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Autore: Philly123    29/10/2014    0 recensioni
Tutto è nato da un sogno che ho fatto realmente:
Valentina è una ragazza che vive nel sud Italia, con una piccola villa fuori città che non le piace perché la costringe a staccarsi dagli eventi mondani e dagli amici. Proprio mentre pensava che anche quell'estate sarebbe stata dedicata allo studio e alla lettura incontra un nuovo vicino, che la introdurrà a un nuovo, incredibile mondo.
Una trama tutta estiva per la stagione che è già arrivata. In sintesi un crossover tra uno dei miei attori preferiti, Benedict Cumberbatch, e la serie che amo, Doctor Who, come? Da scoprire. Nel primo capitolo non saranno ancora introdotti molti argomenti che si svilupperanno successivamente.
Genere: Avventura, Science-fiction, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Doctor - 11
Note: Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Benedict si trovava in una stanza buia. Le finestre erano sbarrate e qualche raggio di luce entrava dalle tapparelle scure. Sentiva la testa che girava, un dolore sordo gli annebbiava le percezioni.
Inizialmente non capì dove fosse. Non era il suo appartamento di Londra, e nemmeno il locale illuminato da luci colorate che si trovava dentro il TARDIS. Aveva una fitta alla spalla sinistra e quando portò la mano sul punto che gli doleva sentì del liquido tra le dita, probabilmente il suo stesso sangue.
Non ricordava esattamente cosa fosse successo nelle ultime ore. Sapeva di essere stato su quel pianeta vicino la stella Mirach, nella galassia di Andromeda. Improvvisamente pensò al Dottore e a Clara, che non aveva più rivisto da quando si erano lanciati dentro il TARDIS. Provò a guardarsi intorno per cercarli ma l’oscurità era troppo fitta e, in ogni caso, era sicuro che non ci fosse nessuno in quel luogo.
Cominciò a collegare qualcosa nella sua testa. L’Italia. Doveva trovarsi in Italia, in quell’appartamento in Sicilia. Aveva lasciato la casa molto tempo prima ma secondo quella linea temporale poteva essere passato poco tempo, forse soltanto delle ore. Come avrebbe fatto a ritrovare i due? Potevano essere in qualunque parte del tempo e dello spazio, lui non aveva un mezzo per viaggiare e, per quanto si ricordasse, sapeva che quando si erano separati qualcosa li braccava.
I suoi pensieri furono scossi dal rumore di alcuni passi, attutiti dalla porta chiusa.
-Benedict?- chiese una timida voce femminile.
 
 
-Benedict Cumberbatch?- ripetei. Avevo il vizio di chiamare la prima volta con il solo nome di battesimo e la seconda sottolineando il cognome.
Qualche minuto prima, mentre ero distesa in soggiorno, avevo sentito un fortissimo tonfo provenire dal piano superiore, e successivamente un urlo attutito dalle pareti. Queste non erano molto spesse e non era strano riuscire a sentire rumori provenienti da giardino o dall’altro appartamento. Più volte piccoli passi di topi o animali simili, gatti in calore e insetti di vario genere mi avevano distratta dalle mie letture.
Bussai potentemente alla porta in legno, rigonfia d’umidità. Dall’interno riuscivo soltanto a sentire un sordo silenzio.
-Valentina?- chiese infine la voce di Benedict, leggermente più roca del solito.
-Tutto bene? Abbiamo sentito un rumore e ci siamo preoccupate, tutto qui. Visto che hai risposto me ne vado. Arrivederci.- dissi tutto in fretta, cercando di non importunarlo.
-Valentina, non andare. Entra, per favore-. Il suo accento era fortissimo, come se non volesse sforzarsi di controllarlo. Cercai di aprire la porta ma era bloccata. Diedi alcune spallate, sperando non tanto di riuscire a spalancarla con la forza del mio corpo, quanto che fosse stata solamente socchiusa.
-Mi dispiace, Benedict, non riesco ad aprire. Stai bene?- chiesi a quel punto, preoccupata.
Non ricevetti alcuna risposta ma dopo alcuni tonfi la porta si dischiuse.
La casa era completamente immersa nell’oscurità, l’uomo era a terra, il braccio destro ancora allungato verso la maniglia, l’altro disteso lungo il fianco. Inizialmente mi chiesi perché fosse buttato in quella maniera, ma poi notai il liquido scuro che scendeva dal braccio, leggermente sotto la spalla. I lembi della camicia chiara erano strappati, all’interno vi era molto sangue. Non riuscivo a distinguere bene, ma sembrava un taglio profondo.
-Oh cavolo, tu sei ferito!- la mia voce si alzò di qualche ottava e mi resi conto di aver appena detto la cosa più inutile e stupida che si potesse pensare. Benedict mi guardò e sorrise, come per sminuire l’entità dell’infortunio.
-Te la senti di salire in macchina? Devo portarti in ospedale, non so cosa fare-
-Posso camminare- rispose solamente. Si alzò in piedi, appoggiandosi alla mia spalla e appena lo vidi sotto la luce del sole notai quanto il suo volto fosse pallido.
 
L’ospedale più vicino distava una trentina di minuti dalla mia abitazione. Non era molto, ma Benedict sembrava soffrire. Chiudeva gli occhi, appoggiato al finestrino della mia auto e respirava sonoramente.
Arrivati al pronto soccorso cercai di spiegare la sua situazione prima di farlo scendere dalla macchina; che era una persona famosa e probabilmente lo avrebbero importunato se fosse rimasto con gli altri pazienti. Ci chiusero in una stanza vuota ma aspettammo come tutti. Benedict non parlava, si teneva soltanto le bende che ci avevano fornito e che continuavano a sporcarsi del suo sangue. Qualche ora dopo un’infermiera grassoccia lo venne a prendere.
-Sei una parente?- mi chiese. Volevo risponderle in modo poco carino, data l’ansia e la rabbia per la lunga attesa, ma mi limitai a dissentire.
-Bene, resta qua allora.- concluse, sfacciata.
-Signora, non se ne parla. È tutto il pomeriggio che aspetto e non ho intenzione di rimanere qui. Inoltre, non c’è nessuno che possa stare con lui né che possa venire in Sicilia senza aspettare almeno un giorno. Quindi, signora, mi lasci passare.- misi molta enfasi sulla parola signora, per sembrare più arrabbiata. Discutemmo a lungo ma alla fine la ebbi vinta.
Mi fermai in un lungo corridoio, subito fuori dalla sala in cui stavano medicando Benedict. Gli misero dei punti sul braccio e gli prelevarono del sangue, poi lo lasciarono riposare su un brutto lettino di plastica.
Quando notai che gli infermieri erano usciti mi addentrai, avevo il naso pieno del puzzo d’ospedale.
Benedict era steso, gli occhi socchiusi e i capelli un po’ schiacciati sulla fronte imperlata di sudore.
Presi una sedia e la posizionai accanto al suo lettino, mentre apriva leggermente gli occhi allo stridere delle gambe metalliche.
-Come va?- chiesi con tono lieve, credendo di disturbarlo.
-Sono stato meglio, alcune volte.- mentre rispondeva, mi guardò dolcemente tanto che quasi credetti di sciogliermi. Senza sapere bene cosa stessi facendo, vidi una delle mie mani che gli spostava i capelli dalla fronte, quasi in una carezza. Sentii il mio volto avvampare.
In quel preciso momento, un’infermiera si avvicinò a noi e diede un colpo di tosse per richiamare l’attenzione.
-Sì?- chiesi. Era la stessa donna robusta di prima. Notai le ciglia con troppo mascara e i capelli di un biondo innaturale.
-Abbiamo i risultati delle analisi del sangue, siamo stati fortunati perché siamo riusciti a inserirle in un turno precedente. Volete sapere i risultati?- poi si girò verso Ben e lo squadrò –Vuoi saperli, Sherlock?- chiese ancora, con un tono molto rude.
-Li dica a me, non credo che abbia una conoscenza così approfondita dell’italiano- mi intromisi.
-Bene, allora: sta benissimo, a parte qualcosa di strano. Abbiamo trovato un agente patogeno ma non ne conosciamo l’identità. In pratica, si è ammalato di qualcosa che non sappiamo spiegare. Ha qualcosa. Non sappiamo dire altro. Procederemo con degli accertamenti nei prossimi giorni, quindi dovrà rimanere qui.-
-No!- si intromise Benedict, il suo volto era forse più cinereo di prima. Gli occhi dichiaravano paura.
-Cosa succede?- chiesi, stordita a causa di entrambe le informazioni.
-Dobbiamo andare via. Subito. Mi devi riportare al TAR… a casa-. A quella parola sobbalzai.
Andarcene non fu facile ma dopo molti tentativi riuscii a portare Benedict fuori da quel posto.
 
-Il TARDIS?! Allora non mi ero sognata tutto! Voglio dire, l’ho visto davvero quel coso in casa tua, giusto? Cosa c’entra il TARDIS ora? Non dirmi che non è semplicemente una decorazione presa da un set della BBC. Non mi rispondi?!- mentre guidavo, facevo così tante domande che se anche Benedict avesse voluto rispondere, non avrebbe potuto. Smisi di parlare per prendere fiato. Sentivo la testa confusa e non riuscivo a capire che cosa stesse succedendo.
Per qualche minuto non sentii niente tranne il rumore del vento sui finestrini, mentre correvo in autostrada.
-Il TARDIS è quello che pensi.- rispose soltanto Benedict. Dopo una lunga pausa, continuò –Siamo stati attaccati. Ero con Clara e il Dottore. Non ricordo come fossero quelli che ci hanno attaccato, né perché eravamo lì e non so dove siano finiti i miei amici, ma ora sono cosciente di una cosa: se non tornerò indietro morirò. Sono stato attaccato da un virus alieno e in tutti questi anni non ho mai visto qualcuno sopravvivere dopo una cosa del genere senza un aiuto. L’unico che può aiutarmi è il Dottore-.



N.D.A.: Ciao ragazzi,
ebbene sì, ho deciso di riprendere questa storia! Ho tantissime nuove idee e voglia di scrivere. Spero che vi piaccia come vi sono spiaciuti i capitoli precedenti. In caso contrario, comunicatemelo!
Un bacio a tutti i miei lettori (e non!).
  
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