Serie TV > Agents of S.H.I.E.L.D.
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Autore: Xenebe    05/11/2014    0 recensioni
"Nothing Personal" (Niente di personale): Coulson e Skye stanno scappando dal Pulmino a bordo di Lola...
"E proprio mentre si volta per tornare nella cabina di pilotaggio, lo vede. La mano di Skye che, a causa della grossa forza di resistenza dell'aria, scivola via da quella di Coulson.
Non ci pensa nemmeno, è automatico indossare il paracadute e lanciarsi; talmente automatico da non pensare che Skye non vorrà il suo aiuto, che si divincolerà, che proverà a toglierselo di dosso in ogni modo. È talmente automatico che non pensa alle conseguenze."
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Grant Ward, Jemma Simmons, Leo Fitz, Skye, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Shield_BML_00 Mi scuso per il ritardo, ma gli impegni universitari non si possono ignorare XD
Per chi segue la programmazone americana... sarete in astinenza come me, dopo la scorsa puntata a maggior ragione.
Grazie a chi ha inserito la storia tra le ricordate, seguite e preferite.
Come sempre ringrazio alla mia amica e beta artemide88 e vi lascio alla lettura.















Capitolo 3
“Your voice it chased away all the sanity in me”*








Sono seduta di fronte allo strano apparecchio che Ward ha montato.
"Quindi anche la tua incompetenza tecnologica era un'altra bugia."
È così che interrompo il pesante silenzio che è calato subito dopo la 'telefonata' a Coulson (in realtà qualcosa di molto più simile a un telegramma).
Volevo essere casuale, ma ancora una volta le mie parole sono uscite fuori dure, d'accusa.
Forse in realtà volevo fossero proprio così.
Forse dovrei fare una visita dallo psicologo anche io, lui ne ha di certo bisogno. Quale serial killer non avrebbe bisogno di un bel po' di analisi?
"Non proprio una bugia, non sono certo un ingegnere come Fitz, né un hacker bravo come te, ma me la cavo con l'elettronica e ho qualche nozione avanzata d'informatica. Quello che basta per costruire questo coso e settarlo su frequenze irrintracciabili da Garrett, conoscendo di che attrezzatura dispone e come e quando la mette in funzione."
Annuisco lentamente come per assorbire in pieno il significato delle sue parole, mentre devo impedirmi a forza di non sorridere nemmeno per un momento al "coso".
"E perché hai mentito su una cosa del genere?"
"Sono uno specialista, non ho bisogno di sapermi occupare di questa roba, lo S.H.I.E.L.D. ha un mucchio di gente che lavora e copre queste competenze.", sospira, "C'è un motivo per cui le varie accademie non hanno contatti, Skye. È più sicuro compartimentalizzare, così si possono tenere meglio d'occhio i propri agenti. Le mie conoscenze unite al mio ruolo di specialista mi rendono troppo competente: un pericolo."
È serio. E parla ancora al presente, come se stesse ancora lavorando con noi, con me, con lo S.H.I.E.L.D. e non ho modo di capire se la sua sia una valutazione oggettiva o meno, perché nonostante quello che sta insinuando, il tono è lo stesso di quando mi spiegava perché il protocollo era importante o che non dovevo sottovalutare Quinn.
È così abituato a fingere che assume senza accorgersi quell'atteggiamento da 'Grant Ward, agente dello S.H.I.E.L.D.', anche mentre mi recita il suo 'c'è del marcio in Danimarca'.
Lo osservo in silenzio per qualche secondo, ma non riesco ad essere pienamente obiettiva, né a capire se possa avere anche in minima parte ragione.
Da quando sono entrata allo S.H.I.E.L.D. ogni volta che avevo un dubbio... Chiedevo consiglio a lui, perché mi fidavo ciecamente del suo giudizio. Ora non so se il problema tra noi è la fiducia o il suo giudizio e mi sento tradita, ancora una volta, l'ennesima volta.
"Dimentichi due cose", dico dura e lui mi guarda curioso,"tu sei realmente un pericolo e non per le tue competenze. E non fai parte dello S.H.I.E.L.D., quindi non parlarne come se fosse il contrario."
Intanto ha completamente smontato il comunicatore. Si appoggia al mobile di fronte a me, a braccia conserte, e sbuffa guardando per un attimo in alto, prima di puntare gli occhi nei miei, in cerca di non so che cosa.
"Per anni ho lavorato per lo S.H.I.E.L.D., nonostante lavorassi con Garrett; le mie missioni sono sempre state assegnate da e portate a termine per lo S.H.I.E.L.D.:  questa è stata la mia vita per anni."
"Che schifo...", lui? La sua vita? La verità? Questa situazione di merda? Tutto.
"Skye...", è quasi una supplica.
"Quali altre cose ci hai tenuto nascoste?"
Mi guarda contrariato, ma probabilmente mi legge in faccia che me lo deve, o forse lo sa da sé, sa che me lo deve e vuole essere sicuro che lo ascolti per bene... Io, semplicemente, non so più nulla a questo punto, ma in qualche modo lo pretendo, pretendo che mi dia qualche briciola di verità.
"Poche, per di più piccole cose. Quando si va sottocopertura la cosa migliore è essere il più autentici possibili, il più credibili possibili, quindi se stessi il più possibile, ma una versione più neutra nel mio caso. Per esempio ricordi la chiacchierata sull’identità cancellata? Tom Brady?”, annuisco, “al contrario di me, 'Grant Ward, agente dello S.H.I.E.L.D.', non odia i Patriots".
Questo tono, odio questo tono. Probabilmente non lo usa di proposito. Se dovessi credere a quello che mi ha appena detto, vorrebbe dire che questo per lui è semplicemente naturale, fa parte di quel se stesso più... Neutro, come ha appena detto.
"Smettila di parlare come se mi stessi ancora insegnando, come se fossi ancore il mio A.S. per favore," aggrotta le sopracciglia, e prima che possa dire qualcosa continuo, "Quindi ci hai mentito su mille piccole cose, sulle mille piccole cose che rendono una persona tale."
"Non mi chiamavi Robot?", mi prende in giro.
'Cosa gli fa pensare che lo possa ancora fare?'
Non ho voglia di scherzare e i miei lineamenti restano duri. I suoi occhi diventano tristi.
"Skye, per favore, sono solo briciole. Piccole cose che ho acquisito mentre viaggiavo, che ho incontrato lungo le mie missioni e sono diventate parte di me. Cose tipo il tipo di pizza che preferisco o, non so... I biscotti che amo, cose insignificanti, che non caratterizzerebbero nessuno. Cose che, se vuoi, puoi ancora imparare."
I suoi occhi mi supplicano. Mi sta chiedendo ancora una volta di far parte della sua vita.
Rido, ma purtroppo questa è una risata secca, amara, velenosa, per me ancora più che per lui.
È colpa sua.
"Una manciata di ore fa,"dico mentre distolgo lo sguardo dal suo," sarei stata felicissima di accettare la tua proposta, ora..."
Mi interrompe brusco:
"Ora l'idea ti fa vomitare!", lo guardo.
I lineamenti duri, la mascella contratta, gli occhi stretti.
Ora è arrabbiato con me. Si sente in diritto di essere arrabbiato con me. Lo ho ferito. Si sente tradito. Lui!
Mi volta le spalle.
Se potessi credere di averlo conosciuto almeno un po' forse mi starei dando dell'idiota per averlo ferito, anche dopo quello che ha fatto. Perché saprei che quel leggerissimo movimento delle spalle verso il basso sono il segno che l'ho deluso in qualche modo, in un modo a lui poco congeniale: dal punto di vista umano... Se potessi sperare di conoscerlo davvero un po', ma ormai so.
So che ogni piccola cosa potrebbe essere una bugia, un'illusione. E nonostante io sappia che ora sta rischiando per la mia incolumità, sta mentendo a quel mostro di Garrett ( e la mia testa continua ad urlare e chiedersi perché non l'abbia tradito se per salvare me, ora, gli sta mentendo... Perché ha dovuto tradire noi?), non riesco proprio a credergli, a fidarmi, a perdonarlo quel po' che mi permetterebbe di chiedermi se sia giusto o meno ferirlo con le mie parole. Per questo non dico niente, non emetto un fiato, non faccio un passo.
Resto ferma, immobile alle sue spalle mentre mi parla con la sua voce dura, risentita.
"Preparati, tra mezz'ora devo contattare Garrett, tra un paio d'ore sarai circondata da 'maledetti nazisti'".
E poi si chiude nella camera da letto.











* My immortal, Evanescence







   
 
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