Libri > Shadowhunters
Segui la storia  |       
Autore: emily12_    01/11/2014    0 recensioni
"Preferisci essere schiavo in Paradiso o libero all'Inferno?"
Quelle parole giunsero alle orecchie di Jonathan ancora come un sibilo, mentre la luce rossastra del tramonto si rifletteva sulle pareti della stanza e il silenzio gli perforava la mente.
Aveva represso se stesso e questa consapevolezza gli toglieva il respiro ogni giorno di più. Chi aveva deciso cosa fossero il male e il bene, chi che era lui il mostro?
Un sorriso gli disegnò le labbra mentre pensava che avrebbe potuto distruggere il mondo.
Respirò forte per riempire quella voragine appena sotto al cuore: gli pareva di annegare.
Il ricordo trasparente di Jace gli perforò la mente e chiuse gli occhi per trattenere le lacrime.
La sua presa sul coltello si fece più forte e lo lanciò.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Clarissa, Jace Lightwood, Jonathan, Sebastian / Jonathan Christopher Morgenstern, Valentine Morgenstern
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Questo capitolo è ambientato nell'infanzia di Jonathan; piccolo spoiler del terzo libro.


CAPITOLO 2



Un dolore lancinante al polso, come mille aghi che si spezzavano nelle ossa, mi piegai dal dolore con il respiro spezzato.

Sei debole.” pronunciò queste parole con lo sguardo irritato e la mandibola serrata in una smorfia.

Per un attimo mi sembrò combattuto tra l'idea di sgridarmi ulteriormente o di aiutarmi.

Lasciai che i capelli chiari mi cadessero sugli occhi per creare una barriera tra me e mio padre.

Alzati.”

Mi fa male.”

Hai solo preso una storta.”

Mi misi dritto, impassibile, senza tralasciare alcuna emozione, anche se non ricordo avessi provato nulla in particolare.

Per oggi basta.” sentenziò avvicinandosi a me e prendendomi delicatamente una mano per poi tirare fuori lo stilo e farmi un iratze sul polso.

Il bruciore e il formicolio della runa sulla pelle mi riscossero dal torpore in cui ero caduto non appena mio padre mi aveva toccato il braccio.

Ogni volta era come se forze mi abbandonassero, sentivo qualcosa gonfiarsi nel petto, gli occhi bruciare...cose che non capivo e che forse sono quello che tutti chiamano sentimenti.

Io non provavo alcuna emozione, o almeno nessuna che valesse la pena di essere provata: come la felicità, l'affetto o l'amore.

Sapevo identificare la paura o l'angoscia: avevano sintomi comuni.

Per esempio: se mi tremavano le mani o sentivo il mio corpo irrigidirsi e il respiro farsi affannato, sapevo che quella era paura.

Un mostro con sangue di demone: così mi aveva definito mio padre, così ha pensato mia madre abbandonandomi.

Devo andare via nel pomeriggio, tornerò stasera.” disse mio padre sorridendomi.

Nella mia testa sapevo che invece sarebbe andato dall'altro ragazzo nella villa accanto.

L'altro Jonathan, l'altro me, l'altro me migliore di me.

Sentivo il rombo del sangue nelle orecchie quando pensavo a lui, credo che fosse odio.

Guardai mio padre senza lasciar trapelare nulla: “Va bene.”

Corrugò le sopracciglia alla mia risposta: ogni tanto la mia indifferenza lo inquietava.

Il fatto è che non mi cambiava niente che lui fosse in casa o meno: non mi aveva mai letto una fiaba, non aveva mai riso con me, non mi aveva mai raccontato una bugia per attutire la realtà.

Non potevo sentirne davvero la mancanza.

Mi sedetti sul davanzale della finestra e lo guardai sparire nell'aria grigia del parco.

Ora so che fu la curiosità a spingermi a seguirlo: infilai, la giacca di pelle nera, allacciai in fretta gli stivali con le dita intorpidite e mi chiusi con un tonfo la porta alle spalle.

L'aria umida mi penetrò nei polmoni e l'erba mi bagnò l'orlo dei jeans.

Seguii mio padre a distanza fino a che non giungemmo davanti ad una villa rustica con un grande prato attorno.

Aspettai che entrasse prima di avvicinarmi a mia volta all'edificio.

Una finestra era aperta.

Con un balzo salii sul davanzale e sperando che nessuno sentisse i battiti del mio cuore, scivolai dietro la tenda.

La prima impressione che ebbi fu quella di vedere una famiglia: mio padre non gli si rivolgeva così bruscamente come con me, e quel ragazzetto angelico lo adorava, a discapito della ostentata freddezza di mio padre.

Parlarono. Io non avevo mai davvero tenuto con lui alcuna conversazione che non riguardasse armi o demoni con lui.

Non potevo sopportare oltre quella tortura, sgusciai fuori silenziosamente come ero entrato e corsi via.

Corsi senza mai fermarmi fino a casa e dopo essermi chiuso la porta alle spalle mi accasciai privo di forze a terra.


Tremori e versi strozzati mi riscuotevano la gabbia toracica e dopo un po' vidi delle chiazze più scure formarsi sulla maglietta.

Mi toccai le guance: erano bagnate.

Avevo sette anni e non ricordavo l'ultima volta che avevo pianto, ma decisi subito che era un'emozione che non mi piaceva.

Da quel momento il Jonathan della casa accanto impregnò i miei pensieri: volevo superarlo in tutto, essere migliore di lui, fare sì che mio padre volesse più bene a me, che regalasse a me un falco, che accarezzasse i miei di capelli, che desse a me un bacio sulla fronte.

L'altro Jonathan era semplicemente perfetto, era come se sapessi in partenza che non l'avrei superato.

Era bellissimo e perfetto.

* * *

qualche anno dopo


Mi svegliai di soprassalto con i capelli appiccicati alla fronte e il cuore che mi martellava nel petto.

La stanza era ancora immersa nelle ombre della notte, ma riuscivo a vedere il profilo dei mobili e degli oggetti mescolati alle ombre.

Mio padre mi aveva descritto ciò che avrei dovuto fare con gli occhi che luccicavano e sentivo l'eccitazione nella sua voce mentre mi parlava.

Ero fiero del compito affidatomi: significava che lui aveva fiducia in me.

Avrei dovuto prendere il posto di un ragazzo di nome Sebastian e distruggere le difese di Idris.

Sentivo l'adrenalina scorrermi nelle vene per questo piano apparentemente suicida, mancavano poche ore alla partenza non avrei certo potuto passarle dormendo.

Poche ore e la mia vita sarebbe cambiata, non sapevo se avrei più messo piede in quella casa.

L'idea di rischiare la vita mi era pressoché indifferente, mio padre teneva più di me a tenermi vivo, lui non avrebbe mai voluto sprecare un tale esperimento.

Io però lo sentivo tutte le mattine, tutte le ore, che c'era qualcosa di sbagliato che mi soffocava, ero stanco di sentirmi una larva.

Poi mio padre pronunciò un nome tra quello delle persone che avrei dovuto incontrare: Jonathan.

Ed eccolo di nuovo che appare dal nulla e mi pugnala alle spalle; ma è una pugnalata calda che dallo stomaco manda brividi in tutto il corpo, non è una sensazione brutta.

Improvvisamente non mi sentii più così solo.

Scossi la testa per riscuotermi: non mi ero mai sentito così stupido in vita mia.


  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Shadowhunters / Vai alla pagina dell'autore: emily12_