Nome
autore (su efp e sul forum): Fiamma
Erin Gaunt (EFP)/Kyra Nott (Forum)
Titolo storia: Philophobia
Breve introduzione: Clarisse è coraggiosa, non teme nulla.
Questo è quello che
tutti i semidei pensano di loro. Quello che non sanno è che
esiste qualcosa che
Clarisse teme ed è proprio ciò che riesce a
influenzare anche Reyna.
Note Autore (se necessarie): Il titolo è il nome di una
fobia, precisamente la
paura d’amare, che è un po’ il filo
conduttore della storia. “Lo spettro del
suo stesso dolore” negli occhi di Reyna è dovuto
al dolore per la morte di
Piper durante la guerra.
Genere: Introspettivo; Angst
Avvertimenti: Femslash – What if
Personaggi: Clarisse/Reyna; accenni Clarisse/Silena; accenni
Clarisse/Chris;
accenni Reyna/Piper.
Pacchetto (specificare in questa voce gli elementi utilizzati
-prompt,limitazione, obbligo-): Falce – utilizzati tutti gli
elementi
Philophobia
Tre
mesi.
Erano
passati tre lunghi mesi dalla fine della guerra.
Ancora
adesso, sdraiata sul suo letto nella Casa Cinque,
Clarisse non riusciva a credere al delirio in cui era caduta la sua
vita in
quegli ultimi anni.
Aveva
perso la sua unica migliore amica. Ancora adesso
faticava a capire perché una figlia di Ares si fosse trovata
legata
indissolubilmente a una di Afrodite. Erano gli scherzi del destino.
Quello
stesso destino che le aveva fatto capire di amare
quella bellissima semidea dalla liscia chioma corvina e gli occhi blu.
Consapevolezza che era durata poco, appena lo sfiorare fugace di due
paia di
labbra prima che Silena le voltasse le spalle e tornasse a combattere.
Il campo
di battaglia non era mai stato il suo posto, armi e gloria non le
interessavano, eppure aveva messo in gioco se stessa per togliersi di
dosso l’onta
del tradimento.
Era
un’eroina la sua dolce Silena.
Era
un eroe, seppur a modo suo, anche Chris.
Loro
tre avevano formato un bel gruppo fin dal primo momento
in cui avevano messo piede al Campo Mezzosangue. Si erano trovati
subito e a
Clarisse non era sfuggito il modo in cui il figlio di Ermes la
guardava.
Sorrideva in modo dolce, ammiccava maliziosamente, e la coinvolgeva nei
suoi
innumerevoli scherzi.
Nessuno
avrebbe mai pensato che si sarebbe ripreso dopo
essere scampato al labirinto di Dedalo, ma ce l’aveva fatta.
Era un ragazzo
forte, molto più di quanto tutti gli altri pensassero, e lei
lo sapeva bene.
Bisognava per forza essere forti quando la tua ragazza piangeva
disperatamente
la morte di una persona che non eri tu.
Perché
Clarisse era certa che Chris avesse sempre saputo,
nel profondo, che tra lei e Silena non c’era solo una forte
amicizia. Che
avesse saputo leggere gli sguardi d’amore che si scambiavano
quando credevano
che nessuno prestasse loro attenzione. Non aveva mai detto nulla,
però, e si
era limitato ad accettare l’amore fraterno che Clarisse gli
aveva donato.
E
avrebbe quasi potuto non sentirsi troppo in colpa nei suoi
confronti se non avesse agito in modo tanto stupido.
Quella
freccia era diretta a lei, ma Chris si era messo in
mezzo. Aveva sgranato appena gli occhi mentre la punta penetrava nella
carne e
il sangue cominciava a zampillare copiosamente. L’aveva
tenuto stretto tra le
sue braccia finchè non aveva emesso l’ultimo
respiro.
Aveva
sofferto. Era stato un dolore intenso quasi quanto
quello che aveva provato quando Silena l’aveva lasciata. E
insieme al dolore
era giunta una nuova consapevolezza: l’amore era uno schifo.
Si
era fatta una promessa: non si sarebbe mai più
innamorata.
Aveva
sofferto abbastanza nell’arco della sua giovane vita a
causa di quello spietato sentimento e mai più avrebbe
permesso alla felicità di
sconvolgerla per poi abbandonarla con la rapidità di un
battito di ciglia.
Mai
più.
Non
importava quanto fossero profondi gli occhi di quella
figlia di Bellona, che celavano lo spettro del suo stesso dolore,
né quanto
fosse bella la sua carnagione dorata.
Pensare
a lei le causava una strana sensazione.
Quando
immaginava Reyna stretta tra le sue braccia, ansimante
per il piacere della loro pelle nuda a contatto, oltre al desiderio
avvampava
in lei uno stato ansioso. La nausea l’assaliva e il cuore
prendeva a
martellarle nel petto. Aveva già avuto le farfalle nello
stomaco, ma nulla si
riconduceva a ciò che provava in quei momenti.
Era
panico.
Una
strana forma in effetti, mista a un desiderio bruciante,
ma pur sempre panico.
Non
voleva amarla.
Non
voleva provare più niente.
Si
rigirò tra le mani la spada.
Era
stato un dono di suo padre. Quando Ares gliel’aveva
porta le aveva detto che l’avrebbe aiutata in ogni modo
possibile.
Forse
era arrivato il momento di smettere di avere paura.
Forse
la lama l’avrebbe davvero aiutata …
l’avrebbe salvata
e avrebbe scacciato via quella paura.
Si
inginocchiò, puntando la lama verso l’alto come
facevano
i guerrieri nell’antichità, e si lasciò
cadere a peso morto.
Il
dolore fu intenso solo ma durò solo una manciata di
secondi.
Poi
tutto ciò che avvertì fu l’oblio.
Lei
era Clarisse la Rue, orgogliosa figlia di Ares, e non
temeva la morte … la sua unica paura era l’amore.
[696
parole]
Spazio
autrice:
Sinceramente
non so neanche io come mi sia venuta in mente una cosa del genere. Mah,
ho una
mente tanto contorta …
Coooomunque,
spero che questa brevissima storia non vi abbia fatto troppo schifo e
che
vogliate farmi sapere
che ne pensate.
Alla prossima.
Baci
baci,
Fiamma
Erin