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Autore: Fiamma Erin Gaunt    07/11/2014    3 recensioni
Il sogno è un fenomeno misterioso, è l’unica via che ha l’uomo di incontrare le persone scomparse, parlare con loro, provare forti emozioni, fino a piangere con loro.
- Romano Battaglia, Il fiume della vita, 1992
[Will x Jack (OC); Will x Eve (OC)]
[La storia partecipa al contest "Fino alla fine" indetto da Sunlight Days sul forum]
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Will Solace
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nick: Fiamma Erin Gaunt (EFP)/Kyra Nott (Forum)
Titolo: In the end
Personaggio scelto: Will Solace
Pacchetto scelto: Disintegro accidentalmente la prof di matematica. Ho utilizzato sia prompt che obbligo.
Genere: Malinconico; Triste; Romantico
Rating: Giallo
Avvertimenti:  What if
Conteggio parole: 2.100
Introduzione: /
Note dell’Autore: Ho inteso il concetto di “fine” come quello della fine di un’amicizia; nello specifico il figlio di Ares che compare è un mio OC creato per il contest “OC semidei in cerca di penna e d’autore”. La shot è in chiave un po’ malinconica con qualche accenno slash (diciamo un amore oneside) e un finale che ribalta il concetto stesso di fine (scusa per il gioco di parole). Cosa importante: Will ultimamente viene spesso shippato con Nico ma a me come coppia non piacciono per niente e inoltre credo che Will sia troppo simile al padre per essere al 100% omosessuale, per cui nella mia versione verrà rappresentato come bisessuale. Anche perché, di fatto, al contrario di Nico non c’è un suo vero outing.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In the end

 

 

 

 

 

 

 

Il sogno è un fenomeno misterioso, è l’unica via che ha l’uomo di incontrare le persone scomparse, parlare con loro, provare forti emozioni, fino a piangere con loro.

Romano Battaglia, Il fiume della vita, 1992

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Erano passate settimane dalla fine della guerra e il conflitto aveva lasciato un segno in tutti loro. Non erano le ferite fisiche a preoccupare Will, però, ma lo spirito fiaccato di chi aveva perso un fratello, un fidanzato, un amico.

Di chi aveva perso Jack.

Ecco, con lui era stato come perdere tutte e tre le cose in un colpo solo. Non che Jack avesse mai provato per lui qualcosa più di un affetto fraterno, di questo era sempre stato ben consapevole, ma al dolore che gli martellava incessantemente nel petto sembrava non importare. Era stato il suo compagno di spada, il suo primo e migliore amico al Campo, il fratello maggiore che non aveva mai avuto, il primo ragazzo che si era sorpreso a guardare nel modo che di solito riservava alle ragazze. Erano un sacco di prime volte … di ultime, ormai.

Sospirò, giocherellando con la fasciatura che portava al braccio destro.

- Dovresti mangiare qualcosa. –

La voce di Austin lo strappò dai suoi pensieri.

Era in piedi, con la schiena appoggiata al muro, e lo fissava con espressione contrariata.

- Non ho fame. –

Non mangiava da quanto? Due o forse tre giorni?

Da quando il lavoro in infermeria si era fatto meno febbrile e aveva avuto il tempo di pensare. Fermarsi a riflettere e ricordare era stata la scelta peggiore tra tante possibili. Finchè era impegnato riusciva a fingere che tutto ciò non fosse accaduto, che da un momento all’altro Jack si sarebbe presentato sull’uscio della Casa Sette e gli avrebbe rivolto quel suo solito sorrisetto sghembo.

Poi era arrivata la calma e con essa la consapevolezza che non avrebbe mai più incontrato il figlio di Ares.

- Will, per favore. Jack era anche mio amico, ma morire di fame non lo riporterà indietro – provò a insistere Austin.

Gli occhi azzurri del fratellastro lo fissarono supplichevoli al di sotto delle ciocche castane. Era talmente assorbito dal proprio dolore che non aveva realizzato di non essere il solo a soffrire. Austin era stato amico di Jack, certo, ma non lo aveva amato. Non aveva sentito il cuore battergli all’impazzata quando veniva attirato in un abbraccio virile, non aveva inspirato il profumo pungente del ragazzo impresso sui suoi vestiti, non aveva passato notti insonni quando durante le missioni Jack dormiva accanto a lui, non aveva invidiato Drew Tanaka per il fatto che lei poteva alzarsi in punta di piedi, gettargli le braccia al collo e baciarlo come se ne andasse della sua stessa vita.

- Non ho fame, te l’ho già detto. Scusa, ma voglio rimanere da solo. –

Avvertì il sospiro frustrato di Austin e la porta che veniva richiusa alle sue spalle.

Si lasciò cadere sul letto, affondando la chioma dorata nel cuscino. Allungò una mano verso il comodino e afferrò la boccetta di sonnifero che vi era posata sopra. Erano settimane che non riusciva a chiudere gli occhi senza trovarsi davanti le iridi blu scuro di Jack, ma i tranquillanti gli permettevano di sprofondare in un sonno artificiale che scacciava i ricordi. Erano gli unici momenti in cui smetteva di soffrire.

Ne contò un paio, assaporando il retrogusto amaro del farmaco, e nel giro di una manciata di secondi avvertì le palpebre farsi pesanti e il familiare senso di torpore prendere rapidamente il controllo del suo corpo.

 

- Will … William, ti decidi ad aprire quegli occhi? –

Quella voce. Lievemente roca, beffarda, tremendamente familiare.

Obbedì, trovandosi davanti un ragazzo alto e muscoloso. Le ciocche corvine erano scompigliate e gli conferivano un’aria di distratta eleganza, gli occhi blu sembravano pozze d’oscurità in cui annegare.

- Finalmente, bell’addormentato. Pensavo che mi avessi fatto fare tutta questa strada solo per starti a guardare russare. –

- Jack? Sei davvero tu? –

Il figlio di Ares sospirò, battendosi teatralmente una mano sulla fronte.

- Ho sempre saputo che non eri un tipo particolarmente sveglio, Solace, ma credi davvero che possa esserci qualcun altro assolutamente fantastico come me in circolazione? –

Sì, era lui.

- Stupido pallone gonfiato, mi sei mancato – sbottò, raggiungendolo e abbracciandolo di slancio.

La stretta ferrea del ragazzo si chiuse sulle sue spalle.

- Ti ho visto piangerti addosso in queste settimane, Will. Non dirmi che hai intenzione di continuare a comportarti come una patetica ragazzina frignante? Sul serio, fratello, non è proprio il caso. Tu stai bene, io sto bene … okay, tecnicamente sono morto, ma sto una meraviglia. Cioè, guardami, non sono perfetto? – concluse ridendo.  

Sì, lo era.

- Sei fantastico come sempre – convenne, sentendo le gote arrossarsi per la confessione che gli era sfuggita.

Jack però non sembrò aver colto il vero significato delle sue parole oppure aveva deciso semplicemente di non dargli troppo peso.

- C’è una cosa che voglio dirti in realtà – disse, tornando improvvisamente serio, - sono morto solo per un po’. Ti ricordi cosa è successo, no? –

Annuì.

L’immagine della freccia di Orione diretta verso Drew e di Jack che le si parava davanti per farle scudo con il suo corpo era impressa nella sua mente. Così come quella del semidio stretto tra le braccia della figlia di Afrodite, il respiro mozzato e il fiotto di sangue che gli fuoriusciva dalla gola mentre esalava l’ultimo respiro.

- Bè, gli Dei hanno deciso di cambiare le carte in tavola. Sull’Olimpo il mio nome è Thárros, il coraggio. –
 
Will sgranò gli occhi, incredulo.
 
- Sei … un Dio? –
 
Jack proruppe in quella sua risata roca che ricordava l’ululato di un lupo.
 
- Non essere ridicolo, certo che no. Sono una personificazione, quella del coraggio. Afrodite e mio padre hanno spinto affinchè venissi ricompensato per il mio sacrificio, il valore dimostrato e bla bla bla. Tra parentesi, Artemide e tuo padre erano d’accordo. E così, eccoci qui – concluse. 
 

- Quindi ti rivedrò ancora. –

Jack inarcò un sopracciglio.

- Di tutto il discorso che ti ho fatto questa è l’unica cosa che ti viene da dire? Sì, mi rivedrai ancora, a una condizione però. –

- Cioè? –

- Smettila di frignarti addosso, alza il culo e torna a rompere alla gente con le tue importantissime procedure mediche – rise, coinvolgendo Will nell’ilarità.

Era molto che non si concedeva una risata. Probabilmente l’ultima che si era fatto era stata proprio con lui.

- Devo andare adesso, ho i minuti contati e voglio fare visita anche a Drew. Chissà se il sesso psichico vale anche solo la metà di quello di persona – considerò, accigliandosi.

Will storse le labbra.

- Ti prego, risparmiami – mormorò, a metà tra il serio e l’ironico.

- Ci vediamo presto, fratello. –

Un ultimo sorriso sghembo, accompagnato da una strizzata d’occhio, e la sagoma di Jack si offuscò lentamente fino a sparire.

 

Will riaprì gli occhi, ritrovandosi sdraiato sul suo letto. Sulle labbra aveva ancora l’inizio del saluto.

- A presto, fratello – mormorò.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

La vita al Campo aveva ripreso a scorrere lentamente come al solito. Erano mesi che non accadeva qualcosa di eccitante e le visite di Jack non erano mai frequenti e lunghe quanto avrebbe voluto.

Era sdraiato sul prato quando una voce femminile raggiunse le sue orecchie.

- Freccia! –

Si chinò appena in tempo per evitare il dardo, che si conficcò nel tronco dell’albero più vicino facendo fuggire via una ninfa impaurita.

- Will? –

Eve Torres, diciottenne figlia di Ares, lo guardava con espressione sorpresa. Per un certo periodo, tre anni prima, avevano avuto una relazione finchè la coppia si era trasformata in un imbarazzante triangolo “Solace – Torres – Fletcher” e avevano deciso di porvi un freno. Non la vedeva dalla morte di Lee, dopo la quale aveva deciso di abbandonare il Campo e trasferirsi in Europa insieme alla famiglia di Mark e Sherman. Era ancora bella come quando aveva quindici anni, anzi probabilmente di più visto che le forme acerbe si erano trasformate in curve da vera donna, e quegli occhi smeraldini luccicavano impudenti mentre sorrideva.

- In carne e ossa – disse, sorridendo, - Come mai tanto sorpresa? –

- Avevo sentito dire che eri a Nuova Roma per frequentare il corso di medicina, non mi aspettavo di trovarti qui. –

- Avevamo una settimana di vacanza e ho pensato di tornare a casa – spiegò, facendole spazio e permettendole di sedersi accanto a lui.

Il leggero profumo di cannella che emanavano le sue onde ramate lo avvolse. Anche lei era stata la prima volta in innumerevoli occasioni: il primo bacio, la prima vera storia, la prima volta che qualcuno gli aveva spezzato il cuore.

Quest’ultima stava diventando un’abitudine, pensò ironicamente; prima lei, poi Jack.

- Sono contenta che tu l’abbia fatto. Ho deciso di tornare al Campo, ma prima volevo vederti … sapere se la cosa ti avrebbe dato problemi. Sai, dopo Jack e tutto il resto – concluse, stringendosi nelle spalle.

Scosse la testa.

- Nessun problema, anzi ne sono felice. Sto andando avanti e ho capito perché dopo la morte di Lee sei scappata via. Se avessi avuto un posto dove andare l’avrei fatto anche io. –

- Non sono scappata perché Lee è morto. Non solo per questo, ma perché mi sentivo in colpa. –

Will le rivolse un’occhiata perplessa.

- Mi sentivo in colpa perché vedendo il corpo di Lee non riuscivo a non pensare che ero contenta che non ci fossi tu al suo posto, che non sarei riuscita a sopravvivere se fossi stato tu a morire – concluse, abbassando lo sguardo, imbarazzata.

Non era mai stata brava con i sentimenti e le parole. Era cresciuta circondata da uomini e l’unica sorella, Clarisse, non era mai stata un tipo propriamente espansivo perciò il tenersi tutto dentro doveva esserle sembrata la scelta migliore.

Il ragazzo intrecciò le dita con le sue, disegnando delicati cerchi con il pollice sul dorso della mano. Era una cosa che la rilassava, lo ricordava bene, e in quel momento non riusciva a fare a meno di toccarla. Avendola lontana aveva sempre pensato che tutto ciò che aveva provato nei suoi confronti fosse stato soffocato e rimpiazzato dall’amore per Jack, ma ora che l’aveva al suo fianco non riusciva a fare a meno di pensare a quanto fosse piacevole avvertire di nuovo il contatto tra la loro pelle.

“Il primo amore non si scorda mai.”

Aveva sempre pensato che fosse una frase sdolcinata che poteva andare bene per i baci Perugina il giorno di San Valentino o che magari avrebbe avuto senso se pronunciata da qualcuno dei figli di Afrodite, ma in quel momento si rendeva conto di quanto fosse veritiera. E non importava se l’aveva lasciato per Lee, se gli aveva spezzato il cuore, perché adesso era lì con lui e gli rivolgeva quello sguardo a metà tra il rammaricato e l’imbarazzato che aveva il potere di sciogliere ogni sua ultima resistenza. Non pretendeva nulla, non chiedeva niente, voleva solo un’occasione per dirgli ciò che le passava per la testa, per aiutarlo a comprendere i suoi gesti.

E lui la comprendeva, perché sembrava così naturale averla accanto, così giusto, che tutto il resto era assolutamente irrilevante ai suoi occhi.

 

- Mamma, si possono amare due persone allo stesso tempo? –

- La maggior parte delle persone ti dirà di no, Will, ma lo farà solo perché viene considerato moralmente inaccettabile. Io invece penso che sia possibile, perché ci sono persone che hanno un cuore troppo grande per regalarlo solo a un individuo alla volta. –

- E il mio cuore com’è? –

- Immenso, amore mio. Il tuo cuore è il più grande che abbia mai visto. –

 

Sua madre aveva ragione, come sempre del resto.

Amava Jack, ma era un amore romantico e senza alcuna speranza, destinato a non essere mai corrisposto. Amava Eve, ed era un sentimento abbastanza forte da poter passare sopra a tutto ciò che era accaduto in quei tre lunghi anni. Amava entrambi e a modo loro lo riamavano. Amava due persone nello stesso momento e credeva di averle perse definitivamente entrambe, ma alla fine erano ancora lì con lui.

“Piantala di fare l’idiota, fratello, e baciala!”

Adesso le personificazioni si mettevano anche a parlare nella testa di un semidio qualunque? Bè, forse tutto sommato il coraggio di prendere una decisione definitiva era proprio ciò di cui aveva bisogno.

Le accarezzò il profilo della mandibola, annullando lentamente la distanza che li separava.

“Meno sdolcinatezze e più azione.”

“Potremmo avere un po’ di privacy? Sei più invadente di mio padre.”

La risata di Jack echeggiò nella sua testa. “Agli ordini.”

Le accarezzò le labbra con le sue e le catturò in un bacio lento e dolce. Sorrise quando sentì Eve cingergli il collo con le braccia e ricambiarlo.

Dopo la guerra aveva creduto che fosse giunta la fine, quella con la “f” maiuscola, ma si sbagliava. Quello era solo un nuovo, meraviglioso, inizio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[2.100 parole]

  
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