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Autore: Glendora    04/11/2014    0 recensioni
Farla finita sembra davvero molto facile, soprattutto nella solitudine di una camera d'albergo a chilometri di distanza da casa. Questo, però, non sembra il destino di Ville Valo che, inaspettatamente, tra le mura di quello che sembra essere un vero e proprio girone dell'Inferno, troverà quello che ha sempre cercato, ciò che la fredda lametta di un rasoio appoggiato sulla pelle non è stata capace di dargli. Ma il fato ama giocare con le persone e Ville non è certo immune...
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nessuno parla.
 
Ville continua a sgranocchiare la sua mela guardando Jasper negli occhi, immergendosi in quello strano ed innaturale colore delle sue pupille, specchio di un’anima profonda irrimediabilmente danneggiata da un qualcosa che il cantante può solo immaginare, che capisce parzialmente. Lui ha una bella famiglia, degli amici, o almeno li aveva, mentre quel ragazzone ora non più così antipatico, ha vissuto una vita realmente infelice, tanto da giustificare in un modo totalmente diverso il suo gesto.
 
Jasper lo guarda di rimando e benché Ville non se ne renda conto, sul suo volto sono dipinti i segni della stessa sofferenza che ha provato lui tanti anni prima, un dolore che per lungo tempo si è portato dietro, ma che grazie a Lily si è finalmente sopito.
 
Osservandoli dall’ingresso, Lily si chiede il perché di tutta quella complicità silenziosa: Jasper, naturalmente diffidente con tutti, non ha preso in simpatia Ville nemmeno quando, privo di sensi, è stato trasferito dall’ospedale alla struttura psichiatrica accompagnato dal suo amico, ma ora qualcosa sembra essere cambiato e lei se ne sta lì ad osservarli aspettando di capire di cosa si tratti.
 
“Voi due mi nascondete qualcosa!” Dice all’improvviso, raggelando i due che non si aspettavano di essere osservati, meno che mai da lei, divertita e pensosa con le braccia incrociate al petto con il fare di chi è intento a svelare un mistero.
 
Alzandosi di scatto dalla sedia, Jasper appare goffo e impacciato tanto da insospettire Lily al punto da lanciare un’occhiata dubbiosa verso Ville, che cerca di risponderle con l’espressione più innocente e ingenua del mondo nel tentativo di fugare i sospetti della donna.
 
“Jas, ti senti bene?” Chiede lei preoccupata vedendolo più agitato del normale.
 
“S –sì, Li…dottoressa Venus, è solo che mi ha spaventato, tutto qui.” Jasper non sa assolutamente dire le bugie e Lily lo sa bene, ma vedendolo preoccupato e anche costernato, lascia cadere la sua curiosità decidendo di indagare successivamente sullo strano comportamento dell’amico.
 
“D’accordo, allora potresti andare nella saletta 3 e preparare tutto per la seduta?”
 
“Certamente. Ciao Ville…” Recuperando i piatti vuoti e disponendoli sul piccolo carrellino di metallo, Jasper esce dalla stanza contento di non dover subire ulteriori indagini da parte della donna, anche se sa che sicuramente si è accorta del suo disagio.
 
“Cosa gli hai fatto?” Domanda a Ville puntandogli il dito addosso.
 
“Io??? Perché dovrei essere stato io? Non so se hai notato, ma il tuo tirapiedi è molto più grosso di me, al massimo dovresti preoccuparti della mia incolumità e non di quello che io potrei avergli fatto!” Esclama Ville cercando di mantenere un tono di voce poco sospettoso.
 
“Sai che cosa mi ha detto per tre giorni di fila? Di non accettare il tuo caso, di lasciar perdere perché una persona come te non vuole essere salvata…e ora esce da questa stanza e ti saluta chiamandoti per nome…”
 
“Non è colpa mia se piaccio alla gente”, risponde con estrema disinvoltura.
 
Abbozzando un sorriso, Lily lascia cadere l’argomento. Non sospetta minimamente quale sia il tacito legame che accomuna Ville a Jasper, né come il suo paziente sia riuscito a instaurare con Jasper questo rapporto, ma non vede nulla di male nella loro amicizia: forse Jasper può far capire a Ville quanto il suo gesto sia sbagliato, aiutandola così a far breccia nell’animo del cantante.
 
“Bene, allora non avrai alcun problema a fare amicizia qui. Tra poco c’è la tua prima seduta, ma a quanto pare tu piaci a tutti quindi ti integrerai alla perfezione” lo rimbecca con una punta di malizia, sentendosi stranamente a suo agio a parlare con quel paziente che non sembra fare nulla per conformarsi alle regole dell’ospedale, provando perfino ad infrangerle anche solo attraverso il suo atteggiamento un po’ snob, quasi superiore.
 
“Devo proprio? Non esiste una specie di isolamento per i pazienti problematici o asociali?”
           
“Tu non sei né uno né l’altro, se proprio vuoi saperlo. Trovo che la tua tendenza a voler stare in disparte sia più un meccanismo di difesa che una vera e propria necessità, ma potrei sbagliarmi, ovviamente.”
 
“Posso almeno farmi una doccia prima?”
 
“Ma certo!” Annuisce sedendosi sulla seconda sedia presente nella stanza, accavallando una gamba con magistrale sensualità, lasciando che il camice le lasci scoperto il ginocchio sul quale inizia a tamburellare divertita con le dita.
 
“Mi stai dicendo che vuoi restare qui mentre mi lavo?”
 
“Giusto per accertarmi che tu non te la prenda troppo comoda per evitare di saltare la seduta” sogghigna, ben consapevole di quello che Ville aveva davvero intenzione di fare.
 
“Te l’ha mai detto nessuno che sei fastidiosa?”
 
“Un sacco di volte!”
 
“E non pensi che dovresti provare a far qualcosa per questo tuo atteggiamento?”
 
“Beh, tu l’hai mai fatto un tentativo?” Chiede incurvando all’insù un angolo delle labbra in un mezzo sorriso sghembo che Ville ha già imparato a conoscere e che sa già lo farà impazzire. “Se vuoi fare la doccia io resterò qui, altrimenti possiamo andare.” Lanciando uno sguardo quasi diabolico verso Ville, Lily cerca di studiare il comportamento dell’uomo per capire che cosa si aspetta da quella nuova esperienza che sembra spaventarlo così tanto.
 
Alzando gli occhi al cielo e ricambiando lo sguardo con un’occhiataccia di sbieco, Ville le fa capire chiaramente quanto detesti dover fare quello che Lily si aspetta che lui faccia, ma si lascia condurre dalla donna verso quella nuova fetta di Inferno che nemmeno una doccia sembra aver avuto il potere di scacciare via.
***
La saletta numero 3 è identica a tutte le altre sale sparse per l’ospedale. Non è grande quanto quella in cui i pazienti si trovano per passare il loro così detto tempo libero, ma per il resto non si differenzia molto: stesso colore delle pareti, stesso odore asettico che aleggia nello spazio, stesse piccole finestre sbarrate che si affacciano su un grigio e desolante nulla.
 
“Chiudi la porta e prendi posto, così possiamo iniziare” andandosi a sedere nella sua postazione, Lily lascia Ville alla mercé degli sguardi curiosi degli altri pazienti già al loro posto, come se fossero lì da sempre.
 
Seguendo alla lettere le indicazioni di Lily, Ville si chiude la porta alle spalle e timidamente si siede sull’ultima sedia libera tra le sette disposte in circolo al centro della stanza. Si sente incredibilmente esposto ed estremamente fragile. Diverse paia di occhi lo fissano affascinati e al contempo spaventati nel vedere un nuovo paziente unirsi alla terapia, solo Katherine sembra non essere turbata dalla sua presenza.
 
“Lily puoi dire al nuovo arrivato di non guardarmi? Mi mette paura.” La richiesta arriva da un omino piccolo e nervoso che si agita a qualche sedia di distanza da Ville che neppure si era accorto della sua presenza.
 
“Paul, non ti sta guardando, non ti preoccupare” lo tranquillizza Lily con voce morbida e pacata, per nulla sconcertata da quella che altri potrebbero interpretare come una richiesta strampalata.
 
“Sì, sì, hai ragione. Perfettamente ragione. Hai controllato che non sia una spia? Magari ha qualche dispositivo impiantato sotto tutti quei tatuaggi, forse…forse è venuto qui per me. Lo sai che mi stanno cercando, vero Lily?”
 
“Paul, lo sai che non permetteremmo mai a nessuna spia di entrare qui. Sei perfettamente al sicuro, non devi agitarti”, continua a spiegare lei dando corda alla follia di quell’uomo che non smette di studiare Ville, ormai in preda al panico. Il suo sguardo salta terrorizzato da una parte all’altra: prima verso Lily, poi verso Paul e ancora verso Lily nel vano tentativo di trovare una spiegazione razionale a quella situazione al limite della follia.
 
“Allora, come avrete notato abbiamo un nuovo paziente qui con noi oggi. Ora si presenterà, così potrete conoscerlo e vi renderete conto che è una persona come tutte quante le altre, esattamente come me e voi. Su Ville, non essere timido.” Lo invita gentilmente, facendo finta di non vedere la muta supplica negli occhi del suo paziente.
 
“No, Lily…hai capito proprio male…” ribatte lui tra l’imbarazzato e lo stizzito. Il tono usato da Lily non sembra ammettere repliche, ma lui è uno che mette tutti in discussione a prescindere dal loro ruolo e anche se la dottoressa non sembra essere arrabbiata, di certo non ha alcuna intenzione di dargliela vinta.
 
“Sai a cosa servono i gruppi di recupero? A parlare con altri della propria esperienza, a esternare i propri sentimenti e a intraprendere un percorso di guarigione insieme, imparando a condividere e a fidarsi gli uni degli altri. Non pretendo che tu oggi ci racconti qualcosa di te, non è quello che ti sto chiedendo: voglio solo che tu dica il tuo nome, tutto qui. non è una cosa difficile.” Rigirandosi ed intrecciando nervosamente le lunghe e pallide dita delle mani, Ville prende un profondo respiro sperando di guadagnare tempo ed evitare così quella tortura sgradevole e terribile. “Stiamo aspettando…” lo esorta ancora una volta Lily, consapevole di sottoporre il suo reticente paziente ad uno sforzo disumano, ma altrettanto conscia del fatto che quella è solo una fase del processo di recupero.
 
È il tipico atteggiamento di tutte le persone che passano da quella struttura. Si incaponiscono, fanno i reticenti, spesso e volentieri diventano violenti, a volte sembrano perfino peggiorare solo per il gusto di non seguire le direttive dei dottori, ma quando si accorgono che parlando molte delle sofferenze, quelle più superficiali, ma poco a poco anche quelle più profonde, iniziano a sgretolarsi, ecco che tornano sui loro passi e incominciano ad aprirsi, prima poco a poco, poi come fiumi di parole in piena. Ville non è sicuramente diverso dagli altri, è solo troppo abituato a fare sempre di testa sua, ma Lily ha intenzione di demolire quel suo atteggiamento arrogante, la vera maschera che non gli permette di essere davvero se stesso.
 
“Ciao sono Ville. Va bene così dottoressa Venus?” Stringendo i denti sull’ultima parte della frase, Ville fa capire chiaramente a Lily di non avere alcuna intenzione di collaborare a quella farsa orribile: si è presentato, ma dalla sua bocca non uscirà altro. Né quel giorno, né mai. Un coro di ciao Ville si alza dal cerchio seguito da un sorriso da parte di tutti i pazienti ora più tranquilli nel percepire Ville come uno di loro.
 
“Io – io ti conosco. S – sì: s –sei un cantante, vero?!” La flebile e cristallina voce di una ragazza minuta dai capelli color miele fa trasalire Ville che, alla parola cantante, sente una fitta al cuore più straziante di qualsiasi altro tormento.
 
Che cos’è lui ora? Qual è il suo ruolo in quel momento? Ha ancora significato per lui essere un cantante? Ne ha mai davvero avuto, almeno un po’? Oh sì. Ce l’ha. È sempre stato il suo sogno, essere un cantante è sempre stata la sua strada anche quando non sapeva bene cosa voleva dire, ma al momento gli sembra di aver perso la via, quel sentiero che per dieci anni lo ha portato verso la felicità.
Dov’è ora quella felicità?
 
“Ville? Va tutto bene?” chiede Lily preoccupata da quel silenzio, ben diverso dal semplice mutismo di chi vuole imporre una sua decisione. È smarrimento. È non sapere cosa dire, come rispondere ad una domanda apparentemente innocente e Lily raccoglie quel brandello di anima di Ville, lo prende tra le mani e lo conserva gelosamente, sapendo che è la chiave per sbloccare qualcosa di intimo e molto personale.
 
“Io…io non posso stare qui.” Alzandosi di scatto e facendo cadere la sedia, Ville esce ad ampie falcate da quella stanza le cui pareti sembrano stringersi attorno a lui in una morsa asfissiante, soffocante.
 
Non ce la fa. Non riesce a sostenere il peso del suo gesto sapendo di dover fare i conti con esso ogni maledetto giorno. Non è in grado di reggere la pressione e lo sforzo che una terapia riabilitativa richiede. Lui non è forte, lo ha sempre saputo e ora ne ha la conferma assoluta. Quella lametta avrebbe dovuto lacerare la sua carne molto più in profondità.
 
Entrando nella sua stanza, così spoglia, anonima, fredda, Ville si rannicchia sul letto in attesa che qualcuno cancelli dal suo cuore il tormento e l’agonia che lo schiacciano, opprimendolo fino a fargli mancare il fiato.
 
Sciogliendo la seduta con gli altri pazienti, Lily si precipita all’inseguimento di Ville dopo aver chiesto ad un suo collega di sostituirla: si sente un po’ in colpa per la reazione dell’uomo e vederlo accovacciato nel suo letto con le ginocchia al petto e la schiena poggiata alla parete, le provoca un senso di tristezza che non riesce a mandar via. Un dolore che conosce bene anche lei.
 
Forse ha sbagliato a buttarlo nella mischia così presto sperando che quel brusco cambiamento delle sue abitudini potesse aiutarlo a dargli una scrollata. Forse Ville ha bisogno di capire se stesso prima di rendersi conto che non il solo a sentirsi talmente disperato da crearsi una vita parallela per sfuggire all’inadeguatezza di quella reale.
 
Fissandolo, Lily prende una decisione importante e si dirige verso il suo studio dove nasconde una cosa molto preziosa che la riporta ai suoi felici giorni d’infanzia quando pensava che la vita fosse solo gioia e serenità.
 
Aprendo l’armadietto, afferra saldamente un borsone scuro nel quale ha rinchiuso per anni una parte della sua vita, poi torna da Ville nella speranza di riuscire a schiudere il suo cuore concedendogli un piccolo angolino nel quale rifugiarsi per ripartire.
   
 
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