla stanza.
Zephyro prova a bloccarmi ma gli basta una mia occhiata per fermarsi.
Sento un sussurro. Un filo d’aria che porta tra le sue braccia il mio nome. Il mio vero nome.
Penso di essermi immaginata tutto, ma accade di nuovo.
Guardo fuori dalla finestra.
Dal suolo nudo esce un’erbetta sottile che forma un percorso che porta dritto nella foresta.
Delle foglie volteggiano e si posano sul vetro della finestra.
Forma il mio nome, c’è qualcuno che mi chiama…
Non andare, te ne pentirai.
Non riesco a darmi retta.
Lei saprà cosa fare.
Mi asciugo le lacrime con le maniche del vestito ed esco di casa incamminandomi sul sentiero d’erba. Questa, quando la calpesto, diventa gialla e secca per tramutarsi in cenere.
Gli alberi mi salutano piegandosi al mio passaggio. Vorrei sapere il perché di tutta questa messinscena.
Non mi è difficile trovarla.
Capelli rossi e ricci, occhi verdi e un abito nero.
-Pensavo saresti tornata verso sera.-
-Mi hai detto di tornare prima se mi era possibile. Bene, eccomi qui.-
-Trovato quello che cercavi?-
-E tu?-
-Non so di cosa parli.-
-Sei uscita dalla casa senza il mio permesso ignorando il pericolo da cui ti avevo messa in guardia. Sai almeno di stare rischiando molto? Cosa farebbero se scoprissero cosa sei? Te lo sei chiesto?-
Mi guarda in cagnesco.
-Mi hai tenuta prigioniera con una menzogna. Non mi sembri la più adatta per farmi una predica.-
-Ma io l’ho fatto per il tuo bene.-
-L’hai fatto solo per tenermi sotto controllo.-
-E mi vuoi rimproverare per questo? Sei una mina vagante. Puoi sviluppare poteri distruttivi da un momento all’altro e te la fai con loro? O con lui?-
Mi sento il viso incendiarsi.
-Io non me la faccio con nessuno.-
-Dici? Ho visto come lo guardi e come lui guarda te… Mi dispiace solo darti questa delusione: quello che prova non è reale.-
-Ti stai sbagliando. Sento quello che ha dentro e so che è genuino!-
-Ne sei certa? Non potrebbe essere il frutto di un tuo nuovo potere?-
-Ne ho sviluppato solo un altro.-
-Ma veramente?-
Adesso sembra divertita.
-Non sembri sorpresa.-
-Non lo sono infatti. So tutto quello che ti capita dentro e fuori, sono io che ti ho evocata, siamo legate. E ti sbagli se pensi che hai sviluppato solo un nuovo Lascito.-
-Cos…-
-Mai sentito parlare della Lingua di Sirena?-
La Lingua di Sirena, il potere della strega con cui controlla le persone.
-Ti stai sbagliando e te lo dimostrerò.-
-Non ne avrai l’occasione perché adesso verrai con me.-
-Non intendo andarmene.-
Sospira scocciata.
-Ti rendi conto di essere nel torto? Lo stai controllando tu, lo manovri come un burattino seguendo quello che tu provi per lui. Non ti sei chiesa come ha fatto a innamorarsi di te quando non gli hai mai confidato nulla? Semplicemente perché sei tu a volere che sia così.-
-Vuol dire che smetterò di usare i miei poteri.-
-Anche se lo facessi non cambierebbe nulla. Hai instillato nella sua testa ricordi che non esistono. Dovresti cancellare la sua memoria per vedere se ricambia effettivamente i tuoi sentimenti. Devi ritornare a casa perché sei troppo pericolosa per loro.-
-Non potrei mai…-
-Far loro del male? Mia cara… lo stai già facendo.-
-Non è vero! Io non verrò con te.-
-Non vorrai mica che al tuo ragazzo capiti qualcosa di brutto. Ho sentito che la morte più essere molto dolorosa a volte.-
Allora capisco.
-Cosa gli hai fatto?-
-Mi hai costretta tu. L’ho fatto per farti capire che questo non è il posto adatto a te. Vieni con me e guarirà, in caso contrario… dovrai vederlo morire.-
-Non lo faresti mai.-
-No? Sei sicura di voler scommettere contro di me?-
-Troverò un modo per guarirlo.-
-Dovresti aver notato che il tuo potere non ha più effetto su di lui.-
-Non sei giusta, mi stai ricattando.-
-La vita non è mai giusta tesoro. È giunto il momento che anche tu provi un po’ di sana sofferenza.-
-Io sono morta.-
-Pregherai di morire una seconda volta. Adesso non vuoi venire, ma alla fine tornerai da me strisciando con la coda fra le gambe chiedendo il mio perdono. Per ora rimani e guarda morire il tuo amato.-
Una folata di vento disgrega il suo corpo.
Corro più veloce che posso da Lovro.
Il medico se ne è già andato ma dai volti di Elebene, Zephyro e Beatrice so che non ha detto nulla di buono.
Elebene alza lo sguardo verso di me e scuote la testa.
Pregherai di morire una seconda volta.
-Posso vederlo?-
-Non è cosciente ed ha la febbre molto alta. Ma sentire qualcuno che gli sta vicino gli farà sicuramente bene.-
Entro nella sua camera; è disteso, sotto le coperte, mi sembra ancora più cianotico e magro.
Cosa gli hai fatto?
Gli scosto un ciuffo di capelli dal viso sudato.
Mi chino a baciarlo ma ancora una volta la Guarigione non funziona e rischio di ucciderlo.
Ma non mi arrendo, lo devo salvare, è il mio compito.
Qualcosa si schiude lentamente dentro di me. È come quando uso l’Empatia al suo massimo potenziale, ma ciò che percepisco è diverso.
L’aria si muove intorno a noi generando un caldo venticello. Mi sento andare a fuoco mentre il suo corpo diventa un po’ più fresco.
Quando controllo il mio operato vedo che ha un colorito decisamente migliore e la febbre è scesa, anche se di poco.
Non sono riuscita a curarlo completamente però. O trovo un altro metodo o le sue condizioni si aggraveranno nuovamente.
Mi alzo dal letto e mi rendo conto di essere molto debole, riesco a malapena a mantenere il mio corpo tangibile.
La testa mi gira e ho l’impressione che la terra scompaia alcune volte da sotto i miei piedi.
Faccio qualche passo ma cado sul letto di Zephyro.
Ogni singola fibra del mio corpo va a fuoco e la testa mi fa un male cane.
Tutto diventa nero.
 
‘Ho l’impressione di star scendendo verso il basso, priva di gravità, galleggiando, poi atterro su un suolo morbido.
Una sensazione fredda si irradia dal mio ventre e mi fa tanto male da costringermi ad aprire gli occhi.
Davanti a me vedo il cielo, di un grigio chiaro.
Sono scalza, le dita affondano in una sottile erbetta che si estende fino all’orizzonte in ogni direzione.
Sono nella mia forma corporea anche se mi sento diversa. E in un certo senso lo sono. Ho qualcosa che si muove nel torace, che si contrae e si espande mandando in circolo il sangue. Il mio corpo è caldo e di un rosa naturale. Inoltre indosso l’abito con cui sono morta.
Faccio un profondo respiro, i colori cominciano ad accendersi.
Cerco di tornare indietro, voglio scappare da questa visione perché so già dove mi condurrà e so che mi farà male.
Come se volessero prendermi in giro il cielo assume un bel color turchese e l’erba il suo rilassante color verde chiaro con qualche fiorellino bianco, giallo, arancione a renderlo ancora più bello.
L’aria è calda e tutto è calmo.
Alle mie spalle sento un rumore di zoccoli che si muovono rapidi.
Delle figure mi sorpassano. So dove mi trovo.
È il prato che circondava il paesino prima che Esmeralda facesse crescere una foresta con l’uso della magia.
Mi muovo a mio piacimento in questa scena, al contrario di quando ho visto l’omicidio dell’uomo nella sua casa.
Mi riconosco subito, d'altronde fisicamente non sono cambiata. Il mio cavallo, Shad, corre velocissimo. Una saetta nera.
Ognuno di noi corre per la propria salvezza.
Mio fratello vola al mio fianco, i nostri genitori ci fanno strada. Non so dove ci stanno portando, non ce l’hanno detto, ma so che dobbiamo scappare. Ci dobbiamo nascondere perché siamo seguiti da qualcosa di forte e pericoloso.
Mio padre è preoccupato per le parole di mia madre, non ho sentito tutto il discorso ma ricordo di essermi spaventata molto.
Continuano a correre ed io li seguo trovandomi sempre davanti a loro o perfino con loro prendendo di tanto in tanto il posto della mia me nel ricordo. Ogni volta che accade mi viene la pelle d’oca, l’aria mi entra nei polmoni stordendomi e quando torno a essere una semplice spettatrice continuo a portare con me queste spiacevoli sensazioni.
Improvvisamente i suoni si ovattano e le immagini iniziano a scorrere lentamente fino a diventare una macabra danza a scatti. Quando il tempo e lo spazio tornano alla normalità il cavallo di mia madre prende fuoco, delle lingue dorate la circondano e si aggrappano al suo corpo, le afferrano la gola impedendole di urlare. Il terrore si dipinge sul suo volto mentre un odore acre appesta l’aria entrando nelle nostre narici e risveglia orribili incubi. Senza un suono, un rumore, di lei rimane solo cenere nera e qualche osso carbonizzato.
Shad e il cavallo di mio fratello nitriscono terrorizzati e ci disarcionano.
Mi vedo rotolare a terra. Entrambi i miei corpi provano dolore.
Un sibilo. Una freccia si conficca nel terreno, a pochi centimetri dal mio polpaccio.
-Papà!- urlo.
Lui tira le redini e il cavallo si ferma. Il viso contrito in una maschera di terrore.
Ci chiama per nome, fa voltare il cavallo e galoppa verso di noi.
Mio fratello è già in piedi e mi aiuta a rialzarmi, cominciamo a correre verso nostro padre. Quando ci è vicino mi afferra e mio tira sul cavallo, mi stringo a lui.
Con un nitrito acuto sfrecciamo nella direzione contraria.
Gli urlo di fermarsi, mio fratello non può seguirci, deve tornare a prenderlo. Ma lui non lo fa e mi volto a guardare il figlio che sta lasciando indietro; non avrei dovuto farlo.
Una freccia colpisce mio fratello in mezzo alle scapole e si tramuta in una nebbia grigia.
-NO!- urlo sia io che la me del passato.
Vedo un’altra freccia volare verso di noi, colpisce una coscia del cavallo che si disintegra. Finiamo per terra, rotoliamo annaspando. Mio padre mi spinge, mi rimette in piedi. Non so cosa pensare e il mio corpo non reagisce, lui mi muove come se fossi una bambola senza coscienza e senza volontà.
Mia madre, mio fratello… non ci sono più.
Vengo trascinata da mio padre, poi odo un sussurro e lui si ferma lasciandomi cadere a terra.
Mi metto in piedi, non vedo perché ho gli occhi velati dalle lacrime, ma lo afferro per la giacca e cerco di spingerlo. Non si muove. Lo chiamo e lo tiro.
Vengo alzata da terra e scaraventata lontano. L’impatto con il terreno è doloroso, ma mai quanto quello che mi provoca la freccia che mi entra nel ventre.
Un bruciore atroce cresce e mi fa bollire il sangue nelle vene.
Ricordo di aver urlato il nome di mio fratello prima di morire.’
 
Mi sveglio all’improvviso cercando di inspirare quanta più aria possibile, non mi ricordo dove sono e impiego un po’ di tempo a riordinare le idee. Sdraiandomi di lato scorgo nell’oscurità il profilo del corpo di Lovro.
E Zephyro?
Mi basta aguzzare l’udito per capire che sta dormendo sul divano. Non ci conosciamo neanche da tre giorni e l’ho già scacciato dal suo letto.
E se Esmeralda avesse ragione? Se sono io a costringerli a fare quello che voglio con la Lingua di Sirena?
Usando l’Empatia non noto nessuna alterazione dei loro sentimenti…
Se l’ha detto solo per farmi male?
È la seconda volta che perdo i sensi dopo una visione. Ora però non mi importa se sia normale o no, penso solo alla salute di Lovro.
Cercando di non farlo cigolare troppo lascio il letto di Zephyro e mi avvicino al suo.
La fronte è ancora calda e respira a fatica.
Apro il palmo della mano davanti a me e accendo un fuoco fatuo.
Ha due profonde occhiaie sotto gli occhi e la pelle è cosparsa da goccioline di sudore.
Chiudo la mano e il fuoco si spegne.
Vado da Zephyro e lo scuoto dolcemente per la spalla. A differenza di Lovro, lui sembra un orso per quanto russa.
-Ele?- si sveglia.
-No, sono Emma.-
-È successo qualcosa a Lovro?- si mette seduto di scatto, ha gli occhi sgranati.
-No, sembra stabile. Volevo solo dirti che se vuoi puoi tornare al tuo letto.-
Si stiracchia rumorosamente.
-Non preoccuparti. Una nottata passata sul divano non mi farà male.-
Quella che dovrebbe essere un’amichevole pacca sulla spalla mi arriva sulla pancia.
-Beatrice ti ha cambiato i vestiti, non riuscivamo a svegliarti. Ha detto che eri gelata e che non sembrava respirassi, però poi hai mormorato nel sonno. Solo per questo non abbiamo chiamato il medico. E anche perché non eri pallida.-
Mi tocco la vestaglia che indosso.
Decido di chiudere il discorso per non avventurarmi in una via che potrebbe smascherarmi.
-Allora buonanotte.- dico e torno nella camera da letto.
Di tornare a letto non se ne parla.
È un po’ strano rimanere in questa stanza con lui perché, qualsiasi cosa tenti di fare, vengo distratta dal suono del suo respiro.
È ingiusto. Perché tutto sembra accanirsi su di me?
Decido di fare una camminata.
Esco di casa stando attenta a non fare rumore per non rischiare di svegliare il facocero in calore sul divano.
L’aria rinfrescante della notte invernale è un toccasana per i cuori afflitti da mille problemi.
Ma quanto ho dormito?
Era quasi ora di pranzo quando Lovro è svenuto, ho incontrato Esmeralda poco dopo e sono rientrata a casa poco prima dell’una.
Mi siedo sul suolo duro e mi cingo le ginocchia con le braccia.
Ci sono tante cose che vorrei sapere ma non saprei da dove cominciare. Tornare da Esmeralda è fuori discussione. Non dopo quello che ha fatto a Lovro.
In fin dei conti è colpa mia se sta ancora male. Se fossi tornata a casa con lei, lui starebbe meglio.
Lo penso, ma non ci credo. Non sono sicura che Esmeralda l’avrebbe lasciato vivere. Per me sarebbe comunque motivo di pensiero e lei non mi vuole condividere con nessuno.
Cosa devo fare?
Sospiro.
-Brutti pensieri?-
Mi volto di scatto sorpresa, non l’ho sentita arrivare.
-Brutti e tanti.-
Elebene si siede al mio fianco.
-Capita a volte.-
-Come hai fatto a sapere che non ero in casa?-
-Zephyro ha un trombone in gola, ma ha un orecchio eccezionale. Si è svegliato appena hai chiuso la porta.-
-Mi spiace averlo svegliato per la seconda volta.-
-Non devi scusarti. Siamo tutti preoccupati per Lovro.-
Cade su di noi uno scomodo silenzio pieno di ricordi e sentimenti contrastanti.
-Me ne vuoi parlare.-
Sorrido e scuoto la testa.
-Non capiresti.-
-Spiegami.-
Bene. Ho l’occasione di dire finalmente tutta la verità, a partire da chi sono veramente. Ma non lo faccio, mi spaventa l’idea di diventare troppo inerme e non so quale potrebbe essere l’effetto della mia rivelazione sull’incantesimo che la coinvolge e decido di dirle mezze verità. Sempre meglio che mentire.
-Ho paura che tu abbia ragione.-
-Di cosa?-
-Dei colpi di fulmine.-
Non ha più un volto ma un enorme sorriso anche se gli occhi sono tristi.
-Lo sapevo!-
-Non fantasticare. Siamo troppo diversi.-
-Meglio, se questo lo fa stare bene.-
-Non penso di poterlo guarire. Non faccio miracoli.-
Il suo volto si intristisce.
-Ho controllato Lovro molte volte mentre tu dormivi e ogni volta lo vedevo migliorare. Non molto, questo è vero, ma la febbre stava diminuendo e il colorito migliorava. Allora ho capito che eri tu… sei tu a farlo stare meglio.-
E se fosse tutto causato dalla Lingua di Sirena? Se perfino le tue parole fossero in qualche modo controllate da me. Anche se non me ne accorgo. Anche se non lo vorrei fare. Non devo dimenticare che molti dei tuoi ricordi sono stati partoriti dalla magia.
-Non penso potrei essergli molto d’aiuto.-
-Lascia stare. Non l’hai notato perché lo conosci da poco, ma lascia che te lo dica una che lo ha visto crescere e sbagliare. Quando è insieme a te sembra un’altra persona. Quando alla festa l’ho visto parlare con Stefano ho pensato che sarebbero arrivati alle mani.-
-E per poco non l’hanno fatto.-
-Sei stata tu a calmarlo. Poi quando avete ballato aveva un’espressione così rilassata. E non è da lui. Le ragazze sembrano essere per lui come delle spine. Tu invece sei come l’aria. Sono felice di vederlo così dopo tutto quello che gli è capitato.-
-La morte di vostro padre.-
Fa un sorriso amaro e scuote la testa.
-No, non è per quello. Ti ricordi di Virginne?-
-Sì, la fidanzata di Stefano.-
-Sicuramente Lovro non te lo ha detto, ma loro due erano fidanzati.-
-Diciamo che Stefano me lo ha fatto capire bene.-
Se è per questo li ho anche visti.
Mi sorprende scoprirmi gelosa al ricordo di quello che ho sbirciato su loro.
-Ma non sai quello che quell’amore ha causato alla nostra famiglia. Virginne proviene da una famiglia molto più ricca della nostra ed ha un atteggiamento verso gli altri che mi fa venire voglia di staccarle la testa. È impertinente, parla male delle persone che non sono al suo livello nella scala sociale. A lei non importa se spezza cuori o corpi, deve solo ottenere quello che vuole a ogni costo.-
-Capisco che genere di persona è.-
-Non so proprio come Lovro abbia fatto a innamorarsi di lei. Aveva i genitali al posto del cervello. Attratto dal corpo, ma non dall’anima. Comunque, Virginne non gli faceva bene. Ha iniziato a ignorare Zephyro e me, ci trattava come pezze e faceva di tutto per rendere felice quella oca di ceramica. Era arrivato anche al punto di umiliare Zephyro davanti a tutti pur di salire di qualche gradino agli occhi della sua amata. Che stupido Zephyro a non avergli dato pan per focaccia. Ma non è da lui provare rancore, e, soprattutto, non nei confronti di Lovro, farebbe di tutto per lui e cercherebbe di essere chiunque mio fratello voglia. Non so se sia innamorato più di me o di mio fratello.- dice ridendo.
-È una bella cosa.-
-Sì. È difficile vedere un’amicizia simile. Devi sapere che Lovro, da piccolo, veniva vessato dai suoi coetanei per ogni motivo. Aveva paura dei ragni, era timido e insicuro, non reagiva mai… Zephyro lo ha sempre difeso venendo qualche volta alle mani per lui. Fatto sta che quando Lovro mi disse che si era lasciato con Virginne ringraziai il cielo. Non mi ha mai detto il motivo della rottura, ma in fin dei conti non mi interessa. L’importante è che si sia allontanato da quella vipera.-
Semplicemente non era ancora pronto. Sono contenta che non lo sia stato.
Mi mordo l’interno della guancia per punirmi di quello che ho pensato.
-E dopo, Virginne si è avvicinata a Stefano.- dico.
-Sono della stessa razza. Cadranno insieme.-
-L’avete perdonato.-
-È nostro fratello, ha una parte del nostro cuore. Sapevamo che era l’influenza di Virginne ad averlo trasformato.-
-Comunque hai detto che Virginne e Stefano si sono avvicinati perché sono molto simili. Quindi anche tu pensi che bisogna avere qualcosa in comune.-
-Ma voi avete una cosa in comune.-
-E cosa?-
-Il fatto di non avere niente in comune. E se non ti sei convinta dovresti leggere quello che Lovro ha scritto su di te.-
-Ho già letto qualcosa.-
-Veramente?-
Leggo la sorpresa nei suoi occhi.
-“Illuminami col tuo sorriso perché la tua luce riscalda ma non brucia. Continua a guardarmi con i tuoi occhi neri, così da permettermi di immergermi in quei due laghi limpidi e sicuri. Pronuncia il mio nome e sarò il tuo schiavo e il tuo cavaliere”.-
-La sai a memoria? Quando te l’ha data?-
Per quante volte me la sono ripetuta dentro la testa è anche normale.
-Ieri mattina, per questo me la ricordo.-
Lei ride.
-Cosa c’è di tanto divertente?-
-Niente. È solo che non mi aspettavo facesse così presto la prima mossa, gli ci vuole sempre tanto tempo per decidersi.-
-A me non sembra.-
-Sarà che gli fai bene all’anima?-
Ne dubito. Il massimo che potrò fare sarà maledire la sua anima.
Non rispondo.
-Guarda, sta sorgendo il sole!-
L’orizzonte comincia a colorarsi di rosso e il manto nero del cielo si schiarisce facendo scomparire le stelle. Un nuovo giorno ha inizio; per i Viventi sarà carico di aspettative, per me non sarà che un misero granello nell’immensità.
-Vado a casa prima che mia madre si spaventi.-
-Io devo andare a parlare con una persona.-
-Vai, ti copro io.-
Parlare con lei mi ha aiutata.
Le persone che amiamo sono quelle su cui possiamo sempre contare, anche dopo strappi che sembrano irriducibili. La cosa bella dei Viventi è questa: hanno sempre dentro di loro una scintilla di speranza.
Cercano ardentemente l’amore vero e l’amicizia eterna, anche quando la strada si fa tortuosa e piena di intrighi loro non si arrendono.
Per sopravvivere si affidano alle persone che sanno che avranno cura del loro cuore di infiammabile paglia, si aggrappano a coloro che possono donare loro un sorriso gratuito e bellissimo nei momenti di difficoltà.
Se è un vero amico capirà, se è un vero amico ti amerà, se è un vero amico ti proteggerà. Interessante come ad amico si possa facilmente sostituire la parola amore. Forse perché l’amicizia è alla basa di questo forte sentimento?
L’amico e l’amante, gli unici pronti a sacrificarsi per te, qualsiasi cosa tu faccia o dica. Ti staranno sempre vicino.
   
 
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