Camminava senza sapere quale fosse la sua meta. Justin aveva
chiuso la porta alle sue spalle con una certa irruenza aspettandosi di ricevere
lamentele da qualche vicino di casa per tutto quel baccano, o reazioni irose
dai suoi stessi genitori, ma non era accaduto niente del genere. Rispose solo
il silenzio alla sua rumorosa provocazione e il ronzio intermittente del
lampione alle sue spalle. Erano secoli che quella lampadina andava cambiata ma
nessuno se ne era dato pena e adesso, camminare su quel viale risultava un
impresa, mentre la luce arancione andava e veniva ad intervalli irregolari e
fastidiosi. Non che a quell'ora ci fosse molta gente per le strade.
Guardò l'orologio. Era fermo sulle undici e mezza...ma era chiaro che dovesse essere
molto più tardi di cosi! Forse si era rotto, o si erano scaricate le pile.
"No, no si è fermato il tempo..."
Che frase assurda! Ma l'aveva detta davvero o l'aveva solo pensata? No, forse
nessuna delle due. Forse gliel'aveva suggerita uno dei suoi tanti film di
fantascenza, aveva la testa piena di quelle cose, di navicelle spaziali, di
viaggi nel tempo e di strani marchingegni in grado di volare alla velocità
della luce, sparare raggi laser e simili.
Osservò di nuovo le lancette del suo orologio da polso e scosse la testa. Da
quando gli avevano regalato la videoserie di X-files gli capitava di fare un pò
troppi incubi strani e di pensare a cose semplicemente impossibili.
Forza della suggestione televisiva? Chi poteva dirlo?
Ma era stata davvero la sua voce quella che avevano sentito le sue orecchie di
sedicenne? Storse la bocca incredulo e mosse qualche passo verso la fine del
viale.
Il silenzio era davvero inquietante. Non era la prima volta che usciva di
notte, per i suoi affari, ma in quel momento non riusciva proprio a mettersi
l'animo tranquillo.
"Domani niente telefilm..." si disse, dando un calcio ad una lattina
vuota di coca cola che andò a sbattere proprio contro al cassonetto in fondo
alla strada. Un rumore metallico ad uno più acuto che seguì immediatamente
dopo.
Justin aguzzò la vista, e tese le orecchie. Dapprima gli era sembrato un grido
stridulo, ma poi quando vide Tilly, la gattina dal pelo cenerino che abitava
con la vecchia Signora della casa a fianco, si lasciò sfuggire un risolino di
sollievo. Che razza di serata quella! E aveva avuto la brillante idea di fare
due passi per distrarsi un pò, e rilassarsi...certamente un'impresa impossibile
visti che razza di nervi a fior di pelle che si ritrovava! Rivolse uno sguardo
lontano alla propria casa dietro di lui. Sua madre dormiva di certo.
Non si era mai accorta di queste sue scappatelle notturne, ed era un bene
perché come ogni madre avrebbe imposto un divieto assoluto se ne fosse stata a
conoscenza.
Tornò ai cassonetti della spazzatura. Dov'era finito quel gatto? Gli aveva dato
proprio un bella botta per farlo miagolare a quel modo.
Ma ora era sparito.
Evidentemente si doveva essere spaventato, ed era corso via. Anche Justin stava
per rientrare in casa, quando la luce del lampione principale si spense del
tutto. Incrociò le gambe un'istante perdendo all'improvviso la visibilità, mise
il piede su qualcosa e scivolò in terra cadendo seduto. Gemette appena,
lasciandosi sfuggire un ironico "...che serata deliziosa..." prima di
massaggiarsi il punto dolente. Cercò con le mani l'oggetto che l'aveva fatto
cadere. Lo prese e lo avvicinò al viso per vederlo meglio. Rabbrividì, aprendo
la mano.
Una lattina di coca cola cadde subito dopo sul cemento della stradina,
rotolando per alcuni metri. Eppure si ricordava benissimo che era finita nel
cassonetto...e per un attimo ebbe l'impulso di correre dentro casa. Sorrise,
non poteva comportarsi in quel modo ridicolo.
Evidentemente il gattino correndo via l'aveva urtata ed era rotolata di nuovo
sulla strada. Una semplicissima spiegazione, che lo accompagno sino alla porta
di casa.
Posò la mano sulla maniglia e fece per rientrare quando un miagolio sotto di
lui lo fermò. "Ah, sei tu..." mormorò chinandosi sulla bella gattina
e lasciandole un paio di carezze "Mi hai spaventato"
Un paio di miagolii e poi il gatto si alzò sulle zampe posteriori piegando
quelle anteriori al petto.
"Cos'è un nuovo giochetto?" chiese Justin, sorpreso "Sei brava
Tilly sai?"
"E tu sei un babbeo, Justin" rispose il gatto. Si, il gatto! Dire che
il ragazzo urlò fu un semplice eufemismo, la realtà è che se avesse impiegato
tutta quella energia in modo intelligente sarebbe bastata per alimentare tre o
quattro mulini a vento. Cadde all'indietro, cercando di allontanarsi dalla
minuscola creaturina come di fronte ad un omaccione di cento chili armato di
pistola. Alcune luci nel vicinato si accesero e anche la camera di sua madre si
rischiarò all'improvviso.
"Corri via Justin? Cos'è tutta questa fretta? No, no...c'è tutto il
tempo" disse il gatto e il ragazzo dovette ammettere che in effetti, anche
se le luci si erano accese dall'interno non giungeva il minimo suono. Nessuno
lo chiamava? Nessuno usciva in strada? Nessuno accorreva a vedere che razza di
fenomeno da baraccone lo stesse aggredendo...no, un momento...non era proprio
esatto. In realtà era stato Justin ad aver aggredito quel povero gatto. Fu su
questo pensiero che riuscì a calmarsi un poco di più e a chiedere : "Ti ho
fatto male?"
"No guarda, mi hai fatto bene. "rispose l'animaletto ironico "Ti
prego picchiami di nuovo, dormivo così bene dentro quel sacco della spazzatura
che rischiavo di morire di noia...mi sono detto, magari ci fosse qualche
buon'anima che aggredisce gli animali per bene nei loro letti, ne avrei proprio
bisogno..."
"Provvidenza divina" rispose Justin dal canto suo "Ma tu non hai
una casa? Che ci facevi lì dentro?" Poi si rese conto di stare a parlare
con un gatto e si sentì terribilmente cretino.
"E tu Justin? Cosa ci fai di notte a gironzolare come una povera anima in
pena per le vie del quartiere?"
Stava per rispondere a tono quando chiese "Come lo sai il mio nome?"
"Uno dei due deve conoscere il nome dell'altro. Tilly..." mormorò
storcendo il naso rosa e umido "Tilly! Nome mielosamente ributtevole.
Ovviamente non è il mio vero nome, perché io non sono un gatto"
"Di certo non assomigli ad un topo..."
"E di certo ti hanno insegnato che non si interrompono le persone mentre
parlano..."
"Ma tu non sei una persona!" ribadì il ragazzo. "Sei..."
"Cos'è una persona Justin?" chiese il gatto prima che egli
continuasse venendo meno al siddetto galateo. "E' un qualcosa che ha due
gambe, un paio di braccia e una testa rosa e pelosa come la tua? Un paio di
jeans sbrandellati ed una maglia degli Argyle Park di seconda mano? E' un qualcosa
che si aggira di notte perchè non riesce a dormire dando la colpa del proprio
umore alla notte irrequieta, invece che a se stesso? O è un qualcosa che non ha
forma, che si definisce pensante e proprio perché tale, degno di possedere una
ragione ed un ruolo nel mondo? Sei una persona Justin o sei lo spettatore di
coloro che conoscono la differenza radicale tra vedere e guardare, tra
conoscere e sapere...di cosa è un dato di fatto, e cosa ancora può essere messo
in discussione?"
Tutte quelle parole gli stavano facendo girare la testa. "No, no
fermo...fermo..." disse rialzandosi in piedi. Da quell'altezza il gatto
sembrava ancora più insignificante del normale.
"Tu sei solo un gatto e non dovresti neanche parlare...e adesso ti metti
pure a fare di questi discorsi filosofici!?"
"E chi l'ha deciso che i gatti non possono parlare?" Chiese allora
imitando il ragazzo e mettendosi di nuovo sulle zampette posteriori.
"Ma soprattutto qualcuno decide oppure è tutto lasciato al caso? Perchè se
così fosse Justin, tu potresti domandare a quel sasso laggiù, vicino alla
lattina di coca, se sono davvero le undici e mezza, e ricevere una
risposta."
"Stupida affermazione..."
"Perché stupida?"
"Perché un sasso non ha neanche una testa per pensare..."
"Non vuol dire che sia del tutto vuoto..." rispose posando gli occhi
di giada sul ragazzo "Anche quel sasso laggiù ha una ragione. Non può
dirti perché si trova lì nel tuo giardino, e quante cose ha visto negli anni.
E' rotolato a valle dalla cima del monte. E ci sono voluti anni ed anni, per
diventare così piccolo e tondo. Dentro quel sasso ci sono secoli dell'uomo
pensante..."
Il gatto si mise nuovamente a quattro zampe e se ne andò miagolando lasciando
Justin con un discorso ancora a metà. "Ma non si fa così..." borbottò
tra sé, poi realizzando l'assurdità di prendersela con un felino, aprì la porta
dell'ingresso ed entrò in casa. Ora sarebbe salito in camera sua e avrebbe
scoperto di trovarsi ancora nel proprio letto. Quello era stato il sogno più
incredibile degli ultimi sedici anni, doveva ammetterlo! L'idea del gatto che
parla poi! Chissà da dove gli era venuto fuori una cosa del
genere...effettivamente c'era nella sua testa un telefilm con un gatto
parlante? Non si trattava forse di una serie su di una strega adolescente...?
bhò, gli sarebbe tornato in mente poi. Tornò in camera sua. Sua madre dormiva
ancora profondamente...o meglio, evidentemente stava sognando che ella dormisse
ancora. Adesso doveva solo aspettare di svegliarsi.
Rimase in attesa seduto sul letto che la sveglia suonasse. Così si sarebbe
svegliato, sarebbe sceso per la colazione e avrebbe potuto raccontare quello
che aveva visto nel sogno. Raccontarlo? Non era convinto che fosse poi una
buona idea.
Volse lo sguardo alla sveglia, e qualcosa lo fece palpitare d'angoscia. Com'era
possibile che la sveglia segnasse ancora le undici e mezza? E' un sogno...è un
sogno... si ripeté. Evidentemente era fissato con quel numero.
Un ragno scivolò su di un filo all'altezza degli occhi del ragazzo che per
istinto tentò di schiacciarlo. Quello gridò "Smettila, non è educato
schiacciare i propri vicini di casa!"
"Ma è diventata una moda rispondere a tono?" chiese esasperato.
"Se qualcuno provasse a schiacciarti rimarresti zitto tu?" domandò il
ragno prima di scivolare sino al pavimento e scomparire in qualche buco.
"Cosa mi succede...?" mormorò con una nota di panico nella voce.
Si, Justin sperava davvero che il giorno giungesse in fretta. Quello che vedeva
era fin troppo reale. Le sensazioni che possedeva così vere da lasciargli i
brividi lungo la schiena, gelida e sudata.