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Autore: Stria93    31/10/2014    5 recensioni
Nessun graffio, nessun livido, nessun segno del violento impatto con il suolo dopo la caduta dalla torre. Indossava l'abito dorato dell'indimenticabile giorno in cui l'aveva vista per la prima volta. Il suo Vero Amore era lì, davanti a lui, integro e splendido nella morte come lo era stato in vita, perché le rose appassiscono sempre in bellezza.
(OS pensata come sequel della mia storia “Halloween night at the Dark Castle”, ma può tranquillamente essere letta anche come una shot a sé)
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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roses

Rumpelstiltskin sedeva immobile, il corpo affondato tra i cuscini della sua consunta poltrona di pelle nera che troneggiava di fronte al camino di pietra nella sala dell'arcolaio.
I suoi occhi contemplavano mestamente le braci morenti che, pian piano, si andavano affievolendo e accartocciandosi su se stesse come foglie secche, finendo per tramutarsi in null'altro che un mucchietto di ceppi anneriti e cenere, tomba di quella fioca luce che ancora lottava strenuamente per resistere, per non soccombere all'oscurità che l'avrebbe inesorabilmente inghiottita di lì a poco.
Le mani squamose del folletto erano posate sulla copertina nera e lucida di un libricino che egli teneva in grembo. Le lettere vermiglie che ne componevano il titolo brillarono sinistramente per un secondo, quando l'ultima scintilla del focolare si estinse con un guizzo. Della notte di Halloween e altri racconti.
Era trascorso un anno esatto dall'ultima volta in cui quelle vecchie pagine ingiallite avevano conosciuto il tocco di un lettore. Un anno esatto da quando il Signore Oscuro si era divertito ad escogitare gli stratagemmi più macabri e agghiaccianti per spaventare la sua giovane domestica in quella notte ammantata di mistero e lugubre fascino fin dai tempi più arcaici, di molto antecedenti alla nascita dello stesso Rumpelstiltskin, ma le cui voci ancora sussurravano, attraverso la memoria dei posteri, leggende miste a verità a proposito di quella particolare data.
È tutto come quella sera. Pensò.
La nebbia fitta che scintillava al chiarore freddo e perlaceo della luna che danzava con le nubi in un tacito duello che vedeva prevalere ora quelle, ora l'altra; le sagome scheletriche e spettrali degli alberi nudi nella foresta; il vento che sferzava impetuoso la cima della montagna emettendo i suoi lamenti e le sue grida strazianti; perfino i tetri richiami dei gufi e delle civette... Pareva che nulla fosse cambiato rispetto a un anno prima.
Ma naturalmente non era vero. Tutto era cambiato da allora.
Il folletto accarezzò la copertina del volume che teneva sulle ginocchia.
Lei non c'era più. Lei se n'era andata. Ecco cos'era cambiato. Belle era morta gettandosi dalla torre in cui il suo stesso padre l'aveva fatta rinchiudere a causa sua, perché ella aveva avuto l'indecenza di innamorarsi della Bestia e non aveva mai rinnegato i suoi sentimenti, anche quando egli l'aveva cacciata via, condannandola per sempre al suo tragico destino.
Un nugolo di grossi pipistrelli si alzò improvvisamente in volo da un cespuglio vicino alla finestra, spaventando un gatto di passaggio, che lanciò uno stridulo e strozzato miagolio, incredibilmente simile a un urlo di orrore.
Rumpelstiltskin non si scompose e rimase impassibile. Non temeva le tenebre e ancor meno i demoni e le creature terrificanti che si diceva popolassero la misteriosa notte del 31 ottobre... Perché, in fin dei conti, egli era uno di loro: un'anima perduta e disperata che trovava rifugio nell'ombra e si crogiolava nel male che albergava nel cuore corrotto dell'uomo, o meglio, di quello che, un tempo lontano, era stato un uomo, e che si era ormai tramutato in mostro.
Il folletto, più per noia che per vero interesse, aprì delicatamente il libro alla prima pagina, che recava una breve e concisa spiegazione a proposito delle origini della festa più ambigua e inquietante dell'anno.
Scorse distrattamente le lettere arzigogolate e scolorite, finché un passaggio particolare attirò la sua attenzione, come la fiamma con la falena.

In questo giorno tutte le leggi dello spazio e del tempo erano come sospese e il velo che divideva il mondo dei vivi dal mondo dei morti si faceva più sottile, permettendo alle anime di mostrarsi.

Il Signore Oscuro lesse e rilesse infinite volte quelle righe, mentre la tentazione che così spesso lo aveva sfiorato negli ultimi tempi, ma alla quale non aveva mai ceduto, prendeva a farsi incredibilmente forte, fino a trasformarsi in un'urgenza insopprimibile, un desiderio bruciante che, alla luce di quelle parole rivelatrici, si faceva all'improvviso un bisogno vitale come l'aria o l'acqua.

Il velo che divideva il mondo dei vivi dal mondo dei morti si faceva più sottile.

Che fosse giunto il momento propizio per tramutare in azione concreta ciò che la sua mente aveva sempre e soltanto formulato come un pensiero dal quale prendere le distanze?
L'Oscuro sentiva che non poteva più aspettare e quella notte gli si presentava un'occasione perfetta. Doveva almeno provarci! Doveva almeno tentare! Se non avesse funzionato, allora non avrebbe mai più indugiato su quell'idea tanto dolce e tentatrice quanto terribile e dolorosa.
Abbandonandosi completamente all'istinto e lasciandosi guidare da quell'impellente necessità che minacciava di stritolargli il cuore nel petto da un momento all'altro, Rumpelstiltskin si alzò dalla poltrona e si diresse alla teca nella quale custodiva un unico oggetto, umile, danneggiato, eppure infinitamente più prezioso di tutti i tesori che la sua immensa collezione poteva vantare.
Il Signore Oscuro aprì le ante di cristallo e prese delicatamente tra le mani la tazza da tè con il bordo spezzato, posandola con attenzione sul lungo tavolo di legno che occupava il centro esatto della sala.
Proprio in quel momento, una nube nera oscurò completamente la luna e l'intero luogo piombò nell'ombra; ma gli occhi di Rumpelstiltskin non avevano alcuna difficoltà a distinguere chiaramente ciò che lo circondava, ed erano puntati su quell'oggettino a lui tanto caro, su quella reliquia di valore inestimabile.
Esitò per un attimo, accarezzandone con lo sguardo la curva superficie di porcellana.
Molte volte era stato tentato dall'idea di ricorrere alla magia per evocare la sua amata defunta, richiamando la sua anima dal regno dei morti, ma non aveva mai osato metterla in pratica perché sapeva che il passaggio comportava molti rischi e, se qualcosa fosse andato storto, le conseguenze per lo spirito di Belle sarebbero state tremende ed eterne. Non voleva recarle ulteriore sofferenza con il suo egoismo. Ma quella notte il velo che separava i due mondi si assottigliava, e forse si trattava della sua unica occasione per poter rivedere la donna che amava, per quanto, in un certo senso, fossero state proprio le sue azioni a strapparla con violenza alla vita.
Il folletto sospirò, dopodiché fece apparire, stretto tra le sue dita, il pugnale che lo aveva reso ciò che era, che gli aveva donato i suoi poteri e gli era costato la perdita delle persone più care al mondo.
Senza indugiare oltre, Rumpelstiltskin si passò il filo della lama sul palmo della mano, incurante del dolore. Lasciò che il suo sangue caldo gli scorresse lungo l'avambraccio, poi ne fece cadere qualche goccia all'interno della tazza sbeccata, iniziando a recitare l'incantesimo.
- Sangue del mio sangue, tua è protezione. Vita della mia vita, la tua prendi, la mia prendi. Corpo del mio corpo, midollo e mente, anima della mia anima, alla nostra anima Vincolati. Sangue del mio cuore, mia luna, mie maree. Sangue del mio cuore. Mia salvezza, mio destino.* -
Il vento prese a ruggire con più furia, e, da qualche parte in lontananza, si udì il boato di un albero sradicato schiantarsi a terra.
Rumpelstiltskin iniziò a gridare, per sovrastare il fragore assordante della natura. - Vieni da me, Belle! Vieni da me, amore mio! Per stanotte, solo per stanotte, scosta il velo che ci separa e raggiungimi nel mondo dei viventi affinché io possa ammirare il tuo viso ancora una volta. -
La sua voce deformata dal dolore suonò come una supplica disperata.
Nel giro di una decina di secondi, l'urlo del vento si placò, le nubi si diradarono e la luna tornò a splendere.
L'Oscuro attese qualche minuto, immobile e trepidante, totalmente indifferente al sangue che, dal suo palmo, gocciolava sul tappeto.


Tic Tac, Tic Tac... Le lancette dell'orologio proseguirono imperterrite il loro giro lungo il quadrante una, due, tre volte, ma non accadde nulla e infine le gambe tremanti del folletto cedettero, facendolo crollare in ginocchio. Sul suo volto sfigurato dal tormento e dalla delusione si disegnò lentamente un ghigno feroce, poi Rumpelstiltskin gettò la testa all'indietro, prorompendo in un'improvvisa, folle e orribile risata senza gioia. - Oh, avrei dovuto aspettarmelo! Non mi vuoi vedere, Belle?! Come potrei mai biasimarti?! In fondo io sono la Bestia che ha preso il tuo amore e l'ha rifiutato, calpestandolo senza alcun ritegno; sono il mostro che ti ha cacciata via e ha permesso che tuo padre ti facesse prigioniera e ti torturasse al punto da spingerti a gettarti da quella torre maledetta piuttosto che continuare a sopportare le pene che ti sono state inflitte a causa mia! Come ho potuto essere tanto stupido da pensare che ti saresti mostrata a me dopo tutto quello che ti ho fatto?! -
Ma, proprio in quel momento, qualcosa di gelido sfiorò la spalla del Signore Oscuro, la cui risata, amara come fiele, scemò, sostituita da una paura viscerale e paralizzante, mista ad una flebile scintilla di speranza.
Avvertiva una presenza dietro di sé. Ne sentiva il respiro freddo e calmo, e quella sensazione di gelo... come se un mano di ghiaccio si fosse posata sulla sua spalla in un gesto consolatorio.
Possibile che avesse funzionato?
Voleva disperatamente girarsi, voleva sapere se la sua implorazione era stata ascoltata e accolta, se la sua amata era davvero ritornata da lui dall'oblio della morte, ma era terrorizzato.
Infine, chissà come, il suo corpo si mosse da solo. L'Oscuro si alzò in piedi, si voltò e i suoi occhi, ormai avvezzi alle tenebre più fitte, vennero feriti dal tenue bagliore argenteo e tremolante che circondava un'eterea figura dalla bellezza delicata e malinconica.
Se Rumpelstiltskin non fosse stato il mago più esperto e capace di tutti i reami avrebbe potuto scambiare quella creatura per una regina delle fate della notte, oppure per una Dama Bianca, ferale messaggera della Nera Signora con la falce, recatasi da lui per condurlo agli inferi. Ma quelle erano solo superstizioni contadine.
La donna, o meglio, lo spirito diafano, ricambiò lo sguardo stravolto del folletto. Aveva le fattezze inconfondibili di lei.
Rumpelstiltskin avrebbe riconosciuto ovunque quel viso dai lineamenti finemente cesellati; quelle labbra, un tempo rosse come ciliegie e altrettanto dolci, che si erano posate sulle sue in un momento di idillio perfetto, poco prima della catastrofe; i capelli che ricadevano in soffici boccoli sulle spalle, e ancora, quegli occhi benevoli, sempre pronti a scorgere oltre le mere apparenze e a cogliere il buono negli altri, perfino in lui!
Nessun graffio, nessun livido, nessun segno del violento impatto con il suolo dopo la caduta dalla torre. Indossava l'abito dorato dell'indimenticabile giorno in cui l'aveva vista per la prima volta. Il suo Vero Amore era lì, davanti a lui, integro e splendido nella morte come lo era stato in vita, perché le rose appassiscono sempre in bellezza.
Sembrava inoltre che una brezza leggera e costante lambisse i suoi riccioli, facendoli fluttuare con eleganza intorno al suo volto pallido e traslucido come la luna stessa.
- Belle? - pronunciò il suo nome in un sussurro incerto, timoroso che il suo spirito potesse scomparire se avesse parlato troppo forte.
La donna inarcò le labbra esangui in un sorriso mesto, piegando con grazia il capo in un cenno di assenso.
Forse si trattava di un sogno. Forse nulla di tutto ciò stava accadendo nella realtà, ma non aveva importanza.
- Oh, Belle! Mia adorata Belle! Mi dispiace. Mi dispiace tanto, è tutta colpa mia... -
Ma la ragazza scosse piano la testa e gli posò un dito sulle labbra.
Il Signore Oscuro non poté fare a meno di rabbrividire a quel tocco, che non era propriamente fisico o reale, ma leggero e quasi privo di consistenza, come un soffio di vento gelido: fievole eppure perfettamente percepibile.
- Shhh. Abbiamo solo questa notte per poter stare insieme, Rumpel. Non sprechiamola per ricordare gli errori del passato. Ciò che è fatto non si può disfare. -
La sua voce non era cambiata, forse si era solo fatta un po' più flebile, ma il Signore Oscuro avrebbe potuto rimanere ad ascoltare quel suono tanto caro fino a quando il cielo fosse crollato sulla terra con tutte le sue stelle.
La figura opalescente intrecciò le sue piccole dita di ghiaccio intorno alla mano ancora sanguinante di Rumpelstiltskin. La ferita si rimarginò all'istante, come se la lama affilata del pugnale non avesse mai scalfito quella pelle verde dorata, poi, senza lasciargli la mano, Belle prese a guidarlo fuori dalla stanza, verso le scale che portavano al piano di sopra.
Il folletto si lasciò condurre in silenzio, senza fare domande, ancora reticente a credere che la sua amata fosse tornata da lui, sebbene in quella forma tanto sfuggente. I passi dei suoi stivali sui gradini producevano un rumore ritmico che riecheggiava sulla pareti di nuda pietra. Lo spirito di Belle invece si muoveva leggiadro, senza mai toccare il suolo, come se volasse.
Alla fine, i due si arrestarono davanti alla porta chiusa della sala di musica del castello. Rumpelstiltskin non aveva mai utilizzato quella stanza ed essa era rimasta, per molti anni, esattamente uguale a come il precedente proprietario di quel maniero l'aveva arredata, fatta eccezione per le ragnatele e la polvere che si erano impossessate degli strumenti, avvolgendoli tra le loro spire. Solo una volta, l'anno prima, in quella stessa data, il folletto aveva trovato utile quel locale per uno dei tanti scherzi che aveva architettato al fine di spaventare la sua domestica.
Ad un tratto, il Signore Oscuro si accorse che il senso di freddo alla mano sinistra era scomparso. Belle aveva interrotto il contatto.
- Belle, ma cosa...? -
Lei gli sorrise lievemente, poi scivolò oltre l'uscio, passando attraverso il legno massiccio e scomparendo alla sua vista.
- Belle! Aspetta! -
Il Signore Oscuro fece scattare la serratura vecchia e arrugginita con un gesto della mano ed entrò nella sala.
Tre alte finestre permettevano all'argentata luce lunare di filtrare all'interno, facendo luccicare come fili di perle le intricate ragnatele che avvolgevano gli arredi e la polvere che fluttuava pigramente nell'aria.
Lo spirito della donna lo attendeva pazientemente, sorridendo in quel nuovo modo triste, che la rendeva, se ciò fosse mai stato possibile, ancora più bella.
Rumpelstiltskin le si avvicinò e cercò di sfiorarle una guancia. La mano squamosa incontrò la sua pelle che non era pelle, la sua carne che non era carne, quanto piuttosto brina di un mattino di gennaio.
- Oh, sweetheart. Mi sei mancata così tanto. Ma perché mi hai portato qui? -
Il sorriso che increspava le sue labbra si fece un po' più sereno. - Mi è concessa solo questa notte per poter restare in questo mondo, Rumpel. All'alba dovrò ritornare oltre il velo prima di restare intrappolata qui, condannata a vagare senza meta tra i vivi, in un luogo al quale non appartengo. E vorrei trascorrere questo tempo danzando con te. Sai, l'ho sempre desiderato. -
Il Signore Oscuro sentì gli occhi inumidirsi. Avrebbe voluto supplicarla di restare con lui, di non andarsene di nuovo, ma conosceva fin troppo bene i limiti della magia e sapeva che non c'era alcun incantesimo, alcuna pozione o sortilegio che fosse in grado di interferire con la morte, così si limitò ad acconsentire alla richiesta di Belle con voce roca: - Ma certo, sweetheart. Tutto quello che vuoi. -
Con un rapido schiocco di dita il folletto incantò un violino e il pianoforte, i cui tasti bianchi e neri presero a muoversi da soli. Nell'aria iniziarono a vibrare le note di una melodia malinconica e sinistra. Un valzer struggente perfetto per quei due amanti il cui lieto fine non sarebbe mai giunto.
Belle lambì con una mano la spalla di Rumpelstiltskin, e intrecciò le dita dell'altra a quelle di lui, che, a sua volta, le cinse un fianco e cominciò lentamente a danzare.


I due volteggiavano leggiadri, gli sguardi incatenati l'uno all'altro, senza mai distoglierli.
Per il folletto era come ballare con una dama d'aria, acqua, fumo. Ella non era fatta di carne, né sangue, né ossa, eppure era più reale che mai mentre si muoveva con infinita grazia tra le sue braccia.
Sapeva che le ore sarebbero trascorse veloci e che presto, troppo presto, avrebbe perso il suo amore un'altra volta, ma non voleva pensarci, perché quella notte era un dono che gli dèi avevano generosamente concesso loro, e Rumpelstiltskin aveva intenzione di goderne il più possibile, assaporandone ogni prezioso istante.
Sì, lui era davvero il Principe delle Tenebre, e in quella notte incantata, in cui il velo tra i due mondi si faceva più sottile, in cui il confine tra il regno dei vivi e quello dei morti diventava più labile e indistinto, avrebbe ballato fino all'alba con la sua principessa di luce, ormai perduta, annegata in quell'oceano di oscurità senza fondo dal quale non era riuscito a salvarla.





Da Stria93: Buongiorno a voi, meraviglie, e felice Samhain, o Halloween! :)
Piccola premessa: in questo periodo l'ispirazione, l'inventiva e il tempo per scrivere sono praticamente pari a un bello zero tondo tondo, ma Samhain è Samhain, e non potevo non dedicargli almeno uno scritto.
L'idea iniziale era creare un sequel della mia precedente storia riguardante questo tema, e in effetti è ciò che ho fatto, ma la forte componente angst e la scelta di “uccidere” Belle, facendo diventare realtà le parole che Regina rivolge al folletto alla fine della sacra 1x12, sono state delle deviazioni che ho preso durante la stesura della shot.
Volevo dar vita a una storia romantica e – passatemi il termine pretenzioso - tragica, e intrecciarla con le atmosfere cupe e la magia misteriosa tipiche di questo periodo e, in particolare, della notte del 31 ottobre.
Anche il titolo e la citazione riguardanti le rose, chiaramente presi in prestito da Lady Oscar, sono stati una folgorazione improvvisa della fase di scrittura.
Per il fantasma di Belle ho tratto ispirazione dallo spettro di Josette che compare nel film
Dark Shadows, del grande Tim Burton, maestro indiscusso quando si tratta di unire macabro e bellezza in un connubio perfettamente equilibrato.
* Le parole che ho usato per l'incantesimo pronunciato da Rumpel fanno parte del libro
La sedicesima luna, e mi sono sempre piaciute, anche perché si parla sempre di una storia d'amore decisamente nefasta, ma non mi spingo oltre per non spoilerare. Mi limito a dire che, nel libro in questione, tale incantesimo è usato non per evocare le anime dei defunti, ma per riportare fisicamente in vita qualcuno, quindi mi sono presa una piccola licenza poetica. xD
A questo punto vorrete giustamente sapere se, in tutto questo prendere in prestito da altri, c'è effettivamente un minimo di farina del mio sacco; quindi vi rispondo che, a parte gli elementi sopra citati, tutto il resto è nato dalla mia testolina rumbellizzata e, a quanto pare, decisamente incline all'angst e alle tragedie, almeno in questo momento. ;)
Inutile dire che, come sempre, ho un fantamilione di dubbi, perplessità, incertezze e quant'altro. -.-
Grazie di tutto cuore a chi leggerà, a chi inserirà la shot in una lista e a chi spenderà ancora un po' del suo tempo per lasciarmi un commento; mi fareste davvero un grandissimo regalo. :)
Bacioni, zucche! Alla prossima e, di nuovo, un felice Samhain a tutti! )O( <3



  
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