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Autore: _Trilly_    06/11/2014    9 recensioni
Violetta, Angelica, Angie, Pablo, Leon, Diego, Francesca, Marco. Ognuno di loro ha un passato che vorrebbe cancellare, dimenticare. Si sa però, che per quanto si possa fingere che non sia mai esistito, esso è sempre là in agguato, pronto a riemergere nei momenti meno opportuni, portando con se sgomento e profondo dolore. Tutto questo perchè il passato non può essere ignorato per sempre, prima o poi bisogna affrontarlo. Ognuno di loro imparerà la lezione a sue spese.
Leonetta-Diecesca-Pangie
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Diego, Francesca, Leon, Pablo, Violetta
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Sono sicura che li lascerai tutti a bocca aperta,” sorrise Violetta, sedendosi su una sedia di plastica blu accanto a Leon, stringendogli la mano. I pochi giorni che precedevano l'audizione del ragazzo erano passati in un lampo e così ora era lì, nella sala allestita per gli aspiranti studenti in attesa del suo turno. Apparentemente sembrava tranquillo, quasi indifferente, ma la Castillo che lo conosceva meglio di chiunque altro, sapeva che non fosse così. Leon non era abituato a cantare in pubblico, quella sarebbe stata la prima volta in assoluto per lui e proprio per questo voleva fornirgli tutto il suo sostegno. “Hai un grande talento e ora lo sapranno tutti.” Il giovane abbozzò un mezzo sorriso, facendo oscillare leggermente le loro mani intrecciate. “Hai una grande fiducia in me, forse troppa.”
Lei scosse la testa, sicura. “Ti conosco, so quello che puoi o non puoi fare e quest'audizione per te sarà una passeggiata, non ho dubbi.” Poggiò poi il capo contro la sua spalla, lasciando che le forti braccia del ragazzo l'avvolgessero, trasmettendole quel dolce e rilassante tepore. “Questa non è solo una semplice audizione, è la prova che voglio davvero far funzionare le cose tra di noi e spero di riuscirci stavolta,” sussurrò Leon, quasi più a se stesso che a lei. Violetta sollevò di poco il capo, così da poterlo guardare negli occhi. “Insieme possiamo qualsiasi cosa.” Gli sfiorò una guancia con una leggera carezza, sorridendogli dolcemente. “Io non ti abbandonerò, non più.”
Vargas sorrise, facendo sfiorare i loro nasi. “Sarò una persona migliore, per te.” Si scambiarono un dolce bacio, alternandovi dei piccoli morsi. Le braccia della ragazza andarono ad allacciarsi al suo collo, mentre quelle di lui le circondavano la vita.
“Leon Vargas, tocca a te.”
Leon e Violetta si staccarono di colpo, voltandosi verso Pablo, che fermo accanto all'ingresso della sala teatro li fissava, accigliato. Chiaramente era contrariato per ciò a cui aveva assistito, ma si stava contenendo dato che oltre ad essere lo zio della ragazza, era anche il direttore dello Studio e quindi doveva mantenere un comportamento professionale.
Il giovane scattò in piedi, imitato subito da Violetta. “Posso assistere, zio?” Chiese quest'ultima, rivolgendosi all'uomo che annuì. “L'ho permesso anche agli altri, perciò non vedo perché dovrei dirti di no.” La ragazza sorrise riconoscente allo zio, poi insieme a Leon lo seguì all'interno della sala. “Ehi, Vargas.” Prima che l'aspirante studente potesse anche solo guardarsi intorno, fu raggiunto da un affannato Diego, che probabilmente aveva fatto una lunga corsa per arrivare in tempo. “In bocca al lupo. Spacca tutto,” gli disse, stringendolo in un caloroso abbraccio. Leon sorrise, ricambiando l'abbraccio. “Crepi, Dieguito.”
A quel punto Leon raggiunse il palco, mentre Diego e Violetta presero posto in fondo alla sala, facendogli gesti di incoraggiamento.
“Bene,” disse Pablo, sedendosi in prima fila. Alla sua sinistra c'era Angie, mentre alla sua destra c'era Beto e poi Jackie. L'unico che rivolse al ragazzo un sorriso rassicurante fu Beto, Jackie infatti era fredda e impassibile e i coniugi Galindo visibilmente scettici. Leon non era sorpreso, sapeva che l'opinione dei genitori di Diego su di lui non fosse eccezionale, al contrario era sicuro lo detestassero e lo considerassero la principale causa dei loro problemi con il figlio e con Violetta. Quella in ogni caso era la sua occasione per dimostrare quanto valesse e non aspettava altro che vederli fissarlo con delle facce da pesci lessi.
Una volta che l'apparecchiatura fu pronta per sostenere la prova di canto, Pablo prese di nuovo la parola. “Che canzone hai preparato?”
Leon si passò nervosamente la lingua sulle labbra, poi lanciò una mezza occhiata verso Violetta e Diego, a cui non aveva rivelato nulla su quella canzone, era una sorpresa per tutti. “Una canzone scritta da me, si intitola 'Voy por ti'.”
“Sentiamo allora.” Il ragazzo socchiuse gli occhi e prese un profondo respiro, mentre in sottofondo partiva la base che aveva composto. Era ora, ora di affrontare la sua paura come aveva sempre fatto con quelle che si erano presentate, lui non era un codardo. Quasi senza rendersene conto, iniziò a cantare, lo sguardo fisso sulla sua ragazza e sul suo migliore amico, coloro che avevano sempre creduto in lui. Vedere la sorpresa e l'emozione nei loro occhi, gli trasmise la sicurezza necessaria per tirare fuori il meglio di se, in quella canzone che più che mai sentiva lo descrivesse a meraviglia. Troppo occupato a guardare i due ragazzi, non si rese conto subito dello stupore che faceva bella mostra di se sui volti di Angie, Pablo e Jackie. Chiaramente non si aspettavano sapesse cantare, o che lo sapesse fare così bene. La voce di Leon era decisa, forte, avvolgente, emozionata, tutto in essa lasciava presagire quanto quella canzone fosse per lui tanto sentita, che ciò che cantava lo sentisse davvero, dalla prima all'ultima nota. In quel momento, esattamente come gli accadeva con Violetta, non era Leon Vargas, ma solo Leon, un ragazzo come tanti con sogni e grandi aspirazioni.


Hablemos de una vez
Siempre cerca tuyo estaré
Aunque no me veas mirame
No importa esta vez voy por ti,
voy por ti,
voy por ti,
voy por ti.”


Quasi con stupore, Leon sentì un forte applauso riecheggiargli nelle orecchie. Non erano solo Diego e Violetta ad applaudire, ma anche l'intera commissione di insegnanti. Ce l'aveva fatta, aveva superato la sua paura e allo stesso tempo, aveva dimostrato che anche una mela marcia come lui avesse qualcosa di positivo da offrire. Un sorriso soddisfatto sorse spontaneo sulle sue labbra. “Sei stato eccezionale!” Un'euforica Violetta corse verso il palco, fiondandosi tra le sue braccia. Lui la sollevò di peso, girando in tondo con lei in braccio. “Ti è piaciuta la sorpresa, Amore mio?” Le sussurrò all'orecchio. “Eccome se mi è piaciuta,” ribatté la ragazza, schioccandogli un bacio sulla guancia. “Mi sono emozionata.” Aveva infatti gli occhi lucidi e Leon le asciugò una lacrima ribelle con il pollice, sorridendole dolcemente.
“Ammetto che non me lo aspettavo.” La voce di Pablo riportò i due innamorati alla realtà. La sorpresa faceva ancora bella mostra di se sul suo volto. “Ottima prova Leon, davvero.”
“Hai una voce pazzesca ragazzo, pazzesca,” aggiunse Beto, emozionato, urtando un portapenne e facendolo finire sul pavimento insieme al suo contenuto.
“Grazie,” mormorò Leon, divertito dalla sbadataggine dell'insegnante. Jackie lanciò una mezza occhiata esasperata verso Beto, che si era chinato a raccogliere le penne, poi si rivolse al ragazzo. “Hai una buona presenza scenica, tipica dello showman, ma sei un po' troppo superbo per i miei gusti. Se verrai ammesso dovremo lavorare su questo,” gli disse con la solita severità che la contraddistingueva. I suoi occhi però la tradivano, in essi vi si poteva leggere una nota di approvazione. Angie dal canto suo, era senza parole. Mai, nemmeno sotto tortura avrebbe ammesso che Leon le fosse piaciuto, era una questione di principio.
“Cavolo Vargas, non sapevo avessi una voce così potente.” Dopo aver scansato a fatica le molteplici penne che Beto aveva sparso sul pavimento, anche Diego salì sul palco per congratularsi con l'amico. “Ti sei davvero superato.”
Leon sorrise, dandogli una pacca sulla spalla. “Grazie amico, grazie a tutti voi,” aggiunse, guardando gli insegnanti.
Pablo fece per dire qualcosa, ma proprio in quel momento una ragazza comparve sul ciglio della porta, attirando l'attenzione di tutti i presenti: era Francesca. La giovane era visibilmente agitata e non faceva altro che torturarsi le mani, lo sguardo rivolto dovunque tranne che verso il palco, dove appunto c'era Diego. “Pablo, ho bisogno di parlarti,” esordì, rivolgendosi al direttore, che dopo un attimo di confusione, annuì. “Va bene. Prendiamoci una pausa di dieci minuti,” disse agli insegnanti. “Parlo un attimo con Francesca e poi riprendiamo.” Angie però gli bloccò il polso, impedendogli di alzarsi. “Non puoi davvero darle retta,” bisbigliò al suo orecchio, contrariata. Lui scrollò le spalle, indicandogli la ragazza con un cenno. “Smettila, Angie. Se ho ascoltato Marco e Diego, posso ascoltare anche lei. Sono tutti colpevoli, nessuno escluso.”
Francesca nel frattempo, appena aveva notato con la coda dell'occhio il maggiore dei Galindo sul palco, aveva evitato accuratamente di guardare in quella direzione. Ormai aveva preso una decisione e sapeva che fosse quella giusta. Diego dal canto suo, nonostante sapesse che fosse sbagliato, non potè fare a meno di lanciare delle occhiate verso la Cauviglia, troppo nervosa e agitata per i suoi gusti. Di cosa voleva parlare con suo padre? Era forse accaduto qualcosa? Violetta e Leon, che a loro volta guardavano la ragazza, avevano avuto una reazione contrastante. Se Vargas era confuso e anche un po' preoccupato, la Castillo era dispiaciuta, ma per niente sorpresa, chiaramente doveva conoscere il contenuto di quella conversazione che l'amica voleva sostenere con il direttore.
Nonostante lo scetticismo della moglie, alla fine Pablo si incamminò lo stesso verso Francesca, guidandola nel suo ufficio, seguiti da diversi sguardi.
“Allora,” iniziò l'uomo, una volta aver preso posto dietro la sua scrivania, intrecciando le mani su di essa. “Immagino vuoi parlarmi di Diego o di Marco.”
Francesca, che faceva ondeggiare la gamba destra ansiosamente, scosse la testa. “In realtà voglio parlarti di me.” Di fronte allo sguardo accigliato di Pablo aggiunse: “Ho deciso di lasciare lo Studio.” Lui sgranò gli occhi, sorpreso. “Cosa? Sei sicura? Questo è il tuo sogno.”
“Lo so,” annuì la ragazza, tristemente. “Ma non ho alternative. Ho combinato un disastro con i tuoi figli e...mi dispiace così tanto, mai avrei voluto deludere te e Angie...scusami Pablo...il mio posto non è più qui, è giusto che me ne vada,” balbettò, facendo fatica a sostenere il suo sguardo, dato che gli occhi le bruciavano sempre di più ad ogni parola.
Pablo sospirò, non potendo fare a meno di dispiacersi per lei. Sembrava così fragile, così indifesa, così pentita. Conosceva Francesca da tanto tempo, lei e Violetta erano cresciute insieme, sapeva che fosse una brava ragazza e anche con Marco lo era stata. Lei aveva sbagliato, certo, ma anche i suoi figli lo avevano fatto, non era giusto punire soltanto lei. “Siete solo dei ragazzi,” disse perciò, sorridendole rassicurante. “Alla vostra età è normale essere confusi o fare gesti avventati. Sono disposto a metterci una pietra sopra e...”
“Tu non hai capito,” lo interruppe Francesca, lasciandosi sfuggire un singhiozzo. “Io non sono confusa, non ho agito d'istinto...sono innamorata di Diego e proprio per questo devo andarmene. Solo non vedendolo posso riuscire a dimenticarlo,” spiegò a disagio, lasciandolo decisamente spiazzato. A quanto pareva la situazione era più grave di quanto credesse. Diego e Francesca non si erano baciati per capriccio, erano innamorati, ma per volere del destino dovevano soffocare i loro sentimenti. Si sentiva così crudele per doverli tenere lontani, ma allo stesso tempo si rendeva conto quanto quella situazione facesse soffrire anche Marco, che si aveva baciato un'altra ragazza, ma colei che amava era innamorata di suo fratello. Tutto era così assurdo e lui da genitore doveva fare la cosa giusta. Diego e Francesca dovevano stare lontani, almeno finché non si fossero calmate le acque, poi lui stesso sarebbe stato il loro primo sostenitore. “Bè, a questo punto non posso fare altro che rispettare la tua decisione,” disse alla fine, recuperando da un cassetto il fascicolo della ragazza. “Prima che firmi qualsiasi cosa, ci tenevo però a dirti una cosa. Non c'è l'ho con te e davvero ti auguro ogni bene.”
La mora sorrise, mordendosi nervosamente il labbro. “Grazie Pablo, tu e Angie siete delle brave persone e anche Marco e Diego lo sono...mai avrei voluto farvi del male e...”
“Basta,” la interruppe lui, scuotendo il capo. “I miei figli hanno colpa quanto te e per questo non vorrei che tu te ne andassi, ripensaci.”
Lei scosse la testa. “Ci ho pensato e la cosa giusta è che vada via,” ribattè imperterrita, recuperando una penna dalla borsa. “Grazie per tutto.”
Pablo annuì, rassegnato. “Grazie a te, per l'apporto che hai dato allo Studio e a tutti noi.”




Leon e Violetta si accomodarono sul grande divano di pelle bianca del salotto, mentre una nervosa Angelica prendeva posto su una poltrona dello stesso tessuto, facendo vagare lo sguardo sui due ragazzi e in particolare sulle loro mani intrecciate con una certa disapprovazione. Lei voleva parlare con sua nipote, farle capire che la volesse lontano da Vargas per il suo bene, ma il fatto che lo avesse portato con se di certo non aiutava. Angelica non si era mai trovata faccia a faccia con il ragazzo, qualche volta lo aveva visto da lontano, ma più che altro lo conosceva di fama e ciò le era sempre bastato. Non le piaceva per niente averlo nel suo salotto e né tantomeno accanto a sua nipote, lui era una cattiva influenza, la più sbagliata. Leon dal canto suo, si guardava intorno con particolare interesse. Era la prima volta che vedeva la casa di Violetta, fino a quel momento infatti aveva visto solo la sua camera in cui si intrufolava dalla finestra, perciò era sinceramente curioso. Gli piaceva in fondo quella casa, sembrava vissuta e allo stesso tempo emanava vitalità, poteva riconoscere sia il tocco di Angelica che quello della sua Violetta. Quest'ultima nel frattempo, a tutto era interessata tranne che ad ammirare quella casa che conosceva come le sue tasche. Era nervosa, agitata, non faceva altro che far oscillare la gamba sinistra, che era accavallata sulla destra e allo stesso tempo, gli stringeva la mano con sempre maggiore intensità. Era la prima volta che tutti e tre si trovassero nella stessa stanza e aveva una paura matta di quel confronto. Angelica era tutto ciò che le restava della sua famiglia, era come una madre per lei e poi c'era Leon, l'unico ragazzo che avesse mai amato, l'amore della sua vita, non poteva vivere senza uno dei due, loro erano le persone a cui teneva di più al mondo, la sua forza, la sua vita.
“Quindi sei stata a casa sua stanotte,” esordì Angelica con un tono di voce tremante, quasi temesse il significato delle sue stesse parole e forse era davvero così. Una cosa era pensare che Violetta avesse passato la notte da un ragazzo, che tra l'altro non le piaceva per niente, l'altra era averne la conferma dalla diretta interessata e per questo non era tanto sicura di voler conoscere la sua risposta. In ogni caso, aveva lo sguardo puntato su Violetta, che dopo aver lanciato un'occhiata a Leon, annuì. Per la donna fu come ricevere uno schiaffo in pieno volto e dovette fare non poca fatica a mantenere il controllo. Pensava di essere ancora in tempo per salvare sua nipote e invece lei aveva già donato il suo tesoro più prezioso a quel maledetto ragazzo. Si prese il volto tra le mani, strofinandolo con vigore. Si sentiva così impotente, così inutile. Aveva promesso a Maria e a German che avrebbe protetto la loro figlia, che l'avrebbe aiutata ad essere felice e a realizzarsi e invece aveva fallito. Vargas aveva vinto, gliel'aveva portata via, le loro mani intrecciate e il modo in cui si guardavano glielo confermava. Se quel ragazzo si era azzardato a mettere piede in casa sua era per sbatterle in faccia come fosse riuscito a circuire Violetta e a portarla dalla sua parte, ne era sicura.
“Nonna.” Violetta si sporse verso di lei, poggiando una mano sulla sua. “Io ti voglio bene, sei la mia famiglia e non voglio perderti,” singhiozzò, stringendole forte la mano.
Angelica sorrise, ricambiando la stretta. “Nemmeno io voglio perderti, piccola mia. Sei la cosa più importante per me,” ammise, con le lacrime agli occhi.
La Castillo tirò su col naso, incapace di trattenere oltre le lacrime. “Allora non me lo chiedere, non costringermi a scegliere tra te e Leon, ti supplico.” Ormai la ragazza singhiozzava senza ritegno, le mani ancora strette a quelle di coloro che amava di più e che la guardavano dispiaciuti. “Violetta.” Con la mano libera, Leon le scostò una ciocca di capelli dal volto umido, accarezzandole poi una guancia. “Ehi, tranquilla, va tutto bene,” tentò di rassicurarla. La ragazza però non lo stava ascoltando, il suo sguardo era fisso su Angelica. “Ti prego nonna, cerca di capirmi,” balbettò con un filo di voce. “Io lo amo, non posso vivere senza di lui e non posso vivere nemmeno senza di te...ho bisogno di entrambi,” aggiunse disperata, staccando le mani dalle loro e portandosele sul volto arrossato e grondante di lacrime. “Senza uno di voi due è come perdere una parte di me.”
Angelica sospirò, profondamente afflitta. Non sopportava di vedere la sua Violetta in quello stato, voleva che lei fosse felice, quella era l'unica cosa che contava, ma non poteva accettare Vargas, non poteva e basta. Si alzò in piedi, avvicinandosi alla finestra e scostando la tenda, così da poter guardare distrattamente la strada oltre di essa. “Sai perfettamente cosa penso di lui.”
Leon ruotò gli occhi a quelle parole. Quella donna lo detestava proprio, mai lo avrebbe accettato. Prima che potesse fermarla, Violetta scattò in piedi, raggiungendo la nonna accanto alla finestra. “E per te sono più importanti degli stupidi pregiudizi che la felicità di tua nipote? Guardami, nonna,” aggiunse, indicando se stessa. “Mi vedi felice adesso? Mi hai vista felice quando Leon era in carcere?”
“Signora.” Il ragazzo, vedendo colei che amava in condizioni così disperate e non potendone sopportare più la vista, prese coraggio e raggiunse le due, rivolgendosi ad Angelica. “Capisco i suoi dubbi su di me, anch'io al suo posto non vorrei uno come me accanto a mia nipote, ma le posso giurare che mai le farei del male e...”
“Lo so che non la faresti soffrire volontariamente,” lo interruppe la donna, guardandolo per la prima volta negli occhi, stupendo il diretto interessato e la nipote. “Non ho dubbi sul fatto che la ami, ma non voglio che Violetta abbia a che fare con il mondo tuo e di tuo padre, voglio che abbia una vita onesta e sicura.” Mai la donna era stata più chiara e risoluta, mai Leon si era sentito tanto colpito e concorde. Il mondo suo e di suo padre era un mondo sporco, illegale, crudele, un mondo che assolutamente non voleva che Violetta conoscesse, lei così pura e innocente. “Violetta non vi avrà mai a che fare, glielo posso garantire,” promise, portandosi la mano al petto a mo di giuramento. “E presto nemmeno io. Non voglio diventare come mio padre,” sotto lo sguardo scettico di Angelica e quello orgoglioso di Violetta, aggiunse: “Ho fatto le audizioni per entrare allo Studio e sto anche cercando un lavoro.”
“Leon sta facendo di tutto per mettere la testa a posto,” spiegò la Castillo, asciugandosi i residui di lacrime. “Non è come in passato, ora siamo cresciuti e pensiamo al futuro.”
Leon annuì, circondando le spalle della ragazza. “L'unica cosa che mi interessa è renderla felice e farò di tutto per riuscirci.”
“Dacci fiducia, ti prego,” la supplicò la giovane, prendendole le mani. “Ti prometto che non ti deluderemo, che stavolta il nostro amore è più maturo e responsabile.”
Angelica alternò lo sguardo dall'uno all'altra, ancora visibilmente scettica. Poteva davvero fidarsi di quel ragazzo? Cosa le assicurava che avesse davvero intenzione di mettere la testa a posto? “Attendo solo una chiamata di conferma e se arriverà, avrò un lavoro,” mormorò Leon, quasi le avesse letto nel pensiero. “Mi guadagnerò dei soldi in maniera onesta, basta affari sporchi, furti o altro.”
La donna sospirò, incapace di resistere oltre. Vargas in fondo sembrava sincero e Violetta era così felice quando lo aveva accanto, forse poteva davvero cambiarlo in meglio. “E va bene, siete in prova, ma al primo intoppo ritiro tutto.”
“Grazie nonna, grazie!” Esclamò la giovane euforica, stringendola in un forte abbraccio. “Non ti deluderemo, te lo prometto.”
Angelica annuì, ricambiando la stretta e guardando al contempo Leon. “Ti tengo d'occhio,” lo avvisò e lui non potè fare a meno di sorridere. “Non avevo dubbi su questo.” Una volta sciolto l'abbraccio con la nipote, la donna accettò di stringere la mano del ragazzo, anche se lui era convinto che non lo avesse accettato al cento per cento, piuttosto si stava sforzando per far felice Violetta ma alla fin fine non poteva lamentarsi, ora non doveva fare altro che dimostrarle quanto fosse determinato a cambiare e per la ragazza che amava, era sicuro di poter fare quello e molto altro.




“Allora, me lo dici che cos'hai?” Francesca, che era seduta su uno sgabello accanto al bancone del Restò Band con il mento poggiato sulle mani congiunte e lo sguardo perso nel vuoto, sussultò al suono di quella voce. Luca la fissava dall'altro lato del bancone, visibilmente preoccupato. “Da quando sei arrivata non hai detto una parola, sei completamente assente.”
La ragazza scrollò le spalle, stancamente. “Ho lasciato lo Studio,” buttò lì, giocherellando svogliatamente con delle molliche di pane cosparse sul bancone. Luca sgranò gli occhi, sicuro di aver capito male. “Che cosa?” Esclamò, facendo voltare diverse persone, ma non vi fece caso, la sua completa attenzione era per la sorella, che sembrava essere piombata di nuovo in un mondo tutto suo. “Che stai combinando, Francesca?” Le chiese, lasciando perdere le posate che stava lucidando per piegarsi verso di lei. “Lo Studio è il tuo mondo, perché lo avresti abbandonato?”
Francesca finalmente tornò a guardarlo e quello che il ragazzo lesse nei suoi occhi non gli piacque per niente, c'era tanto dolore e qualcosa che somigliava al senso di colpa. “Io e Marco ci siamo lasciati e...Oh Luca, sono solo un mostro,” singhiozzò, prendendosi il volto tra le mani. Preoccupato, Luca aggirò il bancone e si sedette sullo sgabello accanto al suo, accogliendola tra le sue braccia. “Ehi, sorellina...va tutto bene.” Tentò di rassicurarla, ma lei scosse la testa, continuando a singhiozzare. “Mi s..sono innamorata d..di suo fr..fratello...Diego, capisci?”
Il giovane Cauviglia si irrigidì paurosamente a quelle parole. Sua sorella era innamorata di Diego Galindo? Gli sembrava così assurdo e mentre Francesca gli spiegava bene la vicenda, alternandovi dei deboli singhiozzi, il suo stupore cresceva a dismisura. “è per questo che me ne sono andata,” concluse la giovane, sciogliendo l'abbraccio e asciugandosi le lacrime con i dorsi delle mani. “Ora penserai che sono una poco di buono e...”
Lui scosse la testa, accarezzandole dolcemente il capo. “Mai potrei pensare una cosa del genere di te, ti conosco, tu sei la mia dolce sorellina.” La strinse ancora a se, accarezzandole la schiena. “I Galindo hanno colpa quanto te. Perché tu lasci lo Studio e loro no?” Aggiunse, stizzito. “Ma certo, loro giocano in casa, hanno i genitori lì e...”
“Luca,” lo interruppe la ragazza con un gesto della mano. “Pablo ha tentato di farmi restare, sono io che ho voluto andarmene. Devo riprendere in mano la mia vita e per farlo devo chiudere con il passato.” Seppur scettico, Luca annuì, tornando dietro al bancone. In quel momento si avvicinò una ragazza bassina con una coda di cavallo castana per porgere a Cauviglia dei biglietti con le ordinazioni. Francesca la guardò curiosa, doveva trattarsi di colei che suo fratello aveva assunto, Lara, la sorella di Leon. Sentendosi osservata, Lara si voltò verso di lei. Ovviamente sapeva chi fosse la Cauviglia e non solo perché sorella di Luca e amica di Violetta, ma anche e soprattutto perchè colei che pochi giorni prima aveva baciato Diego. Per caso aveva sentito Leon e Violetta parlarne, poi lì al Restò Band le voci correvano, anche perché molti studenti dello Studio frequentavano quel locale. In fondo non era rimasta tanto sorpresa, era abituata al fatto che Diego cambiasse continuamente ragazza e doveva ammettere di non averci sofferto tanto come al solito, forse in cuor suo si stava rassegnando, chissà. “Ecco qui, Lara,” sorrise Luca, porgendole un vassoio con tutte le ordinazioni.
Nel momento in cui lo prese, le sue mani sfiorarono quelle del ragazzo e un brivido le scorse lungo la schiena. Era da un po' di tempo che le accadeva e non sapeva spiegarsi perché. Quando poi le sorrideva come in quel momento, avvertiva un grande calore raggiungerle le guance, facendola impercettibilmente arrossire. Cosa le stava succedendo? Confusa, si allontanò verso i tavoli, seguita dallo sguardo divertito di Francesca. A quanto pareva la ragazza si era presa una bella cotta per suo fratello, chissà se lui la ricambiava. Glielo stava per chiedere, quando lo vide irrigidirsi paurosamente e farsi di colpo serio. “Luca, tutto bene?” Il ragazzo non rispose, continuava a guardare qualcosa alle sue spalle contraendo la mascella. Confusa, Francesca si voltò e quello che vide la fece deglutire rumorosamente. Diego era fermo accanto all'ingresso del locale e sembrava indeciso se varcare o meno la soglia, i suoi occhi però erano fissi su di lei. “Che ci fa lui qui?” Sbottò Luca, stizzito.
Lei scrollò le spalle. “Non ne ho idea.” Tornò a dare le spalle a Galindo come se nulla fosse, sotto lo sguardo accigliato del fratello. “Bè, perché non vai a vedere che vuole?”
“Chi dice che è qui per me?” Ribatté la mora, fingendo una sicurezza che non aveva. Luca ridacchiò. “Forse il fatto che non ti toglie gli occhi di dosso. Vai Fran, una chiacchierata non ha mai fatto male a nessuno.” Francesca guardò il fratello, scettica, ma quando lui le fece nuovamente gesto di andare, non potè fare altro che annuire. “Va bene, vado.” Nonostante si sforzasse di apparire tranquilla, in realtà non avrebbe potuto essere più nervosa e agitata. Perché Diego era venuto lì? Cosa voleva da lei? Con mano tremante aprì la porta del locale, trovandosi faccia a faccia con Galindo. “Ciao,” mormorò il ragazzo, grattandosi nervosamente il capo. “Ciao,” ripeté Francesca, incamminandosi per il marciapiede affollato, affiancata prontamente dal moro. “Perché sei venuto? Lo sai che non possiamo parlare.”
Diego scrollò le spalle, mettendosi le mani nelle tasche dei pantaloni. “è stato mio padre a dirmi di venire, lui pensa che dobbiamo parlare,” spiegò, guardandola di sbieco e spiazzandola a dir poco. “Tuo padre?” Si ricordò poi della conversazione che aveva avuto con l'uomo nel suo ufficio e dovette riconoscere che in effetti fosse un gesto da lui. Pablo era un uomo buono, generoso, chiaramente non voleva che lei lasciasse lo Studio e doveva aver pensato che suo figlio potesse farle cambiare idea. “Perché hai lasciato lo Studio?” Chiese infatti Diego, piazzandosi di fronte a lei così da costringerla a fermarsi. “Se è per quello che ha detto mia madre, non darle retta, lei non sa come stanno davvero le cose e...”
“No,” lo interruppe lei, scuotendo il capo. “Tua madre non c'entra nulla, il motivo è ancora più ovvio e tu lo sai benissimo,” ammise con un filo di voce, arrossendo leggermente nella zona guance. Galindo si accigliò, poi un lampo di comprensione gli attraversò lo sguardo e annuì. “Abbiamo sbagliato ed è giusto che ne paghiamo le conseguenze,” riprese Francesca, facendogli però scuotere il capo. “Lo pensi davvero?” Le chiese, serio. “Pensi davvero che quello che è successo tra noi sia uno sbaglio?” Quegli occhi verdi la scrutavano attentamente, tradendo un certo nervosismo e lei fece non poca fatica a sostenere il suo sguardo. Avrebbe tanto voluto dirgli di no, che per lei era stato uno dei momenti più belli della sua vita e che lo amava così tanto da sentirsi male, ma non poteva, quello che c'era tra loro non era giusto, faceva soffrire troppe persone. Proprio per questo, con il cuore in gola e le lacrime che minacciavano prepotentemente la loro fuoriuscita, dovette annuire. “è sbagliato per le persone a cui vogliamo bene e questo conta più di qualsiasi cosa.” Fece poi per voltarsi con l'intenzione di tornare al Restò Band, ma Diego le prese il polso costringendola a voltarsi. “Stai sbagliando tutto. Non puoi davvero rinunciare al tuo sogno e nemmeno vergognarti di quello che senti,” insistette, imperterrito. Francesca deglutì, abbassando lo sguardo. “Stiamo parlando della tua famiglia, non di persone qualsiasi. Rischi di perderli e tutto per colpa mia,” aggiunse, guardandolo afflitta. “Chissà, magari un giorno il destino ci darà un'altra opportunità.” Il giovane le lasciò il polso, permettendole così di scappare via, seguendola con sguardo assente, vuoto. In quel momento Diego si sentiva proprio così, svuotato di qualsiasi emozione ed energia. Il debole e amareggiato sorriso che Francesca gli aveva rivolto prima di andare via, era ancora lì davanti ai suoi occhi, così come le sue parole non facevano altro che ripetersi nella sua mente. Quasi senza rendersene conto, si lasciò cadere sullo scalino di un negozio di ferramenta e si prese la testa tra le mani. Quella conversazione con Francesca era stata strana, sapeva tanto di addio e... e non riusciva ad accettarlo. Nemmeno lui sapeva cosa volesse ottenere quando aveva seguito il suggerimento di suo padre. Forse voleva convincerla a tornare allo Studio, forse voleva ancora che quegli occhi castani gli ribadissero il suo amore per lui. Non ne aveva idea, ma di una cosa era sicuro, si sentiva un vero schifo. Magari era vero, amava Francesca e non poteva sopportare di dover rinunciare a lei, era tutto così dannatamente ingiusto. “Perché?” Sbottò, assestando un pugno contro il terreno. Era finita ancora prima di iniziare, evidentemente aveva ragione quando pensava di non essere predisposto per l'amore.
A diversi metri di distanza, rintanata in uno dei bagni del Restò Band mentre piangeva disperata, Francesca la pensava quasi allo stesso modo. Il suo amore per Diego era la cosa più dolce e pura di quel mondo, eppure anche la più sbagliata, tutto era contro di loro e accettarlo le risultava così immensamente difficile. “Come faccio a smettere di amarti, come?” Singhiozzò, raggomitolandosi ai piedi di un sanitario. Ce l'avrebbe fatta prima o poi ad andare avanti? Poteva dimenticare l'unico ragazzo che avesse mai amato in maniera così totale? “Lo spero, lo spero davvero,” sussurrò tra se e se, lo sguardo perso nel vuoto.




Hola chicos! :P
Un capitolo di luci e ombre questo. Leon fa finalmente l'audizione allo Studio ed è un vero successo *_* tra l'altro lui e Vilu affrontano magnificamente l'ostacolo Angelica, che sembra aver accettato la loro storia :3 ma sarà davvero così?
Nonostante i tentativi di Pablo e Diego, Francesca decide comunque di lasciare lo Studio e di chiudere ogni tipo di rapporto con il ragazzo che ama, decisione che sembra pesare ad entrambi :(
Grazie di cuore per le meravigliose recensioni che mi avete lasciato, spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto :3
baci <3


 
  
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