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Autore: 9dolina0    04/11/2014    4 recensioni
«Il futuro di Chichi è drammaticamente avvolto da una coltre di nebbia attraverso la quale i miei poteri non possono penetrare. Vedo i malvagi incombere sul suo regno; vedo il sangue scorrere lentamente lungo le terre di Furipan e contaminare il vostro fiume; ma non posso vedere cosa ne sarà esattamente di vostra figlia. Perderà, usurpata dai malvagi, il controllo delle sfere del drago, ma che lei sopravviva o meno alla venuta di quegli esseri non posso in alcun modo saperlo. Tuttavia, riesco distintamente a scorgere accanto a lei la figura di un giovane forte e valoroso. Non so chi sia, né da dove venga, né se sarà davvero in grado di proteggerla. Cerca quel giovane e spera che possa davvero fare qualcosa. Ma sta’ attento a non confondere il designato con un malintenzionato: il destino di tua figlia potrebbe essere nelle sue mani.»
Amore, lotta, usurpazione e sentimenti...
Un destino da cambiare e una principessa da salvare.
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bulma, Chichi, Goku | Coppie: Bulma/Vegeta, Bulma/Yamcha, Chichi/Goku
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Capitolo IX – Colazione a Furipan

 

La mattinata non era iniziata col piede giusto per lei.

Bulma non aveva quasi chiuso occhio durante la precedente nottata e la colpa era di quel sadico bastardo del principe dei saiyan.

E anche di Yamcha, visto che aveva avuto la geniale idea di intrufolarsi nel castello pur sapendo che ormai ci abitavano anche alcuni invasori.

Perché, ne era certa, lui lo sapeva.

 

Anche se erano ancora le sei del mattino, Bulma non era riuscita a rimanere a letto un secondo di più. In parte, lo stare sveglia tutte quelle ore le aveva fatto venire fame; in parte, l’incontro con Yamcha prima e quello con Vegeta poi l’avevano spinta a riflettere seriamente su cosa volesse fare della sua relazione sentimentale.

La voracità con cui stava ingurgitando i biscottini alla crema preparati da Mamanu il giorno prima era il segno visibile e tangibile di quanto la scienziata, sempre molto attenta alla linea, stesse vivendo un momento di crisi.

Il buio, poi, che ancora albergava in quell’enorme sala da pranzo, non l’aiutava affatto a ragionare serenamente.

Era davvero quello che voleva dalla vita?

Le bastava un fidanzato di bell’aspetto, ma immaturo e fifone?

D’accordo, lei aveva sbagliato a non fidarsi del suo intuito; ma era pur vero che, da quando conosceva Yamcha, quella era in assoluto la prima volta che ci vedeva giusto su qualcosa.

E che dire, poi, del fatto che l’aveva lasciata lì, in quel castello, invaso da un esercito di pazzi assassini?

Più passavano i giorni e più Bulma si rendeva conto che Yamcha non era l’uomo che aveva sempre sognato. Poteva andar bene quando era ancora un’adolescente, ma ora che era una donna – alle prese con degli alieni cattivi, oltretutto – un uomo come lui non poteva più fare al caso suo.

Quasi in quel momento Bulma si stupì di essersene innamorata tanti anni prima.

E poi, di bei ragazzi in giro ce n’erano a bizzeffe.

A dirla tutta, gli stessi saiyan erano uomini molto affascinanti – fatte salve le dovute eccezioni, come Napa.

Era inutile girarci intorno: quei maledetti usurpatori si muovevano con una fierezza e una sicurezza in sé stessi tali che era impossibile non rimanerne ammaliati guardandoli. E, oltretutto, avevano anche dei fisici molto scolpiti.

Bulma si era lasciata sorprendere più di una volta da Vegeta mentre lo osservava.

Il principe, più di ogni altro saiyan, aveva un portamento elegante e regale. Si muoveva come se fosse consapevole di avere il mondo sotto i suoi piedi e guardava i terrestri con una sufficienza tale da mettere in soggezione anche il più impavido – o pazzo – degli esseri umani.

Eppure, con lei non si era più permesso un simile atteggiamento da quando aveva riparato alla perfezione le sue astronavi.

Ricordava benissimo quel giorno, quello in cui ebbe il dispiacere di fare la conoscenza del principe. Gok… Kakaroth doveva avergli detto che lei era una scienziata e lui l’aveva svegliata dal suo sonno per costringerla a seguirlo.

Durante la lunga camminata che l’avrebbe portata nella valle di Furipan, a tutto aveva pensato, tranne che volesse una mano per sistemare quelle stupide astronavi.

Non che a Bulma gratificasse particolarmente collaborare con il nemico, ma avere la possibilità di toccare delle vere astronavi aliene era per lei quanto di più ambizioso ci fosse tra i suoi progetti di vita.

E Vegeta, con quella richiesta, glielo aveva appena fatto realizzare.

 

Certo, la convivenza forzata col principe era stata tutt’altro che facile, così come complicato era stato spesso esaudire le sue assurde richieste. Ma lei, alla fine, ci era sempre riuscita; e lui, volente o nolente, non aveva potuto far altro che rispettarla.

Fino al giorno prima, per lo meno, quando il rientro in scena di Yamcha aveva mandato il sovrano della stirpe guerriera più potente dell’universo su tutte le furie.

 

Avvolta nei suoi pensieri, Bulma non aveva notato l’ingresso di Chichi nella sala da pranzo.

Più o meno, erano passati dieci minuti da quando si era seduta e il sole stava iniziando timidamente a sorgere. Possibile che la principessa si alzasse sempre a quell’ora?

Tra l’altro, la giovane figlia di Giumaho sembrava essere di pessimo umore.

Non che le altre volte che le era capitato di stare a tavola con lei sprizzasse felicità e cordialità da tutti i pori, ma almeno non aveva l’aria afflitta.

 

Bulma bevve un sorso di tè, poi riempì un’altra tazza e la passo a Chichi.

Magari, un po’ di gentilezza nei confronti di quella ragazza avrebbe convinto qualche divinità a cavarla dall’impaccio di dover uccidere il suo fidanzato.

 

Chichi aveva notato quel gesto da parte della scienziata. In altre occasioni, l’avrebbe sicuramente mandata al diavolo, ma gli ultimi eventi le avevano fatto capire che avere un caratteraccio non significava automaticamente essere più forte e decisa.

Afferrò la tazza e sussurrò un timido “grazie”.

 

«Tutto bene?» chiese Bulma, notando lo strano atteggiamento della ragazza.

 

No, non andava tutto bene.

Quel giorno avrebbe dovuto colpire Goku almeno una volta e, se non ci fosse riuscita, lui l’avrebbe ammazzata.

Un’ottima prospettiva di giornata, insomma.

E, oltretutto, c’era pure il rischio che prima di toglierle la vita decidesse di portarsela a letto.

In quest’ultimo caso, il vero problema non erano le intenzioni di Goku in sé, quanto il fatto che lei ci sarebbe stata.

Era inutile negarlo. Più tentava di convincere sé stessa a odiare il saiyan, e più le tornavano in mente le sensazioni provate durante il bacio che le aveva rubato.

Chichi avvampò e cercò di nascondere il rossore abbassando lo sguardo.

 

«Sei sicura? Ti vedo piuttosto strana, stamattina. Non ti senti bene? Magari hai bisogno di prenderti una pausa degli allen…»

 

«Ti ho detto che non ho niente, Bulma

 

«D’accordo. Be’, avevi iniziato bene: sembravi un po’ più malleabile del solito oggi.»

 

Chichi alzò di nuovo lo sguardo, quasi esasperata dalle chiacchiere insolenti di Bulma. Piuttosto, che diavolo ci faceva già sveglia a quell’ora?

 

«Tu, invece, non dovresti essere a letto come tutte le altre mattine?»

 

«Ah, Chichi, pensi forse di essere l’unica ad avere delle grane? Sono nei guai fino al collo e non sono riuscita a dormire. Ora vuoi dirmi che cos’hai? Hai l’aria di una che sta per buttarsi sotto un ponte.»

 

La principessa posò la tazza di tè, poi emise un lungo sospiro.

Bulma non le piaceva affatto e, dunque, non le avrebbe detto niente di ciò che la stava tormentando realmente. A dire il vero, non sapeva nemmeno se a farla stare in quel pessimo stato fossero le minacce di morte di Goku o, piuttosto, la consapevolezza di essersi innamorata di lui.

 

«Non è necessario che ti preoccupi per la mia vita. So badare a me stessa.»

 

«A guardarti così non si direbbe proprio. Che ha combinato Son Kakaroth

 

La principessa trattenne a stento l’impulso di aggredire la scienziata.

Di sicuro, però, non voleva darle la soddisfazione di farsi smascherare.

Sarebbe stata l’ennesima umiliazione, oltretutto, e lei non poteva di certo permettersi un’altra caduta di stile.

 

«Lui non c’entra niente. Mi sono solo alzata col piede sbagliato, tutto qui.»

 

In quel momento, Bardack e Kakaroth fecero il loro ingresso in sala da pranzo.

Bulma notò immediatamente come il viso di Chichi si fosse fatto più contratto.

A chi voleva darla a bere, quella sciocca ragazzina? Era chiaro come il sole che era successo qualcosa. Un qualcosa che, in qualche modo, doveva aver incrinato il rapporto tra lei e il suo protettore.

Ora che ci pensava, Bulma aveva avuto il dispiacere, la sera prima, di scambiare quattro chiacchiere col saiyan, ma il suo pessimo umore le aveva impedito di prestare attenzione all’atteggiamento di Kakaroth.

La bella scienziata si voltò verso i nuovi arrivati, sorseggiando un po’ troppo rumorosamente del tè.

Bardack aveva il solito sguardo sprezzante e vagamente menefreghista. Quasi non si era nemmeno degnato di posare gli occhi su di lei o su Chichi.

Possibile che quell’uomo, già di prima mattina, fosse così dannatamente insolente e affascinante?

Pareva che lui non sentisse affatto la stanchezza o, quantomeno, quella sensazione di affaticamento che si prova solitamente appena messo un piede giù dal letto.

In fondo, era ancora molto presto e lei stessa, nonostante fosse in piedi già da un po’, ancora faticava a tenere gli occhi completamente aperti.

Anche Kakaroth sembrava già essere nel pieno delle energie, nonostante il cipiglio severo – più severo del solito – che aveva.

Bulma non fece immediatamente caso al suo sguardo corrucciato, ma ci mise comunque poco ad accorgersi che anche lui, come Chichi, era di pessimo umore.

Che fosse colpa della principessa?

Quei due dovevano aver combinato qualcosa.

Bulma si voltò di sottecchi verso Chcihi che, all’arrivo dei due saiyan, aveva posato sul tavolo la sua brioche.

E non sembrava intenzionata a riprenderla in mano.

L’atmosfera in quella sala da pranzo si era fatta improvvisamente tesa.

La scienziata non riusciva a capire esattamente a cosa fosse dovuta quella strana elettricità nell’aria, ma intuiva perfettamente che stava succedendo qualcosa.

Qualcosa di buono?

Se avesse dovuto azzardare una previsione basandosi sulle facce scure di Kakaroth e Chichi, Bulma avrebbe giurato che, entro la fine della giornata, uno dei due sarebbe passato all’altro mondo.

Insieme a Yamcha.

Accidenti, ogni tanto tendeva a dimenticare l’ordine impartitole da Vegeta la sera prima.

C’era poco da fare: doveva assolutamente dire a Crilin di contattarlo e di intimargli di stare alla larga dal castello.

 

Kakaroth non si era affatto svegliato col piede giusto e la crepa che aveva lasciato sul frigorifero, richiudendolo dopo aver preso del latte, lo dimostrava in pieno.

Erano anni che non gli capitava di passare una simile nottataccia.

Nemmeno dopo aver ucciso il suo maestro Son Gohan aveva avuto incubi tanto assillanti.

D’accordo, l’idea di baciare Chichi si era rivelata pessima, ma girovagare in piena notte per il castello di Furipan era stata decisamente peggiore.

Già, perché ora, oltre a quella dannata principessa, la sua testa non faceva altro che pensare anche a suo padre.

E alla puttana che si era scopato.

Che diavolo gli era passato per la testa?

E va bene, quelli non erano affari suoi, in fondo; ma ciò non significava che lui non ci avrebbe riflettuto sopra. Era solo per sfogare i suoi istinti che Bardack era andato a letto con Mamanu?

A rigor di logica, sì, perché era quello che ci si sarebbe aspettato da un saiyan – uno dei più potenti in circolazione, per giunta.

Il vero problema era per quale assurdo motivo Mamanu ci fosse stata.

Kakaroth non era un idiota e sapeva che nemmeno la moglie di Giumaho lo era. Sapeva anche che se Bardack avesse preteso del sesso da lei, lo avrebbe ottenuto anche con la forza. Rifiutarsi, al caro prezzo di rimetterci le penne, non sarebbe stata affatto una mossa intelligente.

Qualunque donna sarebbe scesa a simili compromessi pur di non perdere la vita.

Qualunque, certo.

Ma lui era convinto che per gli umani i sentimenti valessero più della vita.

La propria vita.

Lui era convinto che le donne terrestri, quelle dai principi più retti, ovviamente, avrebbero preferito morire piuttosto che tradire il proprio uomo.

Mamanu non gli aveva mai dato l’impressione di essere una moglie poco seria.

Che anche lei avesse solamente recitato un ruolo?

Tra l’altro, il giovane saiyan non era nemmeno certo che suo padre l’avesse costretta.

Kakaroth aveva osservato bene il suo sguardo quando l’aveva incrociata lungo quel corridoio, e nei suoi occhi rilucevano due sentimenti contrastanti ma ben definiti: la vergogna per essere stata smascherata e l’appagamento.

No, probabilmente Bardack non aveva usato violenza su di lei.

 

Anche Vegeta, nel frattempo, aveva fatto il suo ingresso.

Kakaroth, nel guardarlo, ripensò immediatamente alle parole che gli aveva proferito la scienziata la sera prima. Nemmeno lei doveva passarsela tanto bene a corte, negli ultimi tempi, e il fatto che a quell’ora fosse già in piedi ne era la palese dimostrazione.

Il principe la osservò per qualche secondo prima di redarguirla.

Era ovvio: il sovrano dei saiyan era piuttosto divertito all’idea che Bulma non avesse chiuso occhio durante la precedente nottata.

Era pur vero, però, che da quando la conosceva, quella sciocca non aveva fatto altro che ficcarsi nei guai in ogni modo. Sfidare il principe non era mai una buona idea, nemmeno se si godeva del suo beneplacito.

Anzi, forse a maggior ragione.

In fondo, lui stesso era stato accusato da Vegeta di essere un doppiogiochista e sapeva perfettamente che, dal momento in cui il principe aveva manifestato tale pensiero, gli occhi di quest’ultimo su di lui si erano fatti più attenti. 

Oltre tutto, qualcosa da nascondere ce l’aveva per davvero, ed erano le sfere del drago; ma fino a che non avesse deciso cosa fare di Chichi, sarebbe stato meglio che quelle dannate palle di vetro restassero nelle mani del Supremo.

 

«Ma guarda un po’ chi c’è. A fatica è sorto il sole e tu sei già in piedi?»

 

Vegeta non era solito fare dell’ironia, ma evidentemente, in quella particolare circostanza, lo cosa lo divertiva più del solito.

Tanto più che Bulma non si era affatto lasciata intimorire e aveva spostato, con aria di sfida, lo sguardo sul bel principe.

 

«Sai com’è, qualcuno qui è molto esigente e poco ci manca che da me pretenda anche la luna.»

 

Vegeta non spense il sorriso beffardo che aveva in volto, nonostante la risposta pungente della scienziata.

In fondo, tutto si aspettava – e voleva – da lei, tranne che si dimostrasse una rammollita.

Il principe prese posto vicino alla scienziata, mentre, a poco a poco, anche gli altri saiyan si mettevano a sedere.

Era arrivato anche Napa, sebbene in ritardo, e l’insolita faccia che trovò quella mattina non doveva piacergli per niente.

 

«Ah, questa è bella! La scienziata è già in piedi a quest’ora? Era ora che il principe ti mettesse a lavorare seriamente!»

 

«Chi ti ha detto di intervenire, razza di imbecille?»

 

Vegeta riusciva a essere minaccioso anche quando parlava con estrema calma.

Come aveva appena fatto.

Il principe sapeva perfettamente che per zittire Napa bastava qualche insulto proferito dalla sua bocca e raramente gli concedeva il lusso di alzare lo sguardo su di lui, o addirittura la voce.

In fondo, quel colosso era l’ultimo dei suoi pensieri e, probabilmente, la persona di cui avrebbe dovuto preoccuparsi di meno tra tutti i presenti.

Ah, già. Mancava Mamanum quella mattina.

Che fine aveva fatto la moglie di Giumaho?

Di solito era la prima a mettere piede nella sala da pranzo la mattina ed era anche l’ultima ad andarsene, dato che provvedeva lei a pulire.

A Vegeta quella donna piaceva molto poco.

Non avrebbe saputo spiegare il perché di una simile antipatia a pelle, ma dentro di sé era assolutamente convinto che Mamanu fosse meno accondiscendente e fedele di quanto volesse far credere. Il principe aveva imparato fin da bambino a diffidare di quelle persone che non avevano mai nulla da obbiettare; era chiaro: tipi del genere erano o degli opportunisti o dei menomati.

E Mamanu, a occhio e croce, non sembrava appartenere a quest’ultima categoria.

Il fatto, però, che la donna non avesse mai opposto la benché minima resistenza agli ordini impartiteli lo aveva in qualche modo messo in allarme.

Il suo non sembrava di certo un comportamento coerente col ruolo che ricopriva.

D’accordo, quel regno non era il suo, ma a Vegeta sembrava davvero strano che proprio non le importasse niente. Piuttosto, era molto più probabile che stesse architettando qualcosa, o che, per lo meno, sarebbe stata la prima a voltare le spalle in caso di necessità.

Già, ma voltare le spalle a chi?

La risposta non sembrava essere poi così scontata.

Il principe aveva osservato più di una volta l’atteggiamento di Mamanu nei confronti di tutti gli abitanti – vecchi e nuovi – del castello ed era quasi certo del fatto che a lei il ruolo di moglie dello stregone del toro non fosse poi così gradito.

Ma, probabilmente, da lì a dire che avrebbe pugnalato alle spalle il marito e la figlia di quest’ultimo forse era troppo.

Forse.

 

Kakaroth, nel frattempo, aveva appena frantumato la seconda tazza in pochi secondi.

Che diavolo aveva quell’idiota?

Vegeta alzò lo sguardo su di lui e si accorse che era piuttosto nervoso.

Nemmeno a Bardack sfuggì lo strano comportamento del figlio, tanto che lui e il principe si scambiarono un’occhiata d’intesa.

Chi non batté ciglio fu Chichi, la quale evitò accuratamente di alzare lo sguardo dal tavolo nonostante il rumore del coccio frantumato.

 

«Kakaroth, se sei tanto nervoso perché non vai a spaccare le ossa a qualche terrestre nullafacente invece che prendertela con delle stupide tazze e un frigorifero?»

 

«Non preoccuparti, padre, è quello che intendo fare oggi stesso.»

 

Il giovane saiyan si alzò dal proprio posto senza aver quasi toccato cibo.

L’idea di mettere in bocca i dolci preparati da Mamanu gli dava improvvisamente disgusto.

In un attimo i suoi occhi si posarono su Chichi, che invece non sembrava intenzionata a ricambiare il suo sguardo.

Come sempre.

Stupida, inesperta e innamorata.

Di lui.

Sul volto di Kakaroth si delineò una smorfia di disprezzo quasi impercettibile, ma che Vegeta colse benissimo.

 

«Credo che tu abbia mangiato abbastanza, Chichi. Oggi è il tuo giorno: devi dimostrarmi quanto vali.»

 

La ragazza non rispose. Si limitò a lasciar cadere a terra le braccia in modo rassegnato.

Subito dopo si alzò.

Anche se sapeva di essere spacciata, non avrebbe mai lasciato che Goku la chiamasse più di una volta.

Fisicamente era debole, certo; ma mai avrebbe voluto dimostrarsi fragile anche a livello emotivo.

 

L’uscita di scena di Kakaroth e Chichi diede modo agli altri commensali di parlare di loro.

Era da parecchio tempo che Vegeta desiderava mettere in chiaro alcune cose con Bardack circa suo figlio e lo strano comportamento tenuto dal ragazzo quella mattina lo aveva convinto del fatto che bisognasse agire in fretta.

In lui c’era qualcosa di strano, qualcosa di anomalo per un saiyan.

Vegeta non aveva molti ricordi piacevoli del proprio padre, ma alcuni discorsi che gli faceva quando era ancora un bambino o poco più li aveva ben stampati in testa.

Uno di questi riguardava i saiyan mandati in missione su altri pianeti quando erano ancora in fasce.

È raro che uno di quei guerrieri torni sul pianeta Vegeta; ma se lo fa, è meglio che non ti fidi troppo di lui. Un uomo del genere rimane saiyan nell’aspetto, ma spesso il suo animo viene forgiato sull’onda delle abitudini del pianeta su cui ha vissuto. E poco importa che lo abbia conquistato e distrutto: un pezzo di quel pianeta rimarrà sempre in lui e sopravvivrà in eterno nella sua anima.

 

«Credo che quella ragazzina abbia fatto incazzare tuo figlio, Bardack. Ah, mi chiedo come sia possibile che un saiyan si faccia mancare di rispetto così! Vivere sulla Terra lo ha fatto diventare un rammollito.»

 

«Io invece penso che dovresti tapparti la bocca e osservare di più, Napa

 

Le parole del principe, proferite con tono un po’ troppo serioso, ebbero il curioso effetto di ridestare anche l’attenzione di Bulma.

La scienziata sospettava già da tempo che a Vegeta Goku non piacesse poi molto e il fatto che per la prima volta da quando lo aveva conosciuto si fosse deciso a parlare di lui non poteva che essere un buon segno.

Se fosse stata in grado di dare il giusto valore alle sue parole, magari avrebbe potuto carpire al principe qualche utile informazione.

Qualche, certo.

Doveva ammetterlo: lei e Vegeta parlavano molto insieme, più di quanto si sarebbe aspettata all’inizio; ma gli argomenti che toccavano non si allontanavano mai troppo dalla scienza e dalla tecnologia.

Scoprire che il principe dei saiyan avesse una cultura tanto raffinata in materia di scienza, e che fosse decisamente più intelligente di quanto ci si potesse aspettare sapendo che aveva trascorso gran parte della sua vita a sterminare popolazioni innocenti, fu per lei un’interessante sorpresa.

Probabilmente, nemmeno lui aveva immaginato che sulla Terra potesse esserci qualcuno in grado di sostenere con lui conversazioni inerenti i bosoni e i buchi neri e ciò lo aveva portato a cercarla più del dovuto.

E anche a farla lavorare parecchio.

Dei suoi compagni, però, il principe non aveva mai parlato.

Bulma non sapeva esattamente quale opinione avesse dei suoi commilitoni.

Immaginava che stimasse molto Bardack e che invece mal sopportasse Napa, ma esplicitamente a lei non aveva mai dato alcuna conferma di ciò.

Di cosa pensasse esattamente su Kakaroth, poi, non poteva averne la benché minima idea.

Da quando i saiyan erano giunti sulla Terra, quella era la prima volta che le capitava di vedere il principe e il protettore nella stessa stanza.

Che si evitassero di proposito?

Forse.

Per quel che ne sapeva lei era possibilissimo che tra quei due non scorresse buon sangue.

In fondo, Bulma aveva sempre avuto la sensazione che Goku, in quella corte, fosse di troppo. Se non fosse stato per il legame che aveva con Chichi, probabilmente Vegeta e Bardack nemmeno gli avrebbero permesso di restare lì.

E, forse, nemmeno sarebbe stato un male.

Come lei, Vegeta doveva aver notato che a Kakaroth quella convivenza forzata stava un po’ stretta.

Bulma non sapeva nulla dei rapporti tra il giovane finto protettore e la sua famiglia di origine, ma aveva il sospetto che, in realtà, questi rapporti fossero meramente limitati a qualche contatto via rilevatore.

E se così fosse stato, non c’era da stupirsi che le cose tra lui e gli altri saiyan non andassero a gonfie vele.

 

«Non so cosa abbia, principe. In parte, Napa ha ragione. Oggi non si è comportato da vero saiyan e non ne capisco il motivo.»

 

«Appunto, Bardack, oggi. Credo che il lato terrestre di tuo figlio stia iniziando a venire a galla e la cosa, ovviamente, non mi piace per niente.»

 

Bardack spalancò gli occhi.

 

«Questo è impossibile, Vegeta. Non avrebbe permesso la nostra venuta se avesse avuto dei dubbi su chi veramente volesse appoggiare.»

 

«Questo lo so perfettamente. Rimane il fatto, però, che ancora non si sappia dove siano le sfere del drago. Spero tanto di sbagliarmi, ma credo che tuo figlio c’entri qualcosa. Tienilo d’occhio e, se necessario, seguilo

 

Vegeta non diede a Bardack il tempo di replicare.

Si alzò di scatto e si diresse verso la porta, intimando a Bulma di seguirlo.

La scienziata preferì non intervenire nella discussione di fronte agli altri due saiyan. Dato che il principe si era concesso il lusso di obbligarla a uccidere il suo ragazzo, avrebbe quanto meno potuto anche rispondere a qualche sua domanda.

In privato, però.

 

***

 

Il modo in cui Kakroth si sbatté la porta della palestra alle spalle aveva fatto sussultare Chichi.

Quel saiyan era decisamente più arrabbiato del solito.

Molto di più.

Ma che colpa ne aveva lei, in fondo?

D’accordo, era debole; e d’accordo, si era anche lasciata baciare da lui. Ma di sicuro non era stata lei a obbligarlo a fare una simile sciocchezza. Se davvero quel maledetto bacio lo aveva reso tanto nervoso, bastava evitare di ripeterlo. In fondo, lei non si sarebbe mai azzardata a tentare un approccio con lui di sua iniziativa e il saiyan lo sapeva perfettamente.

 

Goku non andò subito da lei, che, al contrario, si era già posizionata al centro della palestra in attesa dei suoi attacchi.

Rimase appoggiato alla porta per qualche secondo, con la testa bassa e i pugni stretti.

Da quando lo conosceva, quella era la prima volta in assoluto che il saiyan si comportava in quel modo.

La rabbia che aveva in corpo trasudava da ogni poro della sua pelle e Chichi riusciva a cogliere perfettamente l’energia negativa emanata dal corpo statuario del saiyan.

Kakaroth stava perdendo il controllo.

 

Quella situazione a Chichi non piaceva affatto.

Nonostante il ragazzo avesse rivelato la sua vera identità già da qualche giorno, non le era mai capitato prima di allora di sentirsi davvero in pericolo.

Nemmeno quando l’aveva rapita dalla sua stanza e portata al cospetto di Vegeta.

La cosa che più la preoccupava era il non riuscire a capire quale fosse realmente il motivo di tanta rabbia.

Ce l’aveva con lei?

O con sé stesso?

E se ce l’aveva con sé stesso, quale poteva essere il motivo?

Possibile che quel bacio lo avesse sconvolto a tal punto da metterlo in crisi?

Se così fosse stato, Chichi doveva sperare che l’orgoglio di Goku non avesse la meglio sul suo buonsenso.

In quel momento, la ragazza non sapeva come comportarsi.

Affrontarlo e chiedergli cosa avesse non le sembrava un granché come idea, ma nemmeno aveva intenzione di stare lì impalata in attesa che magari le tirasse un pugno in faccia senza alcun motivo plausibile.

Perché, ne era certa, presto l’avrebbe attaccata.

 

«E va bene, Gok… Kakaroth. A quanto pare ti sei alzato col piede sbagliato e, se l’intuito non mi inganna, la colpa è mia. Vuoi che ti dica che mi dispiace? Se ci tieni lo farò; ma giuro che non capisco perché tu ce l’abbia tanto con me.»

 

La sua stessa presa di coraggio le aveva anche dato la forza di schiodarsi dal centro della palestra e di avvicinarsi a lui.

Chichi non era una codarda e, in fondo, era già nei guai fino al collo. Che differenza potava fare qualche passo più in là? Se lui avesse voluto, le avrebbe fatto del male comunque.

Tanto valeva affrontare la questione.

Cosa credeva, quello stupido guerriero?

Anche lei si sentiva uno schifo per essersi lasciata baciare.

E la sua posizione era decisamente più scomoda di quella del saiyan: perché lei era la vittima e Kakaroth il carnefice.

Goku avrebbe potuto liberarsi di lei in qualsiasi momento, mentre Chichi avrebbe dovuto aspettare con pazienza che fosse il ragazzo a stancarsi.

Non erano affatto pari, insomma.

E non lo sarebbero mai stati se la ragazza non avesse trovato dentro di sé la forza di affrontarlo a parole.

Tanto, coi pugni non aveva alcuna speranza di batterlo.

 

«Mi avevi detto che oggi avrei dovuto colpirti almeno una volta, Kakaroth. È questo che stai aspettando? Perché sto per farlo.  O, per lo meno, sto per provarci. E pazienza se il mio colpo andrà a vuoto: se c’è una cosa che detesto è passare per vigliacca.»

 

La ragazza si avvicinò ulteriormente al saiyan e gli tirò un pugno, usando tutta la forza che aveva in corpo. Non aspettò nemmeno che Kakroth reagisse alle sue parole: vederlo ridere divertito probabilmente l’avrebbe convinta a desistere.

E lei non voleva.

Con gli occhi chiusi e la bocca digrignata, Chichi si avventò sul petto del saiyan e sferrò il suo pugno.

Un pugno che, ne era certa, non sarebbe mai arrivato a destinazione.

 

Invece, lo colpì.

In pieno.

 

Il silenzio che seguì a quel colpo fu più assordante delle ossa scricchiolanti della mano di Chichi.

D’accordo, probabilmente si era fatta più male lei del suo avversario, ma rimaneva il fatto che lo aveva preso. O, meglio, Kakaroth si era lasciato prendere.

Perché, accidenti? Perché?

 

«Ora sei contenta?» proferì a bassa voce il guerriero.

 

Lo sgomento di Chichi fu tale che solo dopo qualche secondo di imbarazzante silenzio riuscì a ribattere.

 

«Dovrei essere io a chiedertelo. Eri tu quello che desiderava ricevere un pugno da me.»

 

«Sì, certo. E come non ricordarlo!»

 

Kakaroth non aveva affatto voglia di scherzare, ma di continuare quella farsa non voleva proprio saperne. Quando aveva capito che Chichi voleva davvero tentare di colpirlo, aveva preferito lasciarla fare.

Tanto lo sapeva che da sola non ce l’avrebbe mai fatta.

Tanto lo sapeva che quella ragazza era troppo debole.

Fisicamente, certo; ma dentro di sé aveva una forza spaventosa.

Era quello che gli umani chiamavano coraggio?

Lui non era affatto sicuro di possederlo perché, in fondo, non gli era mai capitato di affrontare qualcuno più forte di lui.

Chichi lo aveva fatto, invece. Da giorni e giorni si lasciava allenare da un pazzoide extraterrestre che in teoria avrebbe dovuto rubarle le sfere del drago.

In teoria, appunto; perché, in realtà, non era più tanto convinto che gli interessassero per davvero.

Interessavano a Vegeta, ma quello era un altro discorso.

In fondo, lui col principe dei saiyan non aveva nulla a che spartire se non il sangue alieno e la consapevolezza di appartenere alla sua stessa razza, da qualche ora a quella parte, non lo riempiva più tanto di orgoglio.

Sì, perché, per quanto i saiyan volessero far credere di essere crudeli e spietati più di qualunque altra creatura vivente, probabilmente le cose non stavano esattamente così. Che fino ad allora si fossero mossi solo in base alla convenienza non c’era alcun dubbio, ma che nessuno di loro potesse provare dei sentimenti diversi dall’odio, be’… forse non era del tutto vero.

 

Fino alla notte precedente si sentiva in difetto perché aveva capito di non riuscire a provare indifferenza nei confronti di Chichi; poi aveva scoperto che suo padre –  suo padre, accidenti! – si era abbandonato ai piaceri della carne con Mamanu, la matrigna della principessa e futura sovrana di Furipan.

Come se ciò non bastasse, aveva il forte sospetto che a Bardack Mamanu piacesse sul serio.

In fondo, quando lui aveva baciato Chichi, aveva dovuto faticare parecchio per non farle male. C’era un abisso praticamente incolmabile tra la forza fisica di una saiyan e quella di una terrestre. Se Mamanu era uscita intatta, completamente intatta, da un rapporto sessuale con uno dei guerrieri più potenti della galassia, evidentemente il guerriero in questione, per qualche motivo, aveva deciso di andarci piano.

E perché farlo?

Di donne sulla Terra ce n’erano a bizzeffe.

Avrebbe potuto scoparsi una puttana al giorno e poi lasciare il suo corpo a marcire nella valle di Furipan.

Ma non lo aveva fatto.

Aveva preferito andare a letto con lei e lasciarla vivere piuttosto che godere delle grazie di mille sgualdrine.

E chissà cosa avrebbe fatto Chichi se lo avesse saputo.

Da quel poco che aveva intuito, tra lei e la sua matrigna non correva affatto buon sangue.

Non che la cosa gli interessasse più di tanto, ma era certo che la principessa avrebbe reagito parecchio male.

Ma, in fondo, non aveva nessuna intenzione di dirglielo.

Per quale motivo avrebbe dovuto farlo?

Quelli non erano affari loro, né suoi, né di Chichi e, vista la strana tensione che si era creata a corte nelle ultime ore anche tra Bulma e Vegeta, sarebbe stato decisamente più opportuno non gettare benzina sul fuoco.

 

Già, ma intanto aveva deciso di farsi colpire da Chichi.

In parte le faceva pena, quella strana ragazza dalla forza fisica misera ma dall’incredibile coraggio; in parte, però, provava nei suoi confronti anche un’inspiegabile ammirazione.

Era in gamba, più di quanto potesse sembrare prestando fede al suo pessimo carattere, e, oltretutto, sapeva il fatto suo.

Forse, aveva imparato a trattare con lui meglio di quanto egli stesso non si aspettasse e, sempre forse, aveva già capito che lui presto avrebbe vacillato.

 

«Be’, non mi piacciono le vittorie facili, Kakaroth. Se pensi che non valga la pena mettermi alla prova, ti prego di non farlo. Ma, d’ora in poi, evita di prendermi in giro, per favore.»

 

«Prenderti in giro? Io? Oh, andiamo…»

 

Il saiyan si mosse finalmente dalla posizione in cui era e avanzò di qualche passo verso la principessa. Le afferrò il pugno e, con grande sorpresa da parte della ragazza, non le fece male.

Non ce n’era bisogno, in fondo.

Ormai sapevano entrambi chi era il più forte e Kakaroth aveva capito che continuare a umiliare quella ragazza non avrebbe portato a niente di buono.

No.

Perché, evidentemente, il problema non era lei ma lui, i suoi fottuti ideali, il suo senso di lealtà nei confronti del popolo saiyan e la terribile consapevolezza di aver preso un abbaglio.

Lo stesso abbaglio che, probabilmente, aveva preso anche suo padre.

 

I saiyan, come tutte le altre creature viventi, potevano cedere.

E lui, dannazione, lo aveva già fatto con Chichi.

Tanto valeva andare fino in fondo.

 

«Ti ho solo risparmiato l’ennesima umiliazione, Chichi. Tanto non mi avresti mai colpito.»

 

«Lo so perfettamente. E allora perché ieri hai preteso che lo facessi?»

 

«Perché era arrabbiato con te e non è detto che mi sia passata.»

 

«E saresti così gentile da spiegarmi che cosa avrei fatto di sbagliato?»

 

«Questo, Chichi

 

Goku si avvicinò ulteriormente a lei che, in modo inaspettato, non tentò nemmeno di indietreggiare.

Le sorrise beffardamente, ormai a pochi millimetri dal suo viso, e fissò con disarmante intensità gli occhi neri e smarriti della ragazza.

Smarriti, sì; ma comunque consapevoli di ciò che Kakaroth stava per fare.

Di nuovo.

Per la seconda volta in due giorni.

Entrambi erano pronti, anche se in maniera diversa, ed entrambi lo volevano.

Chichi lasciò che il saiyan le cingesse la vita con un braccio e che con la mano libera le accarezzasse prima il viso e poi il collo.

E poi, ancora più giù.

La mano di Goku scivolava con estrema delicatezza lungo la pelle nuda della ragazza, mentre le bocche dei due giovani erano di nuovo unite in un bacio.

Le dita del ragazzo sfioravano ogni parte del corpo di lei che non fosse coperto dalla veste: le gote, il collo, la parte superiore del petto, il braccio sinistro.

Solo quando il bacio era divenuto più intenso e nessuno dei due fingeva più di volerlo sciogliere, anche Chichi trovò il coraggio di toccare il suo amante.

L’idea che lui potesse rifiutare quel tocco appena accennato sul suo fianco la sfiorò appena, ma svanì non appena si rese conto che Kakaroth voleva lasciarla fare.

Fu così che Chichi tentò di prendere la mano del saiyan, quella che la stava accarezzando con più delicatezza di quanto non si aspettasse.

Riuscì ad afferrarla ma non a tenerla stretta: quella mano era già scivolata più in basso, lungo la tunica, e si era posata sul ventre della principessa.

 

La porta della palestra si spalancò all’improvviso, facendo accelerare di colpo il cuore di Chichi.

 

«Chichi, ascoltami, devo darti una notiz… Ehm… Ecco…»

 

Farfugliava, e ne aveva ben ragione.

Farfugliava dall’imbarazzo e la cosa era ovviamente più che comprensibile.

Ma di sicuro, quella più imbarazzata di tutti era lei, che si era vista precipitare il suo amico dentro quella maledetta palestra mentre era avvinghiata a Goku.

A Kakaroth, anzi.

Al nemico.

La sorpresa fu tale che l’abbraccio tra i due non si sciolse subito.

E se Chichi sembrava volesse sotterrarsi dalla vergogna, Kakaroth pareva invece piuttosto infastidito.

Quasi furente, a dire il vero.

 

«Spero che tu abbia avuto un motivo più che valido per recarti qui, razza di idiota! Oppure devo provvedere nell’immediato a spedirti all’altro mondo?»

 

Crilin ancora balbettava dallo shock.

Ok, in fondo era prevedibile.

Cioè, sarebbe stato prevedibile se Goku non fosse stato in realtà Kakaroth.

Ci aveva pensato, qualche volta; si era accorto che Chichi, quando ancora lo credeva il suo protettore, si era invaghita di lui.

Però, credeva che la cose fosse finita lì, che quel sentimento si fosse spento nel momento esatto in cui il saiyan aveva rivelato la propria identità.

E le proprie intenzioni.

Aveva fatto male i conti, evidentemente.

Aveva preso un grosso abbaglio.

Il guaio peggiore era che non sapeva assolutamente come comportarsi a quel punto.

Crilin sapeva che anche Kakaroth era in quella palestra, e sapeva anche che era stato lui a permettere alla ragazza di far sparire le preziose sfere del drago. Non avrebbe avuto problemi, insomma, a metterla a conoscenza di ciò che era successo in presenza del saiyan.

Ma non immaginava che tra i due ci fosse quel tipo di rapporto.

Perché, certo, lui stesso era stato il primo a fidarsi ciecamente di quel guerriero sconosciuto; ma gli eventi lo avevano portato a ricredersi, purtroppo.

A rigor di logica, lei avrebbe dovuto fare la stessa cosa.

 

Kakaroth, nel frattempo si era allontanato da Chichi e si era avvicinato a Crilin, afferrandolo per la maglia.

 

«Hai deciso di farmi incazzare sul serio, nanerottolo? Che diavolo sei venuto a fare qui?»

 

«Io… Io volevo solo informarvi che… che mi ha contattato Popo e mi ha detto che le sfere del drago sono scomparse.»

 

CONTINUA

 

 

Angolo dell’autrice

Ciao a tutti!

Scusatemi per questo capitolo infinito.

Mi era preso un attacco di “ispirazione”, ed eccomi qui, con l’ennesima prova della mia infermità mentale. È un capitolo molto lungo, come avete potuto vedere, e in gran parte introspettivo. Avevo bisogno di sviscerare le menti di alcuni personaggi chiave per spiegare gli eventi futuri e quindi mi sono dilungata un bel po’.

Avete avuto modo di leggere le opinioni di alcuni protagonisti su altri. Forse non era indispensabile fornire certi dettagli, ma credo che sia comunque importante capire la psicologia dei personaggi. Vegeta è sospettoso praticamente di chiunque, Kakaroth è in crisi esistenziale (e di identità), Mamanu ha preferito non farsi vedere, Chichi alterna momenti di paura a vampate di coraggio, Bulma osserva e  studia la situazione, Bardack pensa a Mamanu, Napa pensa a sé stesso e Crilin… Arriva nel momento sbagliato (e con una pessima notizia).

Una svolta nella storia ci voleva, dopo tutto.

Per ora, lascio a voi ogni congettura sulla sparizione delle sfere del drago.

Vi mando nuovamente tanti baci e vi ringrazio di cuore!

 

9dolina0

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  

   
 
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