Dedicata a Ilaria. Buon compleanno ♥
– Alive –
Sembrava che la sua vita
ormai fosse una corsa, solo una lunga, interminabile corsa che era finita a
Malfoy Manor.
Bellatrix Lestrange l’aveva torturata così a lungo e così crudelmente
che Hermione pensava di morire lì, sul pavimento di una delle stanze di quel
maniero enorme, sotto le mani brutali di quella donna e sotto gli occhi della
famiglia Malfoy.
Draco le aveva augurato la
morte tante volte nel corso degli anni, ma in quel momento sembrava quasi più
spaventato di lei. Hermione l’avrebbe trovato divertente se la situazione non
fosse stata tanto tragica.
Quella che riconobbe come
Narcissa stava in piedi dietro al figlio, con le spalle dritte e lo sguardo
fiero, ma sobbalzava lievemente ogni volta che dalle labbra di Hermione usciva
un grido più disperato degli altri.
La vide stringere con
forza le mani sulle spalle di Draco, che non era mai stato così pallido da
quando lo conosceva.
Bellatrix le tirò i
capelli per riottenere la sua attenzione, chiedendo di nuovo come avesse
ottenuto la spada di Godric Grifondoro. All’ennesima
risposta insoddisfacente la donna si alzò in piedi e le scagliò addosso
un’altra Cruciatus.
Hermione gridò con quanto
fiato avesse in corpo fino a quando il flusso di magia non venne interrotto.
C’erano Harry e Ronald.
Come si erano liberati?
Non riusciva a muoversi,
era così stanca e debole da non riuscire a tenere gli occhi aperti. Non
riusciva a sentire quello che le persone intorno a lei stavano dicendo perché
aveva un ronzio acuto nelle orecchie, ma notò lo sguardo di Harry su di lei e
poi su qualcun altro. Seguendo quella direzione, con un grande sforzo, voltò il
capo dall’altro lato e vide Lucius Malfoy annuire.
L’uomo lanciò un’occhiata
alla moglie e al figlio e poi, con grande velocità, si gettò su di lei.
Per Hermione fu il buio,
ma prima di perdere i sensi avvertì la familiare sensazione di un uncino
all’altezza dello stomaco.
Riaprì gli occhi e c’era
il buio intorno a lei. Il corpo faceva così male in ogni punto che le risultò
molto difficile alzarsi da dov’era sdraiata e mettersi seduta. Si portò una
mano alla nuca, dove avvertì un rigonfiamento. Ricordò che Bellatrix l’aveva
spinta a terra e nel cadere aveva sbattuto con forza la testa sul pavimento.
Sbatté le palpebre più
volte per riprendere contatto con la realtà. Si trovava in una tenda. Una
piccola tenda con dentro niente più di due giacigli improvvisati, un paio di
borse e un fuoco fatuo.
Si concentrò con tutte le
sue forze per capire dove diavolo fosse finita, come e con chi, quando una voce
interruppe i suoi pensieri.
«Ti sei svegliata
finalmente.»
Davanti a lei, appena
entrato nella tenda, c’era Lucius Malfoy.
L’istinto mosse la sua
mano destra alla ricerca della bacchetta, ma non trovò nulla.
«Non gridare» intimò
l’uomo chiudendo la tenda alle sue spalle. Alzò le mani per mostrarle che non
era armato e mosse due passi verso di lei.
«Stai lontano da me!»
esclamò Hermione, non riuscendo a credere a quello che vedeva. Cosa diavolo era successo?
«Ti ho detto di non
gridare» disse lui con un tono di voce che non ammetteva repliche. Poi, sempre
lentamente, piegò le gambe per inginocchiarsi davanti a lei. «Non ho intenzione
di farti del male.»
Hermione mandava lampi
dagli occhi. La sua mente lavorava con grande velocità nel tentativo di mettere
insieme tutti i pezzi. Harry e Ronald si erano liberati e si stavano scontrando
con Bellatrix. Lucius Malfoy si era gettato su di lei. Erano soli in quella
tenda, quindi i ragazzi non erano lì. Si trovavano ancora al Manor?
L’uomo non era armato.
Hermione colse l’occasione e, con uno scatto che le costò le poche energie di
cui disponeva, cercò di passare alla sua sinistra per uscire dalla tenda.
Lucius, che aveva previsto
quella mossa, le afferrò le spalle e la tirò indietro, ripetendo di nuovo le
sue intenzioni.
«Lasciami!» esclamò
Hermione mentre si divincolava, riuscendo solo a perdere l’equilibrio. Cercò di
graffiarlo ma lui era troppo forte per lei, ancora così debole dopo essere
stata nelle mani di Bellatrix.
Si ritrovò a terra in meno
di un secondo, con i polsi ben stretti tra le sue mani e piantati a terra sopra
la sua testa. Lui era così vicino che i suoi capelli le sfioravano il viso.
«Stai ferma e ascoltami,
sciocca ragazza!»
Lucius aspettò che lei si
calmasse prima di parlare, senza però allentare la presa su di lei. Doveva
assicurarsi che ascoltasse le sue parole prima di lasciarla andare.
«Sono qui per aiutarti.
Potter lo sa.»
Hermione smise di muoversi
e gli prestò la dovuta attenzione.
«Dov’è Harry?»
«Al sicuro insieme a
Weasley» rispose con tutta la calma di cui disponeva. Non doveva spaventarla né
insospettirla. «Sapevo che prima o poi sareste arrivati a casa mia, sapevo che
Bellatrix sarebbe stata ingestibile. L’unica cosa che non sapevo era chi di voi
tre portare via.»
Hermione era giustamente
perplessa. «Harry non mi ha detto niente.»
«Nessuno lo sa. Solo lui e
Silente.»
«Silente è morto.»
«E Potter ha mantenuto il
segreto.»
Vedendola molto più calma
Lucius decise di potersi fidare. Lasciò la presa sui suoi polsi e l’aiutò a
rimettersi seduta. Non era stata sua intenzione sbatterla a terra in quel modo
dopo quello che aveva passato, ma non poteva farla andare via prima di averle
spiegato ogni cosa.
«Collaboro con l’Ordine
della Fenice da due anni, in caso te lo stessi chiedendo.» Lucius non poté
risparmiarsi un ghigno divertito nel vedere la sua espressione sorpresa.
«Dove sono gli altri che
erano al Manor?» inquisì lei, che solo in quel momento si rese conto di stare
abbastanza bene per essere stata torturata in modo tanto barbaro. Sospettò che
l’uomo si fosse preso cura di lei.
«Se tutto è andato come
spero, Narcissa ha portato via i ragazzi.»
Hermione si fece spiegare
ogni cosa e lui non mancò di rispondere a nessuna delle sue domande.
Le disse di essersi
rivolto a Silente quando Voldemort aveva ordinato a suo figlio di uccidere il
preside e di aver dato ogni informazione possibile ai membri dell’Ordine. Draco
e Narcissa avevano seguito il suo esempio e, seppur in grande pericolo, avevano
mantenuto la facciata restando accanto al Signore Oscuro.
Hermione non gli chiese se
avesse cambiato idea sul sangue puro o no o se avesse tradito Voldemort solo
per convenienza e lui non ritenne opportuno addentrarsi in quel campo. Di
sicuro ne avrebbero parlato in seguito.
Quando erano stati
sguinzagliati i Ghermidori lui aveva preso accordi con Remus e Tonks, che
avevano accolto la richiesta di usare casa loro come porto sicuro. In caso di
pericolo Narcissa sarebbe andata lì con Draco.
«Come possiamo sapere se è
andato tutto bene?»
«Non lo sappiamo. Dobbiamo
aspettare che ci contattino loro tramite Patronus.»
Hermione sentiva la testa
pulsare. Troppe informazioni inaspettate.
«Se non riceviamo notizie,
domani ci spostiamo. C’è un posto sicuro dove possiamo andare.»
Quella notte Hermione
dormì con un occhio aperto. Malfoy le aveva dato una pozione rinvigorente che
aveva già usato quando era svenuta per farle recuperare le forze – questo
confermava i dubbi sul suo stato di salute, insolito per una persona che era
appena stata torturata.
Era difficile credere che
proprio Lucius Malfoy fosse dalla sua parte, ma i fatti gli davano ragione e,
conoscendo Harry, era altamente credibile che il ragazzo avesse preso accordi e
taciuto a riguardo. In fin dei conti aveva cercato di partire da solo e
lasciare indietro lei e Ronald. La cosa non la stupì e la storia di Malfoy
reggeva.
Si tirò addosso la coperta
che lui le aveva dato e lo osservò dormire. In realtà non era sicura che stesse
dormendo ed era probabile che sapesse dello sguardo indagatore che aveva
addosso, ma non si mosse.
Indossava il completo da Mangiamorte
ma senza la maschera. I capelli erano sciolti e aveva un braccio sotto la
testa. Il respiro era lento e regolare, sembrava tranquillo.
L’istinto diceva a
Hermione di fidarsi e la mente era d’accordo, ma non riusciva a scacciare
l’ansia che aveva addosso.
C’erano ancora degli
Horcrux da distruggere, erano stati così vicini a farsi prendere da Voldemort e
ora lei era separata dai suoi amici e in fuga con un Mangiamorte pentito.
«Smettila di guardarmi e
mettiti a dormire.»
Hermione riprese coscienza
della realtà quando vide gli occhi di Malfoy puntati nei suoi. Erano grigi,
gelidi. Era come se in quello sguardo ci fosse sempre un ordine sottinteso. Da
solo bastava a intimidire le persone.
Un brivido le corse lungo
la schiena nel trovarsi sotto quello sguardo intenso e obbedì senza pensarci
due volte, strizzando le palpebre e nascondendo il viso sotto la coperta.
Non erano giunte notizie.
Dovevano smantellare tutto e andare via. Hermione osservò la fitta foresta in
cui si trovavano una volta impacchettato tutto, pronti per scappare.
«Andiamo.»
Lucius le tese la mano e
lei la fissò per qualche istante prima di accettarla. Con uno scatto improvviso
lui la tirò a sé ed Hermione si ritrovò addosso a lui, ma non poté pensare
troppo alla cosa perché l’attimo dopo si Materializzarono.
Sentì la mano di Malfoy
forte sulla sua spalla mentre cercava di stare in piedi da sola una volta
arrivati. Aprì gli occhi, sentendosi ancora un po’ senza equilibrio.
«Ce la fai?»
Annuì e lui la lasciò
andare. Sentì freddo.
Si trovavano in quello che
sembrava un bunker sotterraneo, privo di finestre, non troppo piccolo. Era
abbastanza grande da potersi muovere un po’. Erano solo quattro mura con due
letti a ridosso di due pareti opposte, uno sgabello rotto e un piccolo tavolo
che occupava una terza parete. L’unica porta conduceva a una breve scalinata
che portava a una casa diroccata.
Lucius le spiegò che non
dovevano assolutamente muoversi da lì e che la casa serviva solo per il bagno,
il resto era inutilizzabile. «Non girovagare per le stanze, sono vuote e la
struttura è pericolante.»
Avevano una sola bacchetta
ed era stata rubata a un Ghermidore. Non obbediva alla perfezione ma andava
bene per gli incantesimi schermanti. Una volta assicurati di essere protetti,
Hermione si rese conto di non aver guardato dentro le borse. Si voltò verso Malfoy,
che le dava le spalle mentre controllava di nuovo gli incantesimi.
«Come facciamo per il
cibo?»
«Ne abbiamo abbastanza» fu
la risposa che ricevette. Insoddisfacente.
«Cosa c’è nelle borse?»
«Aprile e guarda.»
Trattenendosi dal pestare
un piede e sbuffare, Hermione si avvicinò al tavolo e aprì le borse
incriminate. In una c’erano le provviste, nell’altra un cambio d’abito, candele
e… la sua borsetta di perline. Era quasi commossa, non riusciva a credere di
averla tra le mani, era sicura di averla persa.
«La mia borsetta…» disse
in un sussurro incredulo stringendola tra le mani,
«Potter aveva detto che
era importante.»
Hermione si voltò verso di
lui e si ritrovò inchiodata dal suo sguardo, incapace di articolare una
risposta.
«Non sapendo chi, in caso,
avessi dovuto portare via, se si fosse trattato di te mi ha detto di recuperare
quella borsetta a tutti i costi.»
«Grazie.» Gli rivolse un
sorriso – non riuscendo a fare altro – e si sedette sul letto per controllare
il contenuto del prezioso oggetto.
Lucius osservò la ragazza
a lungo. Le brillavano gli occhi, non riusciva a smettere di sorridere. Si era
chiesto cosa ci fosse in quella piccola borsetta che faceva tanto rumore e si
stupì nel vedere quanta roba ci fosse
effettivamente dentro.
Gli venne da ridere e
faticò a trattenersi. «Ti sei portata dietro mezza Hogwarts?»
Hermione scosse la testa e
passò più volte le dita sulla copertina del suo libro preferito, Storia Di Hogwarts. «Solo il
necessario.»
Non c’era niente di
particolare, ma grazie ai libri avevano un modo per passare il tempo che non
fosse fissare il muro o dormire. C’era anche un mazzo di carte babbane – Lucius le guardò con diffidenza – e la radio.
«Non ricordavo di averla
messa qui dentro» disse Hermione girandosi l’oggetto tra le mani. «Ci faceva
compagnia. Ron l’ascoltava di continuo per avere notizie della sua famiglia.»
Ripensò a quei momenti e
si sentì soffocare. Era passato solo un giorno e già sentiva la loro mancanza.
Non le importava più neanche che Ron avesse abbandonato lei ed Harry: era
tornato e andava bene così. Voleva solo rivederli o almeno sapere qualcosa
sulle loro condizioni attuali.
Come se le avesse letto
nel pensiero, Lucius rispose alla sua domanda. «Penso che riceveremo notizie
entro sera.»
Gli regalò un altro sorriso
prima di rimettere la radio nella borsetta di perline. Avrebbe fatto loro
compagnia, ma in quel momento non se la sentiva di provare ad accenderla.
La predizione di Lucius si
era rivelata esatta: il Patronus di Tonks portò loro un messaggio breve e conciso.
Stavano tutti abbastanza bene, ma Harry si era quasi rotto durante la
Materializzazione. La ricerca degli Horcrux era stata sospesa per qualche
giorno. L’ultima raccomandazione era di restare nascosti e aspettare.
Non successe altro per tre
giorni. Hermione aveva insistito per insegnare a Lucius qualche gioco babbano
con le carte e alla fine lui aveva acconsentito, non avendo di meglio da fare.
«Impari in fretta.»
«Spieghi molto bene le
cose.»
Hermione sorrise. Era un
sorriso piccolo, quasi accennato, innocente.
«Posso farti qualche
domanda?» azzardò lei mentre dava le carte.
Lucius la guardò in
silenzio. Sapeva che sarebbe arrivato quel momento, la sua richiesta non lo
stupì affatto. «Chiedi.»
Era sempre di poche
parole, notò lei, ma andava bene così finché riuscivano a parlare un po’.
«Hai lasciato Voldemort
solo per convenienza?»
«Dritta al punto, vedo»
commentò senza poter nascondere un ghigno divertito.
«Voglio sapere di chi mi
sto fidando.»
Quindi si fidava di lui.
Il suo rapporto con Potter doveva essere davvero speciale. In fin dei conti,
pensò, lei aveva costantemente rischiato la vita per lui. Non aveva creduto
alle parole del ragazzo quando gli aveva detto che il suo nome sarebbe stata la
garanzia di cui aveva bisogno.
«Dopo il fallimento di due
anni fa lui non era più contento di
me, ma gli facevano comodo il mio nome e i miei soldi. E la mia casa.»
Hermione notò il
risentimento di quelle ultime parole e lo osservò riordinare le carte che aveva
preso.
«Da Azkaban non potevo
fare nulla, così lui ha preso possesso di tutto ciò che avevo e per punirmi ha
coinvolto mio figlio. Non potevo accettarlo.» Lucius alzò lo sguardo su di lei
e si trattenne dal ridere nel vederla così sconvolta. «Cosa c’è? Credevi che
avessi cresciuto Draco a pane e Cruciatus?»
Le guance di Hermione
andarono a fuoco. «No, no… è che… un po’ sì, insomma… Draco sembrava sempre
intimorito da te. Ogni volta che vi ho visti insieme bastava uno sguardo e lui
si zittiva.»
«Questo è per l’educazione
ricevuta. È il mio unico figlio, l’ho viziato come farebbe chiunque. Credi non
sappia che andava in giro a dire “Aspetta
che lo venga a sapere mio padre” per qualunque sciocchezza?»
Di nuovo, Hermione arrossì
e si sentì anche un po’ stupida. A pensarci bene, per quanto impaurito o
eccessivamente reverenziale Draco fosse sempre stato verso di lui, vantava
sempre suo padre, il suo potere, quello che era in grado di ottenere, i regali
che gli faceva.
«Non l’ho mai vista da
questo lato» ammise, guardando le carte che aveva in mano. «Voi Purosangue vi
sposate solo per contratto?»
Domanda curiosa. «A volte
qualcuno si innamora. Se vuoi sapere se io e mia moglie ci amiamo, la risposta
è no. Ci volevamo bene quando ci siamo sposati, ma nel corso degli anni le cose
sono cambiate. Tutto sommato siamo stati più fortunati di altri.»
«Ma è triste.»
«Lo so.»
«E nel tempo… voi…»
sentiva di star andando troppo sul personale, ma non aveva mai davvero avuto
occasione di parlare con lui e più parlava più domande le venivano in mente.
«Hermione» l’ammonì con un
tono che non ammetteva repliche, inchiodandola con lo sguardo, «non discuterò
con te del mio matrimonio. Tutti abbiano dei segreti e chi è cresciuto come me
sa nasconderli bene. L’ultima cosa che ti dirò a riguardo è che la mia famiglia
ha smesso di essere tale molto tempo fa.»
«Non volevo essere
invadente» disse subito lei, non volevo pensare che quella era la prima volta
che la chiamava per nome.
Lui scartò una carta tra
quelle che aveva. «Sei curiosa. Me l’aspettavo. Lo sarei anch’io se fossi in
te.»
Giocarono in silenzio per
qualche minuto, ma Lucius sapeva che lei voleva chiedergli almeno un’altra
cosa, lo vedeva nel modo in cui lo guardava o si mordeva le labbra per non dire
qualche sciocchezza.
Stanco, sospirò. «Chiedi,
su.»
«Il sangue.»
Non era una domanda, ma
Lucius immaginò che lei non aveva saputo come esporla. Probabilmente temeva una
discussione.
«Non è mai il sangue, è lo
status che ne consegue.»
«Però…»
«C’è chi ci crede, certo.
Ci credevo anch’io da ragazzo. Poi ho scoperto che i soldi e la reputazione
hanno più potere del sangue che hai nelle vene. Conosco le origini del Signore
Oscuro, Hermione. Tutti le conosciamo.»
«E nonostante questo avete
continuato a seguirlo predicando la supremazia dei Purosangue?» sembrava
sconvolta e non aveva del tutto torto a esserlo.
«Come ho detto prima, è lo
status. Lui era forte e carismatico la prima volta. Faceva grandi cose, ne
prometteva di ancora più grandi… non era più lo stesso quando è tornato e nel
frattempo non è stato il sangue a salvare la mia famiglia, ma la mia capacità
di prendere accordi e mantenere pulito il nome della mia famiglia.»
Hermione non sapeva cosa
dire. Sapeva benissimo che Lucius Malfoy era riuscito a infiltrarsi ovunque, ad
avere scappatoie sempre a disposizione, soldi a non finire, per non parlare del
modo in cui si relazionava col prossimo e gli affari che faceva.
«Quindi non credi davvero
che chi ha il sangue misto non sia degno della magia?»
«Ora capisco perché irriti
tanto Severus» di nuovo, Lucius la osservò arrossire, ma decise comunque di
rispondere alla sua domanda. «Credo che i Purosangue dispongano di una magia
potente. Il sangue è sempre l’elemento chiave di incantesimi e pozioni, più è
puro più è forte. Ma non mi interessa particolarmente sapere perché dei Babbani
abbiano il dono della magia.»
Wow, fu
tutto ciò che Hermione era in grado di pensare.
«Soddisfatta?»
Annuì, sentendosi piccola
di fronte a lui. Era diverso dall’uomo che aveva conosciuto la prima volta,
meno arrogante e più… umano, sì. Era
la parola giusta per descriverlo.
La notte successiva Lucius
si svegliò di colpo. Da quando era stato ad Akzaban
aveva avuto il sonno leggero. Aprì gli occhi e rimase in attesa, ascoltando…
poi sentì un singhiozzo. Un altro. Un sospiro. Si voltò verso il letto di
Hermione e, seppur nel buio, la vide muoversi sotto la coperta.
Forse stava sognando, si
disse, ma quando la sentì piangere decise di alzarsi. A dire il vero si era
stupito di quei primi giorni perché la ragazza non si era mostrata debole o impaurita
neanche una volta. Ammirevole, per quello che aveva passato.
Arrivato da lei si stupì,
perché stava piangendo nel sonno.
«Hermione?» provò a
chiamarla, ma lei continuava a piangere. Si sedette sul bordo del letto e
allungò una mano per scuoterla quando lei gridò – per un attimo fu come
sentirsi di nuovo a Malfoy Manor e guardarla soffrire sotto le mani di
Bellatrix.
Lucius le afferrò le
spalle, chiamò il suo nome altre due volte e all’improvviso lei scattò a
sedere. Aveva gli occhi sgranati colmi di terrore, il respiro così forte che
sembrava dovessero scoppiarle i polmoni da un momento all’altro e tremava.
«Cosa… cosa… io…» ansimò
la ragazza, guardandosi attorno disorientata.
«Un incubo» spiegò lui, ma
lei non si calmava. Lucius pensò che non avesse mai visto nessuno tremare in
quel modo.
«Non respiro» disse a un
certo punto lei, portandosi le mani al petto. «Non respiro.»
Capendo ciò che aveva,
Lucius lasciò le sue spalle per afferrarle le mani e intrecciò le dita alle
sue. «Stringi. Guarda me. Focalizzati su di me.»
Parlava piano, con voce
bassa e calma e occasionalmente faceva un po’ di pressione sulle sue mani. A
fatica, lei smise di guardarsi intorno e fissò gli occhi sul suo volto.
«Brava, continua così. Ora
respira con calma.»
Pur in quello stato
confusionale, Hermione obbedì e cercò di fare come lui le aveva detto. Ci
vollero molto minuti per farla tornare a respirare normalmente, ma continuava a
tremare, seppur meno di prima. Un pizzicore sul dorso delle mani fece capire a
Lucius che lei aveva stretto così tanto da conficcargli le unghie nella pelle.
«Come va?»
«Meglio» disse lei con un
filo di voce. «Cos’era?»
«Un attacco di panico»
spiegò lui, senza lasciare le mani né distogliere lo sguardo. Alla sua
espressione interrogativa decise di aggiungere un’altra informazione. «Draco ne
ha avuti molti da quando gli è stata affidata quella missione.»
Hermione annuì senza dire
nulla. Per molti minuti rimase immobile prima di riuscire a rilassarsi
completamente. «Che ore sono?»
«È ancora notte, torna a
dormire.»
Le mani di Lucius erano
calde e la sua voce rassicurante. Non voleva lasciarlo andare. Provò un senso
di abbandono quando lui sciolse la stretta e fece per alzarsi.
«No!» esclamò, gettandosi
verso di lui e stringendo la stoffa della camicia. «Non lasciarmi sola.
Aspetta. Resta con me.»
Sorpreso – ma non stupito
– da quella reazione, restò seduto. Hermione non voleva saperne di lasciare la
sua camicia, così portò di nuovo le mani sulle sue.
«Devi dormire.»
Lei scosse la testa. «Non
voglio dormire da sola.»
Lucius trattenne il
respiro. Cosa gli stava chiedendo? Non poteva dormire con lei. Il letto era
singolo, se ci avessero dormito insieme… non poteva farlo.
«Hermione…» sembrava
incerto.
«Solo un po’, finché non
mi addormento.»
Gli rivolse uno sguardo
così smarrito che lui, nonostante tutto, si ritrovò ad accettare. «Va bene.
Solo finché non ti addormenti.»
Incerto, e attento a non
toccarla, Lucius si stese sul letto schiacciandosi il più possibile contro la
parete. Hermione fece lo stesso, tirò su la coperta e gli accoccolò con la
schiena contro il suo petto. Proprio quello che lui voleva evitare.
Rimase immobile a lungo,
attento a seguire il respiro della ragazza, ma mentre lei si addormentava, lui
chiudeva gli occhi e iniziava a rilassarsi. Cercò di restare sveglio ma non ci
riuscì.
Il mattino dopo Lucius si
svegliò per primo e si trovò in una tale situazione di disagio che non
ricordava di aver vissuto da molti anni.
Lui ed Hermione erano
abbracciati, un suo braccio era sotto la testa della ragazza, l’altro sul
fianco – ben oltre il limite che lui non avrebbe superato – e lei gli stringeva
mano. Il corpo di Hermione aderiva completamente al suo.
Fu contento di vederla
dormire serena, ma doveva alzarsi prima che lei si svegliasse e non era facile
districarsi da lei. Ebbe bisogno di parecchi minuti in cui si sentiva sempre
più a disagio e finalmente riuscì ad alzarsi dal letto. Hermione dormiva
ancora.
La coperta era scivolata
ai piedi del letto e Lucius, nonostante tutti i suoi sforzi, non riuscì a non
guardare il corpo della ragazza mentre la copriva di nuovo fino al mento.
Era carina. Più magra di
quanto ricordasse, ma ben proporzionata. Non era un corpo da rivista, ma non
era più quello di una bambina e le recenti esperienze avevano trasformato
Hermione in una donna prima del tempo.
Lei si svegliò poco dopo,
ignara di tutto, e lo trovò già vestito e pulito e la colazione quasi pronta.
Gli rivolse un gran sorriso e uno sguardo diverso dagli altri.
«Grazie per stanotte.»
«Non devi ringraziarmi.»
Gli sorrise di nuovo e,
con cautela, aprì la porticina e salì per darsi una sistemata e lavare i
vestiti.
Il Patronus di Tonks tornò
per informarli che Harry stava meglio e che presto sarebbero andati a
prenderli, ma che li stavano cercando e dovevano restare nascosti ancora un
po’.
Parlarono degli Horcrux,
ma nessuno dei due aveva idea di quali fossero quelli mancanti o dove trovarli.
Aspettare era frustrante, così ogni giorno Hermione si inventava qualcosa di
nuovo per passare il tempo.
Quella notte lei pianse di
nuovo nel sonno. Quando Lucius le si era avvicinato e l’aveva svegliata, lei
gli aveva chiesto di non lasciarla sola.
Riluttante, aveva
accettato e fu così per tutte le notti a seguire. Hermione si metteva sempre
nello stesso modo perché non si sentiva sicura a dormire con la schiena verso
il vuoto e di notte non si muoveva quasi mai.
Aveva preso l’abitudine di
stringergli la mano e portarsela al petto. E questo non andava bene. Ogni
mattina Lucius si svegliava prima di lei e faceva le solite manovre per alzarsi
senza disturbarla.
Quasi una settimana dopo
il loro arrivo al bunker, sceso dalle piccole scale trovò Hermione nel panico:
parlava la sola, si passava le mani tra i capelli, camminava avanti e indietro
come una pazza.
«Che succede?»
«Cosa mi ha fatto? Cosa mi
ha fatto?» continuava a ripetere quella domanda senza mai fermarsi.
«Hermione?» Lucius si
avvicinò e le afferrò le braccia per farla fermare. «Cos’hai?»
«Bellatrix» disse lei in
un soffio. «Deve avermi fatto qualcosa.»
Lui non capì. «Di cosa
stai parlando?»
«Non ho…» si bloccò,
insicura. Doveva dirglielo? Non erano affari suoi e forse non voleva saperlo. «Che
effetti ha la Maledizione Cruciatus? A lungo termine intendo.»
«Dipende da caso a caso.»
«Ha effetti particolari
sul corpo di una donna?»
Lucius non comprese, di
nuovo, ma sentiva che si trattava di qualcosa di intimo e non voleva pensare a lei in quel modo. «Non so di cosa
stai parlando.»
«Io… ecco, c’è la
possibilità che danneggi qualche organo?» si morse il labbro, incerta se dare
altri dettagli.
Lui abbassò lo sguardo e
gli si accese una lampadina in testa. «Oh…»
Hermione arrossì, ma lui
aveva capito una cosa diversa e la conversazione finì per essere ancora più
imbarazzante del previsto.
«Non vorrei chiedertelo,
ma devo. Sei incinta?»
Lei rimase a bocca aperta,
non solo per la domanda ma per il disagio che gli leggeva in faccia.
«No» scosse la testa,
cercando di riprendersi da quel momento. «È impossibile.»
«Allora ho inteso male»
rispose lui, mostrandole un’espressione confusa. «Sei sicura di non essere
incinta? Perché se no non capisco che danni ti avrebbe fatto la maledizione.»
«È impossibile che lo sia»
ripeté lei con sicurezza.
«Non puoi saperlo finché
non è evidente.» L’ultima cosa di cui avevano bisogno in quella situazione era
un’adolescente gravida.
«Lucius.» Un brivido. Era
la pima volta che lo chiamava per nome. «Non posso essere incinta se non ho
mai…» lasciò cadere la frase nel vuoto.
A quel punto lui capì e
fece due passi indietro. «Oh.»
Hermione cercò di
nascondere l’imbarazzo continuando a parlare. «Sono preoccupata perché il mio
corpo non funziona come dovrebbe.» Non poteva dirgli apertamente che le era
saltato il ciclo, quella conversazione era già fonte di così tanto disagio da
bastare per una vita intera.
Era possibile che il ciclo
avesse degli sbalzi a causa di uno shock, ma lei era stata sottoposta alla
Maledizione Cruciatus molto a lungo e sapendo che lo stesso incantesimo aveva
fritto il cervello dei signori Paciock, temeva che nel suo caso le avesse
fritto altro. Non ne era sicura, ma era una possibilità. Purtroppo sarebbe
passato molto tempo prima che potesse farsi vedere da un medico.
«Penso che… andrò di
sopra. A controllare. Rinforzerò gli incantesimi schermanti. Scusami.»
Lucius scappò
letteralmente dalla stanza.
Hermione si prese a
schiaffi per avergli detto una cosa simile, ma erano soli e lui era l’adulto
tra i due, era l’unico su cui poteva fare affidamento per ora.
«Cosa diavolo stavo
pensando?»
Quella sera Hermione non
era sicura di chiedergli di dormire insieme, ma ormai si era abituata a non
riusciva a sopportare l’idea di essere sola nel letto. Aveva bisogno di un
contatto umano, di calore, di sapere che non era tutto perduto. Che c’era
speranza. Che era viva.
Con grande padronanza di
sé e facendo finta che la conversazione di quella mattina non fosse mai
avvenuta – e non volendo far pensare a Hermione di aver fatto qualcosa di male
– Lucius accettò e si mise sotto la coperta come aveva fatto nei giorni
precedenti.
Di nuovo lei gli prese la
mano, ma era agitata, lo sentiva. Continuava a muoversi, stendere le gambe,
piegarle, stenderle di nuovo. Sbuffava, poi gli stringeva la mano e la lasciava
andare subito dopo.
Tutto quel muoversi non
aiutò l’uomo col proprio autocontrollo, fino a quando lei non si girò per
guardarlo in faccia.
Era bella. Lucius si sentì
a disagio, di nuovo. L’aveva praticamente vista crescere, aveva appreso molte
cose su di lei e da quando aveva chiesto aiuto a Silente sentiva di conoscerla
più di quanto pensasse.
«Quanto pensi che staremo
qui?»
«Poco, immagino. Forse
qualche settimana. Non più di un mese comunque.»
Lei annuì e chiuse gli
occhi. Il braccio che aveva sul suo fianco era ancora lì, ma lui era stato
attento a lasciare la mano sulla sua schiena e non oltre. Non era più abituato
a dormire con qualcuno.
Aveva passato un anno ad
Azkaban e una volta tornato a casa aveva dormito poco e niente, da solo.
Narcissa aveva rifiutato di stare con lui più del necessario e non le aveva
dato torto. Era solo colpa sua se Voldemort se l’era presa con Draco, il loro
unico figlio appena sedicenne.
Quel pensiero gli fece
venire un dubbio. Hermione aveva già compiuto diciassette anni? Per quanto
avesse iniziato ad apprezzare la sua vicinanza non poteva sopportare l’idea di
condividere il letto con una minorenne e svegliarsi eccitato accanto a lei
tutte le mattine.
Chiuse gli occhi, anche se
era già buio – di notte tenevano accesa una sola candela sul tavolo – per non
vedere quello sguardo così innocente e speranzoso.
«Lucius?»
Una carezza sul viso.
Sospirò.
«Capisco che tu voglia
andare via. La compagnia di un vecchio Mangiamorte pentito non è equiparabile a
quella dei tuoi amici.»
Hermione ridacchiò nel
buio, ma non spostò la mano. Mosse appena le dita sulla sua guancia.
«Non mi dà fastidio stare
qui con te.»
Aprì gli occhi e vide
incertezza sul suo viso. Non sapeva se rispondere, stare zitto o andarsene.
«Neanche a me.»
La vide sorridere e
sorrise anche lui. «Dormi ora.»
Spostò il braccio dal suo
fianco e le afferrò la mano – non poteva sopportare oltre quel tocco delicato e
innocente. Lei si irrigidì ma non si mosse.
«Mi stringi?»
Trattenne il respiro.
«Non credo sia il caso.»
«Perché?»
Come poteva fargli quella
domanda? Era davvero così ingenua o lo stava mettendo alla prova?
Perché hai l’età di mio figlio. Avrebbe voluto dirglielo, ma questo avrebbe svelato
il disagio che provava accanto a lei, così vicina a lui, nello stesso letto.
«Hermione…»
«Scusa.»
La ragazza abbassò lo
sguardo e ritrasse la mano dal suo viso, ma invece di spostarsi si fece ancora
più vicina, abbracciandolo alla vita, col volto sul suo petto.
Per qualche istante lui
non seppe cosa fare. Lo stava prendendo in giro? Davvero non aveva capito?
Oppure… ma no, cosa stava pensando? Era già tragico provare desiderio per una
ragazza che aveva la metà dei suoi anni e nessuna esperienza con un uomo.
Non poteva. Non doveva.
Però voleva.
«Credo che non dovremmo
dormire insieme.»
«Non voglio stare sola.»
«Non potrò dormire con te
quando andremo via da qui.» Quella frase suonò diversa da come l’aveva pensata.
«Allora non sprechiamo
questa occasione.»
Avrebbe ceduto.
Si alzò con uno scatto brusco, ma lei non volle saperne di lasciarlo andare.
«La verità è che ho paura!»
esclamò lei, prendendolo alla sprovvista, stringendo di più la presa sulla sua
camicia. «Ho paura di morire e di morire da sola.»
Non era l’unica, penso
l’uomo. In quei giorni tutti avevano lo stesso pensiero, loro più degli altri.
Erano ricercati, se Potter avesse perso lei sarebbe comunque stata in cima alla
lista delle persone da trovare a tutti i costi e portare al cospetto
dell’Oscuro Signore.
Per lei non c’era pace.
Poteva morire combattendo o morire come prigioniera. Era costantemente in
pericolo e Lucius lo sapeva benissimo.
«Comprendo come ti senti,
Hermione, ma attaccarti a me in questo modo non ti aiuterà.» Si disse che forse
doveva avere polso e mantenere le distanze, ma sapeva di essere lui il primo ad
apprezzare quella vicinanza.
«Scusami…» lo lasciò
andare e si strinse nelle braccia, un po’ per il freddo e un po’ per impedirsi
di toccarlo di nuovo.
Lucius Malfoy l’aveva
affascinata e intimidita fin dal loro primo incontro. Si era sempre chiesta
come fosse possibile che un uomo come lui, in grado di fare e ottenere
qualunque cosa volesse si limitasse a seguire uno come Voldemort.
Non aveva mai voluto credere
che fosse così chiuso di mente e quei giorni passati insieme, solo loro due, le
avevano dato ragione. Lucius Malfoy era
molto di più.
L’aveva già immaginato
osservando i cambiamenti di Draco nel corso degli anni e ora ne aveva avuto la
conferma.
«Non dovevo darti fastidio
con le mie stupide richieste.»
Si spostò per farlo alzare
senza essergli d’intralcio, ma lui non si mosse. Quando si voltò per guardarlo
scorse nei suoi occhi qualcosa che le fece venire i brividi in tutto il corpo.
Una sensazione piacevole, mischiata alla consapevolezza che fosse sbagliato.
Lo vide scuotere la testa
a sdraiarsi di nuovo, tirandola giù piano per le spalle e coprendo entrambi con
la coperta. Fu lui ad abbracciarla – sempre stando attento a dove la toccava – e
stringerla a sé.
Quella sera era lui ad
averne bisogno. Decise che andava bene così, che poteva fare quello sforzo per
permetterle di dormire serena. Tenerla tra le braccia gli sarebbe bastato.
«Grazie.»
«Dormi.»
Hermione si beò del calore
e della sicurezza che lui le infondeva. Fu difficile addormentarsi per lei
quella notte. Era nervosa, emozionata ed eccitata allo stesso tempo. Era
eccitazione, sì? Non ne era sicura, ma i pensieri che le frullavano per la
testa di sicuro non l’aiutavano: era attratta da lui, sia dal punto di vista
fisico che mentale.
Era abbastanza
intelligente da sapere che in parte era dovuto alla situazione di pericolo in
cui si trovavano e anche al fatto che erano soli, però non si spiegava la
disperata dipendenza che provava nei suoi confronti.
Lucius dormiva
profondamente eppure continuava a stringerla a sé. A Hermione bastò muovere
appena il capo per trovarsi col viso a pochi centimetri dal suo.
Poteva farlo? Non era
giusto, ma lui stava mostrando un grande rispetto nei suoi confronti. Non potrò farlo quando si sveglierà.
Decise di cogliere quel momento di coraggio e posò le labbra sulle sue.
La settimana seguente
trascorse allo stesso modo. Di giorno parlavano, leggevano, giocavano a carte.
Dovevano limitare al minimo indispensabile l’uso della magia per evitare di
essere tracciati in qualche modo. Ogni giorno uno dei due controllava e
rinforzava gli incantesimi protettivi, ma non osavano di più.
Hermione adorava le loro
conversazioni: come aveva sempre saputo, Lucius era un uomo dalla vasta cultura
e si poteva parlare di qualsiasi cosa; raccontava le sue esperienze e si
mostrava interessato ad argomenti di cui non sapeva molto.
Lei gli raccontò della sua
vita da babbana e quando la tristezza passò sul suo volto e Lucius le chiese se
stesse bene, gli disse quello che aveva fatto per proteggere i propri genitori.
«Sono sola» aveva detto un
pomeriggio, «loro sono al sicuro e non potrei chiedere di meglio, ma ho dovuto
cancellarmi dalle loro vite e non so se sarò in grado di ridare loro la
memoria.»
Quelle parole avevano
stupito l’uomo più di quanto avesse dato a vedere. Tutta quella forza in una
ragazza così giovane era da ammirare, per non parlare del fatto che aveva usato
un incantesimo molto delicato a livelli davvero alti. Non era facile cancellare
un’intera esistenza dalla mente di due persone e modificare i ricordi per far
quadrare tutti i pezzi della loro nuova vita.
«Deve essere stato
difficile, non è da tutti padroneggiare così bene l’Incanto Oblivion»
aveva risposto in un tentativo di focalizzare l’attenzione della ragazza sulle
sue abilità piuttosto che sulla solitudine della sua vita ora.
Si era chiesto, mentre
giocavano a carte, se lui sarebbe stato in grado di fare la stessa cosa.
Eliminarsi dalla vita di sua moglie e suo figlio per salvarli. Sì era stata la risposta. Sì, l’avrebbe
fatto.
Le notti di quella
settimana erano state difficili. Lucius accettava che Hermione si stringesse a
lui e non cercava più di respingerla. Sapeva che il loro tempo stava per
scadere e non aveva più la forza di controllarsi tutto il tempo. Era difficile
e snervante e non serviva a nulla quando aveva la ragazza addosso in quel modo.
Decise di godere di quel poco che aveva.
Presto finirà.
Hermione, parlando di
feste a scuola, buttò a caso l’informazione che gli aveva provocato i peggiori
dubbi: aveva compiuto diciassette anni ma non aveva potuto festeggiare perché
era già in fuga con i due amici e non avevano potuto celebrare in modo decente
l’evento.
L’ultimo Patronus
ricevuto, a quasi tre settimane dal loro primo arrivo, dava ottime notizie.
«Harry sta bene. Forse abbiamo trovato un altro
Horcrux. Ci sono ancora Ghermidori in giro ma fra una decina di giorni dovremmo
venire a prendervi.»
Hermione osservò il
Patronus svanire in una nuvola azzurra e provò sentimenti contrastanti: era
felice che Harry si fosse ripreso ed era curiosa di sapere cosa avevano
scoperto su quel nuovo Horcrux, ma al tempo stesso non voleva andare via da lì.
Aveva sempre saputo che
sarebbe stata una sistemazione momentanea, che lei sarebbe tornata dai suoi
amici e Lucius dalla sua famiglia. Di sicuro avrebbero trascorso qualche giorno
tutti insieme a casa di Tonks e Remus, ma non avrebbero più dormito insieme, né
giocato a carte o parlato come avevano fatto in quel periodo.
Altre persone si sarebbero
messe in mezzo a loro due. Hermione sentì una profonda oppressione al pensiero
di non poter neanche più guardare Lucius come faceva ora, perché sarebbe
sembrato strano e fuori luogo.
Lui aveva una moglie. Che
si amassero o meno era un uomo sposato e lei lo aspettava.
Girò appena il capo,
consapevole di avere quei pensieri scritti in viso, ma si stupì nel vedere la
stessa cosa negli occhi di lui. Rimasero così, in piedi, per un paio di minuti,
i più intensi che Hermione ricordò di aver mai vissuto guardando il viso di una
persona.
Fu lui a interrompere quel
pericoloso contatto visivo dandole le spalle. «Bene. Buone notizie.» Stava
blaterando cose senza senso e si sentiva stupido. Era un uomo per l’amor del
cielo, non poteva sentirsi in quel modo davanti a una ragazza appena
maggiorenne. Quel tempo per lui era passato e finito.
«Già.»
«Immagino che Nymphadora
vorrà festeggiare il tuo compleanno in modo appropriato.»
Altre chiacchiere senza
capo né coda che però gli ricordavano che i suoi pensieri erano almeno legali.
Stava per dire altro
quando sentì le braccia di Hermione intorno a sé e il corpo della ragazza sulla
sua schiena. Si irrigidì all’istante e non osò muoversi. Perché si comportava
così? Non si rendeva conto di quello che gli stava facendo?
«Scusa.» Lo lasciò andare
subito, scusandosi più volte.
Lui fece finta di niente,
ma quella sera cercò di ritardare il più possibile il momento di andare a
dormire. Non era sicuro di avere più il controllo, non ora che quella bolla
stava per scoppiare, non ora che avevano una data di scadenza.
Se lei l’avesse provocato
ancora…
Non poteva rimandare
ancora. Spense le candele tranne una, chiuse il libro e la raggiunse. Hermione
era seduta dal suo solito lato del letto, la coperta spostata per lui, una
strana luce negli occhi.
Lui non disse niente,
ripeté le stesse azioni di ogni sera, ma quando lei lo abbracciò avvertì
qualcosa. Era diverso il modo in cui lo stringeva. Lei era diversa.
«Lucius?»
«Dimmi.»
«Pensi che ce la faremo?»
«Non lo so. Lo spero.»
«E se non ce la facessimo?»
«Stai perdendo la
speranza?»
Hermione scosse la testa. «Sto
solo pensando che da tanto tempo ormai vivo giorno per giorno.»
Lui intuì dove volesse
arrivare e decise di lasciarla fare. Era stanco di combattere con di lei e
contro se stesso.
«Potrei morire da un
momento all’altro senza aver vissuto tante cose.»
«Hermione…»
«Puoi biasimarmi per
questo?» Posò una mano sul suo petto e piano piano risalì sulle spalle e sul
suo viso. Gli accarezzò di nuovo la guancia in quel modo delicato. «Voglio solo
vivere tutto quello che mi è concesso. Non voglio risparmiarmi nulla.»
Tremava.
«Ci sono cose che non puoi
vivere con me.»
«Perché no?»
«Smettila.»
Si mise seduto e le voltò
le spalle. Non voleva vederla, non voleva vedere l’espressione che aveva in
viso. Non voleva toccarla perché sapeva che non sarebbe riuscito a fermarsi.
Aveva anche lui la stessa
paura e si era chiesto più volte a cosa servisse sopprimere quello che provava
se tanto per quel che ne sapeva il giorno dopo potevano non svegliarsi più.
«Sono perfettamente
consapevole di quello che dico e soprattutto di quello che voglio.»
E questo era il peggio,
perché Lucius sapeva che Hermione era intelligente e cosciente. Sarebbe stato
più facile respingerla se fosse stata solo una ragazza delirante, ma lei non
era così, non si stava facendo prendere dal momento.
Era consenziente.
«Te ne pentirai in futuro.»
«Potrei non averlo un futuro,
Lucius!» esclamò a quel punto e solo in quel momento lui si accorse che era
seduta accanto a lui e lo stava abbracciando di nuovo.
«Te ne pentirai comunque!»
ribatté lui, facendo l’errore di voltarsi e guardarla. Non l’aveva mai vista
così seria e determinata, eppure tanto passionale allo stesso tempo. Strinse i
pugni fino a farsi male. «Ti farai male, Hermione.»
«Non mi interessa» rispose
scuotendo la testa. «Ho vissuto di peggio. Lucius, io–»
Le sue parole vennero
troncate da un bacio. Con rapidità Lucius si era completamente girato verso di
lei e l’aveva baciata, tenendole una mano dietro la testa.
Voleva convincerla a
lasciar stare quel pensiero assurdo e invece si ritrovò a seguirla nei
movimenti mentre lei si sdraiava di nuovo e lo tirava giù con sé.
«Non farlo…» sussurrò
sulle sue labbra quando sentì le sue mani sbottonargli la camicia.
«Voglio farlo e lo vuoi
anche tu.»
«Non possiamo, Hermione. Io non posso» le afferrò un polso
stringendo con forza. «Non riuscirò a fermarmi.»
«Non voglio che ti fermi.»
Le labbra della ragazza
erano di nuovo sulle sue, le mani libere sul suo petto.
«Ti farò male» ripeté
Lucius, cercando ancora di non toccarla. Se l’avesse fatto sarebbe crollato
tutto.
«E allora fammi male»
sussurrò lei in risposta. «Non mi importa, basta che sia tu. Basta che sia
vero.»
In quel momento ogni
istinto di autocontrollo venne mandato al diavolo.
Lucius liberò la mente da
ogni pensiero, ogni dubbio, ogni domanda che l’aveva tormentato e diede tutto
se stesso a quella ragazza che lo voleva con tanta determinazione.
I giorni successivi li
passarono a letto. A parlare, leggere, sfiorarsi. Messa da parte la coscienza
fu più facile lasciarsi andare. Alle conseguenze avrebbero pensato dopo,
nessuno dei due se ne curava.
Hermione era bella dentro
e fuori, brillava di ardore e giovinezza. Era come se gli accarezzasse
direttamente il cuore con quelle piccole mani che lo toccavano con tanta
devozione. E lui lo adorava. Adorava quello che avevano.
Fu bellissimo e
insostituibile dal primo momento all’ultimo, quando arrivò il Patronus che
annunciava l’imminente fine del sogno. Quel giorno nessuno dei due disse una
parola mentre sistemavano le poche cose che avevano.
L’ora dell’appuntamento si
avvicinava ed Hermione era al tempo stesso contenta a terrorizzata.
Era felice di rivedere i
suoi amici, voleva terminare la ricerca e distruzione degli Horcrux, ma non
voleva andarsene. In quel posto sarebbe rimasto il segreto che condivideva con
Lucius, l’uomo che l’aveva amata e toccata come se fosse la cosa più bella e
delicata del mondo.
L’uomo con cui amava
discutere dei più disparati argomenti, a cui aveva insegnato giochi di carte
babbani.
L’uomo con cui aveva fatto
l’amore per la prima volta.
«Sbagliavi.»
Lucius alzò la testa per
guardarla e la vide sorridere.
«Non sono pentita.»
Fu un attimo, coprì la
distanza che li separava con due lunghi passi e la prese tra le braccia,
sollevandola da terra e baciandola come se da quello dipendesse la sua stessa
vita.
Hermione si aggrappò a lui
con tutte le sue forze, gli passò le mani tra i capelli – adorava farlo,
soprattutto quando dormiva – e mise in quel bacio tutti i sentimenti che
provava per lui.
In quei giorni si era
sentita viva come non mai, amata come aveva sempre desiderato, adorata da un
uomo a cui aveva dato il suo corpo, la sua anima, la sua mente, il suo cuore.
Sentiva di appartenere a
lui come a nessun altro.
Il bisogno di aria li costrinse
a separarsi, con riluttanza lui la lasciò andare e per loro fu come una
frattura. Un dolore intenso e indelebile.
Un gufo portò loro la
Passaporta – un vecchio portaocchiali – che Lucius recuperò dal piano di sopra.
Tornato al bunker trovò Hermione in piedi con una borsa in spalla, il sorriso
sulle labbra e gli occhi lucidi.
Era tanto bella da
abbagliarlo.
Si avvicinò al tavolo,
afferrò l’altra borsa e le mostrò l’oggetto.
«Hermione…»
«Sì?»
Sorrise.
«Neanche io sono pentito.»
La Passaporta si attivò pochi
secondi dopo.