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Autore: Apricot93    31/10/2014    1 recensioni
Dal Cap. 9:
«... E voglio una persona che non si aspetti sempre il peggio da me, Rae, perché non me lo merito».
Non voglio stare con te. Avrebbe potuto dirmi questo e non avrebbe fatto differenza.
Non posso neanche controbattere. Con cosa poi? Ha ragione su tutta la linea, io lo so che Finn merita tutto questo «e pensi che lei sia questa persona?».
Sorride, un sorriso amaro che gli deforma le labbra in una risatina canzonatoria «è l'unica parte del discorso che hai ascoltato?».
Dal Cap.10: (Finn's POV)
«Sei peggio di una bambina dell'asilo, Rae» e mi sei mancata per tutto il tempo in cui sei stata via «ma sei adorabile...» le avevo sussurrato all'orecchio avvicinandomi di un passo.
Le sue guance erano avvampate all'istante, immediate come l'allegria che aveva spazzato via il mio nervosismo.
Che mi fossi imbarazzato anch'io, però, non l'avrei ammesso nemmeno sotto tortura.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Archie, Chloe Harris, Finn Nelson, Kester, Rae Earl
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 2: Il Viaggio

Stamford, 12 Novembre


Finn's POV

«Allora, ti alzi o devo buttarti giù dal letto? Ti ricordo che sei stato tu a chiedermi di chiamarti a quest'ora, se vengo lì non sarà piacevole Finn...» rimbrotta mio padre dalla cucina mentre si prepara la colazione.
Valuto l'ipotesi di rispondergli e fargli notare che sono già sveglio, ma al momento il dovere mi chiama, sto finendo una cassetta per il viaggio e sono troppo concentrato.
Non ho chiuso occhio stanotte, ho continuato a sbattere la testa contro un maledettissimo foglio di carta con l'intenzione di scrivere una lettera a Rae ma i risultati sono stati pessimi, nulli. Il foglio è rimasto pulito, privo del minimo abbozzo di pensiero, mentre il cestino straborda carta straccia.
«Ci penserò durante il viaggio» mi dico, dopotutto 4 ore e mezza di viaggio non sono poche, mi verrà in mente qualcosa.
Afferro l'ultimo disco degli Smiths e aggiungo l'immancabile "There is a light that never goes out", ora dovremmo esserci, non si tratta di stare via molto a lungo, è vero, ma stavolta avrò un disperato bisogno di ispirazione per mettere nero su bianco parole incastonate nel cervello che non vogliono saperne di uscire. La musica farà da tramite tra mente e penna.
Sfilo la cassetta dal mangianastri e la impilo sulle altre due preparate durante la notte, le metto al volo nella borsa e comincio a vestirmi. Quando mio padre fa il suo ingresso in camera sbattendo due padelle sono quasi pronto.
«Finn ti sto chiamando da mezz'ora, cosa...» si interrompe, sbalordito, vedendomi già in piedi «potevi anche dirmelo che eri sveglio, ho consumato la padella nuova a furia di battere».
«Già, credo che ti abbia sentito tutto il vicinato».
«Beh, buon per loro, saranno mattinieri oggi. Senti, io sto uscendo, mi raccomando chiudi tutto, salutami Archie e invitalo a cena una di queste sere che è un po' che non lo vedo» dice un attimo prima di uscire dalla mia stanza senza darmi il tempo di rispondere «e chiedigli di portare i miei saluti anche a Rae quando la vede».
Sorrido, quindi non sono l'unico nostalgico in famiglia «sarà fatto».

Grazie alla notte insonne sono sveglio come un cadavere appena tumulato, la prima caffetteria all'angolo mi invita come un'oasi nel deserto e le gambe le vanno incontro autonomamente. Ne esco dieci minuti dopo con due tazze di caffè fumanti in direzione Archie.
Ieri sera quando gli ho detto che sarei partito anch'io devo averlo lasciato parecchio perplesso perché mi ha dato l'ok dopo qualche minuto di riflessione accompagnata da grugniti e rumori molesti.

«Ma sei sicuro? Vuoi farti tutta quella strada per passare due ore in macchina?» mi ha domandato, scettico.
«Arch ci ho pensato, fermo ad aspettare sto impazzendo, almeno così mi sentirò più vicino a lei. Magari posso darti due righe da consegnarle, vuole evitarmi ma almeno questo sarà concesso, no?».
«Come vuoi, lo dicevo per te, figurati io sono contento di fare il viaggio insieme. Porti un po' di musica?».
«Al solito».

Mi ha colto di sorpresa la notizia della sua imminente visita a Rae, e in realtà mi sono sentito anche un po'geloso. Ormai non ho sue notizie da 3 settimane, 21 lunghissimi giorni, e la sua ostinazione nel rifiutare le mie telefonate comincia a pesarmi anche se so bene dove sia e cosa stia facendo.
Il giorno della sua partenza per Sleaford c'ero anch'io, mi aveva chiesto di non andare ma alla fine non ho resistito e sono corso a salutarla. Dopo averla abbracciata per un tempo indefinito e averle sussurrato all'orecchio quanto l'amassi e che l'avrei aspettata, l'ho vista salire in macchina e allontanarsi fino a diventare un puntino microscopico all'orizzonte. Non la vedo da allora e sento il peso della sua mancanza ogni giorno più forte.

Sono le 7.50 quando arrivo a casa di Archie, busso piano alla porta per evitare di svegliare tutti, ma lui è puntuale come un orologio svizzero e un minuto dopo siamo già in macchina con i nostri caffè fumanti e un pezzo dei Blur.
«Allora, sei sicuro di voler venire?» domanda prima di partire.
«Te l'ho già detto Arch, su, non perdiamo tempo, altrimenti è inutile essersi alzati all'alba».
«Hai la faccia da notte insonne» dice dopo avermi ispezionato il viso, «fai abbastanza schifo, Finn, devo dirtelo».
«Piantala e parti» gli rispondo, piccato.
Tutte queste resistenze cominciano a darmi sui nervi, in fin dei conti anche la sua è un'imboscata, lui e Rae non si sono mica messi d'accordo per vedersi, hanno semplicemente parlato pochi minuti qualche giorno fa, nient'altro. Archie ha deciso su due piedi di andare a trovarla, pensa che il fatto di aver avuto quella breve conversazione possa essere considerato un fatto positivo e vuole convincerla a tornare. Come tutti del resto, sua madre compresa. Ma so bene che sarà un'impresa titanica. Per quanto mi riguarda voglio solo sentirmi più vicino a lei, anche se non potrò incontrarla di persona, mi accontenterò per ora.
«Hai pensato che potrebbe anche decidere di non vederti?» domando dopo un paio di minuti di viaggio.
«Naaa, senti, lo so, Rae è una testona, ma ci vogliamo bene, non ci credo che avrebbe il coraggio di mandarmi via dopo 4 ore e mezzo di viaggio, non sarebbe così stronza... no?» risponde, perplesso.
«Vuoi convincere me o te stesso?».
«Che stronzo, vuoi scendere qui?» risponde dopo avermi mollato una gomitata.
«Dai Arch, sto scherzando. Oddio, credo davvero che sia una possibilità, ma penso anche che dopo 3 settimane in quel posto isolato dal mondo forse l'idea di vederti le sembrerà un miraggio di felicità. Certo, considerare un miraggio proprio te è piuttosto strano...».
«Vuoi un'altra gomitata? Sul serio?».
Sogghigno, volevo solo provocarlo un po'. La verità è che avrei anch'io una gran voglia di vederla, lei potrà non avere bisogno di me adesso ma io ho sicuramente bisogno di lei, i nostri momenti insieme mi mancano terribilmente. Persino i suoi bronci. Che mi allontani proprio adesso mi sembra ridicolo, soprattutto considerando che sono l'unico a sapere come siano andate davvero le cose. Pensavo che l'avermi parlato con tanta franchezza sarebbe valso a qualcosa, e invece ha creato una distanza tra noi che non c'era mai stata prima. Il giorno in cui è andata via mi è sembrato di guardare negli occhi un'altra persona, un'estranea, spero tanto di rivederla in sé... prima o poi.
Prendo il blocco di fogli che mi sono portato dietro, la penna, e mi metto a pensare a qualcosa di decente da scriverle, ma è dura, tamburello con la penna sul foglio e non mi viene in mente un fico secco.
«Blocco dello scrittore?» mi domanda Archie.
Asserisco, strappo il foglio dal blocco e lo tiro appallottolato sul sedile posteriore «non è decisamente il momento adatto».

In viaggio il paesaggio cambia in continuazione, così come il tempo, ci lasciamo dietro una cittadina dopo l'altra intervallata da prati ancora verdi e corsi d'acqua. Il tempo stamattina prometteva bene, siamo partiti con cielo azzurro e sole, ma ben presto hanno fatto la loro comparsa gruppi di nuvoloni scuri, e di tanto in tanto il parabrezza si riempie di una lieve pioggerellina.
Mi annoio da morire, Archie si rifiuta di farmi guidare, non c'è verso, dice che per lui è rilassante e lo aiuta a preparare mentalmente il discorso da fare a Rae. Beato lui, anch'io avrei voluto preparare il mio ma ho fallito miseramente e il foglio bianco continua a restarsene indispettito nel suo blocco.
Oltretutto è già mezzogiorno, i cartelli che indicano Sleaford si fanno sempre più grandi e frequenti, è questione di una ventina di minuti ormai quindi con ogni probabilità non ci sarà nessuna lettera da consegnare.
Eppure...
«Archie, fermati» esclamo all'improvviso.
«Come dici?».
«Ferma la macchina a uno spiazzo devo parlarti, è importantissimo».
Archi mi osserva interdetto e corruga la fronte, ma alla fine cede e accosta «Come vuoi».

Fermi ai confini di un grosso campo io e Archie scendiamo dalla macchina.
Fuori la temperatura si è decisamente abbassata, prendo la giacca e mi accendo una sigaretta. Archie mi si para davanti e mi imita facendo lo stesso.
«Allora, cosa c'è?» domanda.
Sospiro rumorosamente prendendomi tutto il tempo necessario per trovare le parole giuste «non ti piacerà...».
«Su questo non avevo dubbi» ribatte incrociando le braccia al petto.
«Devo parlare con Rae» ammetto senza tanti preamboli «ho assolutamente bisogno di vederla».
Archie butta la sigaretta a terra scalciandola senza pietà «lo sapevo che farti venire era una cazzo di idea. E sentiamo, come vorresti fare?».
«Vado al posto tuo» butto lì come se fosse un'ovvietà «pensaci, nessuno ci conosce, ti hanno sentito solo qualche secondo per telefono, chi potrebbe accorgersi dello scambio?».
«Io, Finn!» risponde spazientito mettendomi una mano sulla spalla «ti capisco, sul serio, ma è un'imboscata in piena regola, cosa credi che penserà Rae quando ti vedrà lì? Non ha nemmeno voluto parlarti al telefono, hai idea di quanto s'incazzerà con me?».
«No, tu non capisci Arch, guardami» avvicino il mio viso al suo «guardami in faccia, sono 3 settimane che sto di merda. Non so se sta bene, non so cosa fa, cosa pensa, niente. Sto impazzendo amico mio. Farò questa cosa in ogni caso, ma dammi una mano... per favore».
Archie mi fissa dritto negli occhi, posso vedere chiaramente gli ingranaggi del suo cervellino lavorare a pieno regime, così insisto.
«Tanto era un'imboscata anche la tua, si sarebbe arrabbiata in ogni caso. Starò pochissimo te lo prometto, e poi potrai parlarci tu e dirle tutto quello che avevi in mente».
«E va bene» dice allargando le braccia, esasperato. Si allontana da me e dalla macchina borbottando qualcosa che non riesco a capire, poi si sistema di nuovo al volante «questa storia non mi piace per niente Finn, è sbagliato metterla davanti al fatto compiuto e costringerla a vederti quando non ha neanche voluto risponderti al telefono. Però...» si prende una pausa fissando la pioggia che ha ripreso a cadere sottile sul vetro «chissà che non ne venga fuori qualcosa di buono. Magari puoi riuscire a spronarla, chi lo sa».
Sono al settimo cielo «Grazie amico».
«Mi devi un favore grosso quanto una casa».
«Quando vuoi».

La Clinica di Sleaford è un incantevole villa immersa nel verde, silenziosa, discreta, con una quantità impressionante di aiuole e alberi disseminati in un giardino grandissimo. Archie spegne il motore nel parcheggio adiacente, afferra un libro dallo zaino e si mette a scorrere le pagine con le dita mentre io scendo dalla macchina e mi dirigo verso l'entrata.
Con il viso rivolto alle le nuvole scure a scongiurare un temporale sono così distratto da scontrarmi in pieno con una ragazza appena uscita dalla porta cui sono diretto.
«Ehi, fa' un po' d'attenzione, guarda che casino» impreca indicando la risma di fogli sparsa a terra che comincia a svolazzare qua e là preda di una folata di vento. Avrà più o meno la mia età, e ha un un grosso fodero attaccato al collo con una macchina fotografica.
L'aiuto a raccogliere tutto «scusami tanto, ero sovrappensiero».
«Dai, non fa niente, grazie per l'aiuto, stai andando a trovare qualcuno nella clinica?» mi domanda.
«E cos'altro sennò?».
«Beh, io per esempio ho una sorella che lavora qui... pausa caffè» ribatte portandosi una tazzina immaginaria alle labbra «comunque non volevo essere indiscreta, scusami» aggiunge notando la mia aria perplessa «anzi, meglio che vada perché sono in ritardissimo. Ciao!».
L'accompagno con lo sguardo mentre si allontana di corsa, di tanto in tanto borbotta tra sé e sé rincorrendo l'ennesimo foglio svolazzante sfuggito alla sua presa, che strano tipo...
Appena varcata la soglia della Clinica vengo assalito dal classico odore di disinfettante tipico di tutti gli ospedali, il silenzio è quasi assordante, in giro ci sono solo un paio di infermiere intente ad impilare lenzuola bianchissime su un carrellino, nessun altro. Mi dirigo verso l'accettazione presentandomi alla segretaria come Archie, e sostengo di aver parlato qualche giorno prima con un'infermiera di nome Agnes. Mi invita ad attendere un momento...
Un paio di minuti dopo vengo raggiunto da una giovane donna sorridente, ha una divisa azzurrina e i capelli perfettamente ordinati, un cartellino sul petto la presenta come Agnes, per l'appunto.
«Tu devi essere Archie, allora. Sai, in teoria dovrei farti la paternale e rispedirti a casa, in genere qui ci sono orari abbastanza rigidi e le visite devono essere concordate. Ma sono molto contenta che Rae riveda finalmente un amico e il Dottore che la segue dice che non c'è nessun problema, anzi. Quindi Benvenuto» mi accoglie sorridendo.
«Grazie».
«Vieni con me» dice invitandomi a seguirla.
Cammino a pochi passi da lei attraversando un paio di corridoi azzurri, l'atmosfera è veramente molto tranquilla come sembrava, avanziamo in silenzio per qualche minuto fino ad arrivare in una grossa stanza dalle pareti gialle, sedie di plastica verdi e un paio di tavolini di legno apparecchiati. Un profumino delizioso di dolce passa dalle narici piantandosi dritto nello stomaco, che comincia ad agitarsi in una danza di capriole, un po' per l'agitazione ma anche per l'appetito.
Credo che Agnes se ne sia accorta, perchè mi fissa trattenendo a stento un risolino e poi indica il tavolo al centro della stanza «la nostra cuoca ha appena sfornato i muffin ai mirtilli, serviti pure, non fare complimenti» mi incita alla merenda «vado a chiamare Rae, di sicuro rimarrà sorpresa quindi mettiti comodo».
Sorpresa... non immagini neanche quanto...
«Grazie mille, in effetti sto morendo di fame» rispondo fiondandomi senza tanti complimenti sul tavolo.
Agnes si allontana imboccando il corridoio da cui siamo arrivati. Mi sento un po' in colpa per averle mentito. Prendo un muffin e lo addento di gusto, è davvero buonissimo. Ma la pace dura poco, il pensiero di Rae mi rende di nuovo nervoso, ho una gran voglia di abbracciarla e di parlare con lei ma sono preoccupato dalla sua reazione. Nel frattempo fuori ha iniziato a piovere e il ticchettio delle gocce rimbomba nella stanza, d'un tratto in quella strana atmosfera ovattata vengo attirato da un timido fruscio di passi alle mie spalle.
«Finn?» pronuncia con un filo di voce Rae... due passi da me.

Avevo dimenticato di specificare che stavolta ci saranno capitoli raccontati dal punto di vista di Finn, non saranno alternati a quelli di Rae, ce ne sarà solo qualcuno. E non escludo di fare la stessa cosa anche con qualche altro personaggio, ma non ho ancora deciso.
Ciao ciao :)
   
 
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