SCACCO MATTO

Atmosfera opprimente.

Aria irrespirabile. La stessa di lei.

Le braccia incatenate.

Il capo chino.

Senza più vita, senza più speranza.

L’invincibile comandante della Sylvana, Alex Row piegato al volere della Gilda.

Eppure il suo cuore batteva ancora. Incatenato alla sua croce, da sempre.

Un cuore sofferente e sanguinante, la cicatrice di una ferita che non si potrà mai rimarginare.

Una nebbia irreale riempiva la sua mente che anelava solo all’oblio.

Ma lui non poteva morire.

Non ancora. Non prima di aver compiuto la sua vendetta.

Improvvisamente il suo fiato sul collo. Era vicina, vicinissima.

Ora, doveva agire ora. Non ci sarebbe stata un’altra occasione.

La mano di Alex si proiettò sul collo del maestro Delphine, afferrandolo…nessuna esitazione, lei doveva morire.

Era sottile, incredibilmente sottile. Il maestro tentò di divincolarsi ma la presa di Alex era troppo stretta…

La disperazione.

L’odio.

La frustrazione.

La vendetta. Concentrati in un unico, disperato gesto.

Poi, i ricordi. Amari e dolorosi. La vanship che inesorabilmente precipitava, perdendo quota. Il rivolo di sangue che scendeva dalla fronte di Yuris, e…due labbra increspate in un sorriso soddisfatto

La mano si strinse ancora di più.

Muori…gli occhi profondi e vuoti di Alex gridavano solo questo…muori!

Delphine rantolò un ultima volta, mentre una lacrima di paura solcava il suo volto perfetto, poi non si mosse più. Alex, istintivamente, mollò la presa e il corpo senza vita della donna cadde a terra Immobile…

Silenzio. Dentro di sé.

Fuori la battaglia infuriava.

Finalmente era morta. Lui l’aveva uccisa. Aveva mantenuto il suo proposito. La sua vendetta. Lo scopo della sua vita.

Yuris. Da quando era morta il suo cuore era diventato freddo, vuoto. Non più il ragazzo che sorride nella foto scattata insieme ai genitori di Claus e Lavie ma un uomo spietato che non si ferma davanti a nulla. Lei non avrebbe voluto, non l’avrebbe voluta quella vendetta, lo sapeva. Vivere per morire. Bella prospettiva…ma alla fine era stato quello che aveva fatto.

Ma pentirsi non era nel suo stile.

Sorrise. Un sorriso amaro di chi sa di non poter far più nulla.

Sophia…

Gli occhi del comandante brillarono per un secondo.

Però aveva sacrificato qualcosa di importante. Sophia.

I sentimenti, che aveva tanto negato, per lei.

Eppure lei gli era stata accanto, per quanto era possibile, anche se aveva preso la sua decisione. Andarsene.

Avrebbe voluto trattenerla, senza di lei... il baratro sarebbe stato più vicino.

Un’altra volta sarebbe affogato nella disperazione e il suo cuore si sarebbe pietrificato questa volta…definitivamente.

Ma poi…non hai fatto niente. Non hai mosso un dito. Non hai pianto. Non hai gridato. Non ti sei opposto a quella decisione, che tu sai, essere stata sofferta.

Poi hai sollevato quel bicchiere di whisky e ti ci sei specchiato dentro. E il tuo destino è stato scritto con le indelebili lettere del sangue.

Da quel momento non hai sentito più niente.

Non hai visto più niente.

Quando Claus è entrato chiedendo – urlando – perché non avevi trattenuto la signorina Sophia, hai risposto che non aveva capito niente, ma eri tu che non avevi capito niente. Tu solo, tu.

L’amara consapevolezza ora brucia come una fiamma viva nel tuo cuore e non si può spegnere.

E non puoi tornare indietro.

Non puoi.

Solo…prega che lei sappia che qualcosa stava germogliando. Per merito suo.

Poi la luce riempì ogni cosa.