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Autore: Marioo    03/11/2014    1 recensioni
Roma è nuovamente sull'orlo di una guerra. Questa volta più cruenta e brutale di quelle passate. Mentre Cesare muove scacco al nemico, le legioni del nord, silenti, attendono. Nella lotta per la pace e la sopravvivenza, un intero popolo affronterà la sua più grande paura. Il mondo sarà sconvolto ancora una volta.
Genere: Avventura, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

 

 

La pioggia cadeva abbondante sul terreno, rendendolo fangoso e scivoloso. Ad ogni colpo di pala che affondava in quel viscidume, si sentiva sprofondare sempre di più sul fondo di quel piccolo fossato, tanto da poter affermare che ormai i suoi piedi e quelli degli altri legionari sarebbero potuti essere considerati parte integrante della fortificazione. Alzò lo sguardo e subito capì che i lavori non stavano procedendo affatto bene. I lunghi pali di legno che avrebbero dovuto costituire il muro a protezione dell'accampamento, parevano piuttosto i denti di un vecchio veterano; storti e mal inseriti, sembrava dovessero cadere da un momento all'altro. Per di più l'atmosfera era di totale rilassatezza, e questo era un male. Avrebbe dovuto fare qualcosa, questo lo sapeva, ma purtroppo capiva fin troppo bene il loro stato d'animo. In parte si sentivano traditi. La famosa Legio X Equestris. Legione consacrata a Venere, la preferita di Cesare, condannata a marcire dal suo comandante in un territorio in cui aveva combattuto per otto lunghi anni mentre lui tornava a Roma nelle vesti di vincitore e conquistatore, osannato da tutti, pronto a celebrare il meritato trionfo. A questo si aggiungeva una certa tensione che da qualche giorno si era radicata all'interno del campo. Alcune voci erano giunte da Roma fin lì, in Gallia, e per quanto non avessero nessuna base di verità, avevano suscitato una certa agitazione tra gli uomini. Si vociferava che ci sarebbe stata un'altra guerra. E questo non avrebbe potuto che rendere felice qualunque soldato. Ricchezze; ecco quello che la guerra portava loro. Ciò che però non sapevano era che quella guerra non sarebbe stata affatto normale.
Quando riemerse dai suoi pensieri la situazione stava ormai precipitando. Un ragazzo poco più giovane di lui, probabilmente una recluta, scivolò finendo con la faccia nel fango. Sfortuna volle che il secchio pieno di detriti che stava trasportando riversò il suo contenuto sulla testa di uno dei legionari.
"Stupido idiota buono a nulla! Non sai nemmeno portare un secchio!" disse lanciandosi addosso al ragazzo.
Entrambi ricoperti di fango finirono in terra una seconda volta e, avvinghiati l'uno all'altro, ingaggiarono un duello a furia di pugni e schiaffoni. Un gruppo di commilitoni si era fatto tutto intorno, formando un cerchio, e tra calci, spintoni e grasse risate, incitava i due combattenti. Stava ancora cercando di capire quale tra loro fosse il povero malcapitato quando una voce roca ma potente e minacciosa tuonò alle sue spalle.
"Basta!"
Subito si fece silenzio. Le grida e le risa cessarono. I legionari si voltarono di scatto, portarono la mano destra stretta in un pugno al petto e a gran voce salutarono il loro Primipilo.
"Tornate al lavoro, subito!" gridò quest'ultimo.
"A voi invece penserò più tardi." disse infine, fulminando con lo sguardo i due, rimasti distesi.
"E tu, Aster, cosa ci fai lì dentro ragazzo mio?"
Il tono della voce era completamente cambiato, si era fatto più basso, caldo e rassicurate, quasi paterno. Quando Aster alzò lo sguardo, vide davanti a lui un uomo robusto e dai lunghi capelli bianchi, sorretto da un lungo e curvo bastone, che strizzava i grossi occhi marroni nel vano tentativo di spazzare via la nebbia del tempo.
"Salute a te, Gaellio" rispose.
"Su forza, esci."
Aster fece non poca fatica a scalare la parete del fossato e una volta in cima cercò di ripulirsi dal fango che aveva completamente ricoperto la lorica.
"Allora" cominciò Gaellio "come procedono i lavori?"

"Non prenderti gioco di me, vecchio".
I due si fissarono dritto negli occhi per qualche secondo per poi scoppiare in una fragorosa risata. Si abbracciarono come due vecchi amici dandosi numerose pacche sulle spalle.
"Quando sei arrivato? Come è andata?" lo assalì Aster euforico.
"Abbassa la voce e frena la lingua, ragazzino impertinente. Ne parleremo più tardi." li fece eco Gaellio, stampando un sorriso sulla sua faccia rugosa.
"Tu piuttosto, vedo che fai fatica a mantenere l'ordine della centuria..."
Aster provò un profondo senso di vergogna. Non era riuscito nel compito che Gaellio gli aveva affidato e ne era mortificato.
"Da quando te ne sei andato, tutto si è fatto piano piano sempre più difficile..." provò a giustificarsi.
"Non crucciarti per questo, ragazzo. Comandare così tanti uomini e averne mantenuto l'ordine per un tempo tanto lungo durante la mia assenza, è stata un impresa davvero notevole. Sopratutto se si prende in considerazione il fatto che..."
"Dieci giorni." lo interruppe Aster.
"Come dici?"
"Dieci giorni, non sono molti."
"Mi hai comunque stupito. Sei andato contro ogni mio altro pronostico, sai?"
Il volto del giovane parve illuminarsi.
"Giuro che ti avrei dato per spacciato anche il giorno stesso!" disse infine Gaellio, che scoppiò a ridere.
Aster fece una smorfia.
"Su su, non dirmi che hai perso tutto il tuo umorismo!"
"Te per niente..." rispose fingendosi offeso.
Gaellio fece spallucce e con andatura ciondolante cominciò a incamminarsi verso l'entrata dell'accampamento quando si fermò e si voltò verso di lui.
"Cosa ci fai ancora lì? Se rimani fermo ancora un po' ti scambieranno di certo per un pezzo di cinta! Forza, aiuta un vecchio a raggiungere la sua tenda".
Poi riprese a camminare lungo la strada.



L'ambiente era piccolo e ben riscaldato. La fioca luce di un improvvisato caminetto lasciava intravedere sul fondo un piccolo sgabello e un esile tavolino. Al centro, su un supporto di legno ormai vecchio e sul punto di marcire, una tipica armatura romana rifletteva i bagliori rossastri del focolare facendo sembrare le semplici pareti di tessuto grigio un caldo cielo stellato. Per terra erano sparsi numerosi oggetti metallici, utensili di vario genere e avanzi di cibo. Aster si era ormai abituato al disordine cronico di Gaellio, d'altronde prima di diventare un importante figura dell'esercito romano ne era stato un nemico e per anni lo aveva combattuto, fino a quando Cesare non lo convinse a passare dalla sua parte riconoscendo in lui grandi doti di guerriero e comandante. Nessuno, se non Aster, all'interno della legione ne era a conoscenza; sapere la verità avrebbe sicuramente portato gli uomini a detestarlo con ancor più rancore rispetto alla considerazione che già avevano del suo grado, e per questo si riservava di mantenere il segreto.
Per anni era riuscito a far credere ai propri soldati di essere un romano a tutti gli effetti e le sue caratteristiche fisiche glielo permettevano. Era basso e robusto, occhi scuri, pelle non troppo chiara. Non aveva nulla di barbaro, a parte quel suo disprezzo, probabilmente in parte giustificato, per il cibo romano della legione, vino compreso. Quei papponi di farro e cereali vari lui non riusciva proprio a mangiarli.
"Passamela."
Gaellio era inginocchiato davanti a un grosso baule di legno chiuso da due robusti chiavistelli di ferro e con la mano sinistra indicava qualcosa ai piedi di Aster.
"Su, passamela" disse ancora.
Aster abbassò lo sguardo e subito riconobbe una grossa chiave in parte sommersa da un mucchio di sporcizia. Fece per raccoglierla ma Gaellio schiarendosi la voce e gesticolando con la mano aggiunse:
"Io intendevo quel cosciotto di carne, ma comunque... Si, passami anche la chiave."
"Sai questa tua... abitudine" fece Aster spostando con i piedi i vari ostacoli nel vano tentativo di crearsi un passaggio "non si addice al tuo grado."
"E il tuo non ti permette di fare questo genere di rimproveri nei confronti del mio" rispose Gaellio tra un morso e l'altro, finendo quella poca carne rimasta attaccata all'osso per poi gettarlo nuovamente alle sue spalle.
"Comunque" continuò "porto cattive notizie. Il senato non ha cambiato idea, Cesare ha terminato il suo mandato. Come certo saprai, significa che ora non è più proconsole di questa provincia. Ha l'ordine di rientrare a Roma e di congedare il suo esercito. Ma questo, purtroppo, non accadrà mai".
Lo scenario più tragico e improbabile possibile alla fine si era dunque presentato. Da quando Gaellio ricevette la lettera di Cesare con l'ordine di raggiungerlo sulle sponde del Rubicone con massima urgenza, Aster aveva cominciato a sospettare che qualcosa di grosso fosse successo, ma non avrebbe mai immaginato una cosa simile.
"Tutto questo è terribile..." riuscì a dire con un filo di voce.
Era terrorizzato. Con poche parole Gaellio stava dicendo che il Senato, Roma, aveva ufficialmente sfidato Cesare.
"Non accadrà mai" ripeté "lui me lo ha confermato, non scenderà a patti."
'Non è possibile. Non di nuovo...' pensò fra sé Aster.
"Maledetti romani. L'unica vostra ragione di vita sono potere e denaro." Gaellio brontolava a voce bassa, ancora inginocchiato davanti al vecchio baule. Ormai era un po' che cercava invano di aprirlo.
"Maledetti!" ringhiò a denti stretti, colpendo poi con un pugno il grosso chiavistello arrugginito che finì per cedere sotto il duro colpo.
"Su, calmati vecchio."
"Ragazzo. Hai idea di cosa significhi ciò che ti ho appena detto?"
"Guerra civile" rispose una terza voce.
Aster sguainò istintivamente il gladio e, puntandolo nel vuoto, iniziò a guardarsi in torno.
"Fermo" lo rassicurò subito Gaellio.
Aster notò che sorrideva.
"E tu", disse rivolgendo lo sguardo verso dove proveniva la voce "quante volte ti ho detto che non devi origliare le mie conversazioni?"
"Mi scusi Comandante. Colpa mia!" si affrettò a rispondere l'interpellato.
"Non fa nulla" disse Gaellio.
Subito dopo un grosso squarcio si aprì lungo la parete dal quale uscì una piccola figura, bassa e snella; non indossava un'armatura, ma vesti leggere e un lungo mantello grigio che terminava in cima con un cappuccio.
"Ma cos'hai in testa idiota!" l'aggredì immediatamente Aster.
"Tieni" continuò Gaellio come se nulla fosse "prendi questo."
Il vecchio uomo allungò la mano all'interno del baule; ne tirò fuori un sacchetto di tela che lanciò in mano al suo interlocutore. Questi mancò la presa e il sacchetto finì a terra. Centinaia di monete si sparsero tutto intorno con un tintinnio assordante.
"Mi scusi comandante! Errore mio!" disse, affannandosi poi a raccogliere una per una ogni moneta.
"Oh piccola" sussurrò Gaellio "ne combini sempre una."
Parlava con tenerezza, sembrava tenere a quella personcina. Aster si chiese chi fosse, ma soprattutto cosa ci facesse all'interno dell'accampamento quella piccola figura. Non era un legionario, questo si notava chiaramente, eppure il vecchio sembrava conoscerla.
I due parlottavano tra loro da un po' ormai, cercando di non farsi sentire. In più gesticolavano, come se stessero litigando, indicandolo, anche, di quando in quando. Non aveva la più pallida idea di cosa stesse accadendo. Di quella strana conversazione riusciva a carpire qua e là informazioni sparse, solo poche parole.
"Fidati... Lui..." bisbigliava Gaellio.
"No, non se ne parla!... No, no..." Si affrettava a rispondere l'altro.
Tutto a un tratto smisero di parlare, girandosi poi di scatto verso di lui. Dietro le folte sopracciglia e sotto l'ampio cappuccio entrambi sembravano fissarlo, quasi cercassero con lo sguardo una qualche risposta nei suoi occhi.
"Ragazzo" la roca voce di Gaellio ruppe infine quel silenzio, sembratogli tanto lungo quanto intenso.
"Ti presento Brin", disse agguantando il cappuccio e scoprendole il capo con un rapido colpo di mano "mia figlia".
Sotto quel fradicio panno si materializzò il viso pallido di una ragazza. Due occhi verdi e penetranti e una lunga treccia rossa che scendeva lungo la spalla sinistra fino ai tondi e giovani seni. Un leggero corpetto di cuoi marrone, arricchito con piccoli decori impressi a caldo, le cingeva la vita, terminando poi con sottili strisce di pelle nera lunghe fino a poco sopra il ginocchio. Legato alla cintola portava un corto pugnale, dalla lama curva e dall'elsa completamente bianca.
Senza fiatare si coprì in fretta la testa, raccolse le ultime monete e uscì, così come era entrata.
''E' una donna di poche parole, anche sbadata a volte, è vero.'' Gaellio fissava lo squarcio nella tenda, gli occhi lucidi, gonfi di lacrime.
''Ma ha grinta, coraggio.'' disse premendo entrambe le mani su di essi, come se potessero scoppiare da un momento all'altro.
''Ed è determinata. Tutte qualità che serviranno per il vostro viaggio''.
''Quale viaggio?''
''Ne parleremo più tardi. Ci sono cose ben più importanti di cui occuparsi ora.''
Un grosso colpo di tosse lo costrinse ad appoggiarsi al tavolo li vicino. Aster fece per aiutarlo ma Gaellio alzò il braccio indicandogli di fermarsi.

''Fa' radunare gli uomini nel piazzale principale, tutti. Devo parlare loro.''
Continuava a tossire cercando di prendere più aria possibile con grossi respiri.
''Vecchio stai bene?''
''E fai venire qualcuno a chiudere questo buco. Quest'aria fredda finirà per uccidermi.''
''Lascia che ti aiuti...''
''Puoi andare'' disse interrompendolo.
''Ma, Gaellio...''
''Puoi andare''.
I suoi occhi gli parvero infuocati, la sua voce minacciosa.
Aster si limitò ad obbedire. Uscì dalla tenda, richiudendo dietro di se l'entrata.
All'interno Gaellio tossiva ancora, ma con meno frequenza. Sembrava essersi in parte ripreso. Sbatteva le palpebre con affanno, la vista gli si era annebbiata, calando ancor più rispetto a come l'età avanzata l'aveva ridotta. Capì immediatamente che avrebbe avuto ancora poco tempo, troppo poco. Le sue mani ora tremavano e dalle ruvide guance colavano copiose lacrime.
'Non ora stupido vecchio. Ancora un po', resisti!'.

   
 
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