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Autore: Eco_90    01/11/2014    0 recensioni
Seguito di "Mo anam cara" Storie di spiriti, amori perduti e sogni infranti poi ricostruiti.
Dal testo:
"Aveva del lavoro da fare, lavoro normale: era la segretaria di una dottoressa. Ormai era quella la sua vita, non c'era più spazio per le nottate insonni al freddo solo per convincere un paio di presenze a sloggiare. Già, non c'era più tempo per quelle cavolate."
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Erano passati un paio di giorni dall’ultima chiamata di lavoro, e lei era decisa a godersi quegli attimi di pace che sapeva sarebbero finiti molto presto.
Infatti, come previsto, il telefono iniziò a squillare in modo fastidioso, interrompendo il suo sonnellino pomeridiano.
La chiamata che ne seguì fu la più strana mai ricevuta, ma anche quella più fruttuosa in assoluto.
Agganciò, ancora un po’ frastornata da quanto sentito.
Una squadra molto famosa di cacciatori di fantasmi, era stata ingaggiata per visitare una grande struttura ospedaliera ormai in disuso.
Lei non credeva in questi fantomatici impostori che vendevano fumo alle povere persone ma dato che l’avevano chiamata, magari, avrebbero veramente trovato qualcosa.
Si gettò sul divano, sempre con quell’aria afflitta, divisa in due: da una parte la voglia di provare, dall’altra quella di non svendersi.  Decise di non dire niente agli altri finché non avesse preso una decisione.
-Tesoro?- alzò lo sguardo trovandosi davanti la signora Evans. –Si?-
-Tutto bene?- rifletté qualche minuto, poi decise che almeno con lei avrebbe potuto parlarne, alla fine loro erano la sua fonte di reddito. Sbuffò sonoramente facendo cenno alla donna di sedersi.  - Ho ricevuto una strana proposta di lavoro. Dovrei far parte di un gruppo di cacciatori di fantasmi, anche piuttosto famoso. Sono stati ingaggiati per andare a visitare un grande ospedale in rovina. Se non ho capito male, registreranno il tutto mandandolo poi in onda come puntata speciale del loro programma.-
-Cosa non ti convince?- chiese la donna, vedendola in seria difficoltà.
-Non lo so, mi sembra una sciocchezza.-
-Cosa ti sembra una sciocchezza?- questa volta non era stato il fantasma a parlare, ma Liam, sbucato da chissà quale angolino oscuro dell’appartamento.
La ragazza si grattò nervosamente la testa, non aveva una scusa pronta e non sapeva come imbastire una balla su due piedi.
-Non puoi ascoltare le conversazioni private delle altre persone, è maleducazione, non lo sai?- provò a deviare il discorso, il senso di colpa magari si sarebbe rivelato utile.
-Conversazione privata col muro? Io qui vedo solo te. Ho pensato che magari avrebbe potuto farti piacere parlare con una persona reale.-
Quel ragazzo era quanto di più sbagliato avesse mai incontrato. Un ricettacolo di difetti fastidiosi che puntualmente si riversavano contro di lei. Si alzò, visibilmente stizzita e lo fulminò con lo sguardo.
-Sei un cretino.- poi si dileguò fuori dall’appartamento, nonostante tutto le aveva regalato un’occasione ghiottissima per non rispondere alla sua domanda.
 
 
 
***
 
C’era una cosa che aveva lasciato in sospeso, o meglio c’era una cosa più importante rispetto a tutte le altre lasciate in sospeso: una punizione da infliggere, qualcosa di finalmente giusto e pulito. Una delle poche cose chiare e limpide della sua vita. Aveva fatto una promessa molto importante, era arrivato il momento di rendere onore alla parola data.
Decise di dare una nuova occhiata nella grande biblioteca della città. Quando qualche anno prima ci era andata alla ricerca d’indizi, non aveva trovato nulla di rilevante, se non l’indirizzo della Fitzpatrick, ma a pensarci bene quegli articoli erano pieni di nomi collegati in un modo o nell’altro alla disgrazia: sarebbe ripartita da lì.
Quel posto le piaceva tanto, spesso ci incontrava poeti e scrittori famosi morti tanto tempo prima.
Era piacevole confrontarsi con loro, e scoprirne lati di cui nessuno ormai era a conoscenza.
I grandi tavoli di legno erano ricoperti da una lieve patina di polvere, non era un luogo molto frequentato dai vivi, ma non le dispiaceva. Effettivamente era un posto un po’ lugubre, sempre relegato nella penombra, per via dei grandi alberi che lo circondavano.
Il gestore poi era una persona molto particolare, Samuel: zoppo, con grandi occhiali squadrati a fondo di bottiglia, che rendevano i suoi occhi vacui e leggermente inquietanti. La sua strana ossessione per le falene poi, faceva venire i brividi a Kelly. Spesso le aveva mostrato le sue infinite collezioni, e anche se lei detestava profondamente vedere quei poveri animaletti inchiodati in teche di vetro, reprimeva il senso di disgusto sorridendogli accomodante.
Si avvicinò lentamente al bancone, attirando l’attenzione dell’uomo, chiedendogli per la seconda volta quella mole enorme di documenti, cosa che stranamente lo fece sorridere.
-Secondo te è comico?- le sembrava una reazione troppo strana, anche per lui.
Samuel la guardò, inclinando lentamente la testa di lato. -È comico il tuo modo di ostinarti a cercare qualcosa che in così tanti hanno cercato di nascondere anni fa!- quella risposta la sorprese e non poco, quell’uomo inquietante sapeva qualcosa e lei doveva scoprirlo.
-Tu che ne sai di questa storia?- non si premurò di nascondere il suo interesse, lui sapeva che stava indagando, quindi sarebbe stato solo uno spreco di tempo inscenare la farsa della piccola ragazza ingenua.
-Beh io so che è pericoloso ficcanasare in questa storia, e che il piccoletto è finito male per uno sbaglio commesso da qualcuno. Mentre qualcun altro ha guadagnato parecchio da quell’errore.-
Le parole dell’uomo significavano tutto e niente. C’erano troppi lati oscuri in ciò che le aveva detto. Zone d’ombra in cui sicuramente si celavano dettagli importanti. –Tutti i giornali dicono che è stato investito per sbaglio, non parlano di guadagni strani, o di complotti nascosti.- non poteva fidarsi ciecamente dell’uomo che aveva davanti. Era strano, e spesso lo aveva sentito parlare di teorie complottistiche tra il salumiere e il panettiere. Avrebbe dovuto prendere con la pinza ogni sua minima rivelazione.
-Se non mi credi chiedi a Padre Joel. – sollevò le spalle e detto questo la lasciò sola, andando a sistemare alcuni libri nella sezione dei romanzi.
Uscì da quel posto pensando insistentemente alle parole dell’uomo. Non sembrava volerla convincere ad ogni costo, le aveva detto solo ciò che sapeva, o che si era inventato e poi le aveva suggerito di parlare col prete.
Perché avrebbe dovuto farlo? A lei quell’uomo non piaceva, e l’odio era reciproco.
Spendeva tanto tempo a predicare e condannare i peccati altrui, quando lui era il primo dei peccatori.
Beveva, andava spesso ad alcune feste di politici importanti e parecchie volte era stato trovato in compagnia di donne compiacenti. La storia del: “ devo riportarle sulla retta via.” Non aveva imbambolato quasi nessuno, se non si teneva conto delle vecchiette bigotte che ancora popolavano il paese.
Se lui era a conoscenza di dettagli importanti di questa storia, allora tutto si faceva più torbido e contorto di quanto avrebbe potuto aspettarsi.
Giudò fino alla chiesa. Stranamente aveva cominciato a piovere, quasi fosse un segno. Mancava solo un cartello con la sua faccia sbarrata e la scritta: “ Tu non puoi entrare”. Facendosi coraggio entrò nella piccola chiesa, situata proprio nella piazza principale del paese. Era stata costruita dopo l’abbandono immotivato della chiesa in cui aveva combattuto contro la Fitzpatrick.
L’aria lugubre di quel posto le metteva i brividi, l’altare era uguale a quello su cui aveva trovato legato Billy. –Billy. – scosse vigorosamente la testa, scacciando quel nome dalla sua mente, per poi continuare la sua camminata verso la sacrestia.
-C’è nessuno?-
-Aah, ora si spiega il tempo.- la voce sarcastica proveniva da una stanza vicino a lei.
-Prete non è il momento per le battute. Sono venuta a chiederti un paio di cose.- era molto decisa, e intenzionata a finire il prima possibile quella tortura.
-Per le tue domande ho un libro che potrebbe delucidare ogni tuo dubbio.- ora erano faccia a faccia, e si studiavano come due vecchi nemici.
-Non ho bisogno della tua Bibbia, né di un esorcismo.- aggiunse. -so che stavi per propormelo.- lo sguardo al vetriolo che scaturì dagli occhi del prete avrebbe intimorito chiunque, ma lei era abituata.
-Devo sapere che fine ha fatto il marito della signora Fitzpatrick. Non c’è nessuna traccia di lui, dov'è andato a finire?-
Il prete la sorpassò, camminando per la navata, fino a mettersi seduto su una delle panche. L’espressione sul suo volto era totalmente cambiata, sembrava essersi stancato in un secondo, apparendo addirittura più vecchio agli occhi della ragazza.
Scostò piano dal suo viso una ciocca di cappelli bianchi, tornando a guardarla intensamente. –Dovresti lasciar stare quella brutta storia.- sembrava la stesse pregando. Forse era talmente abituato a farlo da non rendersene neanche conto.
-Non posso, l’ho promesso. I colpevoli dovranno pagare.- era semplice la cosa, scoprire il colpevole e mandarlo in carcere. Kelly non capiva perché si fosse alzato tutto quel polverone per quella storia.
-Ragazzina te lo dico seriamente, lascia perdere. Rischi di farti male.-
Kelly rise sguaiatamente a quell’affermazione. –Se avessi potuto avrei lasciato correre. In più ho già rischiato di morire, ho perso persone per me importanti e via dicendo. Posso sopportare tutto. Quello che mi lascia perplessa è l’implicazione di un uomo di chiesa in una faccenda così macabra. Verrebbe da pensare che lei abbia contribuito all’insabbiamento del caso.- sapeva di aver tirato troppo la corda, ma quell’uomo non si decideva a parlare.
La faccia del Prete s’indurì subito. La bocca arricciata ai lati gli donava un’aria arcigna, decisamente lontana dall’idea comune di fraticello pio e misericordioso.
-Non ti azzardare sai, io mi sono opposto a tutto quanto. Io non volevo che andasse a finire così, ma sono un prete, che poteri pensi che possa esercitare io su questa comunità?  Posso solo intimorire le persone con l’idea dell’inferno, niente di più.-
La ragazza aveva perso ormai ogni singola goccia di pazienza. Si mise davanti a lui sovrastandolo, e cercando di fargli intuire quanto poco potevano interessarle tutte le sue chiacchiere da timorato di Dio. –Senta, si decide a parlare o no? Non ho tutto il tempo del mondo.-
Il vecchio si portò una mano alle labbra, soppesando le parole della ragazza, certo aveva un caratteraccio, ma alla fine stava cercando di fare qualcosa di buono.
-Ci sono dei documenti... nascosti nella vecchia casa della signora Fitzpatrick. Non so dove e non so che tipo di documenti siano, so solo che sono stati decisivi per far passare il fattaccio come un incidente.- detto questo il vecchio se ne tornò piano verso la sacrestia chiudendosi la porta alle spalle.
Rincuorata Kelly, decise di andare a farci un salto, ormai quella era la sua seconda casa; passava più tempo nella vecchia dimora della Fitzpatrick che da Ron, ma quello era normale. Non le andava di vedere le dolci effusioni della coppietta felice, effusioni sempre più ostentate dopo la sua chiacchierata con Billy.
Prese il viale sterrato che portava alla casa, la pioggia aveva quasi allagato la strada, formando buche piene di fango e mini paludi ai lati della via.
Scese dalla macchina, immelmando subito le sue nuove scarpe gialle, cosa per cui non trattenne un’imprecazione.
L’acqua filtrava nei muri della casa, e gocciolava dal soffitto su cui erano presenti vari buchi. Il tetto dopo anni d’incuria stava cedendo, ma nessuno ci avrebbe fatto caso.
Iniziò a meditare, cercando di immedesimarsi in un “documento nascosto.” -Dove potrei essere messo per non farmi trovare?- si chiese tra se e se.
Cercò nel salotto, alzando le assi ormai rotte del pavimento, spostando i pochi mobili e soprammobili rimasti. Cercò in cucina, aprendo ogni pensile con lo sportello ancora intatto. Addirittura cercò nello sciacquone del bagno, ormai senza più acqua, ma ovviamente non trovò nulla se non qualche blatta morta.
Decise allora di scendere in cantina, il sole stava calando e la luce lì non abbondava sicuramente. Accese il flash del cellulare e cercò speranzosa qualche candela, ne trovò alcune bianche e lunghe. Quelle che di solito sua madre usava accendere durante un blackout.
La cantina, se possibile, era peggio dei piani superiori. C’erano scritte di qualche fanatico satanista sui muri, foglie, terra e ragnatele ovunque, per non parlare della muffa ormai nera.
Mise le mani in ogni scatolone, scatola o baule. Cercò fra gli attrezzi da lavoro, tra i mobili vecchi riposti nel seminterrato fino a che cadde nello sconforto più totale. Si sedette sulla scala e si accese una sigaretta, la mano libera a tenerle la testa mentre cercava di fare ordine nel caos d’idee che le era nato nel cervello. In lontananza le campane risuonavano tristemente, facendole compagnia.
 
 
Era immersa nei suoi pensieri, anzi, nel suo pensiero più profondo: quello che non le dava mai pace, quello che probabilmente le avrebbe sempre fatto compagnia, quando un rumore alle sue spalle la fece sobbalzare. Si alzò di scatto, voltandosi velocemente, per trovarsi davanti a lui. Era a torso nudo, col fiatone e i capelli bagnati, uno strano connubio. Restarono imbambolati a fissarsi per qualche minuto. Lui sembrava più sorpreso del solito, aveva le pupille dilatate come se stesse provando un forte dolore. Kelly capì subito da cosa scaturiva. Si portò una mano ai capelli, ormai bagnati, ricordandosi della tinta fatta da poco. Notando il suo gesto, Billy parve risvegliarsi dal suo stato semi-catatonico. –Che cosa ci fai qui?- il tono perennemente scontroso. –Non ti riguarda, ma se proprio vuoi saperlo, sono venuta per indagare.- snocciolò questa notizia per poi tornare a fissarlo intensamente. –Beh vattene, non c’è...-
-Niente per te qui.- disse lei bloccandolo e poi facendogli il verso. –Si lo so, l’ho capito. Sei monotono. Mi dispiace deluderti però, non me ne vado, ho del lavoro da svolgere.-
Piantò bene i piedi per terra per fargli capire che non avrebbe cambiato idea, quando lui fece qualcosa di totalmente inaspettato. La afferrò per un braccio, strattonandola e cercando di farle salire a forza le scale, per mandarla via. –Ma sei scemo? Lasciami Billy mi fai male. Lasciami. - gridò lei in preda al panico. Lui non parlava, si limitava a tirarla stringendole forte il braccio, tanto da bloccarle la circolazione.  –Billy, tutto bene tesoro? C’era veramente qualcuno lì sotto?- la voce arrivava dai piani superiori, probabilmente dalla camera padronale. Kelly si bloccò, così come Billy. La ragazza abbassò lo sguardo, puntandolo a terra... il viso era ormai nero. Ora tutto tornava. Aveva scambiato quella casa per il suo "scannatoio" personale. Si senti così stupida in quel momento. Aveva veramente pensato che lui fosse triste perchè i suoi capelli gli ricordavano i bei tempi andati, invece era solo agitato, non voleva che lei scoprisse cosa stesse facendo al piano superiore. Con uno strattone si liberò dalla sua presa, quel contatto ormai la nauseava, per poi portarsi il braccio al petto. Salì le scale senza guardarlo e senza proferire parola, poi arrivata all’ultimo scalino si fermò. Lui non era salito, era rimasto lì, nella cantina, con gli occhi sbarrati e uno strano peso sul cuore. –Io sarò stata una stronza, ma tu non sei meglio di me .- la ragazza disse solo questo, prima di cominciare a correre verso la macchina, sapeva che non l’avrebbe seguita, sapeva che l’avrebbe lasciata andare, era il solito codardo. Imboccò il sentiero sterrato e corse a casa. Era fradicia dalla testa ai piedi, ma non se ne curò molto, si accasciò nell’ingresso dell’appartamento con la schiena poggiata sulla porta d’entrata. Tremava per il freddo e per lo sconforto, lo schifo ormai era passato.
Un tepore confortante si spanse per tutta la schiena, qualcosa di morbido e caldo le era stato appena poggiato sulle spalle. Si sentì sollevare da terra per poi essere portata in camera sua, e poggiata sul letto. Solo allora vide che Liam aveva avuto tutte quelle accortezze nei suoi confronti. La stava lasciando sola, ma lei si era stancata della solitudine. Allungò una mano afferrando il suo braccio sinistro. –Resta. -  non servì altro. Lei si stese sul letto e lui fece altrettanto, accarezzandole teneramente i capelli bagnati.
Fu lui l’unico ad addormentarsi, lei passò tutto il tempo a fissarlo, senza realmente guardarlo. Il velo fastidioso delle lacrime non aveva ancora abbandonato i suoi occhi, sembrava una patina ormai permanente. Alle prime luci dell’alba si sgranchì le ossa, alzandosi silenziosamente. Era inutile rimanere a letto.
Cercò la sua borsa, trovandola per terra vicino alla porta d’ingresso, era rimasta lì dalla sera prima. Tirò fuori il cellulare e compose il numero che le serviva. –Salve, si so che è presto, ma avrei deciso di partecipare alla vostra spedizione.-
Prese accordi con il coordinatore, e s’incontrò con lo stesso qualche ora dopo.
Sarebbe dovuta partire da lì a un paio di giorni: “Perfetto”. Aveva pensato scoprendolo.
Doveva prepararsi una borsa leggera e avvertire suo fratello, Moira e Liam. Sarebbe tornata presto, una settimana e avrebbe fatto ritorno. Era poco tempo, ma sufficiente per riprendersi.
  
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