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Autore: pinefertari85    22/10/2008    8 recensioni
«Mai più, Alice. Mai più.» le soffiai contro, quasi sibilando, con il respiro accelerato.
...
«Non pensare MAI PIU’ a Bella nella doccia. Mai più. Mai. Più.»
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ennesima one shot... bè, abbastanza sconclusionata.
Ma la posto, perchè mi sono divertita un sacco a scriverla. Spero possiate divertirvi altrettanto a leggerla!!


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Le mie dita scorrevano veloci sui tasti d’avorio, strappando al pianoforte mormorii deliziati che suonavano come gemiti d’amore di due amanti impazienti.

 

Le ultime note della melodia preferita di Esme si stavano spegnendo – in un progressivo calare d’intensità – nel silenzio della stanza.

 

Mi voltai, osservando la mia famiglia.

Alice e Jasper erano ancora impegnati in una complicata partita a scacchi; Rosalie ed Emmett, persi nella contemplazione reciproca, avevano escluso il resto dell’universo.

Esme, con gli occhi arrossati da lacrime che non avrebbero potuto scendere, sfiorò brevemente il braccio di Carlisle seduto sul divano accanto a lei, si alzò con un movimento aggraziato e si avvicinò al pianoforte, fino a posarmi delicatamente le mani sulle spalle.

«Hai suonato divinamente, Edward. Grazie», mormorò con dolcezza.

Mi voltai verso di lei con un sorriso.

«Sono lieto che ti sia piaciuta, Esme».

 

In quel momento, Emmett si alzò con un sorriso.

«Se volete scusarci», annunciò, «noi ci ritiriamo».

Mi ci vollero appena due secondi per realizzare.

«Emmett, ti prego! Un po’ di contegno!», esclamai scandalizzato.

Era già abbastanza imbarazzante udirli in azione, per non parlare delle continue vanterie sulle sue prodezze sessuali che mi sventolava davanti; non ci tenevo ad osservare tramite i suoi pensieri i progetti per quella notte.

Emmett scoppiò a ridere, per nulla a disagio.

«Invidioso, fratellino?», sghignazzò divertito.

Odioso, perfido Emmett!

Rosalie borbottò qualcosa di incomprensibile, poi lo prese per mano trascinandolo verso le scale.

 

«Non sei uscito con Bella stasera, Edward?», mi domandò Carlisle, sollevando gli occhi dal tomo infinito che stava studiando.

Ma certo.

Giriamo il coltello nella piaga.

«E’ dal cane», tagliai corto scocciato.

Con l’ombra di un sorriso sulle labbra pallide, mio padre tornò alle sue letture.

«Come va la sua gamba?», domandò dopo un attimo.

«Credo sia quasi guarita. Tra un po’ potrai toglierle il gesso».

‘Fino alla prossima volta che non cade dalle scale’, pensai con un sospiro ‘o inciampa nel porta ombrelli. O si schianta contro un vetro’.

«Oh, finalmente! Non ne posso più!», esclamò Alice, battendo le mani entusiasta.

«Prego?», chiesi accigliato, quasi sovrappensiero

Quattro paia di occhi dorati si voltarono ad osservarla incuriositi.

Non se ne rese conto fino a quando Jasper non si schiarì la voce, cercando di scuoterla dai suoi pensieri.

«Non sapete che razza di titanica impresa sia farle la doccia», spiegò con noncuranza alzando gli occhi al cielo. «Charlie non vuole metterci mano, e Bella ha questa assurda convinzione che io sia troppo perfetta per vederla nuda», continuò divertita.

Si accarezzò il mento distratta, e un lieve sorriso le increspò gli angoli delle labbra.

Ma a che diavolo stava pensando?

Più per curiosità che per altro, decisi di dare un’occhiata alla sua mente.

 

OH MIO DIO.

 

Non che in precedenza mi fossi astenuto dall’immaginare una scena del genere… ma di solito nelle mie fantasie ero io quello nella doccia con Bella!

 

Ciò che vidi nei pensieri di Alice, tuttavia, andava ben al di là di ogni mia fantasia, di ogni mio sogno, di ogni mia immaginazione.

La gamba ingessata di Bella spuntava dal box doccia mentre Alice si girava affaccendata intorno a lei.

Si spostò di lato per prendere qualcosa dal beauty case, e in quel momento il respiro mi si bloccò in gola.

Non avevo mai visto in cento anni niente di così perfetto, di così sconvolgente.

 

Le gambe slanciate, la vita sottile, i fianchi leggermente pronunciati, la lieve curva del seno con l’areola rosata dei capezzoli appena accennata, il triangolino nero di peli pubici ben visibile sul corpo pallido…

Era una visione, semplicemente la creatura più bella che avessi mai visto.

Avrei dato qualsiasi cosa per poterla accarezzare, per sfiorare con le mie labbra gelide ogni centimetro di quella pelle perfetta.

 

La volevo, in modo assoluto e disperato.

Volevo che fosse mia, completamente, nell’anima, nel corpo, nella mente e nel sangue.

Tutto di lei doveva portare il marchio delle mie labbra, il sigillo delle mie carezze ; tutto il suo corpo doveva gridare che Isabella Marie Swan non avrebbe conosciuto altra bocca e altre mani che quelle di Edward Anthony Masen Cullen.

 

Nemmeno mi accorsi che Carlisle ed Esme se n’erano andati, e che Jasper mi osservava allarmato, gli occhi topazio grandi come piattini.

Tutta la mia concentrazione girava intorno ad un unico pensiero: Bella, nuda, nella doccia.

Già al “Bella” avrei potuto perdere la testa; con “nuda” sfiorai più volte la pazzia, ma se fossi stato un comune essere umano quel “nella doccia” mi avrebbe ucciso all’istante.

Credo che sarei morto per arresto cardiaco e, probabilmente, anche per iperventilazione.

Per fortuna sono un vampiro.

A volte ha i suoi vantaggi.

 

Non mi restavano molte alternative: o tornavo a sbirciare nella mente di Alice, o mi dedicavo ad altre e meno pericolose attività, come un angolo della mia mente continuava educatamente a suggerirmi di fare.

La lotta con la mia coscienza fu eccezionalmente breve, e con un sospiro tornai a concentrarmi sui pensieri della mia sadica sorellina.

 

In un istante, tornai al bagno di Bella.

Eccomi.

Il vampiro più sfigato della storia, ridotto a guardare la propria ragazza nuda dalla mente della sorella.

Mi sentivo un pervertito.

Con la differenza che un pervertito non sbircia nelle teste altrui.

 

Bella era voltata di spalle, e Alice le insaponava dolcemente la schiena, sfregando con una spugna morbida la sua pelle di seta.

«Un giorno potrebbe esserci Edward al mio posto», disse Alice con una punta di malizia nella voce.

Sorella degenere!

Bella si girò di scatto, le guance imporporate da quell’irresistibile rossore di cui ormai non avrei più potuto fare a meno.

«Alice! Smettila ti prego! Sono certa che Edward non vorrebbe mai…»

«Oh, si che vorrebbe!», esclamò Alice ridendo.

Poi, senza lasciarle il tempo di rispondere, si tese ad afferrare un asciugamani pulito.

«Ora sciacquati. Veloce, o prenderai freddo».

Con le guance ancora arrossate, Bella si sporse ad aprire l’acqua, che scese veloce in una nuvola di vapore.

Le gocce le scivolavano sui capelli profumati, sulle spalle lisce, sulla schiena in rivoli caldi.

 

Credevo di aver superato il peggio, ma quando la vidi inarcare la schiena all’indietro con un movimento inconsapevole e sensuale, appoggiando delicatamente una mano alla parete di vetro del box, e sollevare il viso fino a quando le labbra carnose e perfette non incontrarono il getto d’acqua, una carica di desiderio che non avevo mai provato m’investì, un’ondata tanto intensa da stupirmi.

 

Battei con forza le mani sul pianoforte da cui si levò una nota di protesta acuta e sgraziata, e mi alzai di scatto.

«Vado a caccia», annunciai disperato, e sono certo che a Jasper non sfuggì il tremito angosciato nella mia voce.

«Sbaglio o ci sei andato ieri con Carlisle ed Emmett?», domandò prevenuta la mia perfida sorella.

Le lanciai un’occhiataccia.

«Ho sete», risposi irritato.

Poi corsi verso la porta, deciso a mettere più distanza possibile tra me e le mie deplorevoli tentazioni.

 

Mentre correvo avevo davanti agli occhi l’immagine di Bella avvolta dall’acqua calda, in quella posa così dannatamente sexy, e immaginai i suoi mormorii eccitati se solo fosse stata in balia delle mie mani.

 

Di nuovo mi colpì il bisogno urgente di toccarla, di approfondire quei baci a fior di labbra che avevano sempre segnato il confine ultimo della nostra intimità, di trascinarla sul divano di pelle della mia stanza e passare ore, giorni anche, ad esplorare ogni parte di lei.

Maledizione, basta!

Dovevo smettere di pensarci, smettere di illudermi, smettere di sognare qualcosa che non avrei mai potuto concedermi.

Era troppo, troppo pericoloso.

Avrei potuto farle del male.

Avrei potuto ucciderla.

 

Il pensiero di lei immobile, uccisa dalla mia incapacità di frenare un istinto umano che, per mia stessa natura, nemmeno avrei dovuto avere fu sufficiente a placare almeno in parte le ondate di desiderio che mi assalivano.

Ne rimaneva comunque abbastanza da farmi impazzire.

 

Afflitto, mi accasciai sul tappeto erboso della foresta, con la schiena appoggiata ad un albero, incurante della pioggia che grondava dalle chiome e dell’erba umida che mi inzuppava i pantaloni.

 

Per quanto fossi consapevole della masochistica ostinazione a ripensarci, ancora e ancora, non riuscivo a scacciare dalla mia mente quell’immagine di assoluta perfezione.

 

Quando l’idea si fece strada tra i miei pensieri la allontanai con violenza, disgustato da me stesso e dalla bassezza dei miei istinti.

Ma il desiderio non accennava a diminuire; al contrario, si gonfiava in onde sempre più devastanti.

Il corpo di Bella mi vorticava in testa, straziante, e ai ricordi di Alice si sommavano ora le mie fantasie, pensieri che avevo nascosto per mesi in un angolo della mia mente.

 

Immagini di Bella sdraiata languidamente sul mio divano, del suo avanzare lenta e seducente verso di me, del suo corpo nudo che si contorceva in estasi sopra e sotto il mio, delle sue labbra socchiuse che invocavano il mio nome, di baci roventi e intime carezze appena accennate.

 

Di nuovo il pensiero strisciò fino alla superficie della mia consapevolezza, più potente e più forte che mai.

No! Maledizione, no! Non era così che ero stato educato, non era così che ero cresciuto, non era così che funzionavano le cose nel mio mondo.

Mi alzai di scatto, cercando di arginare i pensieri che la mia mente continuava a gettarmi addosso in ondate sempre crescenti, respirai profondamente e corsi disperato verso casa.

In soggiorno Alice e Jasper guardavano un vecchio film in bianco e nero, seduti uno di fianco all’altra.

Di sopra sentivo i rumori degli altri.

Esme e Carlisle che parlavano della giornata di lavoro in ospedale, Emmett e Rosalie che… no! Non dovevo pensarci.

 

Mi diressi verso il divano, e agguantai Alice per il colletto della maglia, sollevandola di peso dal divano, cercando di tenermi il più possibile alla larga dai suoi pensieri.

Jasper mi guardava con curiosità, ma senza paura; per quanto potessi essere irritato, non avrei mai fatto del male a mia sorella.

 

«Mai più, Alice. Mai più.» le soffiai contro, quasi sibilando, con il respiro accelerato.

«Edward? Ti senti bene?» domandò sorpresa.

Sbuffai infastidito.

«Non pensare MAI PIU’ a Bella nella doccia. Mai più. Mai. Più.»

La vidi osservarmi per un istante, prima che la consapevolezza si facesse strada dentro di lei.

Poi sogghignò.

«Non ci saresti riuscito, comunque. L’ho visto.» rispose con aria di sufficienza.

 

D’OH!

  
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