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Autore: SkyDream    02/11/2014    2 recensioni
Cerco disperata il suo numero e lo chiamo di corsa, non avrei mai voluto che la nostra prima telefonata fosse questa, volevo un invito a cena o un’uscita in riva al mare…
“Matsuda, tutto bene?” Chiedo allarmata.
“Detonatore al mercurio, basta una minima oscillazione e salta il mondo in aria.” Perdo un battito, tremo di paura.
“Sai, Miwako, sei simpatica direi proprio che..mhm…”
- Ispirata ai volumi 36 e 37-
[SatoxMatsuda][SatoxTakagi]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jinpei Matsuda, Miwako Sato, Wataru Takagi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note dell'autrice.
Intanto vorrei ringraziarvi per essere entrati in questa storia, non credo che lo faranno in molti, ma mi è piaciuto così tanto il personaggio di Matsuda che mi sono sentita in dovere di dedicargli almeno una storia. E' una SatoxMatsuda ma è anche una SatoxTakagi, leggere per capire.
Ovviamente io preferisco Takagi e Sato
Bacino a tutti
(scusate se ho pubblicato troppo presto sto intasando il sito lo so) 
_Sky(holemanigelate)Dream_(P.s. ho appena ricontrollato e sistemato quella decina di errori orripilanti, sto continuando a correggere, scusate tanto)

 
 Il ricordo che non riesci a dimenticare 
Tratto dal volume 36 (file 5/11) e dal 37 (file 1)
 
 
Le mattine fresche sono quelle che ti costringono a rimanere sotto le coperte un altro po’, immersa nei tuoi pensieri e in balia dei ricordi passati e vissuti nelle giornate quotidiane che non si sono rivelate tali.
Per questo lei, ora, si ritrovava in lacrime a pensare a lui…e a quando l’aveva perso davanti i suoi occhi, impotente di poter fare altro che guardare lo spettacolo dal basso. Tutto era cominciato sei maledettissimi giorni prima.
Solo sei giorni prima.


2 settembre di tre anni prima.
“Miwako, hai visto le nuove spille di diamanti e rubini della collezione appena uscita?” Yumi mi sventola davanti il nuovo depliant della gioielleria lì vicino, Shiratori appare come per magia invece, alle nostre spalle.
“E’ appena arrivato l’ispettore Megure, dice che ci siano scottanti novità per la squadra.” Il suo sorriso nervoso fa trasalire tutti i presenti, si voltano verso la porta che si apre piano piano, come se dovesse entrare uno spirito silenzioso e inquietante.
“Ragazzi, vi presento Jinpei Matsuda, da oggi sarà con noi nella prima squadra.” Ammaliante e tenebroso, con gli occhiali scuri e una sigaretta tra le labbra, il portamento di chi non ha mai avuto superiori. Che cosa ci fa qui?
“Ispettore, si risparmi le lunghe presentazioni, non volevo nemmeno essere qui.” Mi passa accanto, l’odore acre del fumo fa a pugni con un grazioso profumo maschile che mi fa socchiudere le palpebre per una frazione di secondo.
“Lo affido a te, mi è stato raccomandato dai piani alti…ha una storia burrascosa.” Mi volto verso Megure, ma è ormai sparito tra carte e telefonate del suo ufficio.
“Bene, prof, mi porterai a fare un giro del palazzo come se fossimo in una nuova scuola, o cominciamo con le indagini?” La sua voce, così vicina a me, mi mette i brividi lungo la schiena…chi è? Perché mi fa questo effetto così strano?
“Non ho alcuna intenzione di essere la tua professoressa, né una tua collega, sono il tuo capo e come tale dovrai rispettarmi? Sono stata chiara?” Alzo il viso verso di lui inutilmente, la distanza dell’altezza è troppa, gli occhiali scivolano sul naso rivelando due iridi da far paura, o forse da sogno?
“Interessante…” Lo guardo con aria interrogativa e mi allontano dal suo viso.
“Cosa?” Chiedo stringendo i pugni e sentendo il cuore battere ancora più forte del normale.
“Tu. Sei un tipetto interessante, Miwako.” Sento il calore scendere per tutto il viso, penso di essere diventata rossa come un peperone.
“Tu come sai che mi chiamo…”
Ticchetta con l'unghia sull'etichetta accanto al mio distintivo, il mio nome luccica sotto i raggi del sole che trapelano dalla finestra, lui spegne la sigaretta sul posacenere e sorride con i denti tremendamente bianchi nonostante il fumo.
“Sato! Sato ho bisogno di te!” Mi volto verso Shiratori e mi consegna un plico di fogli, sorride prendendo un po’ di fiato e mi chiede di andare a interrogare un paio di persone del quartiere di Beika-cho.
“Inizi il turno con gli interrogatori? Allora ci ho visto giusto, prof.” Sorride strafottente e la voglia di mollargli un ceffone sale imperterrita nel sangue, alzo la mano ma la fermo a mezz'aria prendendolo poi per la manica e tirandolo con me verso la macchina.
Arriviamo dopo una decina di minuti alla casa assegnata, e ad aprirci è un certo Juhei Sagai.
L’uomo ci fa accomodare attorno a un tavolo, Matsuda esce un quadernetto e con una penna comincia a scrivere qualcosa.
“Signor Juhei, lei è indagato per omicidio, lo sa vero?” L’uomo annuisce sorridendo falso e unendo le mani sul tavolo si avvicina a me, che siedo accanto, come per chiedere cosa voglio in realtà.
“Bene, mi sa dire cosa faceva venerdì sera verso le dieci e mezza di sera?” Deglutisco e mi allontano impercettibilmente dal volto dell’indagato.
“Io? Certo che le so dire cosa facevo…ma non sperpero così la mia vita privata, signorina piedipiatti.”
“Lei è indagato per omicidio, se non collabora potrei decidere di sbatterla in cella senza troppi problemi.” Gli dico alzando il tono della voce ma senza scompormi.
“Proprio un bel caratterino, un peperoncino da gustare…che ne dice se stasera facciamo una cenetta qui a casa mia? Potrebbe anche intrattenersi per la not…” L’uomo di ritrova a qualche centimetro da terra, Jinpei lo tiene per il colletto senza modificare una piega del suo viso seminascosto dagli occhiali neri.
“Allora, cosa faceva alle…dieci e mezza, Miwako?” Annuisco a labbra schiuse e vado per prendere nota di ciò che l’uomo dice a un palmo dal viso sorridente del mio collega.
“Bene, le faremo sapere. E’ stato un piacere collaborare con lei. Arrivederci.” Matsuda mi prende per un braccio e mi trascina letteralmente sulla macchina, si siede dalla parte del passeggero e si accende l’ennesima sigaretta.
“Hai intenzione di interrogare la gente in quel modo per tutto il tempo?” Gli chiedo, e lui annuisce senza distogliere lo sguardo dal finestrino.
“Stasera esci col fidanzato?” Mi chiede mandando un messaggino a qualcuno.
“I-io? Naa. Non sono fidanzata per fortuna.” Aspetto qualche secondo, poi la curiosità mi mangia. “E tu?”
Stende le gambe e sbadiglia rumorosamente, fa cenno di no.
“Nella nuova casa dove mi sono trasferito ieri sera c’è molto da fare, e poi non ho ancora incontrato il mio tipo. Anche se modestamente ho molte ammiratrici.” Se la vanta lui facendo finta di lucidare le unghie.  “E tu?”
“Ah, io abito sola quindi credo che non avrò una serata particolarmente interessante.” Rispondo.
“Eccoci tornati alla questura, io avrei un paio di carte da firmare e sbrogliare…sai come sono queste carte da uffici…bolli, doppi bolli. Ti concedo di farti un giro a patto che non ti allontani.” Gli dico cercando il telefono dentro la borsa.
Lui mi passa il mio telefonino e si incammina verso la questura.
“Ti avevo chiesto di non toccare le mie cose!” Lo rimprovero correndo verso di lui.
“Sarà per la prossima, prof. E chiamami.” Lo guardo interrogativa al massimo e abbasso lo sguardo sulla rubrica del mio telefono, il suo numero è lì.

Alla radio trasmettono il mio pezzo preferito, fortunatamente la linea non è nemmeno disturbata. Il calore del vapore mi rilassa e mi inumidisce i capelli scuri, la saponata galleggia sull’acqua profumata e crea splendidi disegni astratti che mi avvolgono silenziosi.
La musica si interrompe e comincia un’altra canzone veramente bella, chiudo gli occhi e quasi mi addormento cullata dall’atmosfera rilassante che mi circonda.
“Drin.” Sento quasi un trillo lontano, così lontano che non è più udibile.
“Driiiin.” Il trillo insiste, chissà cos’è…
“Drin Drin.” Ma…Accidenti il citofono!
Mi alzo ed esco dalla vasca da bagno mettendo l’accappatoio e arrivando di corsa davanti la porta.
Apro l’uscio e un colpo di aria mi arriva di colpo sul viso accaldato.
“Mi sa che ho sbagliato momento.” Lui è lì, con gli occhiali sui capelli e il profumo delizioso che stavolta non prende a pugni l’odore del fumo.
“Matsuda! Ma che ci fai qui?” Dico collegando solo dopo che lui non dovrebbe nemmeno sapere dove abito. “E come ci sei arrivato?!”
“Mi hai detto che eri sola a casa e così mi sono preoccupato, sono lieto che tu stia benissimo, ci si vede domani!” Lui mi saluta con un cenno della mano e va per scendere le scale.
“Matsuda!” Lo chiamo dall’uscio facendo un passo in più scalza e con i piedi gelati.
“Dimmi…” Risponde lui voltandosi.
“Buonanotte…e a domani.”
“Entra dentro che prendi freddo, prof.”
Rientro in casa, sento il cuore battere veloce e la radio improvvisamente ha un suono così sgraziato dopo aver sentito la sua voce…che ti succede Miwako? Ti stai facendo battere da un pivello?
“Ma no…”
Torno in camera, sperando di passare una bella notte a dormire.

Oggi è il cinque settembre, e Matsuda è con noi da ben quattro giorni. Sembra essersi ambientato ma continua a disdire i miei ordini.
“Buongiorno.” Saluta entrando in ufficio con un bicchiere di plastica da sui sorseggia lentamente del caffè amaro.
“’Giorno” Salutano i colleghi tornando immediatamente dopo alle proprie faccende.
“Miwako!” Si siede accanto a me e sorregge la testa con una mano che è piegata sul tavolo dal gomito in su.
“Hai cinque minuti di ritardo, in questo lavoro bisogna essere precisi e puntuali.” Gli ricordo mentre continuo a trascrivere un paio di interrogatori sul database del computer.
“Sono stato fermato da Megure poco prima di entrare, ha detto che ci occuperemo di un caso molto delicato questa mattina.” Mi volto parecchio interessata e con uno sguardo interrogativo lo sprono a dirmi altro. “ Juhei Sagai, pare abbia commesso un altro omicidio e stavolta abbiamo testimoni oculari. Dovremmo interrogarli e soprattutto dovremmo trovare Juhei.”
“E’ fuggito?” Chiedo allarmata mentre prendo la borsa e chiedo a Yumi di continuare a scrivere l’interrogatorio.
“Esattamente, e come se non bastasse è pure armato.” Corro per le scale e mi imbatto in Shiratori, che porta dietro di sé un pivello castano che mi fissa ammaliato.
“Buongiorno, signorina…” Sembra aver già perso la testa ed evito di dargli corda, chiedo allarmato al mio collega dove sia Megure e lui mi indica una porta poco distante.
“Non farti strani pensieri, Takagi, quella ragazza è impossibile da conquistare…credimi…” Lo sento dire.
Busso ripetutamente sulla porta dell’ispettore, al suo “Avanti” entro di corsa e mettendo le mani sul tavolo mi sporgo verso di lui con aria poco calma chiedendo come mai non ci siano rinforzi e posti di blocco disseminati ovunque per acciuffare Juhei.
“Abbiamo il personale ridotto a causa di un’altra indagine, lo sai bene, toccherà a te e Matsuda occuparvi di questo caso. Mi dispiace.”
Esco da lì con i nervi a fior di pelle.
“Io avrei un' idea, Miwako, ma dovrai ascoltarmi tu questa volta.”

Faccio un passo, il rumore rimbomba ancora forte nelle orecchie, un altro.. l’ennesimo passo dentro quest’hangar enorme. Il rumore dei tacchi si fa sempre più forte, mi penetra nella testa e sembra martellarla. La lunga parrucca bionda mi pizzica il collo, le mani si gelano con l’aria fresca che fa corrente nel lungo corridoio.
“Vai…vai così.” Sento dire dall'auricolare nascosto all'orecchio.
Poggio una mano sulla collana che scende sul seno, lasciato leggermente scoperto dalla scollatura generosa del vestito.
“Che razza di idea, però…” Sussurro mentre le gambe mi tremano, leggermente insicure, quando un respiro affannato grugnisce dietro i miei capelli, chiudo gli occhi e sento una lama poco sotto il collo…è tremendamente fredda.
“Ciao, bella bambola…benvenuta nella tana del lupo.” Mi sussurra con voce roca, sembra essere uscito fuori di testa.
“No…” Abbasso lo sguardo e allungo un braccio per fare un piccolo cenno a chi è appostato a pochi metri dietro di me. “Benvenuto a te…nell'inferno.” Lo blocco e lo faccio finire a terra con una mossa particolare mentre la lama viene lanciata via distante dall'uomo.
Matsuda si avvicina, ha gli occhiali sul naso e l’inconfondibile sigaretta tra le labbra, mi sorride e punta la pistola al petto dell’uomo, riusciamo ad ammanettarlo e posso finalmente togliermi quell'orribile parrucca bionda.
Arrivati in macchina sbattiamo l’uomo nei sedili di dietro, e prima di aprire la portiera mi ritrovo una giacca sulle spalle. “Prendi freddo, prof…”
Sorrido ed entro, che razza di colleghi strambi mi porta Megure….
“Siamo nella stessa squadra da sei giorni, almeno per una volta, sforzati di fare come dico io!” Lo rimprovero a vuoto, oggi sembra più distante e freddo di quanto non lo sia già… Matsuda.
Sembra immerso nel suo telefono, invia i messaggi con una velocità impressionante…quasi da far paura.
“A chi invii il messaggio?” Lo so che non è carino impicciarsi dei fatti de gli altri, ma se è una ragazza voglio almeno conoscerla.
“Al mio amico più caro”.Risponde lui. “Ma non può leggerla perché è saltato in aria quattro anni fa…” Sembra essere immensamente triste, di colpo anche io mi sento depressa.
Sarà questa l’empatia? O forse è solo la paura di perdere lui?
Come mi sentirei se perdessi Matsuda? Ho già perso mio padre, non sopporterei proprio un‘altra perdita.

“Corre voce, che ogni sette settembre, vi arrivi un fax con su scritto un numero: tre anni fa il numero tre, due anni fa il numero due, l’anno scorso l’uno…quest’anno è terminato il conto alla rovescia della bomba, Miwako.” Lo guardo triste, perché ho la sensazione che lui ora stia soffrendo.
“Ispettore, è arrivato anche quest’anno!” Shiratori compare sulla soglia con un foglio molto grande.

“Sono il cavaliere della tavola rotonda.
Ascoltate poliziotti malvagi e corrotti.
A mezzogiorno e alle sedici alzerò fuochi d’artificio in memoria del compagno caduto.
Se li volete fermare venite da me, vi ho riservato il sessantaduesimo posto. Vi aspetto!”


Matsuda corre via, dice per le scale che l’obiettivo è la ruota panoramica dell’ Haido-cho.
Cosa fa? Va da solo…? No, devo proteggerlo.
La ruota ha avuto un guasto, tutte le persone si sono allontanate o corrono via impaurite dal forte fumo che esce da essa.
“Salgo io…” Dice entrando all'interno della cabina numero 72. “Di queste cose è meglio che si occupi un professionista.”
Si toglie gli occhiali, i suoi occhi fissano i miei che sembrano inumidirsi, Megure si avvicina e mi rivela che fino all'anno scorso era nella sezione speciale degli artificieri.
 L’uomo morto quattro anni fa era il suo migliore amico, ed è stato ucciso dallo stesso bombarolo di ora, quattro anni fa Matsuda è arrivato a disinnescare il primo ordigno ma il suo compagno non ha potuto fare lo stesso. Da allora ha richiesto più volte di essere spedito nella sezione di indagini sul terrorismo.
Cerco disperata il suo numero e lo chiamo di corsa, non avrei mai voluto che la nostra prima telefonata fosse questa, volevo un invito a cena o un’uscita in riva al mare…
“Matsuda, tutto bene?” Chiedo allarmata.
“Detonatore al mercurio, basta una minima oscillazione e salta il mondo in aria.” Perdo un battito, tremo di paura.
“Sai, Miwako, sei simpatica direi proprio che..mhm…”
“Matsuda mancano pochi minuti, sbrigati!” Ho la voce rotta, il presentimento orribile che una disgrazia sta per adempirsi su di noi, Jinpei Matsuda.
“Sbirro coraggioso, per questo voglio premiarti…”
“Cosa stai dicendo?”
“Ti darò un indizio per dirti dove ho nascosto il petardo più grosso. Apparirà sul display tre secondi prima del botto. Buona fortuna.”
Il silenzio ci avvolse per un secondo, il silenzioso addio di due persone che sapevano di essere legate l’una all'altra.
“E’ comparsa questa scritta sullo schermo a cristalli liquidi. Ho il telefono scarico.” Subito dopo solo un assordante Tu TuTu risuona nelle mie orecchie. Due, forse tre minuti dopo, un’esplosione gigantesca si espande per tutta la ruota panoramica.
“Matsuda, Matsuda!!” Urlo mentre corro verso di te, Shiratori mi abbraccia e mi dice di stare ferma, Megure urla che è troppo tardi.
Il telefono vibra, il mio cuore è svuotato.
“Ospedale Centrale Beika.” Sussurro a Shiratori che corre verso l’ispettore per dirglielo. Il resto del messaggio ha un’importanza maggiore che solo io posso comprendere… “P.s. eri il mio tipo.”
Io cado in ginocchio, attorno a me solo detriti e un paio di occhiali dal vetro lineato, li avrai gettati prima di esplodere?
Li raccolgo e li metto tra i capelli, le lacrime scivolano sul viso impolverato dal botto e i singhiozzi fanno tremare lo sterno. Mi volto ma degli agenti non c’è più nessuno, sono sola.
“M-Matsuda…” Sbatto i pugni per terra e sanguinano leggermente. Qualcuno mi abbraccia da dietro.
“Signorina, non dovrebbe essere in un posto come questo.” Non mi volto, rimango a piangere dilaniata da urli e dolore che non potrò mai esprimere al mondo come vorrei.
Insieme a quella bomba e insieme a Matsuda è esploso anche il mio cuore.
“Pianga pure, starò con lei finché vuole.” Dice l’uomo che mi accarezza ora i capelli corvini, mi stringo al suo petto e piango ancora bagnandogli la camicia.
Ora che ci penso non riuscì a vedere bene il volto di quell'uomo a causa dello shock, ma ricordo qualcosa della voce…


8 settembre di tre anni dopo.
Asciugo l’ultima lacrima con il dorso del pigiama ed esco dalle coperte decisa a fare una doccia veloce prima di andare a lavoro.
Il telefono suona più volte, lo prendo svogliata e rispondo alzando la cornetta e mettendola tra la spalla e l’orecchio mentre sistemo i bottoni della camicia.
“Sato! Stai bene?” Resto in silenzio a meditare la sua voce…l’ho sentita da qualche altra parte, ma dove..?
“Ehi, Sato?! Ci sei? Mi sono preoccupato tanto non vedendoti arrivare a lavoro, sei con un’ora di ritardo, per caso stai poco bene? E’successo qualcosa?” Dove, dove l’ho sentita?

Le mani calde sulla schiena.
La voce rassicurante.
Le lacrime sulle giacca.


“Sei stato tu quel giorno a consolarmi…” Ti dico senza alzare gli occhi da terra, come se tu fossi davanti a me e non dall’altra parte della cornetta.
“Quando?”
“Quando c’è stata l’esplosione all’Haido-cho.” Rispondo mettendo le scarpe e tirando la cornetta per poter arrivare ad aprire la porta e poi voltarmi per dare da mangiare al pappagallino che ancora dorme.
“Ho consolato una donna quel giorno, è vero, ma non pensavo fossi tu…”
“Grazie, Wataru.”
“Di nulla, Miwako.”
E’ così strano chiamarti con il nome e non con il cognome che quasi mi mette i brividi.
“E comunque smettila di piangere, sei molto più bella quando non hai le guance umide.”
Mi volto verso la porta e tu sei lì, fai capolino dall’uscio e chiudi la telefonata.
“Ero molto preoccupato, mi dici sempre che alla polizia bisogna arrivare il perfetto orario…un’ora di ritardo è abbastanza preoccupante per una come te.”
Sorrido e prendendo la giacca chiudo la porta e ti seguo per le scale, ti blocco per una spalla e ti costringo a girarti verso di me: i tuoi occhi sono qualcosa di spettacolare, e il tuo profumo è molto buono questa mattina, non sei tenebroso come lui ma sei dolce in ugual modo o forse  anche di più.
Non mi importa se sei meno o più di lui, non mi importa proprio. Tu sei Wataru Takagi e mi sono innamorata perdutamente di te. Lo sai?
Mi avvicino a te e sento una mano calda  sulla mia guancia, proprio come quella mattina di tre anni fa in cui sei stato l’unico a consolarmi senza nemmeno conoscermi.
“Grazie, Sato.” Mi sussurri a fior di labbra.
“Chiamami Miwako…”
“Agli ordini capo”.
Hai delle labbra morbidissime Takagi, credo che questo ricordo rimarrà impresso tra i ricordi belli.




 

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