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Autore: Evil_Queen2291    31/10/2014    3 recensioni
[Traduzione] Quando Snow realizza che Gold vuole fare del male alle figlie di Emma e Regina, prodotto del Vero Amore, la famiglia farà tutto quanto in suo potere per tenerle al sicuro-compreso mandarle indietro nel tempo, affidandole alle cure delle loro versioni del passato [Sequel (più o meno) di "Desperate Measures."]
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Nuovo personaggio, Regina Mills
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Last Resort '
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Traduzione di un lavoro originale di Alaska829Snow. https://www.fanfiction.net/s/9334566/1/The-Last-Resort

PROLOGO
 
Emma entrò nel vialetto al 108 di Mifflin Street alle 00:11.
 
Le servivano esattamente 11 minuti per arrivare a casa dopo il suo turno serale. Conosceva perfettamente questo dettaglio dopo anni passati a far la spola – dopo anni trascorsi provando ogni possibile combinazione di percorsi dal parcheggio della stazione alla soglia della villa. Ma, dopo tutto quel tempo, conosceva quel ritmo; quando i semafori sarebbero stati verdi – quale incrocio era più trafficato di notte – quali strade evitare con la pioggia.
 
Lo sapeva per una semplice ragione: perché la salvatrice aveva aspettato tutta la vita per capire davvero il significato della parola famiglia. E, per quanto totalmente disfunzionale potesse essere la sua, ogni secondo trascorso lontano da loro era impiegato pensando a come tornarci.
 
Uscì dalla macchina ed entrò in casa, togliendosi immediatamente gli stivali nel corridoio e salendo le scale. Una volta arrivata in cima, infilò la testa nella prima porta aperta a sinistra. Amelia, la sua bambina di cinque anni, era completamente addormentata. La sua lampada da notte era accesa e lei stava abbracciando il suo orsacchiotto preferito, stretto al petto. Emma non aveva intenzione di entrare nella stanza perché non avrebbe rischiato di svegliare sua figlia; le bastava dare un’occhiata. La parte peggiore nel tornare a casa dopo mezzanotte era perdersi l’ora della nanna. E perdere l’ora della nanna significava perdersi Regina che cantava canzoni ridicole sugli animali della fattoria, cosa che, Emma ne era piuttosto sicura, era lo spettacolo più bello che avesse mai visto in qualsiasi mondo.
 
La seconda porta nel corridoio era di Charlotte, quindici anni. Ma Emma non si preoccupò neppure di controllare se sua figlia stesse nel suo letto. Sapeva già, con assoluta certezza, dove fosse Charlotte. C’era solo un posto in cui poteva essere – attaccata alla madre dalla quale era un’esatta replica.
 
Quindi Emma raggiunse la fine del corridoio ed aprì la porta della propria camera dal letto. Osservò la familiare immagine di Regina seduta a letto, occhiali sul naso, impegnata a leggere un libro. La salvatrice aveva passato buona parte del loro matrimonio ad insistere che sua moglie non dovesse aspettarla sveglia, ma aveva perso quella battaglia anni addietro. Non riesco a dormire lo stesso se non ci sei, le diceva sempre Regina.
 
Charlotte, prevedibilmente, occupava lo spazio accanto alla bruna. Di solito la ragazza era sveglia e piuttosto chiacchierona – ma quella sera era addormentata, con un film ancora in sottofondo.
 
Regina sollevò gli occhi e sorrise. “Bentornata a casa.”
 
“Ciao” le sussurrò di rimando. “Dovrei svegliarla?”
 
“A meno che tu non voglia dormire sul pavimento stanotte.”
 
“Non esiste” le disse mentre si avvicinava al letto. Gentilmente, ed amorevolmente, scosse sua figlia. “Charlotte
 
“Mamma” la ragazza si mosse ed aprì gli occhi. “Sei tornata.”
 
“Sì, e tu sei nel mio posto.”
 
“Quando mi sono addormentata?”
 
“Circa un’ora fa.” La informò Regina mentre le accarezzava gentilmente la spalla.
 
“MI dispiace” corrugò la fronte arricciando il naso. “Mi son persa metà del film.”
 
“Non preoccuparti, possiamo guardarlo di nuovo domani.”
 
Emma si alzò ed entrò nella cabina armadio per cambiarsi – prese il suo paio preferito di pantaloni di tuta mentre sentiva la conversazione che proseguiva.
 
“A che ora vuoi andare a fare shopping domani mattina?” chiese Charlotte a Regina.
 
“Quando preferisci?”
 
“Possiamo andare verso le dieci, più o meno?”
 
“Certo, possiamo far colazione fuori.”
 
Mamma” Emma sentì la figlia chiamare lei “Vieni con noi domani?”
 
“Se vuoi” riemerse, sentendosi incredibilmente sollevata dopo essersi tolta di dosso l’uniforme.
 
“Certo che voglio” le disse Charlotte mentre scendeva dal letto. “Ho il ballo della scuola venerdì, sai.”
 
“Quindi, in parole povere, stai per scegliere un vestito terribilmente effeminato?”
 
“Forse” ipotizzò. “Non ho ancora deciso quanto effeminato.”
 
“Allora è meglio che ci sia anch’io per supervisionare questa uscita di shopping o tornerai a casa somigliando ad un cupcake.”
 
“Beh, se mammina mi lasciasse mettere uno dei suoi vestiti da regina non dovremmo neppure andare a fare spese.”
 
“Neanche per idea” intervenne Regina. “Non per questo ballo o in nessun altro della tua vita.”
 
“Son piuttosto sicura che nessuno di quei vestiti sia appropriato per il liceo, ragazzina.”
 
“Va bene” Charlotte fece loro la linguaccia mentre era ancora sull’uscio. “Buona notte. Vi voglio bene.”
 
“Anche noi ti vogliamo bene” le rispose Emma.
 
 
 
Emma fissò intensamente Regina mentre riprendeva il libro dal comodino.
 
“C’è qualcosa che non va?” le chiese la regina, senza alzare gli occhi dalla pagina. Erano quel tipo di coppia – così in sintonia da percepire quando qualcosa non era a posto.
 
Emma non era sicura di voler tirar fuori l’argomento – era stanca, e probabilmente non era nulla di cui preoccuparsi. Sapeva di dover tenere la bocca chiusa e mettersi a letto. Non era neppure sicura di come esprimere verbalmente la strana sensazione che era sul punto di sopraffarla. Quello strano pensiero non c’era neppure qualche minuto prima – ma sembrava aver messo radici e si rifiutata di andar via.
 
Sfortunatamente, realizzò che era troppo tardi per far marcia indietro – quando sua moglie sapeva che qualcosa non andava, sarebbe arrivata al problema – anche se Emma non avesse voluto.
 
“Non ti preoccupa” cominciò con riluttanza “che una quindicenne ti chiami ancora mammina?”
 
“Perché dovrebbe preoccuparmi?”
 
“Non è un po’ cresciuta?”
 
“Ha due madri, cosa dovrebbe fare?”
 
“Chiamare te ‘mamma’ e me ‘ma’ come fa Henry?”
 
“Charlotte non è Henry” ribatté Regina tranquillamente. “Ed ha sempre chiamato te ‘mamma’ e me ‘mammina’.”
 
“Sì, lo so.”
 
“Quindi, perché all’improvviso stasera è un problema?”
 
“Alle volta mi preoccupo che non sia una ragazza abbastanza forte, sai?”
 
Emma ancora non capiva le parole che le venivano fuori dalla bocca – sapeva solo che aveva bisogno di dirlo. La sincerità della frase fece sì che Regina mettesse via il suo libro, abbandonando il capitolo che cercava di terminare; era consapevole che quella conversazione richiedesse tutta la sua attenzione.
 
“La figlia della Regina Cattiva e della Salvatrice non è abbastanza forte per te? Charlotte ha un potere che va ben oltre la sua età – la sua magia è sostanzialmente inarrestabile.”
 
“So che è forte con la sua magia, ma è anche emotivamente forte?”
 
“Certo che lo è.”
 
“Non lo so.” Emma non era convinta. “Non dovrebbe odiarci in questa fase? Le adolescenti dovrebbero essere un inferno – ho pensato che avrebbe dovuto far capricci ed arrampicarsi fuori dalla finestra di notte per mettersi nei guai. Dovrebbe sbattere la porta ogni tanto e dirci che le stiamo rovinando la vita.”
 
Dio che ne scampi,” l’intero corpo di Regina per poco non fu sul punto di aver le convulsioni solo all’idea. “Sembra orribile. Non capisco perché tu voglia una cosa del genere.”
 
“Non lo voglio.” Insistette Emma. “È solo che, non lo so…davvero dovrebbe voler passare il suo sabato a far spese con la mamme?”
 
“Non ho idea di cosa ‘dovrebbe’ fare o quale libro di istruzioni tu stia seguendo. So solo che volevamo dare ai nostri figli l’infanzia che noi non abbiamo avuto – e questo è quello che abbiamo fatto.”
 
“Lo so che l’abbiamo abbiamo fatto.”
 
“Pensi che, poiché entrambe siamo diventate forti affrontando cose orribili, nostra figlia sia debole perché ha una famiglia solida ed una bella vita?”
 
“No, non è questo che intendevo.”
 
“Ma sei arrabbiata con me perché Charlotte ci vuole bene? O perché non è abbastanza ribelle per te?”
 
“Non sono affatto arrabbiata con te,” si ammorbidì la bionda. “Sono solo sorpresa. Non capisco come abbiam fatto noi a crescere una ragazza così obbediente. Voglio dire, davvero…come abbiamo fatto noi due a crescere una ragazza così normale?”
 
“Smettila di lamentarti. Abbiamo fatto un buon lavoro con nostra figlia ed ora siamo i suoi modelli.”
 
“Tu” la corresse Emma, con una nota di tristezza nella voce. “Tu sei il suo modello – anzi, direi che la parola giusta sia adorazione. Charlotte adora la terra che calpesti.”
 
“Non di nuovo.” Regina quasi la supplicò.
 
“Cosa?” lo sceriffo alzò le mani al cielo. “Non è colpa tua se sei la sua preferita. Non hai chiesto di essere la mamma numero uno, è semplicemente successo.”
 
“Per l’ultima volta, Charlotte non ha una mamma preferita.”
 
“Sei tu quella che vuole sempre vicino.”
 
“Allora come mai l’unica cosa che voleva stasera era che tu tornassi a casa così poteva chiederti se ti andasse di venire a fare shopping con noi domani? Ti vuole accanto allo stesso modo.”
 
“Sono solo preoccupata per lei. Voglio che sia in grado di camminare sulle sue gambe. Alle volte penso che la coccoliamo troppo.”
 
“Pensi che io la coccoli troppo.” Concluse Regina.
 
“No, Regina – ti giuro…”
 
“Adesso mi metto a dormire,” la regina si arrese e spense la luce. “Non c’è nessuna discussione da fare.”
 
Emma conosceva il tacito accordo: Regina aveva chiuso il litigio prima che sfuggisse di mano. Gliene era particolarmente grata quella sera – perché neppure lei voleva litigare.
 
Tutto quello che voleva era avere il corpo di sua moglie premuto su di sé. Si arrampicò nel letto e le si accoccolò alle spalle – la stessa cosa che aveva fatto tutte le sere per sedici anni. E Regina non glielo negò. Anzi, intrecciò le loro dita.
 
La promessa, fatta molto tempo prima, di non andare mai a letto troppo arrabbiate da non potersi abbracciare non era mai stata spezzata.
 
 
 
La mattina dopo, presto, Emma era sveglia prima di sua moglie. A dirla tutta, non era neppure sicura di essersi davvero addormentata. Rimase a letto, fissando il soffitto, sentendosi ridicola per il casino che aveva causato la sera prima.
 
Avvertì Regina muoversi ed automaticamente si illuminò, convinta di poter sistemare le cose.
 
“Ciao” le sussurrò Emma quando la bruna si girò ed aprì gli occhi.
 
“Ti sei calmata?”
 
“Sì” le promise. “Mi dispiace. È la nostra prima figlia ed è così diversa da me alla sua età. So che è una cosa positiva, ma alle volte non la capisco affatto.
 
“Sì, beh,” la voce di Regina era ancora roca per il sonno ma grondava sarcasmo, “è difficile comprendere come qualcuno possa ‘adorare la terra su cui cammino’…vero?”
 
“Smettila” Emma mise il broncio, odiandosi per aver ferito la donna che ora la guardava negli occhi. “Io adoro la terra su cui cammini e lo sai. Vorrei solo che guardasse anche me allo stesso modo.”
 
“Charlotte ti vuol bene più della sua stessa vita.”
 
“Era così che ti sentivi?” le chiese, “Quando Henry…”
 
“Non guardava me nello stesso modo?” Regina completò la domanda e non ebbe bisogno di pensare a lungo prima di rispondere. “Sì.”
 
“Immagino di meritarmelo allora, huh? Il karma è uno stronzo e tutto il resto.”
 
“Non è la stessa cosa. Henry non guardava me nel modo in cui guardava te perché io gli avevo mentito. Tu, invece, stai immaginando tutta questa storia con Charlotte. È solo nella tua testa.”
 
“Ne sei sicura?”
 
“Assolutamente. So che pensi che io la vizi e magari lo faccio…ma è una giovane donna molto forte che non potrebbe volerti più bene di quanto già non te ne voglia.”
 
“Okay” accettò Emma. “Ti amo.”
 
“Lo so – ma alle volte sei davvero impegnativa da gestire.”
 
“Non ho avuto il giusto bentornato ieri sera,” si lamentò mentre si spostava verso la moglie, salendole su a cavalcioni. “Il che è decisamente una stronzata.”
 
“Non è certo colpa mia, cara.”
 
“Non ti sto incolpando” le disse mentre si accostava per baciarle il collo. “Ma mi piacerebbe che mi aiutassi a rettificare la cosa.”
 
Emma finalmente ottenne il bacio per il quale era corsa a casa dopo il suo turno di mezzanotte. Era in ritardo di qualche ora – ma ne valeva ugualmente la pena.
 
I loro volti, tuttavia, si allontanarono quando furono interrotte dal suono della porta che si apriva.
 
“Ragazzina,” grugnì Emma quando vide Charlotte entrare nella stanza. “Quante volte deve succedere prima che tu impari a bussare?”
 
“Scusate!” squittì la ragazza, girandosi verso il muro e portandosi teatralmente le mani sugli occhi. “Mi dispiace! È solo che c’è la nonna di sotto.”
 
“Le hai dato l’orario sbagliato?” chiese Regina, mentre guardava l’orologio e si toglieva gentilmente Emma di dosso. “Non avrebbe dovuto esser qui prima di un’altra ora.”
 
“No, le ho detto di venire a prendere Amelia alle 9:30, esattamente come hai detto tu; sembra sul punto di dar di matto per qualcosa.”
 
“Okay, tesoro, stiamo venendo.”
 
“Invece no…” mormorò Emma sottovoce. “Charlotte, puoi aprire gli occhi e girarti.”
 
“Vai a preparare tua sorella,” Regina diede istruzioni mentre si alzava dal letto. “Ce la vediamo noi con tua nonna.”
 
 
 
“Qual è il problema?” chiese Emma a sua madre mentre scendeva le scale, Regina immediatamente dietro di lei. “Non ho ancora avuto la mia dose di caffeina, quindi spero non sia qualcosa che richiede sforzo mentale.”
 
“Ho bisogno di parlarti,” fu la sola spiegazione che diede loro Snow White – ma il suo andirivieni, ed il modo in cui si tormentava le dita, erano chiari segni che si trattava di una questione urgente.
 
“Fai in fretta, mamma. O forse hai dimenticato perché oggi devi far da babysitter? Dobbiamo andare a fare spese per assicurarci che la nostra figlia maggiore sia una vera principessa per il ballo della scuola.”
 
“Non con te. Devo parlare con Regina.”
 
“Uh ragazze” scherzò la bionda, “ci vogliono mesi prima del mio compleanno.”
 
Ma sua madre non rise – anzi, rimase inquietantemente seria.
 
“Va bene, se dovete cominciare ad organizzarvi così presto,” proseguì Emma, “Andrò a fare una doccia.”
 
Si girò e tornò al piano di sopra.
 
 
 
“Hai intenzione di dirmi cosa sta succedendo?” chiese Regina, quando sua moglie scomparve. Guardò Snow direttamente cercando di interpretare la sua espressione. Ma tutto quello che riuscì a capire è che sua suocera non riusciva a trovare le parole. “Quando vuoi, cara.”
 
“Ti ricordi di quanto abbiamo realizzato che tu ed Emma avere il vero amore e Gold era affascinato nel dirmi che tu avresti partorito i miei nipoti?”
 
“Sì, certo che ricordo.”
 
“Penso di aver finalmente capito perché”
 
“Perché era ossessionato dall’idea di me ed Emma che concepiamo dei bambini con la magia?” Regina rise leggermente mentre cercava di seguire i filo sconnesso dei pensieri di Snow. “So già il perché…è ossessionato da noi…aveva bisogno di noi per i suoi piani contorti e malati prima ancora che nascessimo.”
 
“Ma…”
 
“Non ho più paura di quell’uomo da quasi vent’anni,” tagliò corto. “Perché sembri sul punto di svenire?”
 
Regina!” urlò Snow – facendo sobbalzare il sindaco; lo scatto fu completamente inaspettato, “Tu non capisci. Le bambine, le nostre bambine sono in pericolo.”
 
Di cosa diavolo stai parlando?
 
Regina sentì la rabbia partire alla base dello stomaco e risalirle lungo la gola. Poteva sentirne il sapore. Se doveva esser onesta, la spaventava. Era passato molto tempo da quando aveva avuto bisogno di sentirsi così – da quando aveva avuto bisogno di difendere le persone che amava da veri pericoli.
 
Era stato splendido dover difendere le sue figlie al massimo da qualche bullo nel cortile della scuola. Non era stato così con Henry. Non c’erano più pericoli in agguato a Storybrooke. Almeno, fino a quel momento.
 
Voleva uccidere sua moglie per aver portato sfortuna; per aver passato la notte precedente a lamentarsi del fatto che Charlotte non fosse mai stata messa alla prova – che le fosse andato tutto liscio.
 
Improvvisamente, Regina ebbe la certezza che non si trattava di una coincidenza. Emma era sempre stata in grado di percepire quando le cose stavano per cambiare. Ed ora capiva che l’idea, la preoccupazione che loro figlia non fosse forte abbastanza non era casuale. Il pensiero era stato inserito nella testa di Emma dallo stesso istinto materno che negava ostinatamente di avere.
 
“Non ha solo bisogno di te ed Emma,” le disse Snow, “Adesso ha bisogno anche di loro.”
 
Erano passati anni, pensò Regina, da quando aveva sentito l’oscurità come una forza così reale dentro di sé. Eppure ora la sentiva perfettamente – più oscura e più feroce di sempre.
 
“Bene” disse a denti stretti, “Posso prometterti che questo è l’ultimo errore che Rumpelstiltskin farà in vita sua.”
 
 
   
 
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