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Autore: BrokenSmileSmoke    31/10/2014    1 recensioni
"«La prima e l'ultima volta in cui lui si è manifestato è stata nel lontano 1800, ad una bambina di solo 9 anni. Ora ne sono passati esattamente 150 e, di come ho capito, lui è in continua ricerca di una sua discendente. Ma la famiglia si è estinta ancor prima del 1900, perché è tornato solo adesso? Cosa vuole dalla mia famiglia?»
«Lui non vuole la tua famiglia, lui vuole te. Qualcuno che ha il sangue dei VànMeyer.»"
Può, un difetto di fabbricazione, perseguitare la stirpe di una famiglia?
È solo un oggetto di ceramica, si potrebbe rompere con un minimo urto.
Ma lui non muore mai.
Genere: Horror, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 1 - CdP

Capitolo 5 - Maxìm.


«Oh, di nuovo lui no!» esclamò Beck.
Poi lanciò un mazzo di chiavi ad Alìce, che le prese al volo.
«Vai ad accendere la macchina!»
Alìce corse alla porta d'ingresso, provandola ad aprire varie volte.
«È bloccata!» gridò.
Nel mentre, Beck si muoveva cauto verso lo gnomo, fin quando questo non estrasse un'ascia.
La ragazza si sporse in cucina, cercando di aiutare Beck, fin quando non vide lo gnomo con un'ascia.
«Sto stronzo mi prende per il culo!» esclamò Alìce.
«Che ci fai qui? Ti ho detto di uscire!» la rimproverò il ragazzo.
Alìce, per tutta risposta, prese la prima cosa che trovò, la macchinetta del caffè, e la scagliò contro allo gnomo, rompendogli qualche altro pezzo di ceramica.
I due corsero nel corridoio, e Beck cercò di aprire la porta.
Dopo numerosi tentativi ci riuscì, ma Jo si era ripreso, andando da loro.
La ragazza uscì, aprendo velocemente la macchina ed accendendola.
Nel frattempo, Beck era rimasto ad occuparsi dello gnomo, gettandogli addosso qualunque cosa gli capitasse.
«Voglio solo lei..» si sentì provenire dall'essere.
Intanto Beck gli lanciò addosso un piccolo scaffale del corridoio, uscendo fuori e salendo in macchina.
Alìce fece velocemente retromarcia, frenando di colpo per poi far uscire in fretta la macchina dal vialetto.
A quel punto accelerò, allontanandosi da quella casa.

«Ed ora, dove si va?» domandò Beck una volta che erano usciti dalla città.
«Non lo so, prendi il cellulare e cerca su internet il luogo in cui abita il figlio di quella Emilyenne.»
Il ragazzo si tastò le tasche dei jeans.
«Perfetto, ho perso il cellulare.» disse infine.
«Il mio credo sia rimasto a casa dello gnomo.» disse Alìce senza distogliere lo sguardo dalla strada.
Si sentì gli occhi del ragazzo piantati addosso, si voltò verso di lui.
«No.» gli disse scuotendo il capo.
«Alìce, dobbiamo.»
Alìce, era la seconda volta che la chiamava per nome.
«Beck, se io torno, tu vieni con me.» disse con tono autoritario, guardandolo negli occhi.
Ad un certo punto curvò velocemente la macchina, immettendosi in meno di un secondo nella corsia per tornare a Rëinsburg.

Appena aperta la porta Alìce cercò, al muro, l'interruttore per accendere la luce.
Al tatto, tutta la parete era scrostata.
Accese la luce, e si dimostrò che il tatto della ragazza non si sbagliava.
Tutte le mura erano diventate gialle, da alcune si intravedevano persino i mattoni, ed il pavimento era sporco di vernice secca.
I due ragazzi si avvicinarono alle scale, per andare in camera di Alìce a riprendere il cellulare.

Nella camera regnava il caos più totale, ed il letto a baldacchino era rotto.
Alìce cercò il telefono, per poi afferrarlo ed uscire dalla villa.
Di Jo non c'era traccia, tranne la casa semi-distrutta.
«Dove pensi che sarà?» domandò Beck, salendo in macchina.
«Probabilmente a distruggere qualche altra casa.» suppose la ragazza.
Alìce stava per entrare in macchina, quando per la mente le balenò l'immagine del libro.
«Beck.» richiamò il ragazzo.
Lui la guardò.
«Dobbiamo tornare a casa tua.»
«Per quale stupido motivo?»
«Il libro, quello dei VànMeyer.»
Il ragazzo sbuffò «Sali in macchina, appena arrivati a casa mia scendo e prendo il libro.»

Beck uscì tranquillamente dalla casa, a differenza di Alìce che, da quando il ragazzo era andato a riprendere il libro, teneva i cinque sensi in allerta, convinta che Jo sarebbe tornato mentre loro erano ancora lì.
Una volta salito e accesa la macchina, il ragazzo accelerò per poter uscire dalla città al più presto possibile.
Alìce accese il suo iPhone, cercando informazioni sul figlio della signora Emilyenne.
«Dice che abita a Lüdwisgslust, sai dove si trova?»
Beck distolse l'attenzione dalla strada, guardando la ragazza.
«È a sette ore da qui.»
«Saranno di meno se acceleri.»
«Ma è quasi mezzanotte, non possiamo aspettare domattina?» domandò il ragazzo.
«E dimmi, cosa pensi di fare fino alla mattina? Ti ricordo che quell'oggetto di ceramica è in giro per Rëinsburg, quindi prima lo uccidiamo e meglio sarà.» disse Alìce.
Capiva perfettamente Beck, anche lei era stanca, ma voleva che il ragazzo capisse che non potevano fermarsi, ne tanto meno tornare indietro.
Sapeva che Jo prima o poi gli avrebbe ritrovati.
Beck sospirò.
Conosceva da poco Alìce, ma già immaginava che non sarebbe stato affatto facile farle cambiare idea.

Dopo poche ore arrivarono a Lüdwisglust.
Beck rallentò la macchina, arrivando a viaggiare a 100 km/h.
«La casa di Maxìm è la trentesima della via principale.»
«Alìce, sono le sei di mattina. Se andiamo a suonare a casa di quello lì c'è un'alta probabilità che lui chiami la polizia o, peggio, che esca di casa con un fucile in mano!» la informò il ragazzo.
«Non è detto che debba veramente finire così.» disse Alìce sicura di se'.

Pochi minuti più tardi si ritrovarono a una serie di cottage rossi, la macchina di Beck avanzava lentamente lungo la via.
Arrivati davanti alla 30esima il ragazzo accostò, per poi scendere insieme ad Alìce dalla vettura.
Dopo aver suonato un campanello con sopra scritto "Rðsenteñ Maxìm" attesero qualche minuto, fino a quando un uomo sui cinquant'anni non aprì leggermente la porta.
«Cosa volete a quest'ora?» chiese bruscamente l'uomo.
«Maxìm?» domandò Beck.
«Sì, sono io. Ditemi in fretta cosa volete, prima che io chiami la polizia.»
Alìce prese parola «Sono Alìce Johanson, e mi sono trasferita da pochi giorni a Rëinsburg, nella villa Wërneslyed. La casa in cui vivevano i VànMeyer, e in cui ha vissuto lei. Lo gnomo che..» la ragazza non ebbe tempo di finire.
L'uomo chiuse la porta in faccia ai due ragazzi, che rimasero sbigottiti.
«Lo dicevo io che sarebbe andata a finire così.» sentenziò Beck «Ora che si fa?»
«Non lo so.» rispose delusa Alìce.
Il ragazzo tornò in macchina.
Non aveva una meta ben precisa di dove andare, ma si sarebbe fatto venire un'idea.
Dopo una mezz'ora arrivarono davanti all'insegna di un bar.
«Cosa ci facciamo qui?» chiese la ragazza.
«Sono le 7 del mattino, mi sembra logico che andiamo a fare colazione.» rispose Beck.

«Dobbiamo tornare da Maxìm.» disse Alìce.
«Tesoro, ci ha chiuso le porte in faccia. Cosa pensi di ottenere tornando?»
Alìce sospirò.
«Se ci ha chiuso le porte in faccia vorrà dire che sa qualcosa, ma non ce lo vuole dire.»
Beck non riuscì a controbattere. La ragazza poteva anche aver ragione.
Finirono di fare colazione, per poi ritornare a casa di Maxìm.
Alìce dentro di se' pregava affinchè quella situazione assurda e surreale potesse finire.

Tornati davanti al cottage trovarono l'uomo occupato ad innaffiare le rose e i tulipani che crescevano davanti la casa.
«Ancora voi due?» chiese alterato Maxìm, alzando la testa e guardando in faccia Beck ed Alìce.
La ragazza lo guardò, l'uomo era abbastanza alto e robusto. Aveva gli occhi azzurri, proprio come i suoi, e dei capelli grigi, segno della vecchiaia.
«Ci serve il suo aiuto.» disse Alìce, fissandolo negli occhi «Le avevo già detto che vivo nella villa di Albert VànMeyer. Si tratta dello gnomo da giardino, forse lei ci può aiutare

«Avete il libro della famiglia VànMeyer?» domandò Maxìm.
Alìce annuì, facendo cenno a Beck di andarlo a prendere.
«Quando ti sei accorta che Jo ha iniziato a perseguitarti?»
La ragazza lo guardò.
«Lo conosci?»
Maxìm annuì.
«Andai a vivere in quella casa quando avevo 10 anni. Jo si era fatto trovare nel giardino.»
«Si è fatto trovare?» chiese Alìce stupefatta.
«Sì. Per i primi tempi non era successo nulla di strano o paranormale, poi un giorno trovai il libro dei VànMeyer, e lo lessi. Dopo di che Jo ha cercato più volte di uccidere me e la mia famiglia. Ma abbiamo preferito non farne parola. Avevamo scoperto come poterlo uccidere, in un certo senso, ma non ne abbiamo avuto l'occasione.» spiegò l'uomo.
«Cosa bisogna fare?»
«Bisogna colpirlo con qualcosa di pesante, o tagliente, ridurlo in frantumi e poi bruciarlo. Con quello che ne resta, va gettato in un fiume.» la avvertì.
Beck tornò, con il libro in mano, nella sala da pranzo dove vi erano Alìce e Maxìm.
Aveva la fronte sudata, il respiro pesante e la canotta grigia leggermente sporca di sangue.
La ragazza lo guardò spaventata.
«Beck, che è successo?» domandò.
L'uomo prese velocemente da uno scaffale un libro, più simile ad un diario, e glielo passò ad Alìce, assieme alle chiavi di un'auto.
«Uscite dal retro, io vado fuori a distrarlo.» disse Maxìm, per poi allontanarsi.
Alìce aiutò Beck ad uscire dal cottage.
Salì alla guida di un Pick-Up, per poi uscire dalla città.

Una mezz'ora più tardi si fermarono sopra un ponte, al di sotto del quale c'era una forte corrente d'acqua.
La ragazza prese il libro che il giorno prima aveva trovato nella libreria, riprendendo a leggere le ultime pagine.
«Lo spirito malvagio di Jo rimase nell'oggetto, nonostante i vani tentativi di distruggerlo.» lesse a bassa voce la ragazza.
«Ma non dice come possiamo distruggerlo!» disse Beck.
«Me lo ha detto Maxìm.» rispose seria Alìce.
«Ti fidi di quell'uomo?» chiese incredulo il ragazzo.
«Non mi fido, ma bisogna farlo.»
«Cosa comprende questa specie di rituale?»
«Aspettiamo che Jo arrivi, lo facciamo in mille pezzi con qualcosa di pesante e poi lo bruciamo.» spiegò Alìce.
Beck uscì dalla macchina, scoprendo il telo impermeabile dal retro del pick-up.
Al di sotto di esso c'era un martello, una pala ed un sacco.
«Questo Maxìm, a meno che non avesse previsto tutto, andava in giro con il necessario per uccidere una persona, sotterrarla, e nasconderne le prove.» disse il ragazzo avvicinandosi al lato guida della macchina, dove si trovava Alìce «Vado ad accendere il falò, vieni con me?»
La ragazza uscì dalla macchina, prendendo una scatola di fiammiferi che aveva trovato sul cruscotto.
Beck prese il martello «Così, in caso torni Jo, non mi faccio trovare impreparato» spiegò ad Alìce.
Lei lo guardò con un'espressione accigliata.
Poi, insieme, si diressero verso il bosco lì vicino, intenti a raccogliere della legna.

Un urlo, più animale che umano, catturò l'attenzione di Alìce e Beck, i quali immediatamente andarono sul posto.
Era nuovamente Jo, macchiato di sangue.
Beck cercò di avvicinarsi il più possibile all'essere, con il martello in mano.
Dopo vari copi riuscì finalmente a perforargli la testa di ceramica, poi il resto.
Lo gnomo fu distrutto, e Alìce ne raccolse ogni singolo pezzo, per evitare che col passare degli anni questo potesse rigenerarsi, e poi gettandoli nel fuoco che aveva acceso con Beck prima di sentire lo strano urlo.
A contatto col fuoco i pezzi di ceramica scoppiarono, per poi sciogliersi.
Una mezz'ora più tardi il fuoco si era spento.
Beck, sotto richiesta della ragazza, tornò al pick-up a prendere il sacco, per poter trasportare ciò che restava di Jo.

Mano nella mano i due ragazzi tornarono sul ponte.
Arrivata al bordo che la divideva fra la strada ed il fiume Alìce sorrise, ripensando a tutto l'assurdo che le era capitato in poco più di un giorno.
Svuotò il sacco in corrispondenza del fiume, aspettando di sentire che la ceramica rimasta andasse a contatto con l'acqua.
«È finita.» le sorrise Beck.
La ragazza gli sorrise di rimando «Già.»
«Dai, risali in macchina, torniamo a Lüdwisglust. Devo riportare il pick-up a Maxìm.»
Alìce salì in macchina, ed i due tornarono a casa di  Maxìm.

Suonarono alla porta del cottage, e Maxìm aprì la porta.
Sorrise quando vide Beck e Alìce.
«Ci siete riusciti?» domandò.
Beck annuì.
«Queste sono le sue.» disse porgendogli le chiavi del pick-up.
L'uomo tentennò nel riprendere le chiavi.
«Tutto bene?» chiese preoccupata Alìce.
Maxìm annuì, sorridendole.
«Sono felice per voi, finalmente questa maledizione è finita. È stato bello conoscervi, addio.»
I due ragazzi, anche se delusi dall'addio semplice e freddo da parte dell'uomo, risalirono nella macchina di Beck per tornare a Rëinsburg.
Ma il motivo per cui Maxìm gli aveva salutati frettamente non era per levarseli dai piedi il più presto possibile. Anzi.
Durante il suo tentativo di distrarre Jo e far fuggire Beck ed Alìce, un pezzo di ceramica abbastanza tagliente gli si era conficcato nel petto, in corrispondenza del cuore.
Una mezz'ora dopo, tutta quella parte era diventata bianca, diventando di un materiale molto simile alla ceramica.
Poco prima che i ragazzi suonassero alla porta aveva notato problemi a respirare, la ceramica era arrivata al cuore.

Alìce uscì dal bagno con indosso una maglia di Beck, la quale le arrivava quasi al ginocchio, con su scritto "Black Sabbath", e tamponando i capelli con un asciugamano.
Si sedette sul divano accanto a Beck, appoggiando la testa allo schienale e sospirando.
Non appena tornati a Rëinsburg erano andati a casa del ragazzo, ripulendo il casino in cucina.
«Che c'è?» le chiese Beck accarezzandole i capelli ancora umidi.
«Non posso ancora crederci che sia tutto finito.»
Il ragazzo le sorrise, per poi darle un bacio sulla guancia.
Alìce si alzò dal divano, per prendere dal tavolino di fronte a loro il diario di Maxìm.
Poi si risedette e iniziò a leggerlo.

23.10.1995
Non so più a chi rivolgermi.
Fra una settimana dovrebbe nascere mia figlia.
Denise ha detto che la chiamerà Alìce. Non posso credere che sia partita nonostante le sue condizioni di salute.
Non so cosa succederà alla bambina, specie se lei continuerà ad ubriacarsi e drogarsi.
Più volte ieri ho provato a farle cambiare idea, ma non ha voluto accettare di vivere insieme a me.
So che non la dimenticherò mai.
Spero solo che un giorno potrò incontrare Alìce.

13.10.2014
Sono passati quasi vent'anni da quando non apro questo diario.
È da un po' di giorni (dal 10 ottobre, precisando) che ho strane sensazioni.

Sento come se una parte mancante di me sia più vicino di quanto io immagini. Saranno solo sensazioni.
La salute comincia a decadere sempre più. Ma non posso farci nulla.
E mi ritrovo, a cinquant'anni, in fin di vita.
L'altra notte mi è comparsa Denise in sogno, ma non mi aveva accennato nulla riguardo se stessa. Ammesso che sia ancora viva.
Diceva solo che mia figlia era in pericolo, in un pericolo che io avevo già cercato di sconfiggere.
Se i miei calcoli non sono errati, il 30 ottobre, la data che ci era stata prestabilita per il parto, Alìce dovrebbe compiere 19 anni.
Dubito che anche quest'anno potremo festeggiarli insieme e, anche se fosse possibile, non credo di arrivare al 30 di questo mese. La mia salute peggiora sempre più.
Ho passato una vita a cercare cose che dubito troverò mai.

15.10.2014
Ho dovuto cancellare l'ultima riga, non ho mai passato la vita a cercare di far accadere qualcosa, inutilmente.
È accaduto.
Stamattina avevo Alìce sotto casa, con un ragazzo. Probabile era il suo fidanzato.
Ma c'erano alcune cose di cui mi ero accorto.
Lei non aveva ne' il cognome di Denise, ne tanto meno il mio.
Avrei voluto tanto chiederglielo, ma le circostanze non mi sembravano le migliori.
Non so dove abbia sentito parlare di me, ma fatto sta che era arrivata fino a Lüdwisglust per parlarmi di Jo, uno gnomo di ceramica che c'era anche quando io stesso vivevo nella villa dei VànMeyer.
Valentìn VànMeyer, mio nonno, mi aveva parlato di lui. Di come sua sorella, per colpa dell'essere (che sono più che sicuro abbia discendenze aliene o roba simile) fu creduta pazza.
Ma di come inspiegabilmente morì.
Credo che con oggi smetterò di scrivere, ormai ho poche forze e dubito passerò la notte.
Non ero molto sicuro di voler parlare con una figlia che non vedevo da più di diciotto anni, o che meglio non avevo mai visto. Così gli ho fatti andar via.
Ho la sensazione che tornerà. E quando tornerà, le darò questo diario.
Alìce, io e tua madre ti amavano anche quando non eri ancora con noi.

La ragazza, leggendo l'ultimo rigo, scoppiò a ridere istericamente.
Beck si spaventò.
Aveva lasciato Alìce sul divano, intenta a leggere silenziosamente il diario, mentre lui stava tranquillamente sfogliando il libro dei VànMeyer.
«Che è successo?»
«Hai presente Maxìm?» domandò la ragazza.
Lui annuì.
«Bene, ho appena scoperto che è mio padre.» disse sorridendo, cercando di mascherare il dolore e la tristezza che celava dentro di se' per l'addio e la certezza della morte dell'uomo.
Beck rimase stupito dalle parole della ragazza.
Certo, aveva notato una vaga somiglianza tra i due, ma non aveva dedotto niente.
Ad Alìce suonò il cellulare, così lo agguantò, rispondendo.
«Alìce, come torni a casa prepara i bagagli, ci trasferiamo di nuovo.» era la voce di Claìre.
La ragazza ormai sapeva come sarebbe andata a finire la situazione.
Lei non avrebbe detto o chiesto nulla sull'incidente, ne tanto meno se avessero firmato le dimissioni e si fossero riempiti di antidolorifici pur di tornare alla routine quotidiana.
Chiuse la chiamata, senza nemmeno rispondere.
«Mi aspetta un altro viaggio di merda, in un'altra città di merda.»
Il ragazzo la guardò negli occhi.
«Ti ricorderai di me?»
Alìce non rispose, ma uscì dalla casa di Beck e si diresse alla sua villa.
Infondo lei sarebbe rimasta la ragazza di prima.

«Succederà mai che rimarremo in una città per più di un tempo che vada dalle due settimane ai quattro mesi?» domandò la ragazza con i capelli rossi dai sedili posteriori dell'auto.
«Se non vuoi più cambiare città, sei libera di andare.» le rispose Thomas, guardandola dallo specchietto retrovisore.
«Ferma la macchina.» ordinò Alìce.
Claire si voltò verso di lei «Come, scusa?»
«Io scendo qui.»
Thomas guardò in faccia sua moglie, come per avere un consenso, il quale non tardò ad arrivare assieme ad un «Se è quello che vuole, che vada via.»
La ragazza aspettò che la macchina frenò, per poi aprire lo sportello e scendere, e dirigersi al cofano a prendersi il trolley. Il resto glielo lasciò ai Johanson.
Iniziò ad incamminarsi verso la fine di Rëinsburg, senza voltarsi indietro.
Intanto i suoi genitori adottivi ripartirono, superandone il confine e dirigendosi nella nuova città.

Beck si alzò di malavoglia dal divano, spegnendo il televisore.
Qualcuno aveva bussato alla porta.
«Ciao, coinquilino.» lo salutò una ragazza dai capelli rossi, che conosceva fin troppo bene, varcando la soglia della porta con un trolley in mano.
«Cosa ci fai qui?» chiese Beck, richiudendo la porta alle sue spalle.
«Beh, non ti avevo mica detto addio.» rispose Alìce con un sorriso strafottente.
***
Buon Halloween a tutti!
Spero che non abbiate incontrato qualche gnomo che passeggiava per strada.

Che dire, ho finito!
Innanzitutto devo ringraziare Maria Giovanna e Ilenia, per avermi quasi obbligata a continuare la storia, anche quando volevo mollare.
Ringrazio anche i lettori silenziosi (un giorno recensirete anche voi, ne sono più che convinta ♥) e anche a quei pochi che l'hanno recensita (vi avrei voluto più attivi, ma pazienza)
Probabilmente in quest'ultimo capitolo sarò andata moooolto più OOC, e detto sinceramente non avevo la benché minima idea di come descrivere molti pezzi.
Che dire, spero di ricapitare qualche altra volta nella sezione!
Sono raggiungibile per Facebook, Ask, Twitter, i link stanno sotto. ♥
Un bacio a tutti e alla prossima,
Broken Smile Smoke.

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