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Autore: Lady Stark    04/11/2014    2 recensioni
E' davvero possibile sentire il suono di un cuore che si spezza?
La neve cade lentamente sui frammenti di una vita distrutta; i candidi fiocchi portano sulle spalle l'eco di un dolore straziante che mai il tempo riuscirà a guarire.
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Len Kagamine, Rin Kagamine | Coppie: Len/Rin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Soundless voice - Il rumore di un cuore che si spezza.

 

Stava nevicando di nuovo; Len si accostò alla finestra reggendo in mano una tazza piena di tè bollente. Le volute di fumo salirono a riscaldargli le guance intirizzite del freddo.

I muri di quella vecchia catapecchia di mattoni scrostaterano ormai incapaci di bloccare gli artigli impietosi delle stagioni, a partire dal soffio dell'inverno sia al caldo torrido dell'estate. La neve danzava leggera imbiancando la vecchia staccionata che recintava la loro piccola proprietà; l'erba era ormai scomparsa sotto al soffice assalto bianco.

Len non aveva mai amato la neve, a differenza della sua compagna che trovava in quei gelidi batuffoli un che di meraviglioso. Quel pensiero lo riscosse dalla sua statica contemplazione, spingendolo ad affrettarsi verso la calda stanza in cui Rin stava pacatamente riposando.

Il rumore del fuoco scoppiettante gli riscaldò il cuore mentre, lentamente, apriva la porta per informare la ragazza della sua presenza. Rin era seduta nel letto tra l'abbraccio delle morbide coperte invernali, i cuscini puliti le sorreggevano la schiena mentre tutto il suo viso era rivolto verso la finestra, lì dove la neve stava piroettando. La ragazza era tanto presa dalla sua estatica contemplazione che non si rese minimamente conto dell'arrivo dell'altro; Len allora, per non spaventarla, ticchettò con le nocche contro al legno.

«Len, hai visto? Sta nevicando!» pigolò con entusiasmo, esibendosi in un sorriso tanto luminoso che il cuore di lui fremette intenerito da quell'innocenza. L'aroma del tè fumante andò ad aggiungersi a quello della legna che scoppiettava nel piccolo camino posto all'angolo della stanza, le ceneri caddero andando ad ammucchiarsi in incandescenti ammassi grigi.
Len appoggiò la tazza contro al comodino di legno chiaro prima di andar a smuovere con l'attizzatoio i pezzi ormai tarlati dal morso del fuoco.

«Sarebbe bellissimo poter andare a fare una bella battaglia a palle di neve, oppure un gigantesco pupazzo di neve. Non credi?» chiese Rin dopo un minuto di silenzio, unicamente interrotto dallo sfrigolare perpetuo del fuoco sulla corteccia secca dei tronchi.

Il ragazzo si morse le labbra ma annuì debolmente per rendere felice l'unica persona che in quella vita era riuscita a penetrare nel suo cuore.

«Che ne diresti di...»

«Non se ne parla, Rin.» la stoppò Len alzandosi di scatto dalla sua accucciata posizione; i suoi occhi si riempirono di dolore quando il viso pallido e scavato della ragazza si tramutò in una maschera di delusione. Lui le andò vicino, sedendosi sul bordo del letto per cingerle le spalle con un braccio; nel farlo però, si accorse di come il maglione beige, che poco tempo fa le aveva regalato, pendesse dalle spalle fragili e magre.

Len inghiottì il nodo di preoccupazione e disperazione che ogni volta gli si formava in gola abbracciando con tutta la forza che aveva la donna a cui aveva giurato fedeltà eterna; lei appoggiò il suo capo biondo contro al torace ampio del compagno respirando a fondo il buon profumo di estate ancora cucito sulle sue vesti.

Len baciò con dolcezza infinita la bionda chioma arruffata.

Per un lungo, silenzioso momento i due rimasero abbracciati ad ascoltare reciprocamente il palpito ovattato dei loro cuori. La sincronica melodia ben presto si fuse con quella confortante dei ceppi che ardevano nel camino e quella del vento che giocava con gli ondeggianti fiocchi di neve.

Niente avrebbe potuto rovinare un momento così perfetto.

Len chiuse gli occhi, richiamando alla memoria i ricordi di una primavera ormai passata, cristallizzata in una nostalgica patina ghiacciata.

Rin era distesa nell'erba morbida assieme alle tante corolle auree dei denti di leone, il suo sorriso brillava luminoso come i raggi del sole; le nuvole galleggiavano a batuffoli color panna nella sfera celeste del cielo.

La ragazza sorrise mentre il suo compagno schizzava con la sottile matita la curva delicata del suo corpo.

Non era mai stato tanto felice in vita sua; eppure, nel giro di qualche mese, la sua felicità si sbriciolò miseramente come le secche foglie d'autunno.

Niente era stato più lo stesso; le loro escursioni si erano mano a mano ridotte sino a cessare del tutto, le attività con cui spesso si erano divertiti ora si erano ormai perdute tra le boccette variopinte di vari medicinali.

Len udì la sua ridente voce lontana e provò una nostalgia tanto profonda da spezzargli il cuore.

Non seppero precisamente quanto tempo rimasero fermi a godere l'uno della presenza dell'altra, ma alla fine la ragazza ruppe timidamente il silenzio sollevando il viso verso quello del compagno.

«Len, ti andrebbe di suonarmi qualcosa?»

«Adesso?»

«Sì, ora.».

Malgrado non avesse molta voglia di dilettarsi con la vecchia tastiera del pianoforte che i genitori di lei gli avevano regalato, il ragazzo si alzò porgendo una mano alla giovane per aiutarla a scendere dal letto.

Lei appoggiò il peso del corpo sulle gambe malferme stringendo il maglione attorno ad un corpo ormai scheletrico; il ragazzo non seppe ben dire se per il freddo o se per impedirgli di vedere in che condizioni pietose fosse ridotto il suo fisico.

Quei tempi sono finiti.” pensò il ragazzo con tristezza afferrando la trapunta dal letto per avvolgerla attorno alle sue spalle con premura. Lei gli sorrise appoggiandosi alla sua spalla per percorrere quei pochi metri che li dividevano dall'antico strumento musicale; la tastiera era ormai coperta da un dito di polvere ma quando Len vi fece scorrere le dita, il suono vibrò con armoniosa energia.

Len scivolò a sedere, accarezzando con malinconica tenerezza quell'oggetto che da sempre era stato parte della sua stessa anima; i tasti sembrarono quasi rispondere al suo tocco quando i polpastrelli scivolavano sopra all'avorio liscio. Era passato così tanto tempo da quando, l'ultima volta, aveva suonato qualcosa; era più o meno sicuro del fatto che le sue dita non fossero più in grado di intessere quelle dolci melodie che tanto piacevano alla sua Rin.

«Io non sono sicuro di poter..»

«Suona per me, Len. Ti prego.» mormorò con un filo di voce chiudendo gli occhi.

Il ragazzo ammirò i tasti lasciando che il richiamo della musica lo invadesse come il canto della tempesta.

Una melodia dolce come il miele invase la stanza mentre le labbra di Rin si tendevano in un pallido sorriso; osservò commossa il compagno abbandonarsi allo strumento ed alla musica che per così tanto tempo aveva ignorato.

Rin desiderava cantare con tutta sé stessa, accompagnare l'emozione dipinta sul viso del giovane con quei testi che aveva ormai imparato a memoria. Inconsciamente socchiuse inconsciamente le labbra cominciando a seguire in silenzio le parole della canzone che il giovane aveva deciso di dedicarle.

Len suonò senza mai interrompersi, lasciò che quelle note vibranti gli penetrassero nel cuore rischiarando il suo animo cupo ed afflitto.

Il ragazzo infuse in quella melodia tutto l'amore che sentiva nei confronti della donna che, silenziosa, stava in piedi al fianco del pianoforte ad ascoltare.

Quelle note diffusero nell'aria un messaggio che Len mai aveva trovato il coraggio di tradurre in parole. Quando gli ultimi accordi si persero nel silenzio leggero della stanza, Rin batté con enfasi le mani sorridendo raggiante.

«Il tempo non ha intaccato la tua bravura; mi hai commossa.» disse asciugando le lacrime che imperlavano le sue lunghe ciglia bionde; Len si alzò di scatto rischiando di rovesciare il seggiolino su cui era seduto.

Rin guardò confusa il compagno mentre lui avvolgeva le braccia attorno al corpo esile di lei, affondando il viso nei suoi capelli folti per respirarne il dolce profumo.

«Len? Va tutto bene?» chiese la donna accarezzandogli piano la schiena, le sue spalle larghe tremavano appena e lei non tardò ad accorgersene.

«Rin, mi prometti una cosa?»

«Tutto quello che vuoi..» sussurrò lei di rimando. Le sue labbra acquisirono il sapore del sale quando le prime silenziose lacrime le rigarono il viso.

«Resterai per sempre con me? Lo prometti?» chiese lui stringendola ancora più forte.

«Te lo prometto Len. Sarà...per sempre.» mormorò mentre cingeva la sua vita con le braccia, di modo che lui non potesse vedere le lacrime che ormai inondavano il suo viso.

Le loro parole rimasero sospese nell'aria come i tanti, piccoli fiocchi di neve che danzavano nel vento.

 

La mattina successiva, con il favore delle prime luci del giorno, Len sgattaiolò fuori dal caldo abbraccio delle coperte mentre ancora la sua compagna dormiva beata.

Il ragazzo si vestì velocemente avvolgendosi attorno al collo una pesante sciarpa che Rin qualche anno fa gli aveva cucito con le proprie mani. Quando il ragazzo varcò la porta di casa, una violenta raffica di vento gli colpì il viso facendogli lacrimare gli occhi; i capelli biondi subito si ingemmarono di tanti piccoli batuffoli bianchi.

Len sollevò il viso verso il cielo plumbeo lasciando che il freddo gli intaccasse la pelle ancora tiepida poi, aggiustandosi la calda sciarpa attorno al collo ed al mento, avanzò faticosamente nella coltre bianca.

Quella mattina nulla avrebbe potuto fermarlo; quel pomeriggio al pianoforte aveva permesso alla sua anima di rinascere più forte e determinata di prima.

La disperazione aveva offuscato i suoi occhi e la sua mente per troppo tempo; ora era venuto il tempo di reagire per salvare la sua Rin.

Non le avrebbe più permesso d'essere triste, per nessuna ragione nell'universo.

Len si fece largo nella neve e nella bufera che sempre più violentemente andava intensificandosi.

Il vento ruggiva furioso, tutto il paesaggio attorno al ragazzo si era trasformato in un impasto confuso di ombre grige e bianche. Len si strinse il giacchetto addosso nella speranza di bloccare, o perlomeno arginare gli artigli del freddo che si facevano spazio sotto alle sottili trame della camicia che aveva deciso d'indossare.

Il villaggio era ridotto ad una macchina indistinta sullo sfondo, i contorni sfocati delle case sembravano irraggiungibili, esattamente come i sottili fili di fumo che si sollevavano dalle ruvide ciminiere. Un fiotto di panico invase il petto del ragazzo lasciandolo gelato al suo posto. Len si voltò indietro per ricercare i contorni confortanti della loro casetta, ma anche questa era svanita nell'abbraccio del vento e della neve, tanto da dare l'impressione che in quel piccolo fazzoletto di terra non ci mai stato nulla.

Il ragazzo strinse i denti cancellando con le dita intirizzite le lacrime che gli infastidivano gli occhi; continuò a camminare per quella che gli sembrò un'eternità poi finalmente approdò alla confortante porta del suo panettiere di fiducia.

Quando spinse la porta per entrare, il caldo tiepido della stanza gli baciò il viso.

«Solo un uomo come te poteva affrontare una bufera del genere solo per venire a far compere.» disse la ruvida voce dell'uomo che stava sistemando il pane dalle croste dorate negli appositi scaffali. Len sfregò le mani infreddolite soffiandovi sopra per permettere alla circolazione di riprendere; le punte dei suoi polpastrelli si erano tramutati in ghiaccioli dal preoccupante colore bluastro.

«Buongiorno anche a te, Noah.» borbottò accostandosi al bancone del pane per controllare cosa, quella mattina, lo scorbutico fornaio aveva da offrirgli.

«Ti ammiro, ragazzo. Fare tutta quella strada sotto a questa tempesta non deve essere stato facile.» disse estraendo dal forno bollente un gruppo di dolcetti dall'aria invitante.

L'aroma del miele invase la stanza facendo così brontolare lo stomaco del ragazzo.

«Qualcuno qui ha fame.» commentò il panettiere in un sorriso, raccogliendo tra le dita tozze uno di quei cilindrici pasticcini; il miele colò lungo alla parete esterna come una piccola lacrima dorata.

Noah lo porse a Len strizzandogli confidenzialmente l'occhio prima di spazzolare il grembiule bianco che gli avvolgeva il petto da un grumo di farina.

Len divorò con riconoscenza il dolciume gustando sulla lingua lo zuccherato sapore del liquido cuore.

«Questo è il primo tentativo di una ricetta che ho personalmente ideato. Che ne pensi?»

«Sono deliziosi, Noah.» commentò il ragazzo ancora con la bocca piena.

«Forse questo contribuirà a sciogliere il cuore delle tante donzelle che giornalmente vengono a far compere da me.» disse con voce sognante mentre accarezzava i baffoni candidi. Len cercò di non dar a vedere quanto quell'affermazione lo divertisse; per quanto il panettiere fosse simpatico e generoso, le giovani fanciulle non sarebbero mai rimaste colpite dalla sua pancia prominente.

«Sono certo del fatto che apprezzeranno molto il tuo sforzo.»

«Non lusingarmi, ragazzo. Sono vecchio, non stupido.» ghignò mettendo in mostra una dentatura ormai ingiallita da anni ed anni di fumo e sigarette a basso costo.

«Dammi tre o quattro di quei tuoi dolcetti, per piacere. Sono sicuro che Rin li adorerà.»

L'uomo si incupì un po' mentre imbustava velocemente i dolcetti ancora caldi, le sue mani si bloccarono quando il quarto sparì dietro il bordo dell'involucro di carta.

«Come sta la ragazza?»

«Rin sta..» le sue fiduciose parole inciamparono miseramente nella rete di immagini che ritraevano il degrado progressivo del corpo della sua compagna; a corto di parole, il ragazzo distolse gli occhi dal viso rugoso del suo interlocutore.

«Capisco.. Portale i miei saluti.» il suo tono di voce si addolcì mentre gli porgeva la busta piena di dolcetti profumati.

«Questi li offre la casa. Torna presto per farmi sapere cosa ne pensa la tua Rin. Un parere femminile vale molto di più di un'opinione maschile.» cercò di sdrammatizzare mentre il giovane si potrava più vicino alla porta con un sorriso di convenienza, il cuore pesante come un sasso di fiume.

«Sarà fatto. Ci vediamo presto, Noah.» disse nell'uscire. Il vento lo aggredì nuovamente ma, questa volta, il ragazzo quasi non se ne accorse; non desiderava altro che tornare a casa e stringere tra le braccia il corpo della ragazza che amava.

Sulla via del ritorno aumentò il passo malgrado la neve ormai gli arrivasse alle caviglie; i muscoli ulularono per lo sforzo ma Len non vi badò.

Quando i suoi piedi finalmente toccarono la veranda di legno, si permise di tirare un veloce sospiro di sollievo.

«Rin, sono a casa. Sei sveglia?» chiamò con un sorriso raggiante stampato sulle labbra. A dispetto di quello che si era immaginato, fu il silenzio a rispondere cupamente al suo allegro richiamo.

Starà ancora dormendo? si domandò togliendosi di dosso il giacchetto coperto di neve, i fiocchi caddero sul pavimento sciogliendosi all'istante per l'eccessivo calore.

Len strinse più forte il pacchetto contro al petto scrollandosi di dosso i batuffoli bianchi che gli bagnavano i capelli.

«Tesoro?» chiamò con dolcezza aprendo piano la porta della camera. Il suo cuore mancò un battito quando, ad accoglierlo, trovò solo un letto vuoto e delle coperte sfatte, accasciate dal lato destro del letto.

«Rin? Dove sei?» gridò il ragazzo appoggiandosi allo stipite della porta per cercare di captare il flebile rumore della sua voce ma anche questa volta, il silenzio fu il solo testimone del suo terrore. Len corse in tutte le stanze, spalancando con violenza ogni singola porta mentre il suo cuore sprofondava sempre più in profondità nella sua cassa toracica.

Len tornò in camera di corsa osservando ogni singolo angolo della stanza alla ricerca di qualcosa che potesse indicargli dove la ragazza fosse andata. Non gli occorse molto tempo per notare che la sua vestaglia della era svanita dal solito posto, e con essa anche la sciarpa che lui le aveva regalato per il loro primo anniversario.

«No.. non può essere vero..» sussurrò tra sé lasciando cadere i dolcetti terra; uno di essi rotolò fuori dalla busta e le lacrime dorate tornarono ad intaccare la soffice superficie.

Len si proiettò fuori dalla porta di casa senza neanche prendere il giacchetto; il vento lo catturò nelle sue grinfie ma il freddo non riuscì a bloccarlo.

«RIN!» gridò disperato contrastando il furioso canto dell'inverno; la neve lo accecò ma il ragazzo tornò disperatamente a correre nella coltre bianca per cercare di trovarvi la giovane.

«Ti prego rispondimi! Rin dove sei??» urlò portandosi a coppa le mani attorno alla bocca, nella speranza che ciò potesse amplificare il suono delle sue sottili parole.

Corse come mai aveva fatto prima d'ora, inciampando e spesso rotolando in quel bianco mare gelato; la sua pelle assunse una sfumatura bluastra ma neanche ciò contribuì ad arrestare la sua dissennata ricerca.

Alla fine la vide.

Il corpo della ragazza era riverso su un fianco nel cupo abbraccio della distesa bianca; uno strato impalpabile ricopriva il suo esile corpo ed i suoi bellissimi capelli dorati.

Len si sentì morire.

Il suo corpo reagì da solo, si lanciò in avanti sollevando con foga il corpo immobile della ragazza; la sua pelle era tanto fredda da far male, le sue labbra erano due rigonfie strisce blu.

«Rin! Rin, rispondimi! Ti prego, rispondimi!» gridò il ragazzo scuotendola con tanta forza da sentire i suoi denti cozzare gli uni contro gli altri.

La giovane aprì appena gli occhi, incrostati dal ghiaccio e dal gelo, le sue ciglia erano ormai ridotti a gelidi ghiaccioli biondi.

«Perché sei venuto?» chiese lei in un sibilo tanto esile che per poco il ragazzo non riuscì ad udirlo.

«Ma cosa vai mai dicendo?! Perché sei uscita di casa?» ribatté lui cercando di alzarla di peso per ricondurla velocemente in casa; doveva assolutamente riscaldarla prima che il gelo se la portasse via.

«No, Len. E' inutile ormai..» sussurrò bloccandolo prima che lui potesse mettersi in moto.

Rin sollevò una mano accarezzando flebilmente la guancia fredda del suo compagno.

«Sarebbe davvero inutile. La mia vita..» le sue parole vennero rotte da un singhiozzo a stento trattenuto; la ragazza si morse le labbra assiderate lasciando che le lacrime le baciassero gli zigomi.

«Non voglio che tu soffra ancora per me. La malattia mi ha distrutta, sia nel corpo che nel cuore.» la sua voce traballante si affievolì fino a sparire; le tiepide stille disegnarono la curva morbida della sua mascella serrata.

«Sono così stanca, Len.»

«Non dirlo! Troveremo un modo, Rin! Troveremo un dottore che possa curarti. Ti porterò in un altro villaggio dove sicuramente qualcuno...»

«Amore, basta così.. davvero.» sussurrò fasciando con le dita il collo del ragazzo che ora, tremante, osservava paralizzato la vita della sua compagna spegnersi sotto alle sue dita impotenti.

«Rin.. non puoi davvero voler..»

«Non c'è speranza per me, Len. Né mai ci sarà. La malattia è permeata troppo in profondità, nessun dottore sarebbe in grado di salvarmi ormai.» la sua voce si spezzò nuovamente quando l'ennesimo singhiozzo le scosse il petto.

Len guardò il viso della sua amata addolcirsi e le sue dita trovarono i suoi occhi dilatati.

«Non piangere tesoro mio. Non voglio che tu sia triste per colpa mia.. Ho visto con quale gioia hai suonato ieri pomeriggio e, come mio ultimo desiderio, ti chiedo di continuare a suonare.. per me, come un tempo.» Len strinse più forte il corpo della ragazza mentre lei, sollevando il viso, baciava dolcemente il suo mento.

«Len, ti amo.. ti amo con tutto il mio cuore.» uno stanco sorriso le arricciò le labbra mentre la luce nei suoi chiari occhi azzurri si affievoliva.

«Grazie, per tutto..» bisbigliò per l'ultima volta prima che un ultimo sospiro le sfuggissero dalle labbra socchiuse.

La sua mano scivolò in basso, cadendo contro alla neve candida.

Gli occhi di Rin si chiusero lentamente mentre tutto il suo corpo si irrigidiva nell'abbraccio disperato del ragazzo.

Len non avrebbe mai creduto di poter sentire il rumore di un cuore che si frantuma; eppure, in quel momento, il suo petto si incrinò lasciandolo devastato, incapace persino di respirare.

«Rin.. apri gli occhi... ti prego, tesoro mio, apri gli occhi.» ripeté scuotendola dolcemente come se dovesse svegliare la ragazza dal sonno leggero in cui era improvvisamente crollata.

Il viso di lei era disteso, sorridente ed apparentemente in pace.

«Piccola, svegliati..» sussurrò lui mentre le prime lacrime bruciavano sulle sue guance incidendogli il volto come se fossero ferro fuso.

«Ti prego..» sussurrò in un singhiozzo mentre, abbracciando la ragazza, reclinava il capo all'indietro per gridare tutto il suo dolore contro quel cielo impietoso.

La neve continuò a cadere ondeggiando sul corpo dei due ragazzi, unica testimone di una ferita tanto profonda che mai il tempo sarebbe riuscito a cicatrizzare.

«Lascia che ascolti ancora una volta la tua dolce voce.. Chiama il mio nome, Rin..» pianse disperatamente mentre i batuffoli gelati si agglomeravano sul suo capo e su quella della giovane.

«Ti amo.. ti amo.. ti prego, torna da me..» mormorò baciando con dolcezza infinita la fronte pallida della giovane ma ormai, lei non avrebbe più potuto udire le dolci parole che il suo compagno le stava sussurrando.

«Senza di te il mondo non ha più senso. Come potrà la musica darmi conforto se ogni volta che toccherò il pianoforte il tuo sorriso baluginerà nei miei ricordi?.» la sua voce si spense, soffocata dalle lacrime inarrestabili.

Il vento in quel momento sembrò placarsi, rallentando la sua furiosa canzone.

Forse, anche le nuvole e la tempesta, percepirono il dolore straziante di un uomo che ha appena visto crollare di fronte ai suoi occhi l'unica cosa che aveva sostenuto la sua esistenza.

In quel momento, la neve cominciò a cadere con molta più lentezza, intessendo nel cielo una malinconica melodia fatta di lacrime e ricordi taglienti come vetro. 

   
 
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