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Autore: simore    05/11/2014    3 recensioni
Quel giorno avrei voluto urlare, piangere a dirotto, strapparmi la pelle per far uscire quell’apatia che mi affliggeva; invece non feci nulla, rimasi immobile a fissare il vuoto, mentre la testa mi si riempiva delle urla disperate di mio padre. Il mondo aveva perso tutti i suoi colori e la vita appariva grigia ai miei occhi.
Eppure il tempo scorre, la vita va avanti e qualche volta nel buio si riaccende una piccola luce capace di tornare a colorare le splendide sfumature della vita.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non piansi quando mia madre morì. Tutto successe così all’improvviso.
Quando muore una persona a te cara, il cuore sembra stringersi in una morsa, il respiro diventa corto e l’aria sembra mancare. Di colpo il mondo si ferma e la terra cade sotto ai tuoi piedi: ogni più piccolo particolare si muove a rallentatore, mentre senti il cuore svuotarsi.
Quel giorno avrei voluto urlare, piangere a dirotto, strapparmi la pelle per far uscire quell’apatia che mi affliggeva; invece non feci nulla, rimasi immobile a fissare il vuoto, mentre la testa mi si riempiva delle urla disperate di mio padre. A quanto pareva mia madre era stata testimone di uno dei loschi affari di un boss mafioso, che appena ne ebbe l’occasione la fece tacere per sempre.
Quando mia madre era in vita, ero una persona solare, socievole, amichevole, sorridente, avevo persino un ragazzo: Dake, che come molti altri, non appena successe la tragedia, smise di frequentarmi e parlarmi. Il motivo non me lo dissero mai e col tempo elaborai una mia teoria nella quale la paura e l’indifferenza erano le principali cause. I giorni passavano e ormai vivevo in una condizione di apatia perenne: mio padre mi parlava, ma io non lo sentivo; il tempo trascorreva, ma io non me ne accorgevo, per me non c’era più differenza tra il giorno e la notte. Con mio padre non avevo mai avuto un rapporto profondo, ma se possibile, dopo che mia madre mancò, peggiorò ancora di più: il fatto è che siamo sempre stati molto diversi l’uno dall’altro, se io mantenevo tutto il nervoso e le ansie dentro di me, lui esternava sempre tutto, di conseguenza anche le nostre reazioni furono diverse e lui non capiva me, quanto io non comprendevo lui. Ero sola e cominciai a perdermi nella mia stessa solitudine, il mondo aveva perso tutti i suoi colori e la vita appariva grigia ai miei occhi.
Proprio quando stavo per rassegnarmi a vivere il resto della mia vita in una condizione di “buio” perenne, vennero in mio soccorso due persone che sarebbero poi diventate il mio punto di riferimento. Iris e Ken furono le uniche amicizie che mantenni: Iris era sempre stata la mia migliore amica, con i suoi occhioni verdi e i lunghi capelli di un castano tendente all’arancione, era la ragazza più sveglia e spontanea che avessi mai conosciuto. Era difficile non notarla, era un tipo molto particolare, ma nonostante fosse spesso al centro dell’attenzione, riusciva sempre a trovarsi a proprio agio. Era intelligente ed aveva un vero e proprio talento nel capire cosa passava nella testa delle persone,  in particolare nella mia. Ken, suo fratello gemello, condivideva gli stessi occhioni verdi e la stessa sensibilità della sorella, ma suo malgrado, era il tipico ragazzo maldestro e timido. Non era altissimo ed era piuttosto magrolino e i grandi occhiali tondi, che gli ricoprivano metà viso, non lo aiutavano di certo a dare un’impressione più robusta; tuttavia era molto intelligente, sempre allegro e simpatico. Ormai quei due fratelli erano diventati il mio conforto, la mia gioia, la mia comprensione e il mio consiglio… Ormai  quei due fratelli erano diventati la mia famiglia.
Avevo trovato uno spiraglio di luce nelle tenebre, quindi, quando mio padre mi disse che ci saremmo dovuti trasferire in un’altra città, mi sembrò di ricadere nel buio dal quale mi avevano risollevata: avrei dovuto lasciare le uniche due persone che mi avevano riportato a vedere le sfumature della vita ed ora dovevo partire.
“Non voglio partire! Non voglio lasciarvi!” dissi con le lacrime agli occhi,
“Oh, ma non dovrai lasciarci… Non siamo più nell’era glaciale, oggi ci sono i telefoni, i computer…” mi rispose Iris con un sorriso,
“Non ti libererai di noi facilmente, saremo peggio di due stalker: tanto per cominciare ti terremo ore al telefono ogni giorno…” aggiunse Ken,
“Senza contare i bombardamenti di messaggi che ti manderemo! Sarà come se fossimo lì con te!” concluse Iris.
Mi strapparono un sorriso “Questa è una promessa, eh?!”
Se mi promettevano che sarebbe stato come se fossero con me, allora sarei potuta andare anche in capo al mondo…

  
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