Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
Ricorda la storia  |      
Autore: Adeia Di Elferas    05/11/2014    3 recensioni
Un momento di riflessione di lord Tywin Lannister prima delle nozze del nipote Joffrey, a metà strada tra i ricordi e i dubbi.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cersei Lannister, Tywin Lannister
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Nei Sette Regni e al di là del Mare'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
~~ “Trovo questa canzone veramente deprimente...” si lamentò Cersei, abbandonata sulla poltrona imbottita.
 Tywin Lannister la guardò con severità: “Spero che ti renda conto dell'importanza di questa ballata, per la nostra famiglia.” La figlia ricambiò il suo sguardo, ponendo subito un freno alla propria lingua.
 Il musico stava aspettando di sapere se continuare o meno, ma Tywin non lo degnava della sua attenzione.
 “Certo, certo...” tagliò corto Cersei, alla fine. Si massaggiò la fronte e concluse: “Dicevo solo che sentirla troppe volte di fila non è esattamente il massimo della vita.”
 Tywin mandò via il musico con fare infastidito e si mise di fronte alla figlia. Che bella punizione che gli avevano riservato gli Dei. Una figlia stupida e forse pazza, un figlio disperso chissà dove e un mostro alto la metà degli uomini normali.
 “Quella canzone ricorda a tutti che ci devono temere.” disse a voce bassa Tywin, costringendo la figlia a guardarlo negli occhi: “Se sminuisci tu per prima un segno della nostra forza, come puoi pretendere che gli altri non facciano altrettanto?”
 Cersei puntava i suoi occhi verdi su di lui con un insieme confuso di paura e sfida. “Ti credi molto più intelligente di quelli che ti circondano, ma non è così.” fece Tywin, dandole le spalle: “Adesso che non hai un marito e che tuo fratello Jaime è lontano, vali meno di niente. Mettitelo in testa.”
 Cersei si alzò di scatto: “Devo andare a sistemare gli ultimi dettagli per il matrimonio.” disse, rigida.
 Tywin la guardò di sguincio e alzò un sopracciglio: “Va bene, vai pure. Ma stai molto attenta a non farti pungere da qualche rosa. Avranno anche dei petali al posto delle zanne, nel loro emblema, ma sanno come farsi rispettare.” Sentenziò Tywin.
 Cersei uscì dalla stanza rapida e risentita, le labbra così strette da sembrare un'unica linea biancastra.
 Tywin andò alla finestra, pensieroso. Suo nipote si sposava, finalmente. Un nipote pazzo come la madre, ecco cos'era. Il futuro del regno era in mano a un ragazzino viziato...
 Cosa c'era di Tywin, in Joffrey? Nulla, a parte i capelli biondi... Tywin si passò una mano sulla testa pelata. Ormai nemmeno quelli...
 Si rivide per un momento giovane e scattante, nel momento di massima gloria, quando aveva preso in mano le redini e aveva preso il posto di suo padre. I Lannister avevano combattuto per lui, i traditori erano morti per mano sua. I Reyne erano stati distrutti, per sempre, e nessuno lo avrebbe mai dimenticato.
 Adesso nessuno osava mettersi contro i Lannister, se aveva un minimo di cervello. E quella canzone, quella che Cersei trovava tanto noiosa, era uno dei tanti modi in cui la loro famiglia si faceva rispettare.
 Tywin si grattò le grandi basette, immaginando come dovevano essere state le espressioni di Rob Stark e di sua madre, quando 'Le piogge di Castamere' era risuonata per le sale dei Frey. Quale orrore, quale panico doveva aver tinto i loro volti. O forse no. Gli Stark avevano menti lente e un orgoglio che spesso sfociava in ottusità. Di certo ci erano voluti, per loro, minuti interi per accettare il fatto di essere stati traditi. Gli onorevoli Stark non potevano accettare l'idea di essere stati tratti in trappola da quelli che credevano alleati...
 Tywin lasciò la finestra per andare a sedersi alla sua scrivania. Voleva rileggere un paio di incartamenti, ma non riusciva a togliersi dalla mente quelle che ormai chiamavno le Nozze Rosse.
 Rob Stark, il Giovane Lupo, si era lasciato sconfiggere dalla sua stessa giovinezza ed avventatezza. Di certo quel tratto gli era arrivato dal sangue materno. Ned Stark non era un uomo in grado di colpi di testa sragionati, mentre si diceva che Lady Catelyn fosse in grado di cambiare idea all'ultimo minuto tradendo il più sacro dei giuramenti, se c'era in ballo l'amore. Ah, l'amore...
 Tywin chiuse il morso con forza, pensare all'amore gli faceva uno strano effetto. Aveva amato solo una donna, e questo suo sentimento lo aveva distrutto.
 In fondo poteva capire Rob, adesso che ci ragionava meglio. Se quella ragazzina che gli aveva fatto perdere la testa e la guerra era davvero quella giusta, allora il Giovane Lupo non aveva avuto scelta. Almeno non aveva dovuto sopportare di vederla morire in un letto, come era successo a Tywin con la sua Joanna. Con lei se n'era andato anche l'uomo che Tywin era stato. Quello che era rimasto di lui era solo un'armatura e una buona mano. Sapeva ancora farsi rispettare e difendere il nome della famiglia, ma ogni giorno era vuoto e senza significato, per lui.
 Tywin non riusciva a concentrarsi su quello che stava leggendo. Stava ripensando alla moglie che aveva perso e al tempo che aveva sprecato, quando invece avrebbe potuto restare con lei.
 Era contento di avere dato la figlia in moglie ad un uomo che non aveva mai amato. Era stato sicuramente più facile, per lei, vederlo morire davanti ai suoi occhi. A parte che non era sicuro che Cersei potesse amare qualcuno. Era molto attaccata ai figli, ma poteva esserlo anche solo per mancanza di altri affetti. Senza contare che, se il risultato dell'amore di Cersei era quel viziato di Joffrey...
 La mente di Tywin arrivò in una zona buia che non voleva attraversare. Troppe chiacchiere aveva sentito sui suoi due figli, Jaime e Cersei. Si rifiutava di credere a quello che era stato detto, ma non poteva, in tutta sincerità, dire di non aver mai nutrito dei dubbi.
 Si ricordava di come sua moglie era diventata improvvisamente tesa, quando si parlava dei figli, e di come aveva insistito affinchè la stanza di Jaime venisse spostata, il più lontano possibile da quella della gemella. Tywin all'epoca non aveva fatto domande. Non gli era nemmeno passata per la testa un'idea così aberrante. Benchè conoscesse i Targaryen e i loro usi, mai aveva pensato che cose simili potessero accadere tra Lannister. Soprattutto tra due bambini.
 Infastidito dall'impasse mentale in cui si era imbattuto, Tywin lasciò la stanza, per andare dal sarto, che doveva ancora fargli vedere il vestito per il matrimonio.
 Mentre attraversava a passi rapidi i corridoi freddi del palazzo, incrociò Joffrey, che passeggiava tenendo il braccio della sua futura moglie. Lei era incantevole e Tywin trovò il suo sguardo fin troppo intrigante, per una ragazza della sua età. Anche se era stata sposata con Renly Baratheon, avevano ricevuto l'assicurazione della sua verginità e questo bastava per proseguire con le nozze, eppure in quelle pupille c'era così tanta malizia...
 “Joffrey, non hai di meglio da fare, che passare la giornata a girare a vuoto?” chiese Tywin, secco: “Avrai tutto il tempo che vorrai dopo il matrimonio, per deliziare la tua lady con la tua presenza.” disse infine, salutando anche la giovane Tyrell.
 Joffrey, come sempre inquieto e insicuro in presenza di suo nonno, fu sul punto di dire qualcosa di arrogante, ma poi sorrise di malavoglia e disse: “Ancora qualche istante, poi mi dedicherò al regno, nonno.” Tywin annuì e lo lasciò andare.
 A vederlo così, sembrava tutto vero. Quel ragazzo era Cersei, ma era anche Jaime. Assomigliava così tanto ad entrambi...
 Zittendo imperiosamente la sua testa, Tywin arrivò dal sarto e gli ordinò di mostrargli il vestito. Non poteva dar credito alle chiacchiere dei traditori, anche se nel fondo della sua anima sapeva qual era la verità, non poteva mentire a se stesso.
 Non ascoltò una parola di quelle che il sarto diceva, mentre gli illustrava le stoffe ed i dettagli migliori. Nella sua testa sentiva solo le chiacchiere del popolino, gli insulti che erano stati gridati, le insinuazioni fatte ai banchetti e rivedeva davanti agli occhi le precise accuse mosse da Stannis Baratheon.
 Cosa aveva fatto di così sbagliato per meritare una punizione simile dagli Dei? Era una punizione per aver desiderato troppo il potere? Era davvero una colpa così grande?
 “Va bene, va bene, ho capito tutto.” fece tacere il sarto, limitandosi a passare una mano sulla stoffa, tanto per far vedere che era interessato.
 Non doveva lasciarsi sconvolgere tanto da quei suoi pensieri. Potevano addirittura essere infondati. E se anche fossero stati fondati sulla realtà, ormai era tardi per porre un rimedio alla catastrofe. Quello che era stato fatto, era stato fatto. Lui era un leone, e un leone non si sarebbe lasciato abbattere da una cosa simile. Il loro sangue era forte e lo sarebbe rimasto, malgrado tutto.
 Lasciò il sarto senza nemmeno congedarlo e ritornò nelle sue stanze, cantando nella sua mente parole che aveva ascoltato e sentito ripetere molto più spesso e con maggior convinzione rispetto alle chiacchiere che volevano infangare i suoi figli. Erano le parole che lo avevano consegnato alla storia: “E chi sei tu, disse l'orgoglioso lord, che così in basso io devo inchinarmi?”
 Quando fu di nuovo solo, con la porta chiusa a chiave, si permise di concludere la ballata canticchiando a bassa voce, sicuro che nessuno lo stesse ascoltando: “Sì, ora le piogge piangono nella sua sala, senza una sola anima a udire quel pianto...”
 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones / Vai alla pagina dell'autore: Adeia Di Elferas