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Autore: Gabriels_Corner    05/11/2014    0 recensioni
Oscar, un ragazzo di 14 anni, lasciandosi alle spalle la monotonia della sua vita si ritroverà in un mondo fantastico governato dalle severe leggi del tempo, che regna incontrastato, seguendo proprie regole e cambiando a proprio piacimento il corso degli eventi. Il suo compito sarà quello di ritrovare la Clessidra, l'unico strumento in grado di riportare l'ordine in quel mondo perverso, prima che cada nella mani sbagliate; durante questo lungo viaggio incontrerà molte persone, alcune delle quali si riveleranno sue amiche, altre nemiche. Ma sopratutto, una domanda tempesterà continuamente il giovane Oscar: cosa potrebbe succedere se il tempo scadesse prima che lui riesca a trovare la Clessidra?
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PROLOGO

Come tutti i mercoledì, oggi è una giornata noiosissima. Fuori imperversa una bufera, e la tv ha lanciato un’allerta meteo, raccomandandoci di non uscire e di rimanere al sicuro nelle nostre case. La tormenta è molto forte e sta portando via la corrente in molte case, tra cui la mia, mettendo a dura prova la resistenza ad un black-out dell’intera città. Io me ne sto qui sul letto, guardando il soffitto e non sapendo cosa fare, mentre i miei genitori sono in salotto preoccupandosi di riuscire a telefonare mio fratello, e sperando che si sia messo in salvo.

-Non risponde. Pensi che stia bene?- riesco a distinguere la voce di mia madre persino attraverso i muri che ci separano.

Ma come ho già detto non c’è corrente, e loro devono essersene dimenticati vista la foga con cui pigiano i tasti di quei telefoni.

-Non so, tu continua a richiamare. Ehi, Oscar prova anche tu a chiamare tuo fratello, invece di star lì a far niente!- mi urla mio padre.

Noncurante di quello che mi ha appena detto, e consapevole del fatto che tutti i miei tentavi sarebbero stati inutili, continuo a contemplare il soffitto. E’ pieno di crepe e muffa, e sembrerebbe crollare da un momento all’altro, ma per fortuna questo non è mai accaduto, e spero non accada mai. Questo è un appartamento appartenente alla mia bisnonna, ovvero alla madre di mia nonna, che ha vissuto qui tutta la sua infanzia e adolescenza, proprio in questa stanza. Credo che le prenderebbe un colpo se solo sapesse che il soffitto è crollato sulla sua stanza. Proprio ora me la immagino mentre scrive sulla scrivania vicino alla porta, o mentre legge un libro su questo letto sgangherato. Mentre fantastico e la mia mente vaga da un argomento all’altro, come è mio solito del resto, qualcosa colpisce la finestra accanto al mio letto producendo un suono sordo.

-Cos’è stato? Va tutto bene lì sopra? Oscar, hai chiamato Bill?- queste le domande che i miei genitori mi fecero nell’arco di un secondo.

-Va meravigliosamente, mamma- rispondo, sperando che la mia voce non mi tradisca- e no, papà, non ho ancora chiamato Bill, ma stavo giusto per farlo.

Ovviamente, mentivo. Prendo comunque il mio cellulare, giusto per controllare che non sia ritornata la linea. Niente. Lo poso sul comodino, e mi avvicino con fare circospetto alla finestra per vedere cos’è stato, ma non riesco a scorgere niente, se non la neve che ricopre tutto con il suo manto gelido. Fuori non c’è nessuno: la gente ha avuto il buon senso di seguire le istruzioni della guardia ambientale. O forse mi sbaglio. Riesco a scorgere una figura nera incamminarsi sul marciapiede, la quale non sembra preoccuparsi del caos che ha intorno, dato che cammina come stesse passeggiando in un parco. E’ solo allora che decido di aprire la finestra, per capire meglio di chi si tratti, noncurante di quello che mi avrebbe aspettato fuori, e, sporgendomi, il mio cappello vola via in un turbine di neve. Inizialmente sparisce immediatamente alla mia vista, ma dopo qualche secondo lo rivedo turbinare in una raffica, proprio davanti a me: cerco di afferrarlo, ma sembra che il cappello non voglia essere preso, così fa un ultimo volteggio in aria e poi comincia a salire sopra il palazzo. Rientro subito dentro e chiudo la finestra.
-Oh, no- dico sussurrando, quasi come non volessi accettare quello che era appena successo. Ora vi starete chiedendo perché quel cappello sia così importante per me, bè eccovi la risposta: quello non era un semplice cappello, era il cappello regalatomi dalla mia migliore amica, Emilie Patterson. Avevamo stretto un accordo secondo il quale avrei dovuto indossarlo ovunque in sua presenza; so già che si arrabbierà moltissimo quando glielo dirò, anche perché è lei, e lei si arrabbia per ogni cosa, tanto più per la rottura di un patto. Ma sto divagando. Mi ero già rassegnato al fatto di averlo perso per sempre, quando un’ insana idea mi balena nella mente, suggerendomi di provare a controllare se si stesse dirigendo sulla terrazza.
Così esco dalla mia camera, e cercando di non far rumore, apro la porta di casa. I miei genitori sono ancora in salotto, entrambi con i telefoni in mano, aspettando una risposta che probabilmente non arriverà che entro domani mattina, dopo che la tempesta si sarà placata. Continuo a guardarli per qualche secondo, stupito dalla loro ingenuità, poi chiudo la porta alle mie spalle con massima delicatezza. Il palazzo è composto da 10 piani, e noi siamo solo al secondo; salire le scale fino alla terrazza non mi converrebbe, così opto per l’ascensore. Anche questa, come l’intero edificio, è vecchia e, anche se non ho mai avuto modo di sperimentarlo (per mia fortuna, aggiungerei) malfunzionante, ma non mi preoccupa. Entro, chiudo le portiere, e digito il numero 10.
Aspetto.
Solo qualche secondo più tardi mi accorgo che le luci dell’ascensore sono spente, e che quindi manca la corrente. Improvvisamente mi sento stupido ad aver commesso lo stesso errore dei miei genitori che solo qualche minuto fa tanto non concepivo. Con tranquillità quindi faccio per uscire, ma le portiere dell’ascensore risultano bloccate. Cerco di non farmi prendere dal panico, ma ormai il terrore ha già preso possesso di me, e comincio a sbattere i pugni sul vetro delle portiere, che rimangono intatte nonostante tutta la forza che io ci stia mettendo. Sfinito mi accascio a terra, con la fronte madida di sudore e il battito del cuore a mille, sperando che succeda qualcosa, qualunque cosa, quando improvvisamente l’ascensore ha un fremito: un secondo dopo sta già precipitando. 
   
 
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