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Autore: ellatells    07/11/2014    0 recensioni
Una giovane studentessa universitaria in ritorno da uno scambio scopre la verità sulla sua famiglia e sulle sue capacità e si ritrova in un vortice di rivelazioni, emozioni e lotte di potere che la porteranno a un bivio decisivo.
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAP. 2: "Female Robbery"
 
Suo padre estrasse le chiavi dalla tasca e le girò nella toppa con una naturalezza tale che se qualcun altro lo avesse visto avrebbe pensato che quella fosse casa sua.
Le tenne la porta aperta perché era sempre stato un gentiluomo... e per assicurarsi che entrasse.
 
I soffitti erano altissimi, l'interno sembrava un palazzo signorile, ma a lei venne in mente solo quanto dovessero spendere di riscaldamento per uno spazio così vasto.
La sala su cui si trovavano aveva varie entrate e nessuna porta. L'acustica era tale che si poteva sentire perfettamente ogni parola anche dall'altro capo della stanza. Sembrava creata perché non ci fossero segreti.
Sebastian disse a un uomo sulla quarantina di mandare gli altri, ma Irene non ci badò, era distratta dall'affresco sul soffitto: la pennellata, lo stile, perfino il modo in cui i capelli delle gentildonne cadevano sulle spalle le ricordava qualche pittore studiato al corso di storia dell'arte all'università, ma non riusciva a capire quale. Di sicuro rinascimentale, pensò. La villa doveva essere molto antica... E assolutamente costosa. Perché penso sempre a quanto costano le cose?, si chiese. Forse perché di soldi non ne ho.
I suoi pensieri furono interrotti da una serie di passi che si avvicinavano.
 
Irene aveva questa strana particolarità: memorizzava, anche senza volerlo, come la gente che le stava attorno camminava... la velocità dei loro passi, il ritmo. Poteva riconoscere quale dei suoi coinquilini tornava a casa alle tre del mattino dopo una festa, e se era in compagnia di un altro di loro o qualcuno da evitare per non creare situazioni imbarazzanti. Poteva sapere chi andava verso il bagno la mattina, e correre per superarli - il rituale di Marcus, tra doccia, phon e ingellatura dei capelli durava minimo tre quarti d'ora - o semplicemente rilassarsi. Poteva, in sostanza, nel suo piccolo, essere molto utile.
Il fatto che tolse l'attenzione di Irene dall'affresco era che i passi che arrivavano li conosceva. Due serie di passi, uno da ragazza minuta e uno da uomo. Quei passi che sentiva al piano di sotto del suo appartamento, immediatamente seguiti da...
«Irene, siamo a casa!», sentì.
Lo aveva appena udito o era il suo cervello che ripeteva la frase nella sua mente? I suoi occhi erano ancora fissi sul soffitto. Decise di guardare giù, e li vide. Un ragazzo sui venticinque anni, altro minimo un metro e ottantotto, con spalle da nuotatore e un corpo da supereroe, e una ragazza dall'età imprecisata che il ragazzo avrebbe potuto far volare via con un soffio.
«Alexander e Zoé?!», Irene gridò. Gli occhi spalancati andavano da suo padre, che sorrideva, ai suoi migliori amici.
«Che diavolo ci fate qui?!».
«Non sei felice di vederci?», la ragazza minuta chiese.
«Beh, certo che sì, solo che non mi aspettavo di vedervi così presto... e soprattutto qui!».
Alexander e Zoé, i suoi coinquilini per i cinque mesi trascorsi nella capitale baltica, erano davanti a lei, dopo averli salutati proprio la sera prima, in una villa rinascimentale nel mezzo al nulla, con suo padre che sembrava di conoscerli, e la fissavano.
Irene sorrise, accantonò l’idea di capire per dopo e andò ad abbracciarli.
«Sorpresa!», Zoé urlò.
«Eccome!», Irene rispose, «ma non mi avete ancora detto perché siete qui!».
«Ma per vederti tesoro!», disse Alexander. La parola "tesoro" era una di quelle che non ci si aspettava di sentire da un ragazzo con l'aspetto di Capitan America - beh, Capitan Germania - e infatti Sebastian si girò verso di lui e fece una smorfia, ma per Irene era totalmente normale. Anzi, riuscì a capire che non stava esattamente dicendo la verità. Il tono troppo acuto lo aveva tradito.
«Sputa il rospo», gli disse.
Si staccò dall'abbraccio.
Il sorriso di Zoé divenne una smorfia che significava "Houston, abbiamo un problema".
«Sputa il rospo», Irene ripeté. Il suo sorriso sparì.
Sebastian fece un passo in avanti verso di loro.
«Era proprio di questo che volevo parlarti», disse, seguito da un gesto di assenso con la testa.
Quattro uomini accorsero dal nulla e si misero davanti alle uscite. Alcuni muscolosi come Alexander - cosa davano da mangiare a questi ragazzi? - altri più come suo padre.
«Non ero qui per un lavoro?», Irene domandò, ma capiva perfettamente che l'avevano ingannata.
I visi dei suoi amici si fecero seri. Le distolsero lo sguardo.
«Vedi Irene, ho una storia da raccontarti».
La sua voce era cambiata: più sicura, meno dolce, più arrogante. Quasi godesse di essere al centro dell'attenzione, o si stesse mettendo in mostra. In mostra con chi?
   
 
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