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Autore: TheCapo91    30/10/2014    3 recensioni
Siamo vicini ad Halloween, la festa dei fantasmi! E allora venite a visitare il piccolo villaggio di Ondalieve, sperduto tra i boschi ai piedi del Monte Argento...
Questa piccola comunità riceverà ben presto l'infausta visita di un Banette molto particolare, incapace di trattenere la sua malvagità e la cui intangibilità lo fa sembrare immune a qualsiasi attacco.
Ma quando la giovane Tera è costretta a tornare a recuperare un prezioso cimelio nella sua vecchia casa, il Pokémon Spettro è pronto a spaventarla... a morte!
Azione, thriller e quel pizzico di horror che serve per passare un Halloween da brivido!
Genere: Azione, Horror, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga, Videogioco
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Il flagello di Ondalieve

 
 
 
Flick, flack, flick, flack, sul prato bagnato.
Squish, squash, squish squash, sul terreno fangoso.
Thump, thump, thump, thump, sulla ghiaia del sentiero.
Senza fiato, Tera fermò la sua corsa davanti al grande cartellone posto all’entrata del villaggio, ansimando.
La locandina era strappata in più punti, e la scritta “Benvenuti a Ondalieve, un piccolo raggio di luce tra i boschi” si leggeva a malapena a causa del fango sollevato dalla pioggia.
- “Un piccolo raggio di luce tra i boschi” - pensò la ragazza, esasperata – vedrei più luce all’interno del Tunnelroccioso che in questo posto...
Non le si poteva dare torto.
Da quando gli abitanti lo avevano abbandonato, il villaggio era caduto decisamente in rovina. I muri delle abitazioni erano rovinati dalle intemperie, i vetri delle case erano rotti e la pioggia entrava all’interno, facendo marcire il legno molle e rendendo facile l’accesso ai Pokèmon selvatici. O forse era stato... lui?
Tera scosse la testa. Doveva fare in fretta, si era svegliata appositamente presto quella mattina, in modo tale da poter essere di ritorno dal villaggio prima del calar il sole: purtroppo lungo la strada si era persa tra i sentieri del Bosco di Betulle ed era arrivata a sera inoltrata, appena prima del temporale.
Già immaginava le urla di rimprovero dei suoi una volta tornata all’accampamento, ma in quel momento non aveva importanza. Quello che contava era tornare nella casa in ci aveva vissuto fino al mese prima e recuperare il braccialetto dell’amicizia, rimasto nel cassetto delle gioie: quel piccolo filo di perline era più prezioso di quanto chiunque potesse comprendere, era il simbolo dell’amicizia che univa lei, Lionel e Reina, non poteva lasciarlo in mezzo a quella desolazione. Nella lettera che aveva lasciato per i suoi genitori aveva scritto dove andava e perché, ma era sicura che per loro non sarebbe stata una motivazione sufficiente. Non che le importasse, del resto.
Alzò gli occhi al cielo, cercando la luna, solo per scoprire che era completamente oscurata dalle nuvole.
Passò una mano sulla testa del suo fidato Vanillish, accarezzando la neve che lo ricopriva e cercando conforto nel contatto: fino a che fosse rimasto con lei, tutto sarebbe andato bene.
Ripetè queste parole fino a convincersene, quindi entrò nel villaggio, senza accorgersi dei due piccoli occhi bianchi brillanti nell’oscurità che la spiavano da dietro una finestra: un sibilo e il bagliore sparì, facendo piombare la casa nuovamente nelle tenebre.
 
- Lo stai facendo per loro – ripeteva la ragazza, convinta – lo stai facendo per Lionel e Reina...
Ripetendo mentalmente questa frase per l’ennesima volta, la ragazza giunse alla porta della sua vecchia casa. Un tempo era stata davvero graziosa: sua madre aveva un gusto molto raffinato nell’arredamento e il lavoro del padre aveva permesso loro di mettere su una piccola collezione di vasi di terracotta. L’ultima volta che era stata in salotto, erano tutti disposti in fila lungo le pareti, quelli più preziosi messi in bella mostra in teche di cristallo, quelli più grandi semplicemente posati a terra.
I suoi occhi andarono a cercare le sagome familiari dei vari oggetti che ornavano il salotto e vederli così, impolverati e abbandonati, le mise addosso un vago senso di tristezza.
Finalmente si decise ad entrare e il piccolo Vanillish le galleggiò a fianco, la delicata nebbiolina azzurra che lo seguiva come una scia. Il Pokèmon emise un dolce borbottio, mentre l’allenatrice cercava di orientarsi al buio.
- Fai piano, Vanillish. Stammi vicino e non toccare niente – gli sussurrò la ragazza – non vorrai che lui ci senta...
Già, lui. Nessuno lo aveva mai visto al villaggio prima che comparisse all’improvviso qualche mese prima, ma gli anziani avevano stabilito che si trattasse di una variante del Pokèmon Banette. Eppure, a differenza di qualsiasi esemplare della sua specie, il corpo d’ombra di quel Banette aveva una sfumatura insolita, più scura e presentava delle venature rosso scuro su tutto il corpo, dello stesso colore della luna durante le eclissi. Inoltre i suoi occhi, a differenza del solito viola, erano completamente bianchi. La bambola spettrale era solita arrampicarsi lungo gli alberi secchi ai margini del villaggio e starsene lì, a contemplare le ombre della sera e gli abitanti del villaggio, senza emettere alcun suono. Alcuni sostenevano che fosse inquietante e che non ci si dovesse fidare; altri, al contrario, la presero in simpatia e cominciarono a portargli degli avanzi di cibo. Questi, più che altro bacche e frutta, non venivano sfiorati neppure con lo sguardo dal misterioso ospite, ma sparivano immancabilmente il giorno dopo, insieme al piatto su cui erano stati posti. Sta di fatto che nessuno aveva mai visto quella creatura scendere dai rami scheletrici degli alberi ai limiti del bosco.
Poi erano cominciati i guai: all’inizio si trattava di marachelle innocenti, tipiche dei Pokèmon Spettro, apparizioni improvvise all’interno delle case, cassonetti rovesciati, ombre che venivano distorte in figure spettrali... Nulla di particolarmente grave, comunque.
Arrivò un giorno, però, in cui i bambini del villaggio avevano cominciato a comportarsi in maniera strana e un adulto li aveva visti camminare di notte lungo la strada, le mani tese verso l’alto e lo sguardo vuoto, mentre seguivano lentamente una sagoma oscura nel cielo, simile a quella di una bambola di pezza danzante...
In seguito a quell’episodio, il consiglio del villaggio aveva deliberato che lo spettro andava allontanato per l’incolumità di tutti gli abitanti e gli uomini si erano radunati attorno all’albero per  affrontarlo con i loro Pokèmon, in una fredda sera d’autunno. Ma proprio quando il getto d’acqua di uno dei Poliwhirl lo aveva raggiunto, il fantasma si era dileguato, emettendo una sorta di rantolio e la gente cominciò a chiamarlo Shadomur. Il mormorio dell’ombra. Il flagello di Ondalieve.
Da quel giorno, gli abitanti del villaggio avevano iniziato ad avvertire nell’aria una strana pesantezza, una fatica e un freddo che non aveva niente a che vedere con il clima.
L’agghiacciante sorriso a cerniera di Shadomur li perseguitava non appena iniziava a calare la sera e al suo passaggio gli oggetti vibravano leggermente, come se animati di vita propria, producendo un rumore lontano e costante che impediva il sonno a chiunque...
Tutti gli abitanti, uomini donne e bambini avevano provato ad cacciare via lo spettro, ma nessuno degli attacchi dei loro Pokèmon sembrava poter andare a segno; il Banette sembrava possedere un grado di intangibilità di gran lunga superiore a qualsiasi altro Pokèmon spettro e questa sua caratteristica lo rendeva, di fatto, invulnerabile. Ogni Pokèball lanciatagli contro lo attraversava, qualsiasi attacco, fisico o indiretto, veniva vanificato e respinto.
Passato il quinto giorno senza poter dormire, il consiglio aveva ordinato quindi di sgomberare il villaggio e di trasferirsi altrove, almeno per il tempo necessario a elaborare un piano per sbarazzarsi di quel terribile incubo.
E ora Tera era lì, nel villaggio abbandonato, di notte, con la sola compagnia di Vanillish. O almeno questo era ciò che pensava lei.
 
Dal salone si accedeva ai piani superiori attraverso una stretta scala.
I gradini emisero un sinistro scricchiolio quando la ragazza ci posò il piede sopra e Vanillish emise un borbottio di apprensione, teso.
Poi un movimento improvviso li fece sobbalzare entrambi e il Pokèmon Ghiaccio si mise in posizione di attacco, pronti a colpire. Infine, sull’ultimo gradino, apparve la testolina arrotondata di un Rattata, gli occhi rossi ridotti a due fessure, intenti a scrutare i due intrusi.
- Aspetta, Vanillish – sussurrò l’allenatrice, mentre il Pokèmon ratto soffiava contro di loro – non attaccare per primo...
Tutti e tre restarono immobili per qualche momento. Poi, dopo aver soffiato nuovamente contro i due, il Rattata battè in ritirata, andandosi a nascondere in una fessura del muro.
Tera emise un sospiro di sollievo, mentre Vanillish agitò uno dei suoi ghiaccioli superiori in direzione del muro, come a intimare al suo avversario di non farsi più rivedere, per poi seguire orgoglioso la ragazza lungo il corridoio.
La sua stanza era in fondo e i due attraversarono a passi lenti e cadenzati, mentre la mano di Tera stringeva convulsamente il corrimano, come se avesse paura di cadere.
Quando aprì la porta della cameretta, lo spostamento d’aria sollevò una fitta nuvola di polvere, mentre la pioggia continuava a scendere violentemente fuori dalla finestra, frustando contro il vetro.
Con gli occhi lacrimanti, la ragazza fece un passo avanti, quando un fragoroso rumore di cocci infranti la raggiunse dal piano terra. La ragazza scambiò uno sguardo con Vanillish.
- Sarà stato qualche altro Rattata – balbettò, cercando di rassicurare il suo compagno, oltre che se stessa – o forse un Sentret, ricordo che papà diceva sempre che adorano...
Si bloccò. Un leggero vento gelido la raggiunse alle spalle, risalendo per le scale ed entrambi seppero che non era stato nessun Pokèmon selvatico a provocare quel rumore.
Senza perdere tempo, la ragazza irruppe nella camera, senza più curarsi di fare piano, cercando tastoni il mobiletto dove teneva il prezioso braccialetto, mentre dietro di lei sentiva l’inconfondibile rumore di una lotta.
Si voltò per un attimo a controllare e vide Shadomur fluttuare in aria, le zampe anteriori stese verso l’alto e gli occhi luminosi, mentre Vanillish si contorceva, catturato in una densa nebbia oscura.
- Vanillish! Usa Gelolancia! – gridò disperata Tera e il Pokèmon scagliò contro la sinistra figura una scarica di stalattiti appuntite. Quando toccarono la superficie del fantasma, però, le punte di ghiaccio lo attraversarono senza difficoltà, mentre il Banette continuava a emanare quell’aura di oscurità soffocante, le venature rosse sul suo corpo più vivide che mai...
- Stupida! – urlò a se stessa l’allenatrice – E’ un Pokèmon Spettro, le mosse solide non vanno bene! Aspetta... prova Bora!
Vanillish, allo stremo delle forze, roteò su se stesso, creando una fitta tempesta di neve che invase la camera, mettendo tutto a soqquadro e centrando Shadomur in pieno. Sebbene lo spettro non mostrasse alcun segno di aver subito danni, però, l’attacco di Vanillish aveva in qualche modo dissolto l’insidiosa Ombra Notturna che lo circondava e il Pokèmon tornò a galleggiare nell’aria, ansimante.
Tera si guardò attorno in mezzo al putiferio, quando un luccichio proveniente da un cassetto rovesciato attirò il suo sguardo. Fulminea, si lanciò verso il prezioso braccialetto, raccogliendolo e stringendoselo al cuore. Senza perdere altro tempo, se lo infilò al polso, per poi lanciarsi di corsa verso il suo Pokèmon, proprio mentre Shadomur lanciava un attacco Ipnosi.
L’attacco la centrò in pieno e l’ultima cosa che la ragazza sentì fu l’acuto grido di Vanillish, mentre tutto attorno a lei perdeva consistenza…

Quando aprì di nuovo gli occhi, Tera era circondata dal nulla assoluto. Era una sensazione spiacevole stare a galleggiare nel niente, le mancava il respiro, sentiva l’assurdità di quella situazione pesare sul suo cuore con un’oppressione intollerabile.
Le parve di sentire qualcosa in lontananza, come un rumore di mobili fracassati, ma una cosa simile non poteva riguardarla, era completamente sola in quella dimensione…
Si domandò cosa ci facesse lì, come fosse finita in un posto del genere, cercò di ricordare il proprio nome, tutto invano. Una lacrima di tristezza le scivolò lungo la guancia, cadendo sul vestito e trasformandosi in una minuscola macchiolina scura. Non voleva stare lì, si diceva, doveva andarsene, ma andarsene come... e dove?
Poi, mentre si asciugava le lacrime, lo sguardo le cadde su un braccialetto che portava al polso. Era strano, fatto di perline, le ricordava qualcosa di piacevole e familiare, come un ricordo sepolto...
Poi, in un lampo di ispirazione improvvisa, ricordò una ragazzina dalla folta chioma castana rincorrere sulla spiaggia un bambino dagli occhi di un celeste incredibile, in un radioso pomeriggio estivo. Lei era lì, bambina, e guardava i suoi amici rincorrersi, cadere e rialzarsi ridendo e le veniva voglia di ridere a sua volta, perché anche lei faceva parte di quel momento...
Poi Tera aguzzò la vista e le parve di scorgere in lontananza una figura particolare, una massa di neve e ghiaccio fluttuante in lontananza…

- Vanillish! – urlò Tera, riprendendo i sensi. Il suo compagno era a pochi passi da lei, malconcio, tremante e determinato a difenderla fino alla morte. Per tutto il tempo in cui era rimasta incosciente aveva cercato di distrarre il fantasma e allontanarlo da lei, sacrificando la propria incolumità per preservare la sua.
I suoi occhi si riempirono di lacrime di riconoscenza. Ma non c’era tempo per commuoversi.
- Presto Vanillish, andiamocene di qui! – disse prendendolo tra le braccia e schivando la Palla Ombra di Shadomur, che esplose sul pavimento.
Sembrava che il fantasma fosse ormai fuori controllo. Non si limitava più a spaventarli, era chiaro che ora li voleva togliere di mezzo, in qualsiasi modo. Scagliava le sue sfere di energia oscura senza neanche mirare, preso da una irrefrenabile smania di distruggere ciò che gli stava intorno.
La sua coda guizzò repentina e una serie di calcinacci e detriti di legno si abbattè sulla ragazza in fuga, facendole perdere l’equilibrio. Ruzzolò giù per le scale, Vanillish stretto al petto, andando a sbattere contro la grande teca di cristallo al centro della sala.
Poi la ragazza alzò lo sguardo e vide Shadomur scagliarsi contro di lei a zampe aperte, gli occhi tinti di rosso. Riconobbe quell’attacco: era Destinobbligato. Se fosse riuscito a colpirla, per lei sarebbe stata la fine: il suo destino sarebbe stato legato a quello dello spettro e allora non ci sarebbe stato alcuno scampo, sarebbe stata condannata ad essere tormentata dal terribile Pokèmon per l’eternità.
Orripilata da una simile prospettiva, la ragazza urlò e si gettò fuori dalla traiettoria proprio all’ultimo istante e Shadomur impattò violentemente contro la teca.
Incredibilmente, però, il fantasma non riuscì ad attraversare il cristallo e l’urto fu tale da infrangere la teca, spargendo frammenti taglienti ovunque.
Tera strabuzzò gli occhi. Davanti a lei, Banette era a terra, coperto di detriti e... sanguinante. Una sostanza vagamente simile al petrolio colava dagli occhi e da un lato della bocca della bambola, rendendola ancora più inquietante. Su tutto il suo corpo d’ombra rossa, scaglie di cristallo spuntavano come spine da un cactus e da ognuna usciva un rivolo di sangue.
Poi la ragazza vide lo sguardo di quella creatura correre dalle sue ferite a lei e colse nei suoi occhi l’inconfondibile scintillio dell’odio. Shadomur l’avrebbe uccisa per quello che era appena successo e la ragazza si sentì investita da un’ondata di odio incontrollabile, quasi innaturale.
L’intera figura dello spettro si erse davanti a lei, circondata da pericolose fiammelle azzurre: stava preparando l’attacco Fuocofatuo e, in una casa costruita prevalentemente in legno, le conseguenze sarebbero state catastrofiche.
Ma Tera non aveva paura. Il braccialetto dell’amicizia scintillò nella penombra, brillante come la luce della luna. Come gli occhi di Vanillish, colmi di amore e determinazione. Come le schegge di cristallo sparse sul pavimento.
E Tera ebbe un’idea.
- Vanillish, usa Cristalcolpo!

Le fiamme blu che avvolgevano la sagoma dello spettro, unica fonte luminosa della casa, sembrarono impallidire quando il corpo di Vanillish venne ricoperto da un’abbagliante luce bianca. Un unico, singolo raggio partì dal corpo del Pokèmon, talmente potente da trascinare nella sua scia tutti i frammenti di cristallo a terra: il flusso di energia ne venne ulteriormente amplificato e a Tera parve di vedere una cometa splendente prendere forma davanti a lei. Una cometa dalla scia cristallina.
Shadomur tese tutte le zampe e tentò di bloccare il colpo a mezz’aria, la faccia inespressiva tesa dallo sforzo...
Poi le sue zampe iniziarono a cedere e Tera vide come le lamine cristallo all’interno del fascio di energia incidevano la materia intangibile del Pokèmon, rendendolo vulnerabile.
Poi, in un’esplosione di potenza, il raggio superò la difesa dello spettro e lo scagliò via, infrangendo la finestra e proiettandolo fuori dall’abitazione, nel buio della notte.

Tutto l’ambiente ricadde nella penombra e Tera si inginocchiò, in mezzo alle macerie della sala in rovina. Lentamente, strinse a sè il suo salvatore e Vanillish la fece affondare nel suo corpo morbido e freddo, ricambiando l’abbraccio. Piansero insieme così, a lungo. Lacrime di paura, lacrime di dolore. Lacrime di gioia. Lacrime di vittoria.
Poi la ragazza si asciugò il volto con la mano, l’espressione fiera e determinata. Il mostro del villaggio di Ondalieve era stato sconfitto. Ed era merito suo e del suo Vanillish. Diede un ultimo sguardo alla casa semidistrutta, quindi raggiunse l’uscita e corse via, nella notte. Non aveva più paura. Non più, ora.

Fuori aveva smesso di piovere. I raggi della luna riuscirono a farsi largo tra le nubi e illuminarono gli alberi secchi ai margini del bosco lì vicino: le gocce di pioggia cadevano a terra dai rami, lente e ritmiche, formando piccole pozzanghere melmose. Un’altra goccia cadde insieme alle altre, ma questa era densa e scura, e quando raggiunse la pozza tinse l’acqua di un viola venefico.
Shadomur sedeva sui rami più alti, cingendosi il corpo con le braccia ancora sanguinanti. Le vide ricoperte da frammenti di cristallo, l’unico materiale che non era in grado di attraversare. Serrò i pugni e le schegge affondarono ancora di più, donandogli una nuova ondata di dolore. Poi voltò la testa verso l’arcata celeste, gli occhi che scintillavano dalla rabbia ed emise un lungo rantolo carico di odio.
- Theeeee-rrraaaaaaah...
  
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