Eccoli, erano ancora loro. Elisa ne percepiva la presenza. Elisa li vedeva e li sentiva da sempre. Nessuno le credeva, nemmeno sua madre che la portò da vari psicologi senza alcun risultato. Eppure loro esistevano, loro, la fonte del male. Lei non gli aveva mai dato un nome, loro non meritavano un nome. Sentii uno scricchiolio, si stavano avvicinando. Si raggomitolò nel letto credendo di essere a sicuro, ma sapeva che niente poteva fermarli realmente, ci aveva già provato parecchie volte senza mai alcun risultato. Poi un ombra piccola di una persona piegata su sé stessa attirò la sua attenzione, l'ombra si mosse e sparì nel nulla. Lasciando dentro Elisa un vento gelido così forte da farla tremare. Un altro rumore, quello di un respiro pesante e ansioso veniva da sotto il letto. Erano vicini, molto vicini. Gli occhi di Elisa bruciavano, non sarebbe riuscita e tenerli aperti ancora per molto. Venne il momento, il tempo di chiudere velocemente le palpebre e qualcosa prese la sua gamba. Quella notte si sentì il grido disperato in tutto l'istituto, un'infermiera entrò nella stanza accendendo la luce. Elisa continuava a gridare ritorcendosi su sé stessa, dei graffi le segnavano la gamba. L'infermiera si chiese come fosse possibile, gli avevano messa la camicia di forza per evitare altre ferite. D'un tratto la luce si spense e la porta sbatte alle sue spalle. Un'altro grido squarciò quella notte buia del 31 ottobre poi il silenzio più totale.