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Autore: BebaTaylor    07/11/2014    2 recensioni
Lauren ha perso il fidanzato Sean poco prima di Natale ed è distrutta ma ha Jason — migliore amico di entrambi — che fa di tutto per farla sorridere, che però non è felice del fatto che Lauren abbia riallacciato i rapporti con Dean, il nipote della vicina di casa. E Lauren si troverà a scegliere: Jason e il suo amore, la sua dolcezza, la sua reverenza o Dean e la passione bruciante che prova per lui?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Burn

It doesn't take much to learn
when the bridges that you burn
It doesn't take much to cry
when you're living in a lie
And deceiving that someone who cares
If I could turn back the time
I would put you first in my life
[Don't say is too late — Westlife —]


1.


Dean guardò sua nonna Elaine mentre versava il caffè nelle tazzine di ceramica del servizio buono, quelle bianche con il bordo oro — come i piattini —, aveva detto più volte a sua nonna che a lui andava bene qualsiasi tazzina ma Elaine non voleva sentire ragioni: anche se Dean era suo nipote — l'unico maschio — era pur sempre un ospite, per tanto bisognava trattarlo come tale quindi, in quel caso, usare le tazzine e i piattini del servizio buono e non quelle spaiate.
«Hai pensato a cosa fare per il tuo venticinquesimo compleanno?» domandò la donna posando sul tavolo della cucina il piccolo vassoio rosso con sopra due tazzine e relativi piattini, due cucchiaini, una piccola caraffa — con lo stesso bordino oro delle tazzine — piena di latte, la zuccheriera e un piattino con dei biscotti al burro.
Dean sorrise, mise un cucchiaino di zucchero nel caffè e lo girò lentamente, «Non lo so.» rispose, «Una festa con i miei amici e Georgia.»
«Dovresti invitare anche Lauren.» esclamò Elaine, «Povera ragazza...»
Dean non disse nulla e girò il cucchiaino nella tazza, «Come sta?» domandò.
Elaine sospirò e posò la tazzina sul piattino. «Come al solito.» rispose, «A quest'ora dovrebbe essere una sposina felice, non una ragazza in lacrime per il povero Sean.»
Dean annuì. Lauren e Sean si sarebbero dovuti sposare il mese prima — il sette febbraio — invece Sean si era ammalato ed era morto poco prima di Natale, lasciando la sua famiglia e Lauren sconvolti. «Lo farò.» disse pensando che non gli costava nulla farlo e non sarebbe stata la prima volta che la invitava, anche se quando l'aveva fatto l'ultima volta era stato nove anno prima. Sorseggiò il caffè e sorrise a sua nonna.

Dean chiuse il cancello alle sue spalle e guardò la macchina nera fermarsi accanto alla sua, vide Lauren scendere e si avvicinò a lei. «Ciao, Lauren.» la salutò.
«Oh... ciao, Dean.» disse lei chiudendo la portiera. «Tutto bene?» chiese.
Lui annuì e si schiarì la voce, «Sì.» rispose incominciando a sentirsi in imbarazzo, quasi si stesse pentendo di aver detto alla nonna che avrebbe invitato Lauren al suo compleanno — non aveva cinque anni! —, ma sapendo che se non lo avesse fatto sua nonna glielo avrebbe ricordato fino allo sfinimento. «Tu come stai?» chiese.
Lauren sospirò, «Certi giorni va bene, altri peggio.» rispose, «Tutto sommato sto abbastanza bene.»
Dean inspirò a fondo e le sorrise, «Ecco... sai che fra tre settimane è il mio compleanno...» disse e Lauren annuì, «Ecco, volevo sapere se ti andava di venire.»
Lauren spalancò gli occhi azzurri, «Io... non lo so.» rispose, «Cosa pensi di fare?»
Dean la guardò e sorrise abbassando la testa. «Non ne ho idea.» ammise, «Pensavo qualcosa di tranquillo, magari farmi prestare la taverna dalla nonna, invitare un paio di amici e mangiare una pizza per poi andare a bere una birra da qualche parte.» disse dopo aver rialzato il viso.
Lauren annuì lentamente, come se stesse decidendo in quell'istante. «Ti faccio sapere in settimana.» disse, «Tanto il tuo numero ce l'ho.»
Lui sorrise, «Va bene.» esclamò, «Adesso devo andare, devo vedere Georgia.»
«Okay.» disse Lauren, «Come sta la tua ragazza?» chiese facendo un piccolo sorriso.
Dean sorrise ancora di più pensando a Georgia — stavano insieme da quasi un anno — «Sta bene.» rispose, «Adesso sta facendo la baby sitter al suo nipotino. Una vera peste.» disse, «L'ultima volta si è arrampicato sulla libreria... se ti distrai un attimo lo trovi ovunque tranne dove l'avevi visto due secondi prima!»
Lauren rise e Dean ne fu felice, era da tanto che non la vedeva ridere. «I bambini piccoli sono terribili!» disse, «Li lasci soli due minuti e quando torni stanno tramando per conquistare l'universo!»
Dean annuì, «Sì, è così.» disse divertito. «Adesso devo andare, ci sentiamo, allora. Fammi sapere.» aggiunse e agitò la mano in segno di saluto ed entrò in macchina e guardò Lauren che apriva il cancello ed entrava in casa sua. Avviò l'auto e partì.

«Ho chiesto a Lauren se vuole venire al mio compleanno.» disse Dean sentendosi come un bambino che confessava alla mamma che aveva invitato la bambina che gli piaceva.
«Ah, bene.» esclamò Georgia, «Come sta?»
Lui scrollò le spalle. «Dice di stare bene, ma non sembra.» rispose, «Comunque ha detto che ci penserà e mi farà sapere.» inspirò a fondo e strinse la mano di Georgia — il pensiero di poterla perdere come Lauren aveva perso Sean lo faceva stare male ogni volta che ci pensava — e sorrise, «Nonna mi ha detto che l'ha sentita litigare di nuovo con Jason finché sua madre non l'ha buttato fuori di casa.»
«Lui vuole solo aiutarla.» disse Georgia.
Dean alzò le spalle, «Sì, ma non può costringerla a fare quello che non vuole.» esclamò. «Insomma, a quanto mi ha detto nonna non è che non esce mai, va al lavoro, va a fare la spesa, esce con Jason e gli altri una volta a settimana...»
«Jason vuole che Lauren stia bene.» commentò Georgia, «Sai, anche se conosco appena Jason, credo che provi qualcosa di più che amicizia per Lauren.»
«Tu dici?» chiese Dean e si sentì curioso di saperne di più.
Georgia alzò le spalle. «Penso di sì.» rispose e sorrise, posò le mani sulle spalle del ragazzo e piegò di lato la testa. «E ora...» mormorò, «Che ne dici di lasciar perdere Lauren e Jason e concentrarci su di noi?» domandò.
Dean rise e le posò le mani sui fianchi, «Mi sembra un'ottima idea.» mormorò prima di baciare le labbra di Georgia.

✫✫✫

«Tu cosa?» strillò Jason, «Cosa vorresti fare?»
Lauren abbassò il viso e infilò il pollice destro in bocca e iniziò a mordicchiare le pellicine attorno all'unghia. «Dean mi ha invitato...» mormorò, «E io ci vorrei andare.» aggiunse alzando il viso e trovandosi davanti lo sguardo furioso di Jason.
«Perché se ti chiedo di fare una cosa io inventi mille scuse mentre se lo fa lui dici subito di sì?» esclamò il ragazzo.
«Bhe, è la prima volta che mi invita.» replicò Lauren, «Insomma, l'ultima volta che l'ha fatto aveva sedici anni.»
«Non è una buona ragione.» replicò lui incrociando le braccia al petto, «Lau...» sospirò, «Perché vuoi andarci?»
«Perché mi ha invitato.» rispose lei togliendosi il pollice dalla bocca.
«E perché se ti chiedo io di uscire dici di no?»
«Perché tu non me lo chiedi, tu mi obblighi, che è ben diverso.» esclamò lei e afferrò le posate e iniziò a tagliare la bistecca che aveva nel piatto.
«Io non ti obbligo!» squittì Jason.
Lauren sospirò e infilò in bocca un pezzo di carne, «Ah no?» chiese dopo aver bevuto un sorso d'acqua, «E l'altro giorno, quando mi stavi trascinando fuori di casa?»
«Mi avevi detto che ci saresti venuta!»
«Prima di scoprire che mi sarebbe venuto mal di pancia!»
«Era solo una scusa!»
Lauren sospirò, «Questo lo dici tu.» disse, «E comunque, più fai così più mi fai venire voglia di andarci a quel dannato compleanno!» esclamò, «Anzi, sai cosa ti dico: io ci vado e appena finisco di mangiare vado a cercare un regalo e ci vado da sola!»
Jason la fissò per qualche secondo, «Sei una testona.» borbottò, «Credo che sia inutile insistere.» disse.
«Esatto.» esclamò lei, «Prometto che usciamo insieme la prossima settimana.» aggiunse e Jason sorrise.
«Guarda che me lo segno!» disse lui, «Magari andiamo a farci un giro al centro commerciale con gli altri.» propose.
Lauren tagliò un pezzo della bistecca e lo infilò in bocca, «Va benissimo.» disse, «Venerdì iniziano i saldi al negozio di elettrodomestici.» esclamò, «Dovrebbe esserci la piastra che voglio in offerta.»
«Pensavo di regalartela per il compleanno.» mormorò Jason.
Lauren sorseggiò l'acqua, «Il mio compleanno è a giugno.» gli fece notare, «Mancano tre mesi.» disse, sparando che Jason non tirasse fuori qualche proposta su come festeggiare il suo compleanno perché lei non avrebbe voluto festeggiare nulla. Sorrise, «Io la voglio adesso.»
Jason annuì, «Okay.» disse, «Vorrà dire che dovrò prenderti qualcos'altro.»
Lauren annuì e continuò a mangiare. «Perfetto.» commentò.

Lauren uscì del quarto negozio che aveva visitato quel pomeriggio e sbuffò arrabbiata perché non aveva trovato nessun regalo per Dean.
Entrò in auto e picchiò il pugno contro il volante. Non sapeva cosa regalare a Dean, non conosceva i suoi gusti e non voleva chiamare Elaine per chiedere un consiglio perché si vergognava troppo a farlo. Cercò di ricordarsi cosa gli aveva regalato quando aveva compiuto sedici anni ma non le venne in mentre nulla.
Sospirò di nuovo e alzò gli occhi e sorrise quando vide il cartello pubblicitario di un negozio di giocattoli. Non le era venuto in mente cosa gli avesse regalato ma si ricordò cosa gli aveva regalato Elaine l'anno prima, dato che gliela aveva mostrato prima d'incartarlo.
Avviò l'auto e si sentì contenta.
Venti minuti dopo entrò nel negozio di giocattoli e gironzolò fra le varie corsie fino a quando non trovò quello che cercava.
Guardò le scatole del meccano, indecisa su quale prendere, poi afferrò la confezione più grande e una di quelle di dimensione medie e andò alla cassa. «Può farmi una confezione regalo?» domandò alla cassiera.
«Certo.» rispose quella, «Come vuole la carta?»
Lauren ci pensò qualche istante, «Blu o azzurra in tinta unita, grazie.» rispose e si sentì felice, ora doveva solo avvisare Dean che ci sarebbe stata al suo compleanno.

✫✫✫

Dean fissò con sorpresa Lauren davanti al cancello della casa di sua nonna, non era sorpreso di trovarla lì — dopotutto erano vicine di casa e si conoscevano da sempre, quindi era normale che andasse a trovarla — quello che lo sorprese era la scatola in mano alla ragazza, scatola da cui spuntava un sacchetto di farina.
«Che succede?» domandò avvicinandosi a Lauren.
«Oh, Dean, ciao.» disse lei, «Ho fatto la spesa per tua nonna.» aggiunse e sorrise.
Anche Dean fece lo stesso, «Perché?» chiese, «Avrei potuto andarci io.»
Lei alzò le spalle «Dovresti chiederlo a lei.» disse e sorrise, si girò verso la porta d'ingresso quando quella si aprì e apparve Elaine, con il piede sinistro fasciato.
«Nonna!» esclamò Dean preoccupato e aprì il cancelletto, fece passare Lauren e lo richiuse. «Cosa ti è successo?»
«Nulla di grave.» rispose la donna, «Solo una distorsione.» disse e sorrise, «Non fare il maleducato! Aiuta Lauren, non vedi che la scatola è pesante?» esclamò.
Dean abbassò il viso come faceva sempre quando veniva sgridato da sua nonna; si girò verso Lauren e rimase sorpreso quando la vide ridacchiare, le sorrise e prese una scatola. I tre entrarono in casa e Dean guardò Lauren che parlava con Elaine.
«Metti a posto, Dean.» ordinò, «E poi prepara del tè.» aggiunse, «E tu, cara, siedi.» disse guardando Lauren.
«Ma non vorrei disturbare...» disse la ragazza mentre Dean iniziava a mettere a posto la spesa, «Ecco qui il resto.» aggiunse dando alcune banconote e un paio di monetine a Elaine.
«Tu non disturbi mai.» esclamò la donna, «Su, su, siediti.» disse con un sorriso. Dean si voltò e vide Lauren sedersi, lei lo guardò e gli sorrise.
Dean si girò di scatto e finì di sistemare mentre Lauren e sua nonna chiacchieravano — anzi, sparlavano — dei vicini. Era da tempo che non passava più di due minuti con lei — escludendo le brevissime conversazioni quando si incont
ravano fuori di casa o mentre erano in giro.
«Tesoro, prepara il tè.»
«Sì, nonna.» disse lui alzando gli occhi al cielo e prese il necessario.
«Non quelle tazze!» lo sgridò Elaine e Dean annuì lentamente, afferrò le tazze del servizio buono e le posò sul tavolo, «Prendi la teiera e i biscottini.»
«Sì, nonna.» disse Dean.
«Non è necessario, Elaine.» esclamò Lauren ma non insistette troppo guardando Elaine.
Dean mise a scaldare l'acqua e si sedette al tavolo rotondo, fra sua nonna e Lauren; la guardò e fu sorpreso dal suo sorriso e si chiese come mai sorridesse in quel modo, cosa la rendesse felice; si disse che non erano affari suoi e che era bello che Lauren avesse ritrovato il sorriso, perché se lo meritava, di questo era certo, nessuno meritava di soffrire quanto aveva sofferto lei. Il pensiero di perdere Georgia lo colpì come un pugno nello stomaco e si fermò con la scatola delle bustine da the in mano, non voleva perderla, l'amava e voleva stare con lei; strinse le labbra al pensiero che quello che era successo a Sean e Lauren poteva accadere a lui e Georgia.
Fissò l'acqua che si scaldava nel pentolino e inspirò a fondo, poi si girò e guardò sua nonna e Lauren che chiacchieravano come se lui non ci fosse, sorrise e si rilassò, dimenticandosi di tutti i cattivi pensieri.

✫✫✫

Lauren sgranò gli occhi. «Non me l'avevi detto!» esclamò. «Non mi avevi detto che rimanevamo chi per cena e il film!» disse, sentendo le guance rosse per lo rabbia e l'umiliazione di essere stata presa in giro — cosa che non aveva mai sopportato.
Jason sospirò e le prese la mano ma Lauren si divincolò e fece un passo indietro. «L'ho fatto perché sapevo che avresti detto di no!» replicò.
Lauren sbuffò, «Io non voglio stare qui.» disse e incrociò le braccia al petto, facendo tintinnare i bracciali che aveva ai polsi.
«Lau...» sospirò Jason, «Non fare così.» disse e riuscì a prenderle la mano. «Rimani qui, per favore.»
«No.» esclamò lei, «Io non voglio.» disse, sentendo la voce che tremava.
«Lauren.»
Lei lo guardò e fissò gli altri amici dietro Jason. «Non potete obbligarmi a rimanere se non voglio.» disse furiosa che Jason avesse monopolizzato, ancora una volta, la sua vita. «Devi smetterla di fare così.» aggiunse, con voce più ferma.
«E come pensi di tornare?» le domandò Jason.
«In autobus.» replicò lei, strinse i manici delle borse e si avviò all'uscita più vicina. «Non sarebbe la prima volta.» disse voltandosi per un istante verso il suo migliore amico e sorrise, incominciando a sentirsi più sicura di prima.
«Lau!» la chiamò Jason, «Aspetta!» disse e la inseguì fuori dal centro commerciale. «Dai, non fare così... sarà divertente, siamo tutti insieme... ti farà bene distrarti!» cercò di convincerla, «Lau... hai bisogno di...» s'interruppe e sospirò quando vide lo sguardo furioso dell'amica.
«Io non ho bisogno di... distrarmi!» ribatté Lauren, si spostò dalle porte automatiche e si avvicinò a una panchina di pietra, «Sono venuta qui, con te, cosa vuoi di più?»
«Voglio vederti felice.» disse lui prendendole la mano.
«Sean è morto.» ribatté lei, il tono piatto, quasi tagliente. Le faceva male ricordarlo, la ferita per la sua perdita era ancora fresca e sentiva il cuore stringersi in una morsa ogni volta che ci pensava, ogni volta che si ricordava che non avrebbe più visto gli occhi verdi di Sean e il suo bel sorriso.
«Lo so, piccola.» sospirò Jason. «Ma lui non avrebbe voluto vederti così.»
Lauren abbassò la testa e si morsicò il labbro inferiore, ogni volta che pensava al suo fidanzato le veniva voglia di nascondersi e piangere.«Di certo se mi menti e se mi fai stare fuori con l'inganno non mi rendi felice.» esclamò alzando il viso, posò i sacchetti sulla panchina e sistemò il collo della camicia di jeans, «Così non mi distrai ne mi rendi felice... mi fai solo incazzare.»
Jason fece un respiro profondo, «Lauren...» mormorò, «Scusami.» disse, «Dai, torna dentro.»
«No.» esclamò lei e riprese i sacchetti, «Vado a casa, voglio farmi un bagno con le palle effervescenti che ho preso e provare la piastra.»
«Puoi farlo anche domani.»
«Io voglio farlo oggi.» replicò Lauren, «Domani non ho tempo, devo andare a cena da mio padre.»
«Per favore.» ripeté Jason e le prese la mano, «Non arrabbiarti.» disse e le sorrise.
«Io non sono arrabbiata.» sospirò lei e fece un passo indietro, togliendosi dalla presa di Jason. «Io sono incazzata e furiosa con te, mi hai mentito, preso in giro... mi hai detto una cosa che poi in realtà non è vera.» disse, «Ci sentiamo domani.» aggiunse, «Ciao.» esclamò e si voltò, dirigendosi verso la fermata dell'autobus, sentendosi ancora infuriata.
«Lauren.»
«Che c'è? Ti ho detto che non rimango!» sbraitò voltandosi, «Oh, Dean.» disse e arrossì, «Scusa, pensavo che fossi Jason.»
«Non preoccuparti.» disse lui e sorrise, «Stai tornando a casa?»
Lei annuì e si avvicinò a lui, «Sì, ci dovrebbe essere un bus fra una decina di minuti.»
Dean chiuse il bagagliaio dell'auto, «Ti porto a casa io.»
«Non vorrei disturbare.» mormorò lei.
«Nessun disturbo, tanto devo passare dalla nonna.» disse Dean.
«Andiamo?»
Dean si girò verso Georgia e le sorrise e Lauren chiuse per un istante gli occhi, ricordandosi i sorrisi che Sean le rivolgeva.
«Viene anche lei.» disse Dean e lei aprì gli occhi, «Ti ricordi di Lauren, vero?»
Georgia annuì, «Sì, certo.»
Lauren le sorrise e si sedette sul sedile posteriore dell'auto, dietro a Dean e sistemò la borsa e i sacchetti accanto a lei.
«Va tutto bene?» chiese Dean, «Ti avevamo visto in giro con Jason.»
Lauren alzò le spalle, «Sì.» rispose, «Insomma, diciamo che mi ha organizzato la serata senza chiedermi se avessi altri impegni.» aggiunse e guardò davanti, incrociò lo sguardo di Dean che la fissava dallo specchietto retrovisore e sorrise, sorrise anche lui e lei distolse lo sguardo, posandolo su Georgia, che guardava il paesaggio che scorreva fuori dal finestrino.
«Cosa hai preso di bello?» domandò l'altra girandosi verso di lei e Lauren sentì le guance andare a fuoco e sperò che fosse solo una sua sensazione, «Ehm... alcune di quelle palle che butti nella vasca da bagno e fanno la schiuma, un paio di jeans e una maglia... e la piastra, quella che era in offerta al negozio di elettrodomestici.» rispose.
Georgia le sorrise e si tolse gli occhiali da sole — li aveva in testa, come se fossero un cerchietto —, «Sei riuscita a prendere la piastra? Quando sono arrivata io non c'era già più.» commentò.
«Quando l'ho presa io ne erano rimaste due, esclusa la mia.» disse Lauren e ridacchiò quando vide l'espressione delusa sul volto dell'altra, «Sarà stata lì verso... boh, le due.»
«Ecco, te l'avevo detto che dovevamo venire prima!» esclamò Georgia e pizzicò il braccio di Dean che si limitò ad alzare gli occhi al cielo.
«Scusa.» borbottò lui.
«Potresti sempre fartela regalare da lui.» ridacchiò Lauren.
Georgia le sorrise e guardò il duo ragazzo, «Giusto!» disse, «Allora... mi regali la piastra al mio compleanno?»
«Voi ragazze siete sempre d'accordo.» sbuffò Dean, «E va bene.» acconsentì, «Se proprio la vuoi così tanto...»
Lauren ridacchiò, anche se avrebbe voluto solo piangere. Quello scambio innocente di battute le ricordava troppo Sean, così respirò piano e infilò in bocca una caramella che aveva preso dalla borsa.
Per il resto del viaggio parlarono del più e del meno, evitando qualsiasi argomento personale, e Lauren si rilassò, molto più con loro che con Jason e gli altri.
In breve arrivarono e Dean posteggiò davanti a casa di Elaine e di Lauren.
«Grazie per il passaggio.» disse la giovane, «Comunque... per la festa ci sono.» aggiunse.
Dean le sorrise, «Okay.» disse, «Stavamo pensando di ordinare qualche pizza gigante e mangiarla qui, nella taverna di mia nonna, e poi, magari, andare a berci una birra nella sala giochi.»
Lauren annuì e sorrise, «È un bel... programma.» esclamò, «Mandami un messaggio per farmi sapere l'ora.» aggiunse.
Anche lui sorrise. «Certo.» disse, «Ti farò sapere in un paio di giorni, devo sentire gli altri.»
Lauren annuì, «Io vado, ci vediamo.» disse, «Ciao, Dean. Ciao Georgia.» li salutò ed entrò in casa.
Sistemò i suoi acquisti in camera sua, sul letto e si sdraiò su di esso, senza togliersi la giacca e chiuse gli occhi, respirando profondamente. Il suo telefono squillò e lei lo prese, vide il nome di Jason lampeggiare sullo schermo e sospirò. «Cosa vuoi?» sbottò.
«Sei già a casa?» le chiese lui.
«Mi ha portato Dean.» rispose lei.
«Dean? E chi è?» «Il nipote di Elaine.» disse lei. «E sì che lo conosci, eh.» borbottò, «Era lì con la sua ragazza, doveva andare dalla nonna e mi ha offerto un passaggio, dovevo dire di no?»
«Bhe... sì!» esclamò Jason, «Avrei potuto accompagnarti io oppure avresti dovuto prendere l'autobus come avevi detto.» disse, «O, ancora meglio, saresti potuta rimanere qui con noi!»
«Mi hai fatto girare le scatole.» ricordò lei. «E comunque... perché devo rifiutare un passaggio da parte di Dean?00
» «Perché non lo conosci!»
«Ma se lo conosco da quando sono nata!» replicò Lauren, «Insomma, non ci frequentiamo, non siamo amici ma ci conosciamo.» disse.
«Io non lo conosco!» gridò lui, «Credi che Sean sia contento che tu accetti passaggi da gente che conosci, che conosciamo, appena?» domandò.
Lauren chiuse gli occhi e sospirò rumorosamente, «Sei un'idiota.» ringhiò, «Tiri sempre fuori Sean... perché? Perché lo fai?» disse, la voce incrinata dalle lacrime, «E sono sicura che lui non avrebbe detto nulla, anzi sarebbe stato felice... a lui Dean stava simpatico.»
«Lau...» mormorò Jason, «Scusa, ma mi preoccupo per te, Sean mi ha chiesto di starti vicina e di proteggerti...»
A Lauren sfuggì un singhiozzo, riattaccò senza dire nulla e gettò il cellulare sul letto, si raggomitolò e scoppiò a piangere pensando al suo fidanzato che non c'era più.

Jason si sentì stupido e furioso allo stesso tempo: Sean le aveva chiesto di stare accanto a Lauren, di proteggerla e di non abbandonarla. E lui stava facendo di tutto per mantenere quella promessa, stando accanto a Lauren, facendola — costringendola, se necessario — ad uscire con lui e gli altri loro amici. E la proteggeva o almeno ci provava a farlo, ma Lauren era una testona, che accettava inviti a feste di compleanno e passaggi in auto.
Lui conosceva Dean, su questo Lauren aveva ragione, ma nonostante ciò non poteva fare a meno di preoccuparsi, in fondo lui Dean non lo conosceva bene, non sapeva nulla di lui, per quanto ne sapesse, poteva essere uno a cui piaceva andare a folle velocità in auto oppure andare in giro con i suoi amici a spaventare le vecchiette... e chissà cos'altro.
«Jason?» lo chiamo Stuart, «Ti sei incantato?»
Lui scosse la testa e sorrise. «Pensavo a Lauren.» disse.
«E dove sarebbe la novità?» lo prese in giro Deacon, un altro amico.
Jason arrossì, «Io... bhe... io...» balbettò, «Io sono preoccupato per lei.» disse, «Insomma è andata a casa con il nipote della vicina di casa...»
«E quindi?» domandò Stuart, «Dov'è il problema?»
Jason lo fissò, domandandosi se fosse completamente scemo o cosa, «Lo conosce appena.» replicò. «Io non avrei accettato, chissà cosa ha in mente quello lì...»
Deacon alzò gli occhi al cielo. «La stessa cosa che hai in mente te, suppongo.» disse, «Ma dato che, a quanto ne so, il nipote di Elaine è fidanzato con la mia vicina di casa probabilmente voleva essere solo gentile e non aveva in mente nessun'altra cosa.»
«Sì, ma io ho fatto una promessa...» replicò Jason, sentendosi sollevato dal fatto che Dean fosse impegnato.
«E piantala con sta storia!» disse Stuart, «La tiri fuori ogni singola volta che Lauren boccia una tua idea!» esclamò, «Insomma... anche io ti direi di no se tirassi fuori ogni singola volta la storia della tua promessa a Sean.»
«Ma lei è sempre in casa, io voglio che si svaghi!» le parole di Jason furono quasi gridate.
«Ma non è sempre in casa!» disse Deacon, «Va al lavoro, mia madre dice che la vede alla panetteria almeno due volte a settimana, va a fare la spesa, esce con te... cosa dovrebbe fare, uscire e ubriacarsi ogni sera?» domandò e scosse la testa, «È questo che Sean non avrebbe voluto vedere, non avrebbe voluto vedere qualcuno che le mente e la costringe ad uscire con sotterfugi vari.»
Jason rimase in silenzio e respirò con il naso. Le cose che Stuart e Deacon gli stavano dicendo erano giuste ma allo stesso tempo sbagliate. Lui aveva fatto quella promessa a Sean e aveva tutta l'intenzione di mantenerla. «Io la sto aiutando.» disse.
«Sì, la stai aiutando,» fece Stuart e infilò le mani in tasca, alla ricerca dell'accendino, «a farti odiare!»
«Non è vero!» squittì Jason, «Lei non mi odia.»
«Ah no?» disse Deacon e prese la sigaretta che Stuart gli stava offrendo. Uscirono dal centro commerciale e si sedettero, in attesa che le loro ragazze, Samanta e Roxane uscissero dalla profumeria, «Mi pare che ti abbia detto che è furiosa, incazzata, arrabbiata, ti ha praticamente detto che sei un bugiardo...» riprese a parlare Deacon, «A me pare sulla buona strada per odiarti.»
«Lasciala stare per qualche giorno, non chiamarla, non mandarle messaggi almeno fino a lunedì.» disse Stuart, «Così lei si rilassa e le passa tutto.» aggiunse, «O forse no, dato che è una ragazza e le ragazze sono tutte strane, sempre, qualsiasi giorno del mese sia.»
Jason annuì, troppo stanco per ribattere.

✫✫✫

Lauren chiuse gli occhi e respirò il profumo alla lavanda sprigionato dalle candele accese che aveva sparso per il bagno e toccò la morbida schiuma bianca che ricopriva il suo corpo. Incominciava a rilassarsi, a dimenticare la litigata di quel pomeriggio. Aveva una serata tranquilla davanti a sé — sua madre era uscita con l'uomo che aveva iniziato a frequentare sette mesi prima — e aveva tutta l'intenzione di rilassarsi, senza pensare a nulla se non a quale dvd scegliere.
Sospirò e si lasciò cullare dall'acqua e dalla musica rilassante che proveniva dallo stero della sua camera.
Un'ora dopo, con indosso una comoda tuta blu scuro, Lauren stava mangiando la pizza che aveva ordinato mentre guardava il telegiornale; non aveva ancora scelto quale dvd guardare ma non le importava.
Fissò il cellulare sul tavolo, colpita dal fatto che Jason non l'avesse chiamata o non le avesse inviato un messaggio, di solito, dopo che litigavano — e ultimamente non facevano altro — lui la chiamava, la sommergeva di messaggi... invece il suo telefono era silenzioso, senza avvisi di chiamate perse o messaggi ricevuti. Un po' le mancavano le attenzioni asfissianti di Jason, che si preoccupava per lei in ogni momento, anche se tendeva ad essere troppo assillante e protettivo, come la chiamata che aveva ricevuto quando era tornata a casa dal centro commerciale, dove Jason aveva dimostrato tutta la sua preoccupazione nei suoi confronti, esprimendo i suoi dubbi nei confronti di Dean. E aveva dimostrato anche la sua gelosia.
Lauren scosse la testa a quel pensiero, Jason non poteva essere geloso di lei, loro erano migliori amici da quasi dieci anni, era stato lui che praticamente l'aveva spinta fra le braccia di Sean, dicendole di superare "qualsiasi sciocca paura che tu abbia". Ricordava ancora chiaramente quelle parole, che giravano nella sua testa. Quindi Jason non poteva essere geloso di lei, non in quel senso, almeno. Lui le voleva bene e di questo ne era certa, quindi il fatto che si preoccupasse per lei era normale, dopotutto.
Lauren finì quella fetta di pizza e bevve un sorso di Coca—Cola, e fissò brevemente le immagini che scorrevano sullo schermo, afferrò il telecomando e cambiò canale, alla ricerca di qualcosa di divertente. Alla fine, dopo mezzo minuto di ricerca, tornò a dove era prima. Ingoiò un altro pezzo di pizza e si chiese — lo faceva spesso, negli ultimi mesi — perché tutto ciò fosse successo a lei, perché aveva dovuto perdere l'amore della sua vita, perché la malattia si fosse accanita contro Sean e non contro un'altra persona. Con cattiveria — se ne rese conto anche lei, che era un pensiero cattivo e maligno — pensò che poteva, doveva, succedere a qualcun altro, a un'altra coppia, un'altra famiglia. Al suo posto avrebbe dovuto esserci un'altra ragazza che piangeva quasi tutte le notti per il proprio fidanzato morto e non lei; magari ad Ashley, quella stronza che l'aveva umiliata anni prima al liceo, dicendo in giro che aveva le mutandine con stampati sopra degli orsetti, anche se si era già ampiamente vendicata, versando della polvere pruriginosa nella crema e nel doccia schiuma che Ashley usava a scuola dopo le lezioni di ginnastica, avrebbe tanto voluto vederla soffrire, anche se non aveva idea di dove si trovasse Ashley in quel momento; magari era dall'altra parte dello stato oppure viveva sotto a un ponte, o magari era già sotto terra.
Sospirò, rendendosi conto che più passava il tempo, più diventava cattiva e la cosa non le piaceva per nulla. Quando Sean era morto, una parte era morta con lei. La parte più allegra, quella sempre sorridente, quella che amava divertirsi, quella che stava scegliendo il colore delle tovaglie per il ricevimento di nozze, quella che si guardava allo specchio durante le prove dell'abito da sposa e sorrideva radiosamente.
Nell'esatto istante in cui Sean aveva chiuso gli occhi per l'ultima volta e la sua vita si era spenta per sempre era come se qualcuno avesse premuto un interruttore sulla schiena di Lauren, spegnendo anche la felicità, la vivacità dei suoi occhi, chiudendo il suo cuore a qualsiasi emozione. Per sempre.
Mentre mangiava si rese conto che quel pensiero non era del tutto vero. Quando Dean l'aveva invita al suo compleanno, con quell'aria da bambino che aveva appena commesso una marachella, si era sentita... bene. Non troppo, ma era come se una debole fiammella si fosse accesa dentro di lei.
Sospirò e guardò di nuovo lo schermo spento del cellulare, sfiorò il tasto laterale e il display s'illuminò, rivelando lo sfondo — due gattini su un prato — e l'ora, le nove e dieci. Nient'altro. Jason non si faceva sentire. Da una parte era contenta di ciò, dall'altra si sentiva... triste e vuota, senza la sua voce e i suoi messaggi, le sue attenzioni, la sua amicizia. Pensò che se le cose fossero andate diversamente a quell'ora avrebbe dovuto essere con Sean, magari in un ristorante carino, loro due che si guardavano negli occhi, le mani con le dita intrecciate sotto al tavolo mentre sopra di esso i cibi che avevano ordinato si raffreddavano lentamente. Sospirò — un sospiro che assomigliava quasi a un singhiozzo — pensando che invece, adesso, era tutto diverso.
Il cellulare squillò e lei lasciò cadere la fetta di pizza che aveva in mano. Lo prese e lesse il nome di Dean accanto alla busta che indicava il nuovo messaggio. Toccò lo schermò e apparve il testo: "Sabato da mia nonna per le 21. Dimmi che pizza preferisci entro venerdì. Buona serata, D."
Lauren sfiorò la casella sotto al testo e fissò la tastiera che era apparsa sul display, indecisa su cosa scrivere. Sorseggiò il suo bicchiere di Coca-Cola e fissò lo schermo della tv, dedicandosi per qualche attimo alle previsioni meteo del fine settimana. Respirò a fondo, poi rispose: "Perfetto! Pizza ai quattro formaggi con l'aggiunta di salmone affumicato."
Due minuti dopo le arrivò un altro SMS da parte di Dean. "Ok, me lo segno. Abbinamento strano :), ci vediamo sabato, D."
Lauren sorrise, Dean non era il primo che le diceva che quello era uno strano abbinamento, prima c'era stato Jason, poi Sean, Deacon e Stuart. E i camerieri che prendevano le sue ordinazioni in pizzeria, ma lei non ci faceva più caso.
Finì di mangiare, portò il piatto e le posate in cucina, le sciacquò e le mise nella lavastoviglie. Tornò in salotto e guardò i dvd, facendo scorrere l'indice destro sui dorsi delle custodie, si fermò su uno di essi e sospirò, pensando che, forse, quel film non era il caso di guardarlo, poi si disse che era solo un film. Un minuto dopo sullo schermo apparvero le prime immagini del film che aveva scelto: "P.S: I Love You".




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Salve salvino!
Voi direte, "ma sta qui ha altre tre storie in corso e ne posta un'altra?"
Sì, posto un'altra storia. Primo perché questa storia mi piace, secondo perchè ho già tre capitoli su otto pronti, bhe quasì tre, in realtò sono due capitoli e una manciata di righe. Insomma, ho praticamente un quarto della storia già pronta! I capitoli in totale saranno otto.
Insomma, spero che la mia storia vi piaccia e che mi lascerete qualche recensioncina *sbatte le ciglia*
*biscottini per tutti*
Per farla breve, (e per non dire più "insomma" spero che amerete Dean, Lauren e Jason come li amo io!
Un ultima cosa: il prossimo capitolo sarà postato fra una decina di giorni, così che abbia il tempo di finire il terzo capitolo della storia. Alla prossima! E leggete le mie altre storie!

   
 
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