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Autore: Quinnie_Criss1601    31/10/2014    1 recensioni
Kurt ha molti limiti. Blaine ha solo limiti. La bellezza nasce dai limiti, sempre. Cosa potrà nascere quindi da un loro casuale incontro? Due ragazzi che condividono l'amore, la casa, il passato e il presente senza rendersene conto. Un racconto a due voci sui loro sentimenti, sulle loro paure, sulle loro emozioni.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Finn Hudson, Kurt Hummel, Santana Lopez | Coppie: Blaine/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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 Random meetings
 

 
 
Kurt:
 
Faceva caldo, davvero caldo.
 
Delle poche auto che percorrevano le strade di Lima riuscivo a distinguere solo ombre colorate, tremolanti. L’aria era pesante, odorava di terra secca. Cadeva minacciosa sulla mia t-shirt sudata, gravava sul paesaggio provinciale della mia città, la rendeva piatta, morta ancora più di quanto non lo fosse già.
 
Ma, nonostante l’atmosfera torrida che pareva imprigionare l’intero abitato ed incupire l’umore di chiunque ne fosse circondato, ero talmente euforico!
Finalmente io e papà avremmo lasciato la nostra dolce ma assolutamente indecente catapecchia e ci saremmo trasferiti nel grazioso appartamento degli Hudson!
 
Da quando Carol era entrata nella vita di mio padre molte delle nostre abitudini erano cambiate, era strano all’inizio, ma mi ci sono abituato in fretta. Cominciavo a trovare abbastanza piacevoli tutte le varie novità che avevano scosso positivamente le nostre, altrimenti monotone, esistenze. Mi divertiva moltissimo parlare con Carol di moda e consigliarla per eventuali outfit o tagli di capelli.
 
…E poi, poi c’era Finn…forse la novità più importante dal mio punto di vista, quella che veramente mi rendeva felice.
 
Ahh, oddio! Kurt! Basta, smettila! Quante volte devi ancora ripeterti che è solo una tua fantasia prima di convincertene! Finn è etero, soffriresti come un cane, NON può essere lui l’Amore?! Lo sai…lui non ti darà mai quello che cerchi…non può.” Continuavo a dirmi ogni volta che mi incantavo a scrutare quel suo sorriso perfetto. Spesso serviva che qualcuno mi schioccasse le dita davanti agli occhi per distoglierli da quella celestiale visione.
 
Sapevo che lui non era l’Amore, ma non potevo fare a meno di immaginare come sarebbe stato bello essere protetto da quell’ alta e robusta figura, essere consolato dal suo sguardo ingenuo e spensierato, ridere dei suoi errori grammaticali e correggerlo con dolcezza, ricevendo come benaccetto grazie, la leggera pressione delle sue labbra sulle mie.
 
Non riuscivo proprio a considerarlo come un fratello; ero troppo preso a pensare a come sarebbe stato essere amato da lui per rendermi conto che io stesso non lo amavo.
 
 
Erano le otto del mattino quando partimmo già pieni di scatoloni e buste stracolme. L’auto di mio padre per quanto grande e spaziosa fosse, sembrava scoppiare da un momento all’altro tanto era piena.
Ci sistemammo alla meglio sui sedili e partimmo entrambi consapevoli del cambiamento che stavamo affrontando, che avrebbe sicuramente sconvolto le nostre vite, ma che in quel momento non ci spaventava affatto. Dieci minuti di chiacchierata furono più che sufficienti per assicurare a papà il mio assoluto consenso al trasferimento ed anzi a fargli capire quanto fossi contento delle nuove prospettive che si affacciavano nelle nostre vite.
 
Presi dal portabagagli una delle scatole più pesanti, per evitare al mio vecchio di fare troppi sforzi. Ricordo che andavo avanti barcollando lentamente poiché il carico che avevo sollevato era molto alto e copriva completamente la mia vista. Capì di essere arrivato al portone dopo esserci sbattuto violentemente contro, con un gomito.
CAZZO! Ahi! Porca miseria non c’è un anima in questo palazzo disposta ad aprire il portone!!” urlai agitato e dolorante mentre cercavo di mantenere lo scatolone e contemporaneamente premevo insistentemente tutti i tasti del citofono.
 
 
 
 
 
Feci appena in tempo a rivolgere un altro amaro insulto al duro metallo del portone che avevo colpito per la seconda volta, quando finalmente qualcuno si decise ad aprirlo.
“ Ehi! Ecco, ecco. E’ aperto…Vuoi una mano?” disse ridacchiando una voce maschile che veniva al di là della scatola.
L’abbassai leggermente sussurrando un grazie e la poggiai contro il petto di un ragazzo, che pronto per reggere il peso pose le sue mani calde al di sotto delle mie delicatamente, permettendomi di sfilarle.
Mentre massaggiavo il braccio indolenzito per lo sforzo e le innumerevoli botte alzai gli occhi per dare una veloce occhiata di riconoscenza al mio salvatore. Mi era bastato raggiungere gli occhi del ragazzo e guardarli appena per capire che forse lo sguardo che avevo intenzione di rivolgergli non sarebbe stato poi così rapido.
 Pensai avesse all’incirca la mia età, notai che era bello, un po’ bassino, ma la cosa che mi colpì veramente fu il suo sguardo. Sembrava ingenuo, genuino quasi imbarazzato nonostante le profonde occhiaie, e contemporaneamente pareva che proprio quell’aria da imbranato gli donasse un accenno provocante nel modo in cui piegava la bocca in un sorrisetto innocente o in cui cercava di mantenere la scatola con una sola mano per poter rivolgere a me quella libera e presentarsi.
 
“Grazie mille! Davvero se non fossi arrivato tu mi ci sarei accampato sotto questo portone!”  lo ringraziai cercando di sembrare simpatico.
Figurati! Dovevo uscire ed ti ho sentito dalle scale imprecare contro noi poveri coinquilini del palazzo.” Disse posando la scatola ed alzando le mani in segno di incolpevolezza.
Penso che avrò tutto il tempo di scusarmi dal momento che mi sto trasferendo qui. Piacere Kurt Hummel!”
“ Blaine Anderson…piacere.” Disse stringendomi la mano in maniera sincera.
Beh, ora salgo o mi daranno per disperso! Ci vediamo, e grazie ancora!”
 
 
 
 
 
“ Certo, vado anche io! Ci vediamo”disse mentre il sorriso che aveva sulle labbra cresceva mettendo in mostra i denti che subito spiccavano bianchi a contrasto sul bruno di una rada e leggera barbetta.
 
 
 
 
Blaine:
 
Mi mancava il respiro disteso su quella moquette. Mi tolsi disperato la maglietta. Caldo, faceva caldo. L’affanno era sempre più profondo, come la paura d'altronde. Chiudevo gli occhi appoggiando la testa alla parete per cercare di tranquillizzarmi, ma ecco che rivedevo quel coltello, sentivo di nuovo la gelida lama sulla gola. Mi strinsi il collo, forte, forte, sempre più forte. Non cercavo di  uccidermi, volevo solo far sparire quelle sensazioni. Piangevo. A singhiozzi. Per fortuna mia madre non era in casa o si sarebbe veramente preoccupata. Mi capitava spesso di avere attacchi del genere, ma mai così potenti e reali. Risentivo tutti i calci nello stomaco, tutto il dolore, tutte le lacrime, i pugni sul naso, il sangue freddo che colava dagli angoli della bocca. La stessa paura l’avvertivo ancora, immutata. “Anf, anf…tranquillo, Blaine, lo sai…lo stai solo immaginando…” provavo a pensare mentre con le mani mi stringevo il viso sulle ginocchia cercando di asciugarmi le guancie. “Aah! No, ti prego non di nuovo. Ti scongiuro no! Aaah!” gridavo avvilito dalle visioni che ritornavano puntuali. Bastò richiudere gli occhi appena un attimo per vedere ancora quella lama che questa volta mi lambiva il fianco. Mi rivestii e corsi fuori casa senza nemmeno chiudere la porta.
 
 Mi accasciai accanto al muro per poi sedermi sul pianerottolo appena capii di sentirmi un po’ meglio. “ Forse dovrei scendere a prendere un po’ d’aria” pensai.
 
 
 
Capitava sempre più spesso negli ultimi giorni. In realtà erano passati sei mesi da quella sera, un tempo relativamente breve per superare una cosa del genere. Rivedevo così spesso quel coltellino che entrava nella coscia, superava lo strato di pelle e infilzava la carne; le due grandi mani serrate in pugni ardenti di odio che mi colpivano ovunque, senza pietà. Mi pareva ogni volta di riascoltare le mie grida, quei gemiti di  dolore acuti che venivano completamente ignorati dai passanti. Ripensavo ogni volta, come in quel momento, di meritarmi la crudeltà e l’indifferenza ma soprattutto il disgusto che le persone mostravano solo guardando quella scritta sul muro alle mie spalle, solo guardandomi negli occhi.
 
Per fortuna c’era Finn, quando ero con lui non mi succedeva nulla, ero stranamente sereno. Anche soltanto quando giocavamo a basket e mi guardava sorridendo soddisfatto dall’alto dei suoi 192 cm mentre saltava raggiungendo l’ultimo canestro per la vittoria, mi faceva sentire sicuro, protetto proprio da tutte le sensazioni che più mi avevano spaventato.
Mi pareva che solo una cosa potesse sfuggire alle braccia forti del mio migliore amico: io. Sentivo come se riuscisse a comprendere tutto ciò che avevo subito, ma non ciò che ero io realmente. Vedeva anche lui soltanto un povero ragazzo maltrattato, che ne aveva passate tante, che aveva bisogno di aiuto e sostegno. Stop. Si fermava anche lui solo alla superficialità. E questo, a dire la verità, mi bastava per considerarlo la mia prima cotta segreta.
 
 
Scesi i sette piani di scale lentamente mentre mi asciugavo bene gli occhi offuscati di lacrime. Già dall’ultima rampa iniziai a sentire degli strani urli venire da fuori.
 Qualcuno voleva gli fosse aperto il portone. Una voce alquanto bizzarra, con una punta acuta e quasi femminile imprecava in maniera  elegante, ma insofferente contro noi abitanti del palazzo.
 
Ridacchiai, quasi dimenticando il brutto attacco di poco prima.
 
Aprii il portone e mi ritrovai di fronte un ragazzo alquanto esile che trasportava un enorme scatolone, il quale lo copriva completamente. Trattenni a stento una risata e feci in modo che mi passasse la scatola. La poggiai a terra e riuscii a vederlo. Aveva circa la mia età, era magrolino e leggermente più alto di me. Si aprì in un sorriso presentandosi, come volesse rispondere al mio sguardo incuriosito. Prestavo attenzione alle parole che usava ma soprattutto al tono con cui me le rivolgeva. Amichevolmente certo, ma con giusto una punta di ironia e di malizia che riuscirono a farmi sorridere di gusto più di una volta durante quei brevi momenti.
 
Si stava trasferendo nel palazzo, ecco spiegato lo scatolone. “ Devo dirlo a Finn” pensai “ magari lui ne sa più di me” . Ci salutammo con un caloroso “ci vediamo”  forse anche un po’ troppo animato
per due sconosciuti che si incontrano per la prima volta.
 
Non ci feci caso più di tanto e, nonostante mi fossi calmato completamente, cominciai quella che sarebbe stata una lunga e piacevole passeggiata.
 

 
 
Quinnie’s corner:
 
Ehilà! Dopo una settimana esatta, ancora non ci credo che la sto pubblicando questa specie di cosa contorta. XD
 
Cooomunque, ecco il primo capitolo nel quale, naturalmente si aprono una serie di interrogativi che saranno poi risolti nel corso della storia. :)
Prima di salutarvi devo innanzitutto ringraziare tantissimo tutte le anime pie che hanno letto il prologo e che hanno seguito la storia, non sapete quanto sia stata felice di sapere che c’era qualcuno che mi cacava.Vi voglio sinceramente bene :')
 
Qui sotto vi lascio un piccolo spoiler :3
A venerdì prossimo! (Si, aggiorno ogni venerdì c:)
 
Spoiler: Fu a quel punto che sussurrò un “oh” di sorpresa, ma che contemporaneamente sembrava segno di delusione. Non avevo idea del perché quell’informazione l’avesse spiazzato…
   
 
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