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Autore: Adeia Di Elferas    03/11/2014    3 recensioni
Un piccolo excursus sulla vita di Brienne, da quando lascia casa sua a quando si trova a vagare per i Sette Regni assieme a Jaime Lannister. Si tratta di tanti piccoli momenti a mio parere significativi, raccolti insieme per dare una visione globale di come la sua situazione sia cambiata nel tempo.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Brienne di Tarth, Jaime Lannister, Renly Baratheon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Nei Sette Regni e al di là del Mare'
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 “Ricordarlo, capito? Ricordalo sempre molto bene.” stava ripetendo il maeastro d'armi, guardandola fissa negli occhi: “Io so che ce la puoi fare e lo sai anche tu. Sono loro che non lo sanno, ed è questa la tua forza.”
 Brienne lo fissava in silenzio, con il cuore che batteva sempre più forte. Il suo maestro d'armi aveva ragione, sì. Le diceva sempre che la sua forza era la resistenza, aiutata dal fatto che lei fosse una donna.
 “Un cavaliere non vorrà mai perdere contro una donna.” disse il maestro d'armi, come aveva già fatto migliaia di volte: “E in più non vorrà mai far vedere la fatica che ci vuole a sconfiggerti. Atteccherà subito, vorrà fare in fretta e si stancherà molto prima di te. Sei alta, robusta e hai la giusta dose di testardaggine per resistere a lungo. Tu fallo sfiancare e quando non ne potrà più...” e mimò un affondo.
 Brienne annuì e guardò verso il palazzo di suo padre. Ormai non aveva più scuse, era il momento. E allora perchè i suoi piedi non si muovevano? “Ser Goodwin...” sussurrò, invocando il suo maestro d'armi, l'unico che la capiva in quell'isola spersa nel mare color zaffiro.
 “Devi avere più fiducia in te stessa, ragazza mia...” la rimproverò il maestro d'armi, scuotendo lentamente il capo. La giovane dovette dargli ragione, ma nonostante questo, era ancora in difficoltà. Deglutì rumorosamente e si decise a muoversi solo quando l'uomo le diede una lieve spintarella, incitandola: “Dai... Abbiamo lavorato tanto per questo momento, su...!”
 Con il cuore pesante e le gambe rigide come marmo, Brienne salì i pochi gradini che la separavano dalla sala in cui suo padre l'attendeva.
 Lord Selwyn Tarth era seduto rigidamente sul suo scranno, una mano a ventaglio sulla fronte e una pergamena scritta con l'inchiostro dei maestri davanti agli occhi.
 Quando la figlia arrivò davanti a lui, le fece segno di attendere e finì di leggere, con lentezza e gravità. Quando finalmente ebbe riposto il foglio, la salutò con un pacato cenno del capo e disse: “Dunque è il giorno in cui anche la mia ultima figlia mi lascia.” “Sono la tua prima figlia, mio Lord.” gli ricordò Brienne: “Sono la maggiore.” “Sì, ma sei anche l'ultima ad essere rimasta in vita.” le fece notare lui, con la voce stanca.
 Brienne si inchinò, per coprire il rossore che le stava crescendo in viso: “Chiedo il permesso di partire, padre.” “Lo so. Sono stato io a decidere di mandarti a Capo Tempesta. Spero che sia il posto giusto per te...” sospirò: “Certo è che...” Brienne alzò furtivamente lo sguardo, giusto in tempo per vedere sul volto del genitori una smorfia di delusione, mentre proseguiva: “Mi sarebbe piaciuto avere dei nipoti a cui lasciare tutto...”
 La ragazza restò in silenzio e non si mosse, lasciando che il padre si perdesse nelle sue memorie cariche di malinconia.
 Pur senza dire una parola in merito, il padre le aveva messo davanti le sue due sorelle morte da piccole e il fratellino Galladon, morto annegato. E le aveva anche ricordato tutte le storie di pretendenti e promesse di matrimonio di cui era stata protagonista.
 “Va bene.” concluse alla fine il Lord di Tarth: “Hai la mia benedizione. La nave ti sta già aspettando. Hai pronti i tuoi bagagli?” “Da giorni, mio Lord.” confessò Brienne, con una nuova vampata di imbarazzo.
 Era così eccitata all'idea di partire che a volte si dimenticava di sentirsi in colpa. Poi, però, incrociava suo padre e il senso di colpa tornava. Sapeva di essere per lui la più grande delusione della sua vita.
 Brienne si rialzò e suo padre la congedò definitivamente con un altro cenno del capo. La figlia non era ancora uscita dalla stanza, che lui era già passato a leggere un'altra lettera.
 Quando fu di nuovo fuori, Brienne fu investita dal vento salmastro che spirava dalla costa. Le sembrò che profumasse di libertà. Poteva lasciarsi alle spalle la casa per lei era stata una prigione e cercare, finalmente, una sua dimensione.
 “Allora? Tutto bene?” domandò Ser Goodwin, quando se la ritrovò dinnanzi. La ragazza annuì e il maestro d'armi sorrise: “Bene. Allora, mi raccomando. Ricorda sempre le mie parole e rendimi fiero di te.”
 Brienne si sentì improvvisamente triste all'idea di lasciare sull'isola il maestro d'armi che l'aveva istruita per tutta la vita. Avrebbe voluto portarlo con sé a Capo Tempesta, ma sapeva che non era il caso di farlo. Si sarebbe presentata sola, pronta a seguire Lord Renly, l'uomo gentile che non l'aveva mai trattata né con sufficienza né con malizia.
 “Grazie di tutto, Lord Goodwin.” disse, salutando il maestro d'armi: “Mi ricorderò di ogni momento.” “Spero di rivederti, un giorno, ragazza mia.” fece l'uomo, dandole una leggera pacca sulla spalla.

 Quando la nave salpò, Brienne si ritirò nel locale che le era stato destinato. Secondo il capitano della nave, non era una buona idea lasciare che la giovane si mischiasse alla ciurma. Diceva che era una questione di scaramanzia.
 Brienne era stata ben felice di accontentare la richiesta dell'uomo di mare, perchè nemmeno lei voleva spartire lo spazio con la ciurma. Metà dei marinai l'aveva guardata con scherno, l'altra metà con paura. Stava partendo per l'avventura della sua vita, non voleva rovinarsi il viaggio.
 Quella notte, accompagnata dal rollio della nave, che scivolava con fragore sulle onde, si trovò a pensare agli eventi che l'avevano portata su quell'imbarcazione.
 Rivide davanti a sé l'espressione che aveva fatto Ser Humfrey Wagstaff, quando si erano sfidati a duello. Invece di un marito, aveva trovato una vittima dei suoi fendenti. Una clavicola, qualche costa e il fidanzamento, ecco cosa aveva rotto con la sua spada.
 Ma in fondo, come avrebbe potuto accettare di diventare la moglie di un uomo che non era nemmeno in grado di batterla in un duello? Un uomo, per altro, che aveva avanzato pretese precise nei suoi confronti, un uomo che voleva azzerarla e rinchiuderla tra quattro mura, impedendole di fare l'unica cosa che sapeva fare.
 Renly era diverso, lo sentiva. Con lui avrebbe trovato la felicità, anche se per lei era irraggiungibile. Renly la stimava, la trattava come un suo pari. Renly non l'avrebbe mai costretta a lasciare la spada per diventare quello che non era. Renly la rispettava.

 “Lord Renly Baratheon si è proclamato re di Alto Giardino!” gridava il ragazzo che portava l'acqua dal pozzo.
 Brienne lo sapeva, c'era, quando Renly si era autoincoronato, ma quelle parole la facevano comunque sentire meglio. Era solo l'inizio, non sarebbe stato facile, ma alla fine Renly Baratheon sarebbe diventato re dei Sette Regni e finalmente il popolo avrebbe avuto una guida giusta e generosa.
 “Marceranno su Approdo del Re, poco ma sicuro.” stava dicendo l'oste, pulendo un bicchiere con uno straccio malconcio. Brienne lo ascoltava in silenzio, senza sbilanciarsi. “Finalmente un re di Alto Giardino siederà sul trono di spade!” esultò il ragazzetto dell'acqua.
 L'oste gli diede uno schiaffo sull'orecchio e lo rimbrottò: “Renly Baratheon viene da Capo Tempesta! Non è veramente di Alto Giardino.”
 Brienne non volle sentire altro, per paura di perdere la pazienza. Pagò l'oste, lasciando una piccola mancia, ed uscì dal locale, passando lentamente tra le gente, in modo tale da sentire eventuali commenti in merito alle azioni di Renly.

 Brienne era distrutta, dopo una giornata orribile. Se non fosse stato per Lord Tarly, chissà come sarebbe finita...
 Si passò con rabbia una mano sugli occhi, trovandoli per fortuna asciutti. Non avrebbe sprecato nemmeno una lacrima, per quegli idioti.
 Se n'era andata dalla sua isola per un motivo preciso, mentre ora, al campo di Lord Renly, le si presentavano gli stessi problemi. Che avevano tutti con lei? Perchè non potevano ignorarla e basta? Non c'era una parola che fosse sincera, un gesto che fosse veritiero... Tutti la volevano solo prendere in giro e farla star male.
 Le tornarono alla mentre le parole del suo maestro d'armi. Respirò a fondo e si disse che avrebbe usato la tattica che usava in duello anche nella vita. Lei poteva resistere a lungo, ma loro no. Li avrebbe battuti nel tempo, lasciandoli fare, lasciando che si stancassero e poi, quando sarebbero stati esausti, allora li avrebbe sconfitti una volta per tutte.
 Certo che... Ah, quanta rabbia le facevano! Dov'erano i cavalieri di cui aveva sentito parlare nelle storie e nelle ballate? Dov'erano i comportamenti galanti, l'onore, il senso del dovere e della giustizia?
 Si rimise in piedi a fatica e raggiunse la sua spada. Cercò la pietra cote nella sacca e cominciò ad affilare la lama. Lo faceva ritmicamente, con metodo. Ad ogni colpo, si prefiggeva un avversario, ad ogni sfregamento di pietra, si ripeteva i suoi valori. Non avrebbe mai tradito la sua natura, non avrebbe mai infranto i giuramenti fatti a se stessa.
 
 “Porterai lo stendardo anche questa volta, Brienne.” disse Renly, deciso. “Sì, maestà.” accettò lei immediatamente.
 “Cavalcherai al mio fianco, quando incontrerò mio fratello.” soggiunse l'uomo: “Mi fido di Stannis e non credo che cercherà di farmi uccidere, ma preferisco avere le spalle coperte.”
 Brienne abbassò il capo, in segno di rispetto. Per lei era un onore immenso, soprattutto adesso che faceva parte delle guardie personali di Renly. La Guardia dell'Arcobaleno... Era la soddisfazione più grande che aveva provato, da quando era nata.
 Renly le si avvicinò e con gentilezza le pose le mani sulle spalle. Sorridendo le disse, a voce bassa: “Ancora complimenti per come hai sconfitto Ser Loras.” la sua espressione era davvero orgogliosa: “Il Cavaliere di Fiori è uno dei nostri uomini migliori, sono felice si saperti così brava da batterlo.”
 Brienne scoppiava di felicità ed orgoglio, per quelle parole, ma non esternò nessuna emozione, limitandosi a farfugliare: “Grazie, maestà.”
 Renly fece un sospiro soddisfatto e poi richiamò tutti all'ordine, per preparare nel dettaglio le prossime mosse della campagna.

 “Certo che sei proprio brutta...” disse Jaime Lannister, con una certa flemma nella voce.
 Brienne non gli rispose, spintonandolo in avanti. “E non hai neanche dei buoni modi. Non mi sorprende che sei zitella, sai?” “Vuoi stare zitto?!” lo minacciò lei, dandogli un altro colpo alla schiena.
 Lo Sterminatore di re, le mani legate e la testa rasata e sporca come la barba, avanzò sospinto dal colpo, e quasi inciampò.
 Era una tortura avanzare per il bosco assieme a lui. Brienne non poteva non pensare alla sua isola, a quanto era lontana. E poi pensava a Renly, che era morto tra le sue braccia e a Lady Catelyn, che l'aveva accolta e che si era fidata di lei, della sua innocenza e delle sue capacità.
 Doveva riuscire nella sua missione, lo doveva fare per Lady Catelyn, che l'aveva salvata.
 “E così tu vieni da Tarth...” soppesò Jaime, ancora, apparentemente, in vena di chiacchiere. Ancora una volta Brienne non gli rispose. Era un uomo così sgradevole, soprattutto se paragonato a Renly. Jaime Lannister era volgare e chiassoso quanto Renly era stato gentile e discreto.
 “Deve essere un bel posto. Perchè non ci sei rimasta? Sarebbe stato meglio sia per me che per te, non credi?” proseguì lo Sterminatore di Re. Le mani legate dietro la schiena gli conferivano un'andatura impacciata e il fatto che continuasse a voltare la testa per sondare le reazioni della donna non lo rendevano di certo più stabile. Con un ghigno proseguì: “E di certo sarebbe stato meglio per il tuo amato Renly... Poveraccio, lui è quello che ci ha rimesso di più, perchè se tu non p'avess---” La voce si spense nella gola di Jaime, perchè Brienne la stringeva nella sua mano enorme.
 Gli occhi dell'uomo erano dilatati per lo sforzo di respirare. Brienne dovette raccogliere la forza e ricordarsi l'appello di Lady Catelyn, per convincersi a lasciarlo andare.
 Quando lo fece, Jaime respirò per un attimo a fatica, poi scoppiò a ridere: “Accidenti, donzella! Ne hai di forza in quelle brutta mani da agricoltore...” “Il mio nome è Brienne e tu devi smetterla di mancare di rispetto a re Renly.” “Al defunto re Renly.” precisò Jaime.
 Brienne stava per saltargli di nuovo alla gola, così lui si difese subito: “Scusa, scusa...! Non lo nomino più, va bene?”
 Ripresero a camminare, fino a che venne buio. “Ci fermiamo per la notte.” decise Brienne. “Ve bene, ser.” la scherzò Jaime, ridacchiando.
 Come poteva quell'essere ridere, nelle condizioni in cui era? Brienne lo guardò male e in tutta risposta lui buttò gli occhi al cielo: “Non fare così... Cerco di movimentare un po' il nostro viaggio. Altrimenti, sai che noia... Sei veramente noiosa, te ne rendi conto? Forse è perchè sei nata e cresciuta su un'isola la cui unica ricchezza è il colore del suo mare.” Brienne strinse la labbra, senza dirgli nulla. Così Jaime buttò lì: “Verrà un giorno in cui ti mancheranno le mie battute.” “Non credo proprio.” ribattè lei, ruvida.
 “Aspetta e vedra, donzella...” sogghignò Jaime, con uno sbadiglio. “Il mio nome è Brienne.” fece lei, ottusa, tra sé e sé, mentre prendeva dalla sacca la pietra per affilare la spada.
 

   
 
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