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Autore: koopafreak    05/11/2014    3 recensioni
Una serie di episodi indipendenti l'uno dall'altro e di estensione variabile dedicati ai miei regnanti preferiti. Alcuni di essi saranno frutto della mia fantasia, altri tratti direttamente dalla serie originale e presentati attraverso gli occhi dei protagonisti. Ognuno abbraccerà sfumature diverse e mi limito ad indicare la raccolta come generale perché non mi è possibile conciliarli tutti sotto un unico genere. Forse appena un pizzico, giusto una spolverata di BowserxPeach qua e là.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Bowser, Peach, Sorpresa
Note: Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Die, die, we all pass away
But don't wear a frown cuz it's really okay
And you might try 'n' hide
And you might try 'n' pray
But we all end up the remains of the day.
Bonejangles [Tim Burton's Corpse Bride]



Le luci elettriche continuavano a sfarfallare sinistramente mentre ogni singola torcia si era estinta nel medesimo istante, come annullate da un unico spiro di vento che non si era mai alzato, le piante piranha di guardia si erano rintanate nei propri tubi con un sibilo di assoluto timore, i feroci categnacci si erano rannicchiati sul posto avvolgendosi intorno la lunga coda anellata con un guaito infelice e tutti gli occupanti della fortezza erano stati improvvisamente assaliti dai ricordi luttuosi dei loro cari che avevano perduto: tale era l'effetto che la presenza dell'immortale Infernia, Regina risoluta ed inflessibile sugli ingiusti caduti nell'abbraccio del Game Over, non poteva sottrarsi dall'arrecare nella dimensione dove le anime raccolte in terra erano preservate nel loro involucro fisico dalla linfa vitale ancora palpitante. Lei era un'intrusa in quel mondo, e come tale veniva avvertita.

Gli unici che parevano sfuggire alla sua aura funesta, protetti da un velo di magia benefica grazie al contatto coi cuori puri, erano i due sovrani che le stavano in piedi dinnanzi a contemplare perplessi la richiesta avanzata qualche secondo fa lì sulla terrazza principale.

« E com'è che non ti sei rivolta al disponibile Mario per quest'incombenza ricreativa? Ci hai forse presi per degli animatori turistici? » replicò sardonico un Bowser non esattamente propenso a prestarsi ad esaudire desideri altrui, nemmeno quelli di un'autorità ben al di sopra della propria.

Gli occhi corvini della Maestà Infernale si assottigliarono sino a divenire affilati. « Perché non è colui che potrebbe giovare a sua volta di tale favore, tanto da convincermi a depennare qualche appunto nella sua biografia di ragioni per un posto in platea nel mio Mondodigiù. » E inoltre la giudiziosa Principessa Peach, presente anch'ella quella mattina presso il castello del koopa dopo il millantesimo rapimento in lista, sarebbe stata un'ulteriore garanzia che la delicata missione loro affidata venisse assolta con la massima diligenza.

Né la regina né il suo consorte potevano concedersi il lusso di assentarsi dal rispettivo trono per più di qualche misera ora, rischiando di far precipitare i regni dell'aldilà nel caos senza la propria guida ad amministrare il costante flusso di nuovi arrivi ai loro cancelli. Confidare negli unici punti di riferimento che possedevano nella dimensione dei vivi era stata dunque l'alternativa accettabile per far contenta la loro bambina.

Il drago si impose sull'impulso di deglutire, aggrappandosi all'ultimo briciolo della sua cocciutaggine. « ...e se avessi di meglio da fare? » Tipo portare Peach a teatro a vedere quel famoso Lago dei Cingoli-o-come-si-chiama ché ha detto di piacerle tanto...

Una folgore spuntò dal nulla nel cielo terso e centrò come una freccia sibilante lo stendardo più in prossimità del Re Koopa in sciopero, incenerendolo all'istante insieme all'alabarda su cui era affisso: segno che anche il venerabile Granbì aveva drizzato le orecchie. Fu allora che si convenne un volta per tutte che nella vita fosse cosa saggia tenersi stretti gli amici, ma ancora più stretti quelli che ti avrebbero sistemato alla resa dei conti finale nell'eterno Game Over.

« Quanto tempo resterà sotto la nostra custodia? » domandò discretamente Peach che dal canto suo non aveva nulla in contrario ad ospitare la piccola nimbi, ma il pensiero che il cammino di Bowser nel corso del tempo lo avrebbe veramente condotto alle fosche lande dominate da Infernia l'aveva spaventata. Sapeva che il koopa era stato ed era attualmente una canaglia di tutto rispetto, ma non aveva mai creduto che si meritasse una sorte simile... Se l'intransigente Regina del Mondodigiù gli stava offrendo davvero una chance per alleggerire il suo fardello di colpe, andava presa al volo.

« Solo per questa giornata. Allo scoccare della mezzanotte tornerà a casa. » Il viso cereo dai tratti cesellati si inclinò lievemente per adocchiare la fragile figura angelica librarsi accanto, sfiorando appena il pavimento. Mentre lo sguardo della madre non sprizzava affatto faville all'idea della breve gita oltre i confini sicuri della sua dimora, quello di Farfabì non poteva riflettere più entusiasmo. Era chiaro che dietro vi era stato un incessante assillamento per aver convinto i due reggenti ultraterreni a piegarsi infine al suo volere.

La giovane turista si mosse verso la sua temporanea scorta in quel mondo che tanto l'aveva affascinata e che aveva sempre sognato di esplorare, arrestandosi dopo aver percorso qualche metro per rivolgersi alla genitrice con la sua vocina altezzosa: « Madre, avrò bisogno di confondermi con gli abitanti di questa terra se voglio passare inosservata ».

Infernia assentì con un impercettibile cenno del capo, increspando appena le labbra nere mentre le modellava addosso il camuffamento perfetto affinché la figlia avesse potuto bighellonare indisturbata tra i vivi senza destare sospetti sulla sua identità.

« Allo scoccare della mezzanotte vi farete ritrovare qua » ribadì ferma trapassando Peach e Bowser col tono gelido di una mamma apprensiva che faceva apparire le punte sulla corona e sulle spalline della sua veste ancora più acuminate. « Non un minuto più tardi. » E svanì in un battito di ciglia tra lingue di fuoco avernale, allo stesso modo in cui si era materializzata sotto la luce del sole che non era abituata a tollerare tanto a lungo.

« Ma grazie mille della vostra cortesia » mugugnò Bowser a denti stretti quelle parole che la regina si era dimenticata di proferire.

L'attenzione converse dunque sul prezioso carico che gli era stato lasciato tra le mani.

Farfabì indossava una mantella vezzosa intorno alle spalle che ricordava le sue ali di nimbi quando si gonfiava al vento; sotto un semplice abitino bianco ed un paio di talari adornati da due piccole alucce piumate ciascuno e con eleganti lacci di cuoio che le avvolgevano i piedi. I capelli di un biondo aureo erano ordinatamente raccolti in un chignon laterale, scoprendo il viso delicato di una bimba appena agli albori dell'adolescenza. Aveva tutto l'aspetto di un angioletto caduto dal cielo: un'immagine mentale che non sopravvisse agli iniziali cinque minuti di reciproca coesistenza.

« Portatemi fuori da questa spelonca, non intendo restare rinchiusa qui tutto il giorno ad appestarmi con questa graveolenza solforea » espresse con cotal garbo la prima di un cospicuo elenco di pretese che avrebbero caratterizzato quel dì in allegra compagnia.

« Hai qualche suggerimento per alleviare il fiuto aristocratico della nostra ospite? » domandò asciutto il koopa girandosi verso la principessa, già consapevole che il conto alla rovescia per le scorte quotidiane della sua pazienza fosse ufficialmente scattato.

Peach si soffermò un momento a riflettere, passando in rapida rassegna le mete papabili più azzeccate per garantire a Farfabì una gradevole esperienza dalle loro parti, cioè nel mondo materiale, con un solo giorno a disposizione. « Il parco divertimenti di Girasolandia » propose schioccando le dita. L'Isola Delfina era un luogo incantevole in mezzo al mare e ricco di attrazioni, musica e colori; non vi era posto migliore sulla faccia del globo di quell'angolo di paradiso terrestre dove si conciliavano meraviglie naturali e svaghi: un tipino avido di novità come l'annoiata signorinetta lo avrebbe certamente apprezzato.

« E scomodarci fin lì per lei? » Sempre se Bowser era in vena di collaborare, visto che doveva essere lui il primo a sforzarsi di fare una bella figura.

La principessa lo squadrò arcigna.

« Va bene, va bene! Do l'ordine di preparare una fregata a levare gli ormeggi e partiamo... »

Oltre ad un mezzo abbastanza veloce per raggiungere più agevolmente la loro meta, Peach reputò necessario adottare gli stessi accorgimenti di Farfabì e mettersi in borghese per portare a termine l'impresa senza attirare troppa attenzione. Con l'approvazione del Re Koopa, propendé quindi per un vestito da spiaggia che le sfiorava dolcemente le ginocchia, assai meno vistoso del suo abito regale, e un cappello a tesa larga per proteggersi dai raggi solari mentre Bowser la seguì, come sempre, in tenuta da Bowser.

Prevedibilmente, per non dire in maniera scontata, Farfabì non si rivelò un passeggero docile o che aveva familiarità alcuna con la virtù della pazienza, anzi si poteva paragonare ad un picchietto pestifero che si divertiva a piantonare il malcapitato di turno e tamburellargli il cervello con domande semplici e fastidiose, precisamente mirate per vedere fino a che punto la vittima avrebbe retto prima di perdere la calma. Era un gioco che evidentemente doveva piacerle parecchio, forte della sua immunità in quanto figlia dei sovrani e giudici delle anime e pertanto intoccabile. Analogamente prevedibile fu dunque la scelta con chi dei suoi due custodi fosse più appagante prendersela.

« Siamo arrivati? » la domanda ripetuta praticamente dall'inizio del viaggio.

« No » la puntuale risposta, accompagnata dal rumore lamentoso del legno stretto tra le grinfie.

« Siamo arrivati? »

« Per l'ennesima volta: no! »

« Tra quanto arriviamo? »

« Tra poco. »

« Poco quanto? » insistette Farfabì pestando stizzita un piede sulle assi.

« Il tempo di essermi già pentito di questa cosa. »

« Ah, capito. » Studiò attentamente l'esasperazione impressa nei lineamenti imbronciati del koopa, il quale si ostinava a mantenere lo sguardo fisso oltre la prua, assicurandosi che ciò si avverasse molto presto. « Adesso siamo arrivati? »

« Non ancora... » ringhiò Bowser, immensamente frustrato nel sentirsi “indifeso” di fronte ad una spocchiosetta impertinente ancora alle prese con la pubertà. « Perché non vai a fare qualcos'altro, intanto? »

« Non c'è nulla da fare qui. Ehi, questo a cosa serve? »

Una palla di cannone sparata con un gran fragore da una delle bocche di fuoco laterali sfrecciò sopra le onde e mancò di un pelo un innocente peschereccio, schiantandosi in mare e provocando un geyser di acqua spumeggiante che innaffiò abbondantemente l'equipaggio a bordo. I pescatori rimasero impietriti a beccarsi in faccia gli spruzzi di quell'attentato senza ragione, ancora restii a credere di averla scampata.

« Se non hai altro da fare allora vedi di startene ferma! » sbraitò il drago tirandola via dal pannello dei pulsanti, furioso e allibito da quella totale mancanza di criterio.

« Come una statua? » Farfabì era inesorabile.

« Sì, come una statua... » Un cadavere sarebbe meglio. « E non toccare niente. »

La ragazzina gli indirizzò un sorrisetto volpino, per nulla impressionata se non divertita dall'espressione truce del bestione palesemente irritato. « Posso toccare il ponte? »

« Sì, puoi toccare il ponte... »

« Posso toccare l'aria? »

« Tocca quello che ti pare eccetto i comandi » tagliò corto lui con quella pagliacciata prima di soccombere all'istinto.

« Okay! » E si mise a punzecchiargli il braccio con un dito.

Vi erano state occasioni in passato, e non poche, in cui Bowser si era costretto a compiere un supremo sforzo di volontà onde evitare di cedere alla tentazione della violenza e fare tabula rasa tutt'intorno finché i pugni non avessero smesso di formicolargli per il nervoso. Questa davvero le passava tutte quante.

Peach decise di intervenire prima che il koopa, letteralmente fumante di rabbia, sradicasse la ruota del timone dalla poppa in un impeto di follia e li condannasse a far naufragio: « Farfabì, cara, perché non vieni con me a guardare i delfini che giocano sotto la nave? ».

Fortunatamente l'esca parve catturare l'interesse della piccola istigatrice: « Cosa sono i delfini? ».

La scoperta fu commemorata da battiti di mani e gridolini deliziati nell'ammirare dall'alto quelle buffe creature dalla forma affusolata che, per motivi sfuggenti al comprendonio, indossavano un paio di occhialini sul muso naturalmente arcuato in un sorriso mentre cantavano ed emettevano i caratteristici scricchiolii articolati, guizzando e piroettando tra le increspature marine proprio sotto l'ombra rapace della fregata che fendeva il vento di ponente. Farfabì si sporgeva dal parapetto estasiata tendendo una mano verso di loro, come in un bramoso tentativo di accarezzarli. Osservandola sbracciarsi e ridere liberamente senza quella palpabile arroganza che si portava sempre appresso, suscitava finalmente la tenerezza di una bambina della sua età che si commuoveva per qualcosa di bello.

Che l'isola dove erano diretti avesse in comune la sua morfologia coi simpatici cetacei, oltre al proprio nome, fu dunque una peculiarità che Farfabì si rese conto di amare già scorgendola da lontano. Peach le spiegò che anche le coste delle altre componenti dell'arcipelago condividevano ognuna la sagoma di un differente animale marino, molti dei quali purtroppo completamente estranei alla ragazzina che le confessò pacata di non aver mai visto prima di allora distese liquide più vaste dell'infido Ztige, il fiume di lacrime nel Mondodigiù, la cui fauna era vivacemente costituita da grinfie scheletriche di indole tutto fuorché amichevole: un'ingrata alternativa a pescetti, granchi, tartarughe o qualsivoglia innoffensivo esempio di creatura acquatica.

Con una certa perplessità Peach individuò un solo palmense a riceverli sulla pista del modesto aeroporto costruito su tre atolli poco distanti da Delfina, munito di giubbotto riflettente da marshaller mentre gesticolava energicamente indicando loro di atterrare e/o attraccare lì e non sulle sponde dell'isola. Per non terrorizzare gli altri turisti, intuì senza sforzo grazie all'immagine della vistosa polena sulla prua a rappresentare il ghigno minaccioso del proprietario.

Il nativo dalla chioma fogliosa aveva la pelle di un grazioso azzurrino sotto lo sgargiante gilet d'ordinanza e si appropinquò cautamente osservandoli timoroso sbarcare. Non appena riconobbe il volto di colei che da anni era ospite graditissima dell'isola (tanto che uno dei lidi portava il suo nome in segno di amicizia), la fanciulla lo vide risalire di qualche tono sulla scala del blu e realizzò che prima il palmense fosse semplicemente impallidito di paura.

« È sempre un piacere riavervi qui, Principessa Peach » le porse i suoi omaggi con una riverenza adocchiando dubbioso il grosso koopa alle spalle della giovane, fautore confermato di precedenti malefatte che non avevano risparmiato persino quell'idilliaca oasi tropicale in mezzo al mare.

Una volta che la principessa lo ebbe tranquillizzato sulle intenzioni prive di malizia del famigerato Re Koopa e messo poi al corrente del motivo della loro visita (omettendo che la loro piccola ospite fosse legata nientepopodimeno che ai giudici eterni dell'oltretomba), gli altri membri dello staff aeroportuale spuntarono fuori come funghi a dar loro il lieto benvenuto con la tipica esuberanza palmense, cioè sommergendoli di variopinte ghirlande floreali. Siccome nessuno si arrischiò comunque a ridurre troppo la distanza dal drago ma allo stesso modo si voleva evitare di escluderlo per non alterarlo, qualche improvvisato stratega risolse da sé e Bowser si ritrovò con una manciata di coroncine letteralmente piovute in testa, altrettante a penzolare dalle corna a mo' di festoni ed una discreta cifra anche sugli spuntoni del carapace nell'imitazione di una sorta di lancio degli anelli. Il re tirò un lungo respiro prima di concedere un asciutto ringraziamento, incitato dalla punta di uno dei sandali di Peach.

Fu allora che Farfabì realizzò di non apprezzare il polline, tornando alla sua solita giovialità nemmeno al terzo starnuto. « Cosa aspettate, un segno dal cielo? Mio padre ha di meglio da fare. Orsù, scortateci sull'isola! » dispose autoritaria come era abituata a fare a casa propria.

Nel terrore di scontentare il koopa che già non pareva in partenza di umore eccelso, i palmensi li accompagnarono in barca sino alla sponda opposta con la tempestività di vogatori olimpionici.

Un secondo comitato di benvenuto stava sull'attenti davanti al molo, pronto a riceverli in teoria, ma non appena gli ignari isolani si resero conto di chi costituisse un terzo abbondante degli arrivi freschi si gelarono sul posto, parandosi dietro le stesse ghirlande che avrebbero dovuto porgere intonando il canto rituale di buon auspicio. Farfabì non vi fece proprio caso, più interessata a guardarsi intorno come un uccellino al suo primo volo fuori dal nido, mentre Peach avvertì le gote bollire cogliendo le occhiate sbigottite che si spostavano rapide tra lei e Bowser per soffermarsi sulla bambina che li precedeva, nella morbosa ricerca di somiglianze fisiche, costruendosi inevitabilmente un'idea sbagliata sull'intera faccenda...

« Fuori dai piedi! » li mise in fuga il drago, inorridito alla vista di altri fiori da usare contro di lui.

Questa volta non gli giunse obiezione.

Il grande parco dei divertimenti si trovava dall'altra parte di Delfina, esattamente sul triangolo della pinna caudale, raggiungibile solo per mezzo di un traghetto sbuffante che doveva aggirare il dorso curvo dell'isola, ma consentiva di godere di una prospettiva mozzafiato del Vulcano Corona fortunatamente assopito ed ammirare i lidi lussureggianti ancora incontaminati dalle tracce dei turisti, la foresta frondosa che rappresentava la dimora ancestrale dei palmensi e la tranquilla baia dove i noki (un popolo originario del luogo che di rado si mostrava in superficie e discendente non troppo lontano dei molluschi) conducevano in completa serenità la loro esistenza sott'acqua mentre non erano impegnati ad aiutare con l'organizzazione dell'isola.

Approdarono finalmente sulle rive dell'atollo su cui Girasolandia stava annidata e fu allora che la trepidante Farfabì poté scatenarsi, tanto che sia Bowser sia Peach faticarono a starle dietro e rischiarono di perderla di vista svariate volte in mezzo al flusso di visitatori, costantemente all'ombra della spada di Damocle di incorrere entrambi nell'ira di Infernia se le fosse accaduto qualche incidente in tali vulnerabili sembianze.

« Perché siete così lenti? » si lamentò sdegnata la nimbi che coi suoi talari non aveva problemi a coprire lunghe distanze senza nemmeno toccare il terreno, mentre loro due non potevano fare altro che arrangiarsi con le proprie gambe; e sotto i raggi del sole tropicale non era decisamente il massimo.

« Abbiamo tutto il tempo per fare il giro completo » le garantì la principessa asciugandosi il sudore dalla fronte. « Resta vicino a noi, altrimenti non ti permetteranno di salire sulle giostre da sola. » Questa non si poteva definire esattamente una regola generale, ma preferì mentirle per porre fine a quell'estenuante gincana. Al suo fianco Bowser anfanava come un mantice e col mal di milza, troppo impegnato ad inspirare grosse boccate d'ossigeno per aggiungere la sua e, a giudicare dalle folate di fumo scuro che gli uscivano dalle fauci insieme al fiato, era meglio così.

L'affluenza di turisti era stata talmente fitta negli ultimi tempi che le vecchie attrazioni avevano necessitato di notevoli miglioramenti e nuove erano state addirittura costruite da zero per ampliare il luna park ed accogliere tutte le comitive e le famiglie che desideravano trascorrere qualche oretta di trastullo prima di andare a crogiolarsi in spiaggia. Una comodità indiscussa per gli ultimi tre arrivati consistette nel non essere costretti a sorbirsi la lunga coda per il biglietto, siccome la gente si scansava istantaneamente al loro passaggio neanche fossero ricoperti di filo spinato. Il piano di partenza, ossia agire senza clamore, mostrava effettivamente qualche falla se già si teneva in conto della presenza del Re Koopa in persona e poi di una singolare ragazzina che poteva tranquillamente svolazzare sopra le teste altrui, come se fosse stata la cosa più normale del mondo. Peach le chiese di limitare tale lusso finché non fossero tornati sulla nave, almeno per mantenere l'ultimo straccio di discrezione che gli restava. Farfabì sbuffò con sufficienza ma si abbassò magnanima a concederle l'onore di calpestare nella loro stessa polvere.

Una ad una le fecero provare le giostre che Girasolandia vantava e quel sorriso gioioso fece di nuovo ritorno sul faccino perennemente malcontento: le Navi Pirata, la Ruota Panoramica, la Casa degli Specchi, i Tappeti Elastici, il Tagadà, il Viaggio del Torcibruco (una variante non troppo dissimile del Brucomela che noi tutti ben conosciamo), la Medusa Ballerina... I due sovrani accordarono sui turni nel caso in cui era richiesta la compagnia di un adulto, sebbene il Re Koopa si rifiutò categoricamente di salire su quelle troppo infantili e rise di gusto quando la signorinetta dell'aldilà sbatté il naso correndo contro una delle false pareti nel labirinto di specchi deformanti: cosa che Farfabì, con la vista offuscata da un velo di lacrime trattenute per orgoglio, non mancò di legarsi al dito.

Per le montagne russe invece se la giocarono a morra cinese. Peach si aggiudicò il diritto di restare al sicuro coi piedi a terra ad ammirare lo spettacolo, armata di macchinina fotografica usa e getta, mentre Bowser trascorreva i suoi peggiori cinque minuti della giornata a più di centotrenta chilometri orari tra giri della morte, discese ripidissime e curve a cavatappi. Non contribuì in positivo il fatto che una vendicativa Farfabì avesse preteso pure il bis.

Al termine della corsa la bambina salto giù dal vagoncino, pimpante e fresca come una rosa. « Tutto okay? » chiese non senza una punta di malizia alzando il mento per incontrare lo sguardo annientato del drago.

« Sì » fu la dignitosa bugia.

Farfabì trotterellò verso la giostra successiva e Peach gli si avvicinò con discrezione. « Tutto okay? »

« No, mi devo sedere un attimo » mugolò ancora nauseato, accasciandosi sulla panchina più vicina.

« Dai, pensa che stai facendo tutto questo per un buon fine. » La principessa gli diede qualche solidale pacca sulla spalla mentre lui si riprendeva con calma.

« Ti preoccupi per me, Peachy? »

« Se non lo faccio io, allora chi? » sospirò la fanciulla. « Considerando in che situazione ti sei messo da solo con la tua infallibile dote di combinare guai... »

« Sono fatto così. » Il drago fece un gesto di indifferenza, all'apparenza neanche minimamente scalfito dalla previsione di Infernia.

« Possibile che non ti importa davvero se finirai laggiù?! Noi abbiamo avuto persino il privilegio di conoscere come sia e tu fai finta di niente. Tanti avrebbero tentato di riparare se solo avessero saputo prima a cosa sarebbero andati incontro. » Peach si alterò di fronte a quella spavalderia troppo spericolata.

Avevano testimoniato entrambi cos'era l'ade riservato alle anime imbrattate da colpe mortali: un limbo triste e spento dove la luce del sole era destinata a divenire un ricordo indistinto, dove andava scontata un'eternità di espiazione in mezzo al nulla; solo nebbia, angoscia e solitudine. Convivere con la consapevolezza opprimente che un posto simile sarebbe toccato a lui...

« Io non sono uno fra tanti » la corresse con disarmante serietà. « Sono fedele alla mia natura e non cambierò certo per codardia. Quando giungerà il mio momento affronterò a testa alta ciò che mi attende, come il Re più grande della Terra Oscura che sempre sono stato e che sarò sino all'ultimo dei miei giorni. »

Peach lo fissò muta per qualche secondo, come se le avessero proposto un gioco di parole di cui non riusciva ad afferrare il senso. « Accidenti a te! » sbottò poi a due centimetri dal muso paffuto. « Se non vuoi farlo per te stesso, come ti pare. Ma questa sera dimostreremo a Infernia che commetterà un grosso sbaglio ad assegnarti al suo Mondodigiù, cascasse pure il cielo! » E marciò via a passo battagliero, sbattendo le infradito sul pavimento e col viso contratto in un'espressione più furiosa che risoluta.

Bowser la seguì con lo sguardo dalla sicurezza della sua panca, meravigliandosi non poco di come Peach fosse perfettamente capace di mettersi in gioco a testa bassa per aiutarlo e al contempo avercela con lui.

Fu il turno dei Gusci Rotanti, ossia una riproposizione noki della classica giostra delle tazze, con la sola differenza di essere un'esperienza esattamente tre volte più vorticosa poiché le conchiglie colorate non erano collocate soltanto sulla tipica piattaforma girevole, ma anche su dei dischi all'interno che ruotavano fluidi su loro stessi ed inoltre dentro ai gusci era presente un volante che permetteva di farli mulinare a piacimento sul posto. Nulla di cui sorprendersi dunque se la principessa, vittima sacrificale di turno, rischiò a giro concluso di ruzzolare giù dall'attrazione tanto il senso di sbandamento.

« È stato uno spasso! » sentenziò soddisfatta Farfabì che aveva abusato per tutto il tempo del volante della loro conchiglia.

« Possiamo fermarci un momento? Non mi sento tanto bene » chiese debolmente Peach cingendosi la fronte con una mano e tastando l'aria con l'altra.

« Neanche per sogno! Voglio vedere l'Antro dello Spauracchio » l'inclemente risposta.

Nessuno dei due tutori temporanei palesò grande entusiasmo per la prossima tappa in programma: la principessa si vergognava ad ammettere di provare una certa impressione per quel genere di giostre alla sua età, mentre Bowser le trovava mortalmente barbose.

« Appena Peachy si sarà riposata un minuto... » Il re aiutò la fanciulla a sedersi su una panchina, ancora mezza stordita dalla danza turbinosa dei gusci.

« No, voglio andarci adesso! » lo interruppe seccata la giovane nimbi infischiandosene altamente delle condizioni di quest'ultima.

C'era un limite a tutto. Il drago scattò punto sul vivo: « Sono stanco di queste lagne continue, signorinella. Noi ti stiamo facendo un favore e non siamo al tuo servizio, perciò comincia a tenere un comportamento accettabile se non vuoi che concludiamo seduta stante questa giornata di svaghi e ce ne torniamo dritti alla mia noiosa spelonca puzzolente! ».

« Mia madre ti punirà se ti rifiuti di obbedire » ribatté svelta Farfabì, fin troppo fiduciosa.

« E che farà? Mi spedirà nel suo Mondodigiù? Notiziona: tanto ci finirei comunque. Quindi per quale motivo dovrei pure disturbarmi per te che non hai fatto altro che tirare troppo la corda da quando questa seccatura ha avuto inizio? E non hai ancora capito che né Peach né io, specialmente io, siamo agli ordini di chicchessia, ma siamo qui per nostra scelta e perché i tuoi hanno insistito. Per quanto mi riguarda, se godere di un misero sconticino sulla mia fedina penale vuol dire dover reggere oltre una ragazzina ingrata e insoffribile come te, preferisco portarmi tutte le colpe che ho commesso nella tomba. Una in più o in meno non mi cambia certo l'esistenza. »

Le guance sul visino angelico si erano imporporate. Mai prima di allora qualcuno aveva osato rivolgersi a lei in quei termini, nemmeno i suoi genitori che non sapevano sottrarsi dall'accondiscendere ad ogni suo capriccio per renderla felice, unica figlia diletta e luce dei loro occhi, nei rispettivi regni di nuvole e tenebre. Bruscamente come le erano arrivate assieme al loro giudizio, le parole di Bowser l'avevano costretta a prendere coscienza della sua condotta e dell'effetto che aveva sugli altri, poiché Farfabì non era affatto ottusa pur restando molto viziata e tendenzialmente egocentrica: un'ulteriore caratteristica che solitamente si manifestava a braccetto con la prima.

Il drago sembrava veramente ad un passo dal caricarsi in spalla la principessa stordita e puntare senza remore verso il molo per dirottare il primo traghetto a tiro e tornarsene alla sua nave.

« Scusatemi... » fu l'inattesa risposta che lo bloccò un attimo prima che agguantasse Peach per levare finalmente le tende. « È solo che questo è l'unico giorno che potrò trascorrere qui nel vostro mondo, perché ai nimbi non è concesso farvi ritorno una volta accolti nel Regno dei Cieli, altrimenti l'ordine della vita verrebbe stravolto. Però io non sono mai stata da questa parte e volevo vedere e provare più cose possibile prima di dover già separarmene per sempre. Restiamo ancora un altro po', vi prego... »

Bowser non si lasciò intenerire. « La pianterai di fare l'odiosa e vedrai invece di rigare dritto fino alla fine di questa giornata? »

Farfabì annuì.

« E vedrai anche di essere sempre rispettosa con noi e di tenere a freno la lingua? »

Farfabì annuì.

« Bada di comportarti bene, dunque. Al primo verso che non mi piace ce ne andiamo di corsa. Ci siamo intesi? »

Farfabì annuì di nuovo senza azzardarsi ad incontrare lo sguardo severo che incombeva sopra di lei.

« Ecco, così va meglio » commentò il koopa placandosi. « Siamo pronti per proseguire, Peachy? » Si voltò ad accertarsi premuroso che la sua principessa avesse recuperato le forze.

La fanciulla mostrava l'espressione di chi aveva appena testimoniato un'apparizione divina. « Certo » rispose con una nota di rispetto tutta nuova.

Lo sfogo parve aver sortito la giusta reazione, perché da lì in poi ogni cosa divenne più facile e Farfabì decisamente più trattabile, anzi sembrava quasi che si fosse trasformata in un'altra ragazzina e le due guide riconquistarono con sollievo il controllo totale della situazione. Fu Bowser infine ad offrirsi volontario per accompagnarla nella casa degli orrori e, quando il vagone raffigurante la testa di un idolo spaventoso fece capolino all'uscita della giostra, condividevano per giunta il medesimo sguardo impassibile e vagamente annoiato.

« Che ne pensi? » Il koopa abbassò gli occhi su di lei in attesa del verdetto.

« Come fissare la vernice che si asciuga. » Farfabì, avvezza a vedere ben di peggio nella sua seconda dimora del Mondodigiù, alzò la testa verso il suo muso e per un momento si stabilì una sottile intesa tra i due. Quello fu straordinariamente il loro primo punto d'incontro su qualcosa.

Peach ebbe poi l'idea di proporle altro da sperimentare oltre al divertimento approfittando di una pausa tra i vari chioschi di ghiottonerie, sebbene i nimbi fossero immuni allo stimolo della fame in quanto composti ormai di solo spirito e svincolati dalle materiali necessità delle vestigia mortali. Tuttavia non poteva affermare di aver vissuto almeno per un giorno senza aver prima provato un assaggio di quelle delizie che i bambini amavano infinitamente.

« Cos'è? »

« Zucchero filato alla fragola. » La principessa le porse su di un bastoncino quel curioso sbuffo di nembo dall'odore allettante. Era come se qualcuno lo avesse strappato dal cielo ai primi raggi dell'alba.

« È soffice come una nuvola ma ha un buon sapore! » osservò estasiata leccandosi i polpastrelli appiccicosi. L'idea folle che tutti i nimbi del Mondodisu avessero cominciato all'improvviso a fare scorpacciate delle cortine candide su cui l'intero Regno Celeste sorgeva, ritrovandosi in breve tempo senza pavimento, la fece scoppiare a ridere immaginando la scena e la faccia di suo padre.

Quel riso sincero mandò definitivamente in frantumi la maschera di egoismo e antipatia che si era creata nei lunghi anni incolori di immobilità, nascosta e controllata a vista ogni secondo nel tetro Mondodigiù per tutelare il cuore puro che aveva custodito nel suo petto, agognando di scorgere la fine di quella cupa detenzione e riavere la libertà del paradiso sconfinato a cui apparteneva e che le era stato negato per proteggerla, assieme all'intero creato per cui aveva poi accettato di sacrificarsi.

Bowser era abbastanza risollevato d'umore da lasciare che gli si arrampicasse in cima al guscio, postazione di norma riservata esclusivamente ai suoi cuccioli che potevano osar tanto, accomodandosi nello spazio sicuro tra il bordo liscio e gli spini sugli scuti robusti e godendo così di una prospettiva privilegiata su tutti mentre lentamente si apprestavano a terminare il giro del parco.

« Vorrei che questo giorno non finisse mai » sospirò Farfabì cingendo il grande peluche a forma di delfino che il drago aveva vinto al tiro a segno, demolendo la pesante piramide di lattine in un sol colpo.

« Mi sono divertita anch'io » convenne Peach, anche lei lieta detentrice di un calamako di pezza di pari dimensioni (il bonus per aver pure sfondato la parete). Decise che lo avrebbe sistemato in camera sua, accanto a quello più piccino che teneva con sé da quando era troppo piccola per ricordare come lo aveva avuto: sicuramente uno dei vari balocchi che le avevano donato i suoi sudditi.

« Il sole è già calato, dobbiamo partire se vogliamo rispettare gli accordi. » Il tono di Bowser non lasciava spazio a repliche, ma non vi era traccia di malanimo; semplicemente non potevano protrarre oltre la loro sosta. Nemmeno a lui in fondo sarebbe dispiaciuto trattenersi qualche oretta in più insieme alla sua principessa e tutto sommato aveva avuto modo di rivalutare quella giornata. Si convinse che sarebbero tornati più spesso a Girasolandia in futuro, ma sull'ottovolante Peach ci sarebbe andata da sola.

Il traghetto di ritorno tracciò il percorso più breve, passando vicino alla natatoia pettorale di Delfina dove era fiorito il prosperoso Porto Giocondo, frequentato da un flusso costante di navi mercantili e anche qualche yacht passeggero. Al momento dell'addio verso quel luogo che in un giorno soltanto le aveva offerto emozioni forse irripetibili, in un mondo da cui era giunto troppo in fretta il tempo di distaccarsi, a Farfabì si riempirono gli occhi di lacrime e Peach comprensiva le avvolse un braccio intorno alle spalle stringendola a sé mentre risalivano in silenzio a bordo della nave e Bowser ghermiva il timone tra le grinfie per salpare, fingendo che la malinconia della bambina non lo avesse coinvolto almeno un po'; proprio lui che oltre ad essere un re era anche un padre che non avrebbe esitato a battersi sino alla fine e portarseli al sicuro in capo al cosmo, i suoi figli, piuttosto che rassegnarsi alla pena atroce di vederseli sottrarre come invece avevano fatto Infernia e Granbì, perfino se ne fosse dipesa la sorte del mondo intero.

Il koopa fu distratto dal suono consolante della voce di Peach, intenta a narrarle leggende di figure gloriose stendendo un braccio verso la volta notturna per indicare gli astri ed i pianeti a rappresentarle. Molti di quei racconti li conosceva già, perché aveva origliato dietro l'angolo quando i bowserotti più piccoli le si accoccolavano intorno di sera sul divano, mentre altri la principessa previdente li teneva ancora in serbo per le prossime occasioni in cui si sarebbero riuniti. Erano le stesse storie che i toad le avevano letto da bambina e che lei stava a propria volta tramandando ai suoi cuccioli, storie di virtù e giustizia che avrebbero potuto ficcar loro in testa qualche balzana idea poco malvagia, ma che lui tollerava con indulgenza. Probabilmente Peach non si rendeva conto della sua predisposizione materna in tutte le premure che gli riservava, ma le venivano semplicemente spontanee; addirittura con Farfabì, la quale vi aveva trovato rifugio dalla tristezza e l'ascoltava rapita seguendo con gli occhi la direzione della mano delicata che scorreva sul firmamento.

Giunti alla lugubre fortezza tra i fiumi di lava con un leggero anticipo, la nimbi non fece più menzione dell'odore di zolfo e trotterellò curiosa verso un grosso cespuglio di piante piranha in cortile, recependo le raccomandazioni della principessa sul non provare ad accarezzarle.

Bowser dettò disposizioni sui turni di guardia per Mario e quando si girò la scorse puntare l'indice su un bulbo alla volta blaterando allegra chissà cosa. Il koopa si appropinquò osservandola scettico. « Che combini? »

« La recluta che mi ha regalato queste mi ha risposto che non hanno nomi, così glieli sto mettendo io » spiegò Farfabì raggiante, lanciando altre striscioline di carne essiccata alle bocche dentate che scattarono sibilando per azzannarle al volo.

« Ah, sì? » Giammai a qualcuno era frullato per la testa di battezzare un groviglio di piante piranha. In genere si dava maggiore priorità a mantenerglisi alla larga.

« Sì, lui è Uriele, lui Nataniele, Raziele, Aniele, Iezalele, quello là sotto Castiele, poi Enediele, Remiele, Amitiele, Muriele e a sinistra Ituriele, Zutiele, Mitzraele, Ofaniele, Sachiele e quello lì più piccino Tamiele. E di' ciao anche a Iliele, Esediele, Tagriele, Seheliele, Fanuele, Ataliele... »

E certamente non con nomi di angeli.

Mentre lui era impegnato ad assecondare quell'assurda volontà dando ordine di inciderli tutti su di una targhetta da affiggere accanto alla famelica pianta da guardia, perfettamente consapevole ed incapace di biasimare l'occhiata incredula che il tipo timido gli stava indirizzando da dietro la sua maschera (sì, era serissimo e, sì, mai stato meglio, grazie; poche chiacchiere e marsc'!), Peach e Farfabì salirono in terrazza ad attendere il ritorno della regina l'una amorevolmente stretta all'altra. Conoscendo la sua dolce principessa, Bowser non ne fu sorpreso e le seguì preferendo restare in disparte nella sala comunicante, ascoltando la ragazzina parlarle ininterrottamente di tutte le meraviglie del mondo sopra le nuvole, degli amici che aveva tra gli altri nimbi ed i servizievoli i D-moni alle dipendenze della madre, di quanto aveva dovuto insistere ed impuntarsi per aver infine convinto i suoi genitori ad acconsentire a lasciarle visitare almeno una volta la terra dei vivi e della loro tendenza all'iperprotettività ancora dura a morire...

Sebbene fosse ormai notte fonda, uno spiraglio di luce si insinuò timidamente da uno dei finestroni della stanza e Granbì in persona si manifestò a recuperare la discendenza. Il vetusto guardiano delle anime pure agitò appena le ali portanti tutte le sfumature del cielo e coloro che avevano rimembrato con amarezza la sofferta separazione dai loro cari, grazie ai tragici influssi della presenza di Infernia, trassero infine conforto nella certezza che qualsiasi rimpianto era stato scacciato dall'amore di ogni lieto momento assaporato e che un giorno vi sarebbe stato il fatidico ricongiungimento con la medesima serenità.

« Mi aspettavo la tua signora » osservò Bowser. La presenza di una delle più eminenti e temibili sovranità del Game Over come al solito gli faceva un baffo.

« C'è stata un po' di ressa nel Mondodigiù ed è stata trattenuta » si limitò a rispondere Granbì, quasi si trattasse di una banale conversazione di ordinaria amministrazione.

« Suppongo che manterrà comunque la sua parola. »

« Avete fatto un buon lavoro » assentì la Maestà Celestiale avviandosi verso il balcone. Aveva buttato un occhio ogni tanto per sincerarsene.

« Aspetta un attimo... »

Lo spirito si voltò.

« Per Peach c'è il tuo Mondodisu, dico bene? »

« La Principessa Toadstool è destinata al mio dominio di pace eterna, grazie alla sua bontà d'animo e alla sua determinazione nel prodigarsi per gli altri » Granbì riferì ciò che era praticamente scontato.

« Quindi non potrò rivederla mai più? » era questa la vera domanda che premeva di farsi sentire.

La spiegazione del guardiano celeste fu breve e coincisa: « Tra le anime del Mondodigiù e del Mondodisu è impossibile che avvengano contatti. Una volta assegnate al proprio regno, sia esso dei Cieli o delle Ombre, a tale apparterranno per sempre e mai potranno valicarne i confini ».

« E immagino che non sia prevista un'eccezione nemmeno per chi ha salvato il mondo da distruzione certa, giusto? »

Granbì non parve gradire affatto tanta sfrontatezza. « Credo che la mia consorte l'abbia già concessa ammonendoti sulla tua condotta, un gesto che puoi star certo non si ripeterà per nessun altro, siccome anche il tuo aiuto è stato prezioso per scongiurare la profezia nefasta. Tuttavia, per quanto determinante il tuo contributo si sia dimostrato, al giudizio finale non si glissa sul percorso di una vita intera ed entrambi sappiamo che non avresti mai accettato di offrire la tua forza e il tuo fuoco se non fosse stata lei a chiedertelo. »

Bowser non replicò.

« "Sei ancora in tempo per correggere qualcosa se credi che vi sia una ragione per cui ne valga la pena, se non per te stesso". Questo era il messaggio che mia moglie intendeva lasciarti, in cambio di un giorno in terra per nostra figlia. »

« Non bastava metterlo in chiaro dall'inizio? »

Granbì fu abbastanza saggio da ignorarlo. « Come usate accomiatarvi tra voi perituri, ti direi arrivederci, ma questo dipende unicamente da te. Infernia ed io siamo i giudici di ciò di cui vi siete già resi artefici, il vostro futuro sta a voi da definire e noi possiamo solo cercare di indovinare in base alla nostra vasta esperienza, finché non ci avrete confermato la direzione che avete alfine scelto. A tal proposito, abbiamo fatto una scommessa su di te se ti interessa saperlo. »

Il koopa lo guardò storto. « Scommettete sulle anime dei vivi? »

« Siamo immortali e costantemente oberati di lavoro. Qualche piccolo svago ce lo possiamo permettere. » Granbì chiuse lì il discorso corrugando le folte sopracciglia e passando oltre. Non restava loro più altro da dirsi.

Durante i lacrimevoli saluti Farfabì esigette un abbraccio pure da lui ed il drago chinò restio il grosso muso per ritrovarselo strizzato tra due ali di nimbi ed un delfino di peluche. « Nemmeno a me piace quel tizio baffuto col cappello rosso » gli confessò in un sussurro prima di ascendere al cielo, circondata dai lembi candidi delle vesti del padre. La giovane guardiana di anime si sentiva triste, ma la consapevolezza che si sarebbero comunque rivisti un giorno la consolò e si avvinghiò al suo regalo a simboleggiare quell'esperienza indimenticabile che l'aveva anche aiutata ad aprire gli occhi su se stessa. La prossima volta sarebbe toccato a lei fare loro da guida per ricambiare il favore.

Granbì gettò un ultimo sguardo sull'insolita coppia prima di scivolare nel portale di luce eterea e rientrare nel suo regno bianco: la principessa sorrideva agitando una mano e sporgendosi appena oltre il balcone ed il drago era invece intento a rimirarla, probabilmente assorto su ciò che Infernia gli aveva lasciato da meditare.

Persino loro, amministratori eterni del Game Over, avevano compreso sulla propria pelle quanto prezioso fosse il valore di una singola vita ed intenso il tormento della sua perdita. Per gioconda ironia della sorte, avevano condiviso una delle pene più crudeli che insidiavano la dimensione dei vivi e si erano scontrati col cordoglio di un lutto, cullati nell’illusione che la morte con cui avevano convissuto fianco a fianco da millenni, taciturna compagna di esistenza dalla quale il loro antico compito aveva origine, non gli si sarebbe mai rivoltata contro riducendoli alla stregua degli inermi in balia dei suoi imprevedibili capricci. La sofferenza patita quando avevano creduto che colei che erano giunti ad amare veramente come la loro bambina fosse svanita per sempre (un concetto del quale nessun altro meglio dei due spiriti guardiani conosceva il peso), aveva provato ad entrambi il contrario.

Tuttavia la loro piccola gioia aveva fatto ritorno a casa, poiché l'anima di Farfabì non era andata distrutta ma sorprendentemente si era scissa dall'energia del manufatto sacro, essendo una nimbi a tutti gli effetti con la sua personalità e le sue emozioni, e la felicità più grande era germogliata sulle ceneri del dolore.

Era stata forse tale rivelazione personale a spingere la sua oscura consorte a fare un passo verso quella testa calda di un koopa, o forse un barlume di umana compassione aveva aperto una breccia nel suo cuore di madre? Infernia sapeva ancora costituire un mistero se lo desiderava e nemmeno lui era capace di scrutare oltre il suo bellissimo volto diafano.

Non ci resta che aspettare per decidere chi avrà ragione e chi torto, concluse Granbì ripensando alla scommessa attualmente in vigore. Certo è che stare a contatto con quella brava fanciulla non può fargli altro che bene.


Nota d'autrice:

Non è stato facile stabilire quanti anni potesse effettivamente dimostrare Farfabì, essendo una creatura dell'aldilà che non ha affrontato il consueto percorso vitale prima di divenire un nimbi, ma quella fissazione di incontrare il suo principe azzurro mi ha suggerito che fosse in verde età. Il particolare dei calzari alati e caratteristici del dio Mercurio l'ho voluto aggiungere al suo look poiché, tra tutti gli oneri cui doveva adempiere il messaggero dell'Olimpo, era inoltre colui che aveva l'incarico di condurre le anime dei defunti negli inferi e ho pensato che in futuro anche Farfabì avrebbe dato il proprio contributo nell'attività dei genitori.
Il parco divertimenti di Girasolandia non è inventato da me, ma si tratta di un'area di gioco presente ne “Super Mario Sunshine” e leggermente modificata dalla sottoscritta per questa fanfiction. Tutti i luoghi e i personaggi citati nella storia non sono di mia proprietà *sigh*, ma appartengono alla Nintendo Company Ltd.

Grazie per aver letto la XXXIII shot :]


Koopafreak

  
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