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Autore: Fyffolina    20/10/2008    1 recensioni
“Crucio” ripeté la donna affondando ancora di più bacchetta. Gli occhi folleggianti ardevano eccitati, pieni di euforia. Il secondo sussultò fu ancora più doloroso. Frank che, galleggiava ancora a mezz’aria, reclinò la testa verso il pavimento, trattenendo in gola un urlo straziante. Un gorgoglio gutturale riempì le orecchie di Alice facendola cadere in ginocchio.
Genere: Dark, Drammatico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bartemius Crouch junior, Bellatrix Lestrange, Neville Paciock, Rabastan Lestrange, Rodolphus Lestrange
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Luce vermiglia di un Expelliarmus, ed il rumore sibilante di un ‘incantesimo in risposta dalla tonalità ben più cupa. Un rumore secco, un tonfo, rumore di vetri in frantumi e poi di nuovo raggi vespertini che accendevano la notte come lampi di un violento temporale. Sembravano allegri fuochi d’artificio multicolore, ma in realtà, si trattava un scontro fatale per la propria vita, una battaglia che si stava compiendo tra le quattro mura di casa Paciock.

Bellatrix non udiva altro dalla stanza nella quale si trovava, ma non era importante al momento e  d'altronde non aveva bisogno di saperne di più. L’unica cosa davvero fondamentale era rispettare i tempi fissati. Sapeva che se Rabastan avesse continuato la colluttazione ancora a lungo, probabilmente sarebbe dovuta intervenire e porre fine alla questione. Era una problema di tempi, non di intenzioni e pensieri e ad ogni modo, quando si aveva a che fare con degli auror esperti come i coniugi Paciock, era bene di spicciarsi. Un tonfo più forte degli altri fece sussultare Rodolphus di fianco a lei. “Ci farà ammazzare” sbottò infine l’uomo da dietro la maschera.

“Lascialo fare….” Sibilò in risposta la donna fermando l’avanzata dell’uomo con il braccio sinistro, sbarrandogli la strada. “Noi abbiamo l’ordine di aspettarli qui. Inoltre Rabastan non è solo. Se la caveranno.”   Era interessante il senso pratico ed essenziale della donna, ma pareva non aver convinto pienamente il suo compagno.

“Crouch è solo un ragazzo”

“Affari suoi” ribatté lei con stizza “Se è abbastanza sveglio da capire l’onore che gli stiamo elargendo, sarà anche abbastanza intelligente da morire per esso all’occorrenza.”

La porta si aperse proprio in quell’istante e la luce del salotto inondò l’ingresso come un fiume. Sembrava un sacco di patate, ma quello che cadde ai piedi di Bellatrix era il corpo privo di sensi di Frank Paciock. Rabastan lo aveva letteralmente gettato, senza troppi complimenti, in pasto ai compagni ed ora attendeva sull’uscio ansimante con il cuore ancora palpitante per il furioso scontro appena concluso. Dietro di lui con una ferita gocciolante al braccio destro si stagliava la magra figura di Barty Crouch Jr.

“Ammazza quel bastardo…” inveì reggendosi il braccio ferito. Lo sguardo iniettato di sangue, esaltato e folle. “Ammazzalo. Mi ha colpito, mi ha…”

Un raggio di luce gli sibilò vicino all’orecchio, colpendo lo stipite di fianco. Bellatrix aveva estratto la bacchetta e senza remore aveva lanciato uno stupeficium, sbagliando volutamente la mira. L’urto comunque fu violento ed il ragazzo cadde all’indietro, sbattendo il sedere sulle mattonelle del salottino. Lo sguardo della donna era raggelante. “Pensa a trovare la moglie” disse soltanto, e come preda di chissà quale recondita paura, Barty si affrettò ad alzarsi. Lo videro salire la rampa di scale che portava al secondo piano, fino ad essere inghiottito dall’oscurità.

“Rabastan, stagli dietro…” gli disse, vedendolo sparire. Probabilmente nonostante le sue chiacchiere di poco prima non si fidava appieno del giovane. “Deve esserci anche un bambino. Probabilmente è con sua madre, uccidilo e portami la donna.”

L’uomo annuì lentamente, da dietro la maschera argentea e risalì anch’esso i pochi gradini che lo separavano dal secondo piano. Rodolphus afferrò l’auror in terra per i capelli, sollevandogli il viso. Frank Paciock presentava numerose ferite alla fronte e sullo zigomo sinistro. Erano tagli profondi e sanguinolenti, contusioni e una traccia di ecchimosi che si estendeva dal collo probabilmente per tutta la spalla. “Questo qui è più morto che vivo” disse lasciando la presa, mentre la testa dell’uomo cozzava nuovamente sul pavimento. Bellatrix si degnò appena di voltarsi nella sua direzione, perché pareva ben più attenta a qualsiasi rumore giungesse dal piano superiore. Frank venne trascinato fino alla parete del corridoio, e raddrizzato alla buona. La schiena poggiata al muro pendeva in avanti, e la testa dapprima poggiata sulla spalla, ciondolo sinistramente, esanime.  Non aveva più con se la bacchetta. Gli era stata prudentemente confiscata da Rabastan appena terminato il duello. Un raggio di luce vermiglia era scaturito da quella bacchetta e poi si era dissolto nel buio. Appena pochi secondi e l’uomo di era ritrovato a strisciare sul pavimento per recuperare la preziosa arma, cercando disperatamente di giungere in sua prossimità prima dell’avversario. Non era stato così, e se ne accorse prima ancora che il mangiamorte avesse terminato di pronunciare l’incantesimo di appello. La bacchetta schizzò in aria come aggrappata ad un filo invisibile e finì proprio nelle mani di Rabastan che, l’agguantò, con un sorriso folle che per fortuna Frank non poté vedere. Il buio lo colse con rapidità, facendolo sprofondare in un abisso di sogni tinti di rosso. Si era battuto con valore, ma per sua sfortuna non era stato sufficiente. Rodolphus aveva terminato di bloccarlo con le funi magiche, ed ora difficilmente si sarebbe potuto liberare. Doveva attendere lì, immobilizzato ed inerme, la cattura di sua moglie.

“Ci sta mettendo troppo…” sbottò Bellatrix.

“Strano che non l’abbiano già trovata. Questa casa offre pochi nascondigli…” commentò finendo di stringere uno dei nodi delle fune. Quella che teneva i polsi di Paciok con energia, fino a bloccargli il flusso sanguigno. Le mani si erano gonfiate un poco, serrate così nei lacci.

“Sta giocando in casa. Avranno studiato dei piani di fuga in questi tre mesi, ma non gli servirà a niente. Prendi quella nullità e trascinalo. Andiamo a vedere cosa succede…”

“Ma gli ordini…” obiettò lui.

“Se ce la lasciamo sfuggire non avremo altri ordini a cui obbedire” il che voleva semplicemente significare che come sempre, il grande amore che l’Oscuro Signore provava per la sua famiglia poteva trasformarsi nel giro di pochi attimi, in altrettanto odio. E non poteva permetterselo, non lo sarebbe mai perdonato. Bellatrix Lestrange sarebbe morta a fianco del suo Padrone in battaglia, con onore…e in nessun altro modo. Il corpo di Frank venne sollevato a mezz’aria grazie all’incanto di Rodolphus, cosicché adesso la testa ciondolava ad ogni scossone ed un rivolo di bava gli colava dal labbro, giù lungo il collo. Bella fortificò la stretta sulla bacchetta e prese a salire le scale in silenzio.

Dall’alto giungeva come un rumore confuso, indefinito, come di un tramestio agitato. Sembrava che si stesse rivoltando la casa sottosopra, ma di voci femminili, neppure l’ombra. I corridoio superiore dava su diverse stanze, mentre in fondo spiccava la porta del bagno. Il cartellino sulla maniglia diceva Non Entrare, ed i caratteri galleggiavano a mezzo centimetro dal foglio, di una luminescenza dorata.  Subito prima si trovava la camera da letto. I due ci passarono di fronte, e trovarono Crouch che apriva l’anta di un vecchio armadio. Stava controllandone il contenuto e pareva piuttosto agitato. “Barty”  lo richiamò lei “Dov’è Rabastan?”

Crouch sussultò dapprima e gettato uno sguardo ai compagni disse “Non so, non c’è più”

“Come sarebbe a dire non c’è più???” esclamò l’uomo accanto in un misto di collera e apprensione.

“Stavamo cercando quella puttana ma quando mi sono voltato per cercare Rab non c’era più. ” disse alzando le spalle e tenendo gli occhi bassi a mo di scuse. “L’ho chiamato diverse volte, ma non mi rispondeva. Alla fine ho sentito un rumore provenire da questa stanza e sono corso qui…”

“Sei un inetto, vi siete lasciati dividere” sbraitò la donna alzando il braccio quasi a volerlo colpire. Si arrestò solo perché suo marito aveva ripreso la strada per il corridoio. Lo seguì.

“Rabastan non è uno stupido Non si lascerebbe sorprendere così” disse lui, la bacchetta alla mano, e Frank che galleggiava ancora poco distante. “Uccidiamo l’auror e troviamo in fretta quella troia di sua moglie. Finiamoli, e poi andiamocene. Non voglio più metterci piede in questo posto!”

Bella si guardò intorno. La casa era avvolta nel silenzio. Poteva benissimo anche essere vuota per quel che sentivano da lì. Ma sapeva che non era così. Sapeva che nascosta da qualche parte, Alice Paciok, angosciata e tremante, attendeva il suo destino.

 

Alice stringeva a se la bacchetta come se si fosse trattato di ossigeno puro in una valle di miasmi purtridi e lo sapeva, valeva più di mille armi quel pezzettino di legno lavorato. Non l’avrebbe lasciata cadere, piuttosto si sarebbe fatta recidere la mano, ma avrebbe comunque continuato a stringere tra le dita la salvezza.  Aveva ascoltato i suoni dello scontro nel soggiorno e più di una volta si era dovuta trattenere per non precipitarsi dal suo Frank, per non sparare nelle chiappe di quei mostri la sua serie di maledizioni personali. Altrettanto efficaci, quanto le loro. Se avesse potuto sarebbe scesa in salotto, ma non poteva…aveva promesso, aveva giurato.

“Ho giurato, Frank…”  Si ripeté quando vide il corpo di suo marito sollevarsi da terra e seguire i suoi carnefici. E ripeterlo le sembrava darle forza.  Ma in quali condizioni versava! Non avrebbe mai voluto vederlo in quel modo, ed il volto così tumefatto di suo marito gli dava un dolore in cuore, difficilmente esprimibile a parole. Gli occhi dell’uomo erano sinistramente spalancati, e per un attimo pensò che fosse troppo tardi, che fosse già morto e che il suo dolore si sarebbe presto trasformato in disperazione. Ma non era morto e se ne accorse ascoltando le parole del mangiamorte in corridoio. Riconobbe la voce di Rodolphus. Stava inneggiando alle qualità intellettive del fratello, e le venne da sorridere, forse più per la tensione che per ilarità. Si certo, molto furbo…pensò, osservando il corpo di Rabastan conficcato nella tazza del water dietro di lei. Ah, certo, forse avrebbe potuto sforzarsi a concedergli una sconfitta più dignitosa, ma visto il modo sgraziato in cui stavano trattando la sua famiglia, si rammaricò di aver avuto la bontà di aver pulito la tazza del wc quella sera. Sentì distintamente Rodolphus chiamarla “troia” e borbottò tra se e se “Poco carino da parte sua… cosa penserebbe di te eh bello mio? “ aggiunse voltandosi verso il capoccione di Rabastan che faceva le bollicine nell’acqua limpida, sintomo che tutto sommato era ancora vivo ”…se sapesse che suo fratello si è trasformato in uno stronzo? ”

Bellatrix si era mossa lungo il corridoio, ma molto lentamente. Alice pensò che stesse addirittura cercando di fiutarla. Ma lei era relativamente al sicuro. L’incantesimo di disillusione aveva funzionato con il loro compagno, e avrebbe ingannato anche l’altro. Un mangiamorte magrolino che non era riuscita a riconoscere dalla voce, e che non le pareva troppo sveglio. Sarebbe riuscita a sistemare anche lui se non fossero arrivati gli altri. Ora risultava in svantaggio.

“Mi spieghi come avrebbe fatto una donna sola a prendersi gioco di due mangiamorte, e per di più, avendo un fardello ingombrante come un bambino a suo seguito? Un bambino che neanche sa reggersi in piedi da solo???” sbraitò Bella ai suoi compagni. Gettò un’occhiataccia a Crouch da dietro la maschera e lo rispedì alla ricerca, intimandogli “vedi di non sparire anche tu”.

Rodolphus le si fece vicino. “Sempre che con lei ci sia davvero suo figlio…” commentò dubbioso. Bella non rispose ma rientrò per un attimo nella camera da letto. Era sfasciato, segno che i coniugi Paciok si erano già sistemati per la notte al loro arrivo. Lì accanto, una piccola culla con le coperte azzurrine spiccava placida. Il carillon sopra il cuscino suonava ancora, una melodia lenta e dolce. Alcune figure animate volavano in tondo intorno ad esso, una strega, un gufo, ed un pipistrello. “No lui era qui , fino a poco fa…” sentenziò.

Uscì dalla camera quasi di corsa, e piantò i piedi appena si trovò vicina al corpo di Frank. Gli afferrò  i capelli, e tirandolo a se disse: “Ehi puttana, guarda cosa faccio al tuo adorato Frankie!” La voce rimbombò nel corridoio, dritta al cuore di Alice. Gli teneva i capelli serrati nel pugno affinché fosse ben visibile il volto rigonfio e arrossato. Bella strinse la bacchetta e la conficcò lievemente nel collo dell’uomo. Ne scaturì un raggio potente e carico d’odio che sadicamente s’impadronì di lui. Gridò ancora prima di rendersi conto di cosa gli stava accadendo, gridò a pieni polmoni tutto il suo spasimo, serrando poi la mascella per trattenersi, per non dargliela vinta di nuovo. Si era reso conto della situazione, non avrebbe gridato ancora…

“Crucio” ripeté la donna affondando ancora di più bacchetta. Gli occhi folleggianti ardevano eccitati, pieni di euforia. Il secondo sussultò fu ancora più doloroso. Frank che, galleggiava ancora a mezz’aria, reclinò la testa verso il pavimento, trattenendo in gola un urlo straziante. Un gorgoglio gutturale riempì le orecchie di Alice facendola cadere in ginocchio. Non voleva sentire, non voleva vedere…che qualcuno li facesse smettere! Ma lei non poteva. Aveva promesso di proteggere il loro piccolo. Doveva essere sicura che Neville si trovasse al riparo da qualsiasi pericolo. Ma ancora non c’era nessuno fuori dalla finestra. Alice attendeva, ma non sapeva più quanto tempo le restava disposizione.

“Crucio!” sentì ripetere quella donna. Quella pazza… un gridò lancinante squarciò le tenebre, una volta, una ancora, di nuovo…sempre più fioco. La bocca di Frank schiumeggiava, e anche quando l’anatema cessava il suo effetto le convulsioni non lo abbandonavano. Da quanto tempo Alice stava con lo sguardo al pavimento del bagno ad ascoltare? Dieci minuti appena forse…sembravano più lunghi di una vita intera. Persino Crouch Jr. era tornato sui suoi passi udendo le grida.

“Esci fuori , esci allo scoperto se vuoi salvare il tuo adorato maritino….”

Ancora un grido.

“Se esci fuori forse risparmieremo il tuo piccolo bastardo…”

Neville dormiva pacifico nella cesta dei panni da lavare, ben nascosto. Lo aveva addormentato magicamente in modo che non potesse risentire di tutto quel trambusto. I suoi vagiti avrebbero potuto richiamare attenzioni indesiderate e Alice non credeva ad una sola parola proferita da quelle bestie. Sapeva che li avrebbero uccisi tutti, Neville per primo. Si avvicinò alla cesta, scostò la coperta che ricopriva il riposo della sua piccola creatura e rimase a guardarla dolcemente. Gli occhi chiusi in un espressione tranquilla, ciglia folte e lunghe di neonato, manine rosee paffute e minuscole, sebbene perfette nella forma, un cespuglietto ridicolo di capelli e poi un boccuccia appena imbronciata. Cosa ne sarebbe stato di lui se avesse ceduto?

Un batter d’ali leggero alla finestrella del bagno la fece trasalire. Vide una civetta nera battere il becco sul vetro condensato. Alice si mosse verso di essa, ed aperse la finestra a ghigliottina. L’uccello spiccò il volo subito dopo per posarsi sulla spalla di una vecchia maga a bordo di una scopa. “Augusta!” gridò il suo cuore vedendola avvicinarsi alla mediocre apertura.

“Cara….” Mormorò l’anziana donna “Dov’è Frank?”

Un ulteriore gridò raggelò il sangue delle due donne e Alice fu certa che l’espressione della suo interlocutrice era mutata dall’apprensione alla dolorosa consapevolezza in meno di qualche decimo di secondo. Vide i suoi occhi riempirsi di lacrime “…e Neville?” osò chiedere, quasi sentendosi mancare. “….non avranno…”

“No!” la rassicurò all’istante Alice, ma forse per il tono troppo forte,  temette di essere stata udita, si sentì ghiacciare sotto pelle da quella raccapricciante sensazione di angoscia. Le grida fuori erano cessate del tutto.

“Sbrigati cara, non c’è più tempo…” la esortò, i passi si udivano appena da dietro la porta del bagno, ma c’erano! Si stavano muovendo…e quel silenzio la spaventava ben più delle urla di suo figlio. Vide la giovane nuora afferrare l’involtò che era il piccolo Neville, e riavvicinarsi alla finestrella. Il bimbo passò senza problemi, e finì nella stretta di sua nonna, che prese, tenendoselo al cuore. L’apertura andava bene per un esserino di quelle dimensioni ridotte, ma per un adulto pareva una mossa improponibile.

“Ed ora…” Stava già pensando a come trasfigurarsi, che un raggio verdastro le sfilò vicino andando ad infrangersi sulle mattonelle del bagno. Cacciò un urlo, e la scopa ebbe uno scossone. Alice invece non riusciva neanche più a gridare. Osservava la mangiamorte incedere verso di se come la più infame raffigurazione della mietitrice.

“Ti ho visto…” La sentì ghignare beffarda, mentre si avvicinava, poi puntò la bacchetta al cuore dell’anziana donna, pronta a fare fuoco.

“No!” gridò disperatamente Alice gettandosi contro Bellatrix. La mira mancò il bersaglio, ed il vetro della finestra andò in mille pezzi. La mangiamorte cozzò in terra con un tonfo sordo.

Si volse verso il barlume di speranza all’esterno.

“Vai ad avvertirli all’ordine!” gridò “Vola! via!”

Portalo lontano, portalo al sicuro… Augusta Paciock sulla sua vecchia scopetta trasandata pareva come un raggio di sole nella cappa più scura ed impenetrabile.

Rodolphus vide il corpo svenuto del fratello malamente adagiato nella tazza del water e cacciò un gridolino di sdegno. Si preparò a colpire una seconda volta al posto di sua moglie Bella,  ma Augusta Paciok era già filata via oltre lo strato di nuvole che coprivano la luna.

“Cagna!” gridò allora afferrando Alice per i capelli e trascinandola per un lungo tratto. Gemette e si dimenò, le sembrava che le stessero strappando via tutto il primo strato di pelle della testa, ma anche allora tratteneva i lamenti più forti per se. Barty Crouch Jr. aveva aiutato Bellatrix ad alzarsi ricevendo per tutta risposta un “Vattene idiota!” ed un “Fila ad aiutare quel cretino di Rabastan!”

Teneva saldamente la propria bacchetta, Alice. La teneva stretta e quando vide il corpo agonizzante di suo marito abbandonato riverso sul pavimento del corridoio si decise ad usarla. Ancora trascinata in malo modo da Rodolphus gli puntò contro e gridò il suo incantesimo, pur sapendo che la sua mira non sarebbe mai potuta essere sicura da quella prospettiva.

Mancò il bersaglio. Colpì di nuovo. Rodolphus nel mentre aveva lasciato la presa ed era corso ai ripari. Lampi di luce parevano esplodere a mezz’aria come i fuochi d’artificio di poco prima, splendidi, meravigliosi a vedersi. Un schioppo sordo, e poi il buio. Un manto di tenebra, il dischiudersi dell’ abisso.

 

Dolore…

 

  
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