Capitolo 70: Le insidie dell’isola donna.
Ci volle ancora un po’ di tempo prima che la Sunny giungesse a destinazione e in quell’arco di tempo,
Ace e Rufy diventarono così impazienti di visitare
l’isola, da far vacillare la pazienza di Nami.
“Se quei due mi chiedono ancora una volta quanto manca
per arrivare, non rispondo più di me
stessa!” disse Nami esasperata.
Robin, che era seduta al tavolino a prendere un caffè
insieme alla navigatrice, sorrise divertita, ma il suo sorriso si spense
pensando al suo futuro. Sembrava che tutti i suoi nakama
erano destinati ad avere un futuro bene o male tranquillo, mentre lei sapeva
che sarebbe dovuta continuare a scappare dalle grinfie del governo ed era così
stanca di dover sempre fuggire.
Sospirò, attirando l’attenzione di Nami
che le domandò cosa avesse, ma ella con un sorriso scosse la testa per non fare
preoccupare l’amica. Infondo il futuro poteva ancora cambiare e chissà…con Rufy ancora in vita, le cose si sarebbero sistemate anche
per lei.
Conoscendo il capitano non le avrebbe mai permesso di
continuare a scappare, al contrario, avrebbe affrontato e eliminato ogni
minaccia che metteva a repentaglio la sua felicità. Si sentì immensamente grata
alla vita, che sembrava avercela con lei da quando era nata, per averle fatto
incontrare Rufy, sua nuova fonte di speranza.
“Mamma!”
Nami sussultò a sentirsi
chiamare e con poco garbo disse “Ace, non ti azzardare a chiedermi nuovamente
quanto manca, se non vuoi che ti spedisca sull’isola con un bel calcio. Non ti
posso garantire però un atterraggio morbido!”
“Sei isterica anche da giovane, uffa… volevo solo
dirti che siamo praticamente arrivati!” disse il ragazzino alzando gli occhi al
cielo.
Nami si alzò e affacciandosi
dalla nave, vide che il fondale marino era visibile e quindi era giunto il
momento di attraccare.
“Posso dare l’ordine di gettare l’ancora?” chiese il
ragazzino, entusiasta all’idea di comandare una ciurma di pirati e quando Nami gli diede il permesso, si arrampicò sul parapetto
della Sunny, con il rischio di cadere se la
navigatrice non lo avesse afferrato evitandogli di perdere l’equilibrio, e
gridò “Ciurma gettate l’ancora!”
Usopp obbedì, ma subito dopo
si accorse che qualcosa non quadrava e dirigendosi verso il ragazzino domandò
“Dì un po’… chi ti ha eletto nostro capitano? Mettiti in coda pivello, ci sono
prima io!”
“Oh no, io sono il figlio del capitano, quindi il
titolo spetta a me!” disse Ace convinto.
“Guarda che il titolo di capitano non è ereditario,
quindi è il grande capitano Usopp il più indicato per
questo ruolo!” disse Usopp puntandosi il pollice al
petto.
“Non dimenticatevi che Rufy
ha indicato Zoro come suo successore!” affermò Robin, aggiungendosi alla
discussione.
“Ehi, ehi…tenetemi fuori da questa storia!” disse lo
spadaccino esasperato da Hikari che gli domandava in
continuazione di giocare con lei, chiedendogli cose a cui non si sarebbe mai
abbassato a fare, tipo mettersi a quattro zampe e fare il cavalluccio.
“Bhe se Zoro si tira
indietro, mi candido io!” disse Brook “Sarò il primo
capitano scheletro che il mondo abbia mai visto!”
Nami alzò gli occhi al
cielo, ma non disse niente, semplicemente si recò in cucina per allontanarsi
dal frastuono, dove al suo interno trovò Rufy e Umi
assillare Sanji per avere qualcosa da mangiare.
I ragazzi si riunirono per la cena. Avevano deciso di
andare in avanscoperta dell’isola l’indomani, in quanto poteva essere
pericoloso inoltrarsi su di un’isola misteriosa senza l’ausilio della luce del
sole.
Rufy e Ace misero il broncio
per un po’ alla decisione, ma il banchetto preparato da Sanji,
fece dimenticare loro tutto quanto.
Hikari invece aveva notato che i suoi futuri genitori non si erano mai rivolti la
parola e con uno stratagemma, era riuscita a farli sedere vicino, sebbene ci
fosse lei in mezzo a dividerli. Durante il pasto però la situazione non cambiò.
Dalle bocche di Zoro e Tashiji non usciva nemmeno un
insulto verso l’altro e i loro occhi non si erano incrociati nemmeno per
sbaglio.
Hikari però non si arrese e improvvisamente scoppiò a piangere, dicendosi di
essersi tagliata col coltello.
“Fa tanto male!” piagnucolò la bambina stringendosi il
dito.
Sia Zoro che Tashiji si
girarono verso la piccola istintivamente e all’unisono afferrarono la mano
della piccola dicendo “Fa vedere!”
Le mani di Zoro e Tashiji si
sfiorarono e i due, a quel gesto, si guardarono negli occhi arrossendo.
Zoro allontanò di scatto la mano e si alzò scatto in
piedi per andarsene, infatti gli sguardi dei suoi compagni erano puntati su di
lui e la ragazza e si sentiva estremamente a disagio.
“Papino, non te ne andare. Potrei morire!” disse Hikari con le lacrime agli occhi.
Zoro alzò il sopracciglio “Non si muore per un taglio
e poi…non chiamarmi papino!” disse sbattendo poi la porta della cucina.
Hikari smise di piangere all’istante, rassegnandosi al fallimento del suo piano
“Uffa…ma cosa vi prende a voi due!” disse cominciando poi a mangiare con foga
per il nervosismo.
Ace e Umi scoppiarono a ridere divertiti e poco dopo
furono seguiti dagli altri, tranne Tashiji a cui
quello scherzo non era piaciuto per niente.
Finalmente i Mugiwara
poterono mettere piede su quella strana isola e subito si accorsero di qualcosa
di particolare che iniziava direttamente dalla spiaggia. La sabbia infatti non
era come ci si aspettava, questa infatti era di un colore più rosato rispetto
al solito e dopo un’attenta analisi, Chopper comprese di cosa si trattasse e disse
“In mezzo a questa sabbia ci sono scaglie di pelle morta!”
“Cosa?” chiese Nami
disgustata, sebbene non tanto quanto il cecchino che l’aveva addirittura
toccata con mano.
“Se l’isola è una donna come Umi ci ha detto, è
plausibile. La pelle viene bagnata per lungo periodo durante la sua permanenza
sott’acqua e quando torna a galla, il sole asciugandola, la fa seccare e questa
poi si stacca per lasciare posto a pelle nuova e rigenerata!” disse Chopper,
dando una spiegazione a quella strana faccenda.
“Vuoi dire che questa …è davvero una donna? Io pensavo
che fosse un modo di dire dato la sua forma!” disse Usopp
incredulo.
“Non vedo il perché ti sorprendi tanto Usopp, questo è pur sempre il nuovo mondo!” disse Sanji accendendosi della sigaretta “Ma a questo punto
dubito di trovare qualcosa di commestibile che non sia una parte del corpo
della donna!”
Nami divenne blu al solo
pensiero “Non voglio mangiare niente che cresca addosso a questa…cosa, isola o
persona che sia!”
“è un’ingiustizia però. Non vedevo l’ora di farmi una
bella scorpacciata di qualcosa!” disse Rufy con il
broncio.
Robin sorrise, ma potè
affermare che non tutto quello che cresceva sull’isola era una parte del corpo
della donna. Infatti vi era diversa vegetazione, che comprendeva per lo più
muschio e alghe che si adattavano a vivere sia in acqua che al sole, ma c’erano
anche diverse mangrovie adattate perfettamente quell’ambiente particolare.
“Almeno qualcosa di normale c’è!” disse Franky “è pur sempre un’isola e in qualche modo gli
abitanti di questo posto devono pur vivere!”
“Guardate, laggiù c’è del fumo!” disse Rufy correndo per andare a vedere, seguito da Ace, ma
quest’ultimo venne afferrato dalla maglietta da Nami,
la quale urlò “Rufy, vuoi dare il buon esempio a tuo
figlio? non sappiamo a cosa corrisponda quel fumo, potrebbe essere pericoloso!”
Rufy sembrò riflettere su
quanto detto “Hai ragione!” disse, poi guardando il figlioletto continuò “Ace,
tu rimani qui, è pericoloso. Ciao, io vado!”
Nami però gli diede un
sonoro pugno in testa e con i denti aguzzi gli gridò “Anche tu devi fare
attenzione. Se ti ficchi nei guai non ho nessuna intensione di venire a
recuperarti!”
Rufy sorrise “Ne dubito. Se
venuta a recuperarmi persino agli inferi!”
“Lo ammetto, ho fatto un grosso errore, ma non lo farò
una seconda volta. Ora incamminiamoci con calma e tenete tutti gli occhi
aperti!”
Il paesaggio era in costante mutamento, vi erano fitti
alberi, poi solo deserto, poi distese d’erba, poi una distesa con diverse
pozzanghere e nessuno di loro voleva sapere se erano cose naturali o parti del
corpo della donna isola, ma tutti si erano fatti la loro idea.
Stavano attraversando un altro bosco quando notarono
che mancava qualcuno.
“Dov’è finito Zoro?” chiese Usopp
guardandosi intorno.
“C’è da chiederlo? Quel babbeo si sarà perso!” disse Sanji grattandosi la testa.
“Mancano anche Tashiji e Hikari!” disse Chopper, cominciando ad annusare l’aria per
percepire il loro odore, ma sentì solo odore di sudore proveniente da quelle
pozzanghere che in assenza di precipitazioni da diversi giorni, non dovrebbero
essere presenti se queste erano fatte di semplice acqua.
“Immagino che Hikari avrà
visto suo padre allontanarsi e lo avrà seguito e Tashiji
di conseguenza ha cercato di fermare la figlia!” disse Umi, alzando le spalle.
Succedeva spesso nel futuro, anche se Zoro si perdeva sempre nella foresta che
ormai dovrebbe conoscere come le sue tasche, essendoci andato tante volte per
allenarsi o per cacciare.
“Papino, ci siamo persi!” disse Hikari,
tirandogli i pantaloni.
Zoro si girò verso la bambina e guardando Tashiji chiese “E tu, perché mi segui?”
Tashiji mise il broncio e disse “Non posso mica permettere che accada qualcosa a
mia figlia!”
“Credi che non sia in grado di prendermi cura di lei?
“ chiese Zoro.
“Ne sono certa! Se sei in grado di perderti stando in
coda al gruppo, come puoi occuparti di una bambina così piccola!” chiese Tashiji.
Zoro le si avvicinò maggiormente per risponderle “Saprò
prendermi cura di lei, quindi ora puoi andartene!”
Anche Tashiji fece un passo
in avanti “Lo farei volentieri e porterei Hikari con
me, ma le circostanze mi obbligano a stare qui!”
Zoro alzò il sopracciglio e chiese “Quali circostanze?”
“Bhe se non lo hai notato,
per stare a presso a un imbranato come te, mi sono persa anche io!”
Hikari guardava i suoi genitori battibeccare. Era la prima volta che li vedeva
fare qualcosa di normale, infatti anche nel futuro i suoi litigavano spesso, ma
era solo a causa della loro testardaggine, ma poi facevano sempre pace e in
genere era Zoro a riavvicinarsi a lei, perché sapeva bene che Tashiji era capacissima di non rivolgergli mai più la
parola.
Zoro e Tashiji del passato
continuavano a litigare e a ogni battuta si avvicinarono sempre di più, finchè si ritrovarono vicini… molto vicini.
Zoro la fissò dall’alto verso il basso e i suoi occhi
per un momento si posarono sulle labbra della ragazza.
Tashiji non fu da meno e iniziò ad alzarsi sulle punte dei piedi per completare il
gesto a cui Zoro stava pensando e su cui lei aveva più volte fantasticato, ma
qualcosa interruppe quel momento.
“Forza baciatevi!” disse Hikari
con il sorriso abbagliante sulla faccia.
Zoro a quelle parole rinsavì, così come Tashiji, la quale spinse lo spadaccino all’indietro
urlandogli “Non ti azzardare ad avvicinarti più a me, intesi?”
“Non ci penso minimamente, strega!” disse Zoro
voltandosi e riprendendo il cammino per chissà dove.
Brook durante il cammino si
fermò improvvisamente, attirando l’attenzione dei compagni o almeno di quelli
che non possedevano l’haki dell’osservazione.
“Abbiamo un problema!” disse.
Aveva usato la sua tecnica della divisione dell’anime
dal corpo per dare un’occhiata in giro e si accorse che le cose si stavano complicando.
Rufy lo guardò serio. Anche
lui, così come Usopp e Sanji,
si era accordo di diverse persone che li stavano osservando.
“Cosa facciamo Rufy-san,
stanno per circondarci!” disse lo scheletro.
Rufy non pensò nemmeno un
secondo “Continuiamo, magari ci stanno solo osservando per studiarci, infondo
siamo degli invasori nelle loro terre. Quando capiranno che non abbiamo cattive
intenzioni, si tranquillizzeranno!”
“Potrebbe però non accadere. Se è vero che questa
isola non viene mai trovata, quante possibilità ci sono che queste persone
abbiano mai visto altri loro simili? Potrebbero considerarci una minaccia a
priori, senza darci la possibilità di far loro capire che non abbiamo
intenzioni malvage!” disse Robin, prima che il suo istinto le dicesse di fare
un passo indietro, evitando così un ago affilato e spesso che andò a
conficcarsi sulla conteggia di una mangrovia.
“Ci stanno attaccando!” gridò Chopper spaventato,
nascondendosi dietro Usopp, ma gli abitanti dell’isola
li avevano completamente circondati e nascondersi dietro qualcuno non serviva a
molto.
Nami afferrò il suo climack attack, ma non attaccò.
Se si poteva, voleva evitare uno scontro.
Quegli esseri, avevano poco in comune con gli esseri
umani. Avevano mani e piedi parlati e una membrana sottile che univa gomito e
torace. Dietro avevano una coda simile a quelle delle sirene, che però era
distaccata dalle gambe, permettendo loro così di camminare sulla terra ferma e
nuotare in mare aperto. Avevano occhi molto grandi, probabilmente per assorbire
la maggior quantità di luce possibile, in modo da poter vedere sott’acqua, ma
al momento le loro pupille erano molto strette come a volersi proteggere dalla
troppa luce solare. A Robin optò che il loro organo visivo funzionasse
pressappoco come quella dei gatti. Avevano denti appuntiti, cosa che fece
intendere loro che potevano essere carnivori e questo non fece presumere niente
di positivo ai mugiwara.
Ma nonostante il loro aspetto strambo e il colore
azzurro scuro, avevano qualcosa in comune con gli umani, oltre al camminare
eretti…l’utilizzo di armi.
Erano armi primitive rispetto a quelle che avevano gli
esseri umani, ma a loro, per cacciare sott’acqua non serviva niente di più che
lance, archi e fiocine, costruite con lische di pesce di varie dimensione.
I nativi dell’isola erano tutti pronti ad attaccare,
ma Rufy ordinò ai suoi nakama,
di non far loro del male, se non strettamente necessario.
Si sarebbero limitati a difendersi, finchè non avrebbero compreso che loro non erano una
minaccia.
Ma il sistema non funzionò e Rufy
dovette considerare l’idea che il loro attacco non era dovuto solo alla difesa
del loro territorio, ma potevano anche averli scambiati per la loro cena.
Il ragazzo però era sempre dell’idea di difendersi e
disarmare gli avversari, senza nuocere nessuno.
Tutti per fortuna erano abili a schivare e parare
colpi. Solo Ace era un po’ in difficoltà, ma Umi sembrava in grado di proteggerlo senza aiuto, ma quando vide che i
suoi figli stavano per essere attaccati alle spalle, Rufy
allungò le braccia. Uno per aggrapparsi a un ramo di un albero, l’altro per
afferrare la vita dei ragazzi, trascinandoli poi sulla mangrovia.
“State bene?” chiese Rufy ,
vedendo che era riuscito a salvarli per un soffio, ma poi un dolore acuto al
collo, gli fece perdere la presa sull’albero, facendolo cadere a terra.
“Papà!” urlarono Umi ed Ace dall’altro, preoccupati da
quanto successe, ma poco dopo anche Umi sentì lo stesso dolore.
Robin aveva usato i suoi poteri per immobilizzare
diversi nativi. E per proteggere i suoi compagni quando questi si trovavano
scoperti, a causa dell’elevato numero dei loro assalitori.
“Grazie Robin-swan, mi hai
salvato!” disse Sanji con gli occhi a forma di cuori…cuori
che si ruppero quando vide l’archeologa cadere sulle ginocchia, tenendosi
saldamente un braccio, dove vedeva che dalle sue carni spuntava fuori un lungo
aculeo.
Sanji le fu subito accanto
per controllare le sue condizioni.
Chiese a Franky di coprirgli le spalle, mentre
lui provvedeva a estrarre quell’aculeo dal braccio di Robin, per notare che
questo era intriso di una sostanza particolare, che dall’odore potè riconoscere subito.
“Non capisco…questo è…” cominciò Sanji,
prima di sentire urlare Usopp, che aveva visto
Chopper, che aveva usato una delle sue trasformazioni, assumere le sembianze di
una renna normale, senza essere capace di difendersi.
“Cosa sta succedendo?” domandò Franky,
quando si ritrovò Brook
tra le sue braccia, senza che questo si muovesse. “Fratello, riprenditi!”
Rufy ancora dolorante si
alzò appoggiandosi al tronco. Si sentiva strano. Non male, ma si sentiva
diverso.
Guardò Umi, che nel frattempo era scesa dall’albero
con Ace, grazie a Nami, che teneva i nativi lontani,
e vide nel suoi occhi la stessa paura che attanagliava lui.
“Papà…non ho più i miei poteri!” disse Umi spaventata.