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Autore: Jadis96    05/11/2014    3 recensioni
"L'universo è iniziato con un'esplosione.
Dal nulla, dall'oscurità più totale, è nata una scintilla.
E da una scintilla, è nato il tutto".
I primi momenti di libertà di V dopo l'esplosione nel campo di Larkhill.
[Fa parte della serie "V"]
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'V'
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Buonasera a tutti. Ecco la mia one-shot di quest'anno, puntuale come i fuochi d'artificio a Capodanno. Spero che vi piaccia :)
Buona lettura...

L'universo è iniziato con un'esplosione.
Dal nulla, dall'oscurità più totale, è nata una scintilla.
E da una scintilla, è nato il tutto.
Fu esattamente quello che accadde la notte del 5 novembre nel campo di Larkhill.
Iniziò con un breve scoppio. Poi le esplosioni si succedettero in un crescendo di distruttività, troppo veloci per distinguere una dall'altra.
La mia cella, la cella numero cinque, si trovava nel centro.
Una delle esplosioni scardinò la porta ed aprì una lacerazione nel muro.
Fui investito da un'ondata di calore, seguita da una pioggia di schegge e frammenti di metallo.
Attesi fino a quando la mancanza d'aria me lo permise, poi mi feci strada tra i detriti.
Sapevo cosa fare. Avevo vissuto quel momento innumerevoli altre volte nella mia mente.
Spostai le lastre di metallo che mi sbarravano la strada. Erano incandescenti e ad ogni tocco bruciavano la mia pelle. Ma non importava.
Quando il fragore delle esplosioni si attenuò riuscii ad udire le urla umane. Erano i miei carcerieri, rimasti intrappolati nella prigione che loro stessi avevano costruito.
Il campo di Larkhill aveva perso le sue fondamenta e stava collassando su se stesso, distruggendo ogni cosa al suo interno.
Seguii il filo d'aria fredda che sapevo mi avrebbe condotto all'esterno. Poi, finalmente, lo vidi.
Il cielo. La luna era solo una sottile striscia bianca e le stelle erano quasi invisibili a causa della luce del fuoco, ma nonostante ciò la visione del cielo notturno mi tolse il fiato. Erano anni che sopra di me non vedevo altro che mura grigie.
Il dolore passò in secondo piano, così come qualsiasi altra sensazione fisica.
I pochi superstiti del reparto medico si trascinavano, deboli e patetici, in un disperato tentativo di salvarsi la vita. Uomini e donne in camice bianco, gli stessi che fino a poco prima mi avevano guardato con disprezzo e ostilità, adesso mi guardavano con terrore. Erano stati consapevoli sin dall'inizio di aver creato un mostro, ma finché tale mostro era restato in gabbia nessuno l'aveva mai davvero temuto. Adesso la creatura era in libertà ed era assetata di vendetta.
Vedevo la mia immagine riflessa nei loro occhi: un uomo che non aveva più fattezze umane, circondato dalle fiamme, dominato dalla sua furia.
Ricordai Valerie, l'unica presenza umana amichevole che mi aveva tenuto compagnia, seppur indirettamente, durante la mia prigionia. Avevo letto la sua lettera così tante volte da conoscerne a memoria ogni singola parola, ma in quel momento fu una frase ben precisa a tornarmi alla mente.
Dio è nella pioggia.
Mi guardai attorno e vidi le fiamme che inghiottivano ogni cosa, spietate e implacabili.
Dalla distruzione, aveva avuto origine il tutto.
Alzai le braccia al cielo, rivolgendomi a qualsiasi entità superiore riuscisse a percepirmi, e feci un giuramento.
Giurai Vendetta e consacrai ad essa tutto me stesso. Il mio nome, la mia vita, l'odio che avvelenava la mia anima.
Dio è nella pioggia, aveva detto Valerie.

<< E' anche nel fuoco >>, risposi io.
   
 
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