Conosco il tuo segreto.
Conosco il tuo problema.
Ho visto l’assordante muta disperazione nei tuoi occhi.
Dal pallore del tuo volto e le tue occhiaie è fin troppo facile dedurre che il tuo costante, perenne pensiero non ti lascia nemmeno quando le coscienze dovrebbero riposare.
Con una smorfia del viso che nelle tue intenzioni doveva essere un sorriso amaro, mi guardi e mi dici che tanto non c’è niente da fare, bisogna aspettare.
E allora aspetteremo.
Aspetteremo tutto il tempo necessario.
Aspetteremo per vedere se anche nella vita reale il bene possa trionfare sul male.
Aspetteremo perché non possiamo fare altro, le procedure sono già compiute, e allora attenderemo il profetico responso che, come una moneta lanciata in aria per definire il testa o croce, definirà altresì , oltre che la tua, tutto il circumnavigare di vite che ti ruotano attorno.
Dirti che non sei solo, non ti basta, anzi, non te ne importa proprio: ora tocca a te ed è l’unico tarlo che ti martella il cervello rendendoti sordo e cieco ai pietosi sorrisi di circostanza ed alle retoriche parole che vogliono essere piene di buona forma ma sono vuote di empirica sostanza.
Però ti voglio bene, il bene che si vuole ad un amico caro, ad un fratello, a chi ti ha sempre capito senza volerti per forza capire e giudicare insieme, e quindi me ne starò buona nel mio silenzio pieno di comprensione, di affetto e di vicinanza a te, perché sarà l’unica cosa che apprezzerai, l’amicizia discreta ma presente e, caro amico, ci sarà sia prima che dopo, qualsivoglia sia il significato del dopo che ci sarà.
Un’ amica che non sai di avere ma che ti è vicina.