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Autore: Rosalie97    31/10/2014    3 recensioni
Quello era il giorno dei fantasmi, e lei di fantasmi ne sapeva molto. Doveva sopportarne uno tutti i giorni.
Ma non avrebbe mai pensato che si sarebbe sacrificata per lui.
Genere: Comico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alejandro, Duncan, Heather, Zoey | Coppie: Alejandro/Heather
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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The livelong day there's a voice in my cry
Uscì dalla piccola stanza dalle pareti bianche e dall’aspetto austero afferrando la maniglia color oro ed aprendo la porta con un singolo gesto. Quella mattinata era stata orribile, prima si era beccata una nota, poi era andata male al compito di matematica, ed adesso l’aveva convocata la preside per dirle che era molto delusa dal suo ultimo andamento scolastico. “Che giornata del cazzo” pensò, con un linguaggio alquanto scurrile, mentre si mordeva il labbro inferiore. La campanella era appena suonata, e tutti gli studenti della Cernic Hall stavano uscendo dalle classi e riempivano l’atrio.
Quando finalmente riuscì a sgusciare fuori dall’ammasso di ragazzi e ragazze davanti alla porta principale e a trovarsi fuori all’aria aperta, non fece in tempo a tirare un sospiro di sollievo che la pioggia cominciò a cadere dal cielo plumbeo. Faceva freddo, molto freddo, e lei indossava solo una lunga canotta bianca con il disegno di una cassa toracica ed una giacca color verde militare. Ma almeno i collant a righe verticali bianche e nere e i piccoli stivaletti neri le tenevano abbastanza caldo. Purtroppo però ora stava piovendo, ed in cielo non c’era minima traccia del sole, e lei ovviamente era senza ombrello.
“Dannato 31 ottobre, giuro che ammazzo tutti” si guardava attorno, mentre gruppetti di ragazzi della sua età si allontanavano da scuola o si fermavano a fumare una sigaretta. C’era chi era già vestito, chi da vampiro, chi da zombie, e c’era persino un Babbo Natale. Una ragazza era vestita da gattina, con vestiti molto succinti, e lei emise un verso disgustato. Quelle come lei le facevano venire la nausea. C’era chi si metteva d’accordo per la serata, chi distribuiva biglietti per la sua festa esclusiva, o chi semplicemente se ne stava da solo a fumare.
C’era un ragazzo, seduto sopra il basso muretto appena davanti l’entrata della scuola, che guardava il cielo plumbeo con sguardo serio. Il viso era distorto in un’espressione che sembrava dolorosa. Era carino, e lei lo aveva visto in giro per la scuola molte volte, ma questo non era importante. Lei voleva solo un dannatissimo ombrello.
Si diresse da lui e gli disse: << Sono senza ombrello. >> Lui abbassò lo sguardo e la guardò.
<< Fatti tuoi >> rispose infine con fare noncurante.
<< Ha-ha-ha. Vorrei tornare a casa non completamente inzuppata di pioggia. >>
<< Ed io vorrei trovare diecimila dollari in banconote da venti, ma purtroppo non sempre abbiamo ciò che vogliamo, non trovi? >>
<< Oh smettila di fare lo stronzo ed accompagnami a casa. >>
<< Cos’è, una richiesta? >> la guardò con un sorrisetto, e lei gli diede una spinta che quasi lo fece cadere all’indietro. Lui però fu svelto e si aggrappò con la mano destra al palo posto lì accanto. << Okay, okay >> disse, ridendo ed alzando le mani, << mi arrendo. >>
Buttò a terra la sigaretta, balzò in piedi e poggiò un piede avvolto in un anfibio nero sopra il mozzicone.
Alzò lo sguardo su di lei ed i loro occhi si incrociarono. Per un millisecondo, lei vide lo sguardo di lui negli occhi del dark, ed indietreggiò. No, non poteva essere.
<< Ehi, che hai? >> chiese lui aprendo le braccia, vedendola spalancare la bocca e rimanere spaventata.
<< Io… Tu… lui… Niente! >> urlò, per poi voltarsi e scappare sotto la pioggia. Sulla spalla destra portava la spallina, che in quel momento stringeva con forza, della borsa a tracolla che usava per scuola.
Quando giunse a casa, aprì di fretta il cancello bianco di legno ad assi incrociate e lo richiuse con forza. Giunse poi fino alla porta d’ingresso, dove poggiò la schiena. Alzò il viso verso il cielo, che in quel momento era impossibile scorgere per via del tettuccio di legno che era stato ideato da suo padre quando la casa era appena stata creata. Scivolò lungo il legno bianco e liscio della porta, fino a sedersi per terra sui gradini di pietra grigi.
<< Non trovi sia strano che io scappi a casa ogni volta che ti vedo? >> disse con voce sarcastica, ridendo. Non era ancora entrata in casa, ma sapeva che lui poteva udirla, i suoi poteri erano amplificati il 31 ottobre ed il primo di novembre. Rise tra sé e sé, per poi alzarsi in piedi e con le chiavi aprire la porta.
Andò fino in cucina, e sopra il ripiano di marmo grigio poggiò la borsa e le chiavi di casa.
<< Sono tornata >> disse, ed udì una risatina. Sua madre non sarebbe tornata prima delle sette di sera, e quindi sarebbe stata sola con lui tutto il giorno. Udì un’ennesima risatina. Alzò lo sguardo e si bloccò. Era femminile.
Con passo felpato raggiunse le scale, che salì lentamente, attenta a non far rumore. I suoni giungevano dalla camera degli ospiti, e quando lei aprì di scatto la porta, urlò:
<< Ha-ha! >>
Lui alzò gli occhi su di lei, mentre la ragazza si copriva in tutta fretta.
<< Ti diverti eh? Nella camera degli ospiti poi. >> Replicò, e lui sbuffò.
<< Oh andiamo, volevo solo divertirmi, tu non me lo lasci fare! >>
<< Cosa non ti lascio fare? Casomai sono io che decido che non farò mai tali cose con te! Accidenti, sei un diavolo di fantasma! >> Urlò, e lui sbuffò di nuovo. << Dimmi che è un fantasma pure lei… >>
<< Ovvio >> rispose, scattando in piedi, ed Heather si voltò di scatto per non vederlo.
<< Accidenti! Ma nasconditi ogni tanto! Un po’ di pudore? >>
<< Oh andiamo, finiscila. >> La rimbeccò lui. << Ti ho detto cos’eri nella tua vita precedente. >>
<< Oh aspetta, ricordo… >> disse lei sarcastica, << ero una dama dell’Ottocento, e tu eri mio marito… Beh, la sai una cosa? Questa balla colossale che ti sei inventato può essere vera tanto quanto gli unicorni che vengono qui volando da Narnia per trovare Cersei Lannister e donarle una parrucca con i capelli di Voldemort! >>
<< Accidenti quanto sei nerd >> commentò lui disgustato.
<< Ehi! Io non sono nerd! >>
<< Ma se hai fatto solo citazioni! Se tu non sei nerd io sono brutto. E chica >> comparve al suo fianco, ora vestito con dei pantaloni trovati chissà dove, << io sono un super modello. >>
Lei emise un verso disgustato. << Ma non potevi restartene nell’aldilà?! >> Gli urlò dietro lei mentre lui si allontanava, scendendo le scale.
<< Nah, qui è più divertente! >> gridò Alejandro in risposta. Heather si voltò verso la ragazza fantasma che se ne stava tra le coperte del letto, e sbuffò.
<< Tu com’è che sei morta? >>
Lei aveva gli occhi spalancati ed un’espressione che chiaramente faceva intendere quanto lei si sentisse un pesce fuor d’acqua. << Annegamento >> rispose.
<< Oh beh. >> Commentò Heather. << A lui gli ho sparato >> commentò indicando con un pollice alle sue spalle, per poi voltarsi ed andarsene.
 
La ragazza morta se ne era andata da qualche ora, forse due, forse tre, Heather non lo sapeva. E sinceramente, non le interessava. Quel fantasma faceva sempre quello che voleva, si era praticamente impadronito di casa sua. Era entrato ufficialmente nella sua vita dall’estate precedente, ma lei sapeva che aveva vegliato su di lei per molto, molto tempo, sin da quando lei era piccola. Le aveva raccontato quella storia sul loro passato, su come lei scoprendolo a tradirla lo aveva ucciso con una pallottola in piena fronte ed avesse fatto incolpare la domestica, dipingendola gelosa dell’amore che l’uomo aveva provato per la moglie.
<< Sin dall’inizio dei tempi sei stata una donna crudele e senza cuore, mi amor >> le aveva detto poggiandosi una mano sul petto, all’altezza dell’organo che ormai non batteva più, con un sorriso malinconico e felice in volto. Non capiva come lui potesse ancora amare quella donna, che a detta sua era lei, se lo aveva ucciso. “Sinceramente”, pensò Heather, “lo ammazzerei di nuovo.”
Se ne stava seduta sul suo letto dalle calde coperte bianche, con le braccia avvolte attorno alle gambe e la fronte poggiata sulle ginocchia. Stava piangendo, singhiozzava piano. Solitamente, Heather non era una che si faceva prendere dalle emozioni, non piangeva e non si lasciava trasportare, se non dalla rabbia e dall’odio. Ma ultimamente le cose erano cambiate. Vedeva Alejandro, che era stato un giovane conte molto ricco, nell’Ottocento, tornare a casa con una ragazza nuova ogni giorno, tutte fantasmi come lui, e questo le dava sui nervi. Lo ospitava, era iniziato tutto quando lei lo aveva chiamato quell’estate, dopo un sogno incredibile in cui l’aveva visto, e lui era comparso. Era sembrato tangibile, vivo e vegeto come un essere umano in vita, ma presto aveva scoperto che solamente lei poteva vederlo. Agli occhi della madre, lui non esisteva. E solo lei poteva udirlo e sentire il suo tocco.
Odiava vederlo portare a casa sempre una ragazza diversa. Se lei era stata davvero sua moglie e l’aveva ucciso per adulterio, cos’era quel comportamento? Un modo per vendicarsi oppure un prenderla in giro gratuito? Se avesse potuto, l’avrebbe strangolato con le sue mani.
Inoltre, ultimamente le cose andavano male. Era sola, non aveva amici, se non per Zoey, la sua migliore amica, che sapeva tutto di Alejandro, anche se non poteva vederlo. Con la scuola andava male, non riusciva a concentrarsi e prendeva brutti voti.
Fu scossa da un forte singhiozzo, e proprio nello stesso istante, sentì una mano poggiarsi sulla sua schiena. Il tocco era freddo e compatto, come se fosse stata fatta di marmo.
<< Shh, va tutto bene, mi amor >> le disse con voce dolce. << Yo estoy aquì >> disse con voce gentile, sussurrandole le parole all’orecchio nella sua lingua madre. << Sono qui, florecilla >> disse il termine “fiorellino” con voce debole, quasi sofferente.
Heather solitamente non si sarebbe lasciata trattare così, non si sarebbe lasciata chiamare in quel modo da un simile idiota, non si sarebbe mostrata così debole da piangere in sua presenza, ma ultimamente le cose andavano troppo male perché lei lasciasse correre ed affrontasse tutto a testa alta. Era stanca. Soprattutto del comportamento di quel fantasma.
<< Odio quando fai così >> disse asciugandosi una lacrima con il dorso della mano destra e sorridendo piano.
<< Lo so, perché credi che continui a farlo? >> lui sorrise con un ghigno, per poi raddrizzarsi in piedi e raggiungere la porta. << Vado a mangiare un po’ di cibo fantasma, vieni con me? >>
<< A volte la tua intelligenza mi stupisce >> disse lei sarcastica. << Se supero il velo non torno, genio. >>
<< Già, ma vedi il lato positivo, almeno potresti strangolarmi con le tue mani >> fece un sorriso a trentadue denti, per poi schioccare le dita e scomparire nel nulla.
Growing like fire, (it brings) scorn to my smile
Heather se ne stava seduta sul divano, con una tazza di the caldo in mano e con una coperta a coprirle le gambe quando il telefono di casa, poggiato sul basso tavolino di legno di noce posto lì accanto, suonò. Era sua madre.
<< Tesoro, mi spiace davvero tanto. >>
<< Cosa è successo? >> Chiese lei allarmata.
<< Non posso tornare a casa stasera. Mi hanno assegnato anche il turno di notte, quindi non farò in tempo a tornare… Mi spiace. So che avevamo dei programmi, ma è il lavoro… >> la donna, dal tono di voce, sembrava molto addolorata e delusa.
<< Oh… Beh, tranquilla, mamma. Se è lavoro è lavoro, non posso farci nulla. >> Quando chiusero la telefonata, Heather si distese sul divano, poggiando la testa sul bracciolo. Ed anche quel piano era saltato. Inoltre, erano le cinque e mezzo del pomeriggio, dove diavolo era finito Alejandro? << Bah, >> commentò tra sé e sé, << starà ancora a fare il pollo con quelle stupide ragazze fantasma. >>
Il campanello d’un tratto suonò, facendole venire un infarto. “Accidenti, riuscirò mai a finire di vedere questo dannatissimo film in santa pace?!”
<< Chi è?! >> urlò, ed in risposta, nel silenzio della casa, dato che aveva abbassato il volume del televisore, si udì un:
<< Sono io! Zoey! >>
<< Le chiavi ce le hai! >> In meno di un minuto, la ragazza canadese entrò come un tornado in casa e, dopo aver poggiato la borsa sul ripiano della cucina, raggiunse Heather.
<< Okay, tu non hai idea di cosa è successo! >> Sembrava elettrizzata.
<< Cosa? >> chiese svogliata l’altra sbadigliando ed alzando il volume del televisore.
<< Due. Parole. Mike. Shelter. >> sembrava stesse per esplodere, tanto saltellava. Per una volta, Zoey teneva i capelli sciolti, che le ricadevano in ciocche color sangue sulle spalle e le incorniciavano il bel visino a cuore dalla pelle diafana. Heather inarcò un sopracciglio. << Mi ha chiesto di uscire! >>
<< Oh, wow. >>
<< Accidenti, sei la migliore migliore amica che possa esistere, Heaty. Non so come potrei fare senza di te >> commentò l’altra sarcastica, squadrando l’asiatica che se ne stava distesa comoda comoda.
<< Già già. >>
<< E tu, novità? >> chiese Zoey sospirando e poggiando i palmi delle mani aperte sui fianchi stretti.
<< Beh… Ho trovato l’idiota a letto con un’annegata e poi l’ho perso. >>
<< Cosa?! >> scattò la rossa, al contrario di Heather, che sembrava più tranquilla che mai. << Che vuol dire che l’hai perso?! >>
<< Niente. Se ne è andato chissà dove nell’aldilà e non torna da >> alzò il braccio destro e guardò l’orologio che portava al polso, << qualche tempo. Non che mi freghi. Si starà facendo una bruciata viva. >> Scosse le spalle, mostrandosi indifferente. In realtà, la cosa le dava alquanto fastidio. Come si permetteva quell’idiota di andare con qualunque ragazza fantasma incontrasse? Va bene che non aveva più niente da perdere, aveva l’eternità davanti e sarebbe stato impossibile per loro avere una relazione stabile, ma accidenti, glielo spiattellava davanti agli occhi ogni volta che poteva!
<< E non ti interessa? >>
<< No >> confermò lei.
<< Sai che io non ti credo minimamente? >> disse Zoey con un sorrisetto, ed Heather voltò piano la testa per guardarla negli occhi. Cominciò a parlare lentamente, dicendo:
<< Quell’idiota può an… >> ma non fece in tempo a finire che fu interrotta da un colpo secco. Tutto accadde improvvisamente e velocemente. Accanto a lei comparve un vortice viola e nero, simile a un buco nero, e nella stanza cominciò a fare freddo, molto freddo. Si udì un urlo, mentre dal vortice usciva un vento freddo che tentava di portare con sé Heather.
<< Oddio, Heaty! >> Urlò Zoey.
<< Zoey! >>
<< Heather! >> stavolta la voce era quella di Alejandro, che chiamava disperato la sua anima gemella. << Aiutami! >>
<< Ma… Era… Alejandro?! >> Le due si guardarono, confuse, mentre Heather, in piedi, tentava di tenersi ancorata al divano con le mani, e con i piedi attaccata al pavimento. I suoi lunghi capelli neri venivano alzati nel vento causato dal vortice.
<< Aiuto! Stanno tentando di uccidermi! >>
<< Alejandro! >> urlò di rimando.
<< Cosa hai intenzione di fare?! >> urlò Zoey, che intanto era indietreggiata e si teneva al ripiano di marmo della cucina.
Heather guardò la sua migliore amica, disperata, con un’espressione che chiedeva chiaramente “capiscimi, ti prego”. << Devo! >> urlò, prima di lasciarsi andare e venire risucchiata dal vortice. Zoey fece in tempo a guardarla negli occhi un’ultima volta prima di urlare:
<< No! >>
Time lengthens the night, and shortens the day
The ghosts I host don't seem to go away
Sentiva il terreno sotto la guancia destra, mentre stava distesa a terra. Teneva gli occhi chiusi, il sonno era pesante e sembrava non volerla lasciare andare dal suo abbraccio mortale. Mortale soprattutto in un luogo come quello.
Quando finalmente riuscì a sollevare le palpebre mise lentamente a fuoco il luogo che stava attorno a lei. Era per lo più paludoso. Il terreno era quel poco fangoso, in alcuni punti, da far sembrare avesse appena piovuto. Ciuffi d’erba secca erano irti qua e là, e piccoli laghetti stagnanti più simili a grandi pozzanghere emanavano puzzo di stantio. Da terra si alzava una nebbiolina verde alquanto inquietante, ed Heather si sarebbe aspettata che dal nulla potesse comparire il mostro di Frankenstein o magari qualche altra orribile creatura. Come se Alejandro già non bastasse, si era persino lanciata nell’aldilà per andare a recuperare quel fannullone. Da lì in avanti non sapeva che cosa avrebbe potuto fare.
Faceva molto freddo, ed Heather, una volta che si fu alzata in piedi, si strinse nella maglia grigia di lana.
<< E così è questo l’aldilà… >> commentò tra sé e sé, non aspettandosi la risposta che invece le giunse:
<< Esatto, mia dolce fanciulla del sole nascente. Noi qui siamo tutti morti, una bella giovane viva e dal sangue caldo non dovrebbe trovarsi in questo luogo orribile. >> Era la voce di un ragazzo. Era melodica, quasi poetica. << Noi siam creature della luna calante, per quale arcano motivo ci allieti con la tua presenza, mia lady? >> le parole che usava erano alquanto strane, ma probabilmente quel tipo doveva essere morto da un bel pezzo.
Heather puntò i suoi occhi color antracite su di lui. Era alto, la pelle era dipinta di nero e bianco, i due colori andavano a formare il disegno di uno scheletro. Aveva folti capelli neri, rigati da una ciocca di verde, e sopra il sopracciglio sinistro aveva un piercing di metallo.
<< Ma che diavolo… >>
<< Attenta ad invocarlo, non ci mette poi molto a raggiungerti eh, mia dolce donzella. >>
Il volto di Heather si distorse in un’espressione irata, e la ragazza si diresse direttamente dal giovane e lo prese per il colletto della camicia. << Senti, scheletrino morto da quattro soldi, chiamami ancora “dolce donzella” e ti faccio vedere io quanto sono dolce, a suon di calci in culo! >> fece una pausa, mentre lui la guardava spaventato. << Ci siamo capiti?! >>
Deglutì a fatica. << Uhm… Si… >>
<< Bene >> lo lasciò andare e fece un cenno del capo. << Ora dimmi dove diavolo devo andare. >>
<< Dipende dal luogo in cui devi dirigerti. >>
Lei lo fulminò con un’occhiataccia.
<< Ehi, ehi, tranquilla >> alzò le mani. << Dove devi andare? >>
<< Devo trovare il conte Alejandro Burromuerto. >>
<< Oh si, presto sarà molto “muerto” >> quando fece la battuta, lei lo guardò male.
<< Oh ma che hai? Hai mangiato un panino rancido o sono quei giorni del mese? >>
<< Ma tu senti questo! >> urlò lei. << E tu cos’è, ti sei mangiato un dizionario? >>
<< Ha-ha-ha ti credi simpatica? >>
<< Ti credi intelligente? >> lo rimbeccò.
<< Tusché >> disse lui con un sorriso. << Il tuo conte è in pericolo. >>
<< Il mio conte? >> Era incredula.
<< Non eri te quella che chiamava? >>
Lei abbassò lo sguardo. << Si, ma come lo sai? >>
<< Sono l’”addetto” all’entrata. Insomma devo stare qui ad accogliere tutti i nuovi arrivati, dare indicazioni, stare attento che non escano troppi fantasmi o ne entrino troppi eccetera eccetera. Una grande rottura insomma. >>
<< Oh… Beh, fatti tuoi. Sai dirmi dove è andato? >>
<< Ancora meglio, ti ci so portare. >>
<< Ma non devi stare attento all’entrata? >>
<< Orsù, è il 31 ottobre. Tra oggi e domani hai idea di come il velo sarà violato da entrambe le parti? Il mio lavoro è inutile ques’oggi. >>
<< E allora che stai qui a fare? >> Heather inarcò un sopracciglio.
<< Beh, non ho alcun posto dove andare >> alzò le spalle. << Ti ci posso portare, posso aiutarti a salvarlo. >>
Lei parve pensarci su per qualche istante. Infine disse: << Siamo ancora qui? >>
 
Stavano camminando da un bel po’, ed il paesaggio attorno a loro non era cambiato di una virgola, se non per l’erba secca e tendente sia al giallo che al marrone, che ora si ergeva in alti fili. Impediva loro di vedere in lontananza, e quindi di scoprire se qualcosa o qualcuno si stesse dirigendo da loro.
<< Il tuo deve veramente fare schifo, di lavoro >> disse Heather, ed il morto la guardò.
<< Pensa al tuo, viva >> lo disse come un insulto.
<< Viva? Sul serio? Questo è il massimo del tuo repertorio? >>
<< Accidenti, sei peggio dei fantasmini dispettosi. Riesci a chiuderla una volta tanto quella bocca o devi parlare per forza? >>
<< Vedi, mi diverte assillarti >> commentò lei con un sorrisetto.
Lui le lanciò un’occhiataccia.
<< Oh accidenti, che permaloso >> lei volse gli occhi avanti a sé, sul sentiero che stavano seguendo e che in un passato lontano era stato lastricato. Le piastrelle che erano rimaste erano poche e sbeccate, ricoperte di terra marrone e rovinate dal tempo. Del disegno del fiore rosa centrale non era rimasto poi granché.
Continuarono a camminare in silenzio, diretti al luogo dove era stato portato il conte Alejandro.
I've got my reasons
To burn the world
Reasons all my own
Alejandro stava scalciando, cercando di liberarsi dalla stretta di quei fantasmi che lo avevano portato via contro la sua volontà. Tentava di scappare, più volte aveva provato, ma tutti i suoi tentativi si erano rivelati fallimentari.
<< Che cosa volete da me?! >> urlò quando lo fecero sedere di schianto su una sedia di legno. Gli legarono le mani dietro lo schienale, così che non potesse muoversi né fuggire.
<< Tu… Dovresti vergognarti >> disse quello che apparentemente era il capo del gruppo. Erano quattro uomini, più o meno della sua età, sui ventisei anni. Lo avevano portato sulla vetta di un vulcano, ed all’interno del cratere, poco distante da loro, il magma ribolliva.
<< Cosa?! >> urlò lui. Faceva molto caldo in quel luogo.
<< Attaccarti così ad un’umana, che per di più ti ha ucciso… >> il fantasma fece segno di no con la testa, deluso. << Ed anche molto più giovane di te… Abbandonare così il tuo mondo per una viva. >>
<< Ho le mie ragioni! >> Urlò Alejandro.
<< Si, lo so. >>
Alejandro lo fulminò con lo sguardo, aveva capito con chi aveva a che fare. Pazzi. Fantasmi che credevano che un fantasma non potesse e non dovesse abbandonare l’aldilà.
<< Forse dovrei fargliela pagare, magari riesco ad ucciderla >> disse con un sorrisetto.
<< Tu non la toccherai >> il tono di Alejandro era grave.
<< Altrimenti? >>
<< Te la farò pagare. Ti ucciderò nel modo più lento e doloroso possibile. >>
L’altro scoppiò a ridere, << Ma come mai tutto questo odio per un fratello fantasma? È solo una viva dopotutto. >>
<< Io. La. Amo. >> Alejandro scandì bene ogni parola, e seppe di aver fatto un errore quando l’altro rispose:
<< Oh, non avresti dovuto dirlo. >>
A stitch by which I'm attacked
To this world of bone
<< Perché mai un fantasma dovrebbe voler rischiare la sua seconda vita per una viva? Non lo comprendo, non c’è alcun motivo logico! >>
<< Giuro che ti ucciderò! >> urlò Alejandro, con un occhio nero. Lo stavano picchiando, e per quale motivo? Perché amava la sua anima gemella, la stessa che lo aveva ucciso e che ora era viva. Stava soffrendo, fisicamente e nel cuore, ma restava fermo nella sua posizione.
Odiava quel mondo, quel mondo vuoto e fatto di ossa, dolore eterno e morte.
A day for ghosts
Heather intanto stava nascosta, ad osservare la scena. Sentiva ogni cosa che i due si dicevano.
<< Dobbiamo fare qualcosa >> disse al ragazzo morto che aveva scoperto chiamarsi Duncan.
<< E cosa? >> la rimbeccò lui. << Se andiamo là ci ammazzano, per la seconda vol… >> mentre parlava, si bloccò. << Ma certo. >>
<< Cosa? >> disse lei.
Lui cominciò a sorridere.
<< Oh, piantala di fare così! Voglio saperlo anche io! >>
<< Tu! Tu non sei morta >> disse.
<< Ma dai? Bella scoperta, genio >> sbuffò lei. << Sei inutile. >>
Lui roteò gli occhi. << No, non hai capito. Tu non sei morta, non possono farti nulla, anche se sei nell’aldilà. Tu non sei di questo mondo, tecnicamente non sei ancora morta. >>
<< Cosa? >>
<< Ti spiego. È come per un fantasma nel mondo dei vivi. Non può farti del male fisicamente, con le sue mani, e tu non puoi fargli nulla. Ma se è intenzionato può farti impazzire. >>
<< Un po’ come Alejandro? >> sbottò lei con un sorrisetto.
Lui la guardò privo d’emozione in viso. << Può muovere oggetti e altro, per farti diventare pazza, ma non può toccarti e tu non puoi toccarlo senza non sentire nulla. A parte per Al, voi due siete anime gemelle, quindi valgono regole diverse. >>
<< Capisco… E? >>
<< So come possiamo liberarlo. >>
<< Come?! Non tenermi sulle spine! >>
Duncan sorrise malizioso, << Dandogli fuoco. Ucciderai un fantasma nel giorno dei fantasmi >> sorrise di nuovo, per poi voltarsi e correre via.
Laws dissolve to reveal wonder
As they open up to pull me under
And I will put my terms to the test
To put the ghost to rest
Con la torcia in mano, Heather si erse sulla cima piatta del vulcano. << Ehi, brutto bastardo d’un fantasma che non sei altro! >> Urlò, e tutti i presenti si voltarono verso di lei. Duncan era ben nascosto, secondo il piano. Lei era l’unica che poteva salvare Alejandro, ora legato a quella sedia e sanguinante.
<< Heather?! >> Urlarono sia Al che il fantasma che lo stava picchiando. L’estraneo puntò i suoi occhi sulla torcia.
<< Che cosa vuoi fare con quella? >> Chiese con un sorrisetto. Era troppo distante perché lei potesse colpirlo.
<< Oh, nulla, solo darti fuoco. >>
Lui rise. << E come credi di farlo? >>
<< Uhm… Così. Duncan! >> Urlò. Il fantasma comparve dal nulla, alle spalle dei fantasmi alleati di quel pazzoide, che non si accorsero di nulla finché le fiamme non li avvolsero completamente. Cominciarono a correre, in direzione degli altri. Presto anche il terzo fantasma prese fuoco, ed Alejandro era circondato da quei corpi che mandavano lunghe lingue di fuoco ovunque. Il capo della banda tentava di schivarli, spostandosi velocemente, e ci stava riuscendo, ma fece un errore madornale. Rivolse le spalle ad Heather, che corse verso di lui silenziosa ed aggraziata come una volpe ed accostò la torcia fatta con gli steli secchi d’erba alla sua testa e gli diede fuoco.
Prima di trasformarsi in una “torcia fantasma”, l’uomo urlò: << No! >>
Presto i quattro cominciarono a sciogliersi sul posto, mentre ancora correvano di qua e di là. Alejandro, legato alla sedia, si guardava attorno con occhi spalancati e pieni di paura, spaventato da quelle lingue di fuoco. Tutti i fantasmi sanno che il fuoco, nell’aldilà è l’unica cosa capace di eliminarti per sempre.
Anche quando i quattro si furono sciolti del tutto, divenendo pozzanghere liquefatte a terra, i tre rimasero in silenzio a guardare per terra. Duncan senza emozione in volto, Heather soddisfatta ed Alejandro ancora spaventato. Tra un po’ gli occhi gli sarebbero usciti dalle orbite.
<< Ehi, tutto okay? >> Disse Heather.
<< Tu… Cosa… Li hai uccisi! >>
Lei sorrise, << Esatto. Ho messo quei bei quattro fantasmini a riposo! >> a quella battuta, nessuno rise, a parte Duncan, che sghignazzò.
<< Ma ora sei bloccata qui! >>
<< Cosa? Perché li ho uccisi? >>
<< No macché >> replicò lui infastidito. << Perché hai oltrepassato il vortice! >>
<< Ma tu urlavi il mio nome! >>
<< Ma se ti dicessi di buttarti da un ponte faresti pure quello?! Non dovevi farlo! >>
<< Ma sembravi spaventato! A morte! >> nessuno notò la battuta di cattivo gusto.
<< Ma ora sei bloccata qui! >> Sembrava disperato, mentre si chinava in avanti verso di lei. La guardava fisso negli occhi. << Le leggi di questo mondo sono chiare. Una volta che ci entri, se sei vivo, rimani qui! Heather, accidenti, perché ti ho chiamato?! >>
<< Oh avanti, senza di me saresti morto. Di nuovo. >>
<< Ma ora lo sei anche tu! Cioè, sei viva tecnicamente, ma sei morta per il mondo reale! Passerai l’eternità in questo luogo, te ne rendi conto?! >>
Improvvisamente, quella consapevolezza la colpì. Cosa aveva fatto? Guardò Alejandro. Si era condannata da sola. Vide nei suoi occhi color verde smeraldo molta paura, oltre che tristezza, ma anche una traccia di felicità, di vittoria, e qualcosa in lei cambiò. “Al diavolo,” si disse, sperando di non invocarlo. Finalmente ora poteva stare con Alejandro.
<< Le leggi sono chiare. Il vortice si è aperto e ci sei entrata, e poi si è chiuso alle tue spalle. Non hai più alcuna via di scampo. >>
Si guardarono per qualche istante, poi lei spalancò le labbra ed esordì in un: << Ma chi se ne frega! >>
<< Come chi se ne frega?! >>
<< Tanto odiavo quel posto. E poi, non dire che tu non sei felice di avere la possibilità di passare il resto dell’eternità con me. Te lo leggo negli occhi, falso egoista >> alzò verso di lui la torcia, sulla quale ancora qualche fiamma ardeva. Sorrise, e lui la guardò incredulo, per poi far cadere in avanti la testa e sospirare.
<< Ci rinuncio, non ti capitò mai, mi amor. >>
<< Saremo insieme, non era questo quello che volevi? >> lo punzecchiò lei. Intanto Duncan se ne stava in disparte, a guardare la scena con un’espressione perplessa. Era lui a non comprendere quei due.
<< Si… >> iniziò Alejandro, ma lei lo interruppe, mentre si dirigeva da lui per slegarlo:
<< Ma la sai una cosa? >>
<< Cosa? >> chiese lui perplesso, massaggiandosi i polsi, ora liberi dalla corda. I loro volti erano pericolosamente vicini, e loro si stavano guardando negli occhi.
Gli puntò un indice contro: << Se ti becco con un’altra anche stavolta t’ammazzo di nuovo. >> Sorrise compiaciuta: << Ma stavolta invece che spararti giuro che ti cucino a puntino come un wurstel. >>
  
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