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Autore: piperina    07/11/2014    5 recensioni
Sembrava che la sua vita ormai fosse una corsa, solo una lunga, interminabile corsa che era finita a Malfoy Manor.
Bellatrix Lestrange l’aveva torturata così a lungo e così crudelmente che Hermione pensava di morire lì, sul pavimento di una delle stanze di quel maniero enorme, sotto le mani brutali di quella donna e sotto gli occhi della famiglia Malfoy. / Si concentrò con tutte le sue forze per capire dove diavolo fosse finita, come e con chi, quando una voce interruppe i suoi pensieri.
«Ti sei svegliata finalmente.»
Davanti a lei, appena entrato nella tenda, c’era Lucius Malfoy.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Lucius Malfoy
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
- Questa storia fa parte della serie 'Lucius&Hermione - Wild Rose'
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Dedicata a Ilaria. Buon compleanno ♥

 

– Alive –

 

 

 

 

 

Sembrava che la sua vita ormai fosse una corsa, solo una lunga, interminabile corsa che era finita a Malfoy Manor.

Bellatrix Lestrange l’aveva torturata così a lungo e così crudelmente che Hermione pensava di morire lì, sul pavimento di una delle stanze di quel maniero enorme, sotto le mani brutali di quella donna e sotto gli occhi della famiglia Malfoy.

Draco le aveva augurato la morte tante volte nel corso degli anni, ma in quel momento sembrava quasi più spaventato di lei. Hermione l’avrebbe trovato divertente se la situazione non fosse stata tanto tragica.

Quella che riconobbe come Narcissa stava in piedi dietro al figlio, con le spalle dritte e lo sguardo fiero, ma sobbalzava lievemente ogni volta che dalle labbra di Hermione usciva un grido più disperato degli altri.

La vide stringere con forza le mani sulle spalle di Draco, che non era mai stato così pallido da quando lo conosceva.

Bellatrix le tirò i capelli per riottenere la sua attenzione, chiedendo di nuovo come avesse ottenuto la spada di Godric Grifondoro. All’ennesima risposta insoddisfacente la donna si alzò in piedi e le scagliò addosso un’altra Cruciatus.

Hermione gridò con quanto fiato avesse in corpo fino a quando il flusso di magia non venne interrotto.

C’erano Harry e Ronald. Come si erano liberati?

Non riusciva a muoversi, era così stanca e debole da non riuscire a tenere gli occhi aperti. Non riusciva a sentire quello che le persone intorno a lei stavano dicendo perché aveva un ronzio acuto nelle orecchie, ma notò lo sguardo di Harry su di lei e poi su qualcun altro. Seguendo quella direzione, con un grande sforzo, voltò il capo dall’altro lato e vide Lucius Malfoy annuire.

L’uomo lanciò un’occhiata alla moglie e al figlio e poi, con grande velocità, si gettò su di lei.

Per Hermione fu il buio, ma prima di perdere i sensi avvertì la familiare sensazione di un uncino all’altezza dello stomaco.

 

Riaprì gli occhi e c’era il buio intorno a lei. Il corpo faceva così male in ogni punto che le risultò molto difficile alzarsi da dov’era sdraiata e mettersi seduta. Si portò una mano alla nuca, dove avvertì un rigonfiamento. Ricordò che Bellatrix l’aveva spinta a terra e nel cadere aveva sbattuto con forza la testa sul pavimento.

Sbatté le palpebre più volte per riprendere contatto con la realtà. Si trovava in una tenda. Una piccola tenda con dentro niente più di due giacigli improvvisati, un paio di borse e un fuoco fatuo.

Si concentrò con tutte le sue forze per capire dove diavolo fosse finita, come e con chi, quando una voce interruppe i suoi pensieri.

«Ti sei svegliata finalmente.»

Davanti a lei, appena entrato nella tenda, c’era Lucius Malfoy.

L’istinto mosse la sua mano destra alla ricerca della bacchetta, ma non trovò nulla.

«Non gridare» intimò l’uomo chiudendo la tenda alle sue spalle. Alzò le mani per mostrarle che non era armato e mosse due passi verso di lei.

«Stai lontano da me!» esclamò Hermione, non riuscendo a credere a quello che vedeva. Cosa diavolo era successo?

«Ti ho detto di non gridare» disse lui con un tono di voce che non ammetteva repliche. Poi, sempre lentamente, piegò le gambe per inginocchiarsi davanti a lei. «Non ho intenzione di farti del male.»

Hermione mandava lampi dagli occhi. La sua mente lavorava con grande velocità nel tentativo di mettere insieme tutti i pezzi. Harry e Ronald si erano liberati e si stavano scontrando con Bellatrix. Lucius Malfoy si era gettato su di lei. Erano soli in quella tenda, quindi i ragazzi non erano lì. Si trovavano ancora al Manor?

L’uomo non era armato. Hermione colse l’occasione e, con uno scatto che le costò le poche energie di cui disponeva, cercò di passare alla sua sinistra per uscire dalla tenda.

Lucius, che aveva previsto quella mossa, le afferrò le spalle e la tirò indietro, ripetendo di nuovo le sue intenzioni.

«Lasciami!» esclamò Hermione mentre si divincolava, riuscendo solo a perdere l’equilibrio. Cercò di graffiarlo ma lui era troppo forte per lei, ancora così debole dopo essere stata nelle mani di Bellatrix.

Si ritrovò a terra in meno di un secondo, con i polsi ben stretti tra le sue mani e piantati a terra sopra la sua testa. Lui era così vicino che i suoi capelli le sfioravano il viso.

«Stai ferma e ascoltami, sciocca ragazza!»

Lucius aspettò che lei si calmasse prima di parlare, senza però allentare la presa su di lei. Doveva assicurarsi che ascoltasse le sue parole prima di lasciarla andare.

«Sono qui per aiutarti. Potter lo sa.»

Hermione smise di muoversi e gli prestò la dovuta attenzione.

«Dov’è Harry?»

«Al sicuro insieme a Weasley» rispose con tutta la calma di cui disponeva. Non doveva spaventarla né insospettirla. «Sapevo che prima o poi sareste arrivati a casa mia, sapevo che Bellatrix sarebbe stata ingestibile. L’unica cosa che non sapevo era chi di voi tre portare via.»

Hermione era giustamente perplessa. «Harry non mi ha detto niente.»

«Nessuno lo sa. Solo lui e Silente.»

«Silente è morto.»

«E Potter ha mantenuto il segreto.»

Vedendola molto più calma Lucius decise di potersi fidare. Lasciò la presa sui suoi polsi e l’aiutò a rimettersi seduta. Non era stata sua intenzione sbatterla a terra in quel modo dopo quello che aveva passato, ma non poteva farla andare via prima di averle spiegato ogni cosa.

«Collaboro con l’Ordine della Fenice da due anni, in caso te lo stessi chiedendo.» Lucius non poté risparmiarsi un ghigno divertito nel vedere la sua espressione sorpresa.

«Dove sono gli altri che erano al Manor?» inquisì lei, che solo in quel momento si rese conto di stare abbastanza bene per essere stata torturata in modo tanto barbaro. Sospettò che l’uomo si fosse preso cura di lei.

«Se tutto è andato come spero, Narcissa ha portato via i ragazzi.»

Hermione si fece spiegare ogni cosa e lui non mancò di rispondere a nessuna delle sue domande.

Le disse di essersi rivolto a Silente quando Voldemort aveva ordinato a suo figlio di uccidere il preside e di aver dato ogni informazione possibile ai membri dell’Ordine. Draco e Narcissa avevano seguito il suo esempio e, seppur in grande pericolo, avevano mantenuto la facciata restando accanto al Signore Oscuro.

Hermione non gli chiese se avesse cambiato idea sul sangue puro o no o se avesse tradito Voldemort solo per convenienza e lui non ritenne opportuno addentrarsi in quel campo. Di sicuro ne avrebbero parlato in seguito.

Quando erano stati sguinzagliati i Ghermidori lui aveva preso accordi con Remus e Tonks, che avevano accolto la richiesta di usare casa loro come porto sicuro. In caso di pericolo Narcissa sarebbe andata lì con Draco.

«Come possiamo sapere se è andato tutto bene?»

«Non lo sappiamo. Dobbiamo aspettare che ci contattino loro tramite Patronus.»

Hermione sentiva la testa pulsare. Troppe informazioni inaspettate.

«Se non riceviamo notizie, domani ci spostiamo. C’è un posto sicuro dove possiamo andare.»

 

Quella notte Hermione dormì con un occhio aperto. Malfoy le aveva dato una pozione rinvigorente che aveva già usato quando era svenuta per farle recuperare le forze – questo confermava i dubbi sul suo stato di salute, insolito per una persona che era appena stata torturata.

Era difficile credere che proprio Lucius Malfoy fosse dalla sua parte, ma i fatti gli davano ragione e, conoscendo Harry, era altamente credibile che il ragazzo avesse preso accordi e taciuto a riguardo. In fin dei conti aveva cercato di partire da solo e lasciare indietro lei e Ronald. La cosa non la stupì e la storia di Malfoy reggeva.

Si tirò addosso la coperta che lui le aveva dato e lo osservò dormire. In realtà non era sicura che stesse dormendo ed era probabile che sapesse dello sguardo indagatore che aveva addosso, ma non si mosse.

Indossava il completo da Mangiamorte ma senza la maschera. I capelli erano sciolti e aveva un braccio sotto la testa. Il respiro era lento e regolare, sembrava tranquillo.

L’istinto diceva a Hermione di fidarsi e la mente era d’accordo, ma non riusciva a scacciare l’ansia che aveva addosso.

C’erano ancora degli Horcrux da distruggere, erano stati così vicini a farsi prendere da Voldemort e ora lei era separata dai suoi amici e in fuga con un Mangiamorte pentito.

«Smettila di guardarmi e mettiti a dormire.»

Hermione riprese coscienza della realtà quando vide gli occhi di Malfoy puntati nei suoi. Erano grigi, gelidi. Era come se in quello sguardo ci fosse sempre un ordine sottinteso. Da solo bastava a intimidire le persone.

Un brivido le corse lungo la schiena nel trovarsi sotto quello sguardo intenso e obbedì senza pensarci due volte, strizzando le palpebre e nascondendo il viso sotto la coperta.

 

Non erano giunte notizie. Dovevano smantellare tutto e andare via. Hermione osservò la fitta foresta in cui si trovavano una volta impacchettato tutto, pronti per scappare.

«Andiamo.»

Lucius le tese la mano e lei la fissò per qualche istante prima di accettarla. Con uno scatto improvviso lui la tirò a sé ed Hermione si ritrovò addosso a lui, ma non poté pensare troppo alla cosa perché l’attimo dopo si Materializzarono.

Sentì la mano di Malfoy forte sulla sua spalla mentre cercava di stare in piedi da sola una volta arrivati. Aprì gli occhi, sentendosi ancora un po’ senza equilibrio.

«Ce la fai?»

Annuì e lui la lasciò andare. Sentì freddo.

Si trovavano in quello che sembrava un bunker sotterraneo, privo di finestre, non troppo piccolo. Era abbastanza grande da potersi muovere un po’. Erano solo quattro mura con due letti a ridosso di due pareti opposte, uno sgabello rotto e un piccolo tavolo che occupava una terza parete. L’unica porta conduceva a una breve scalinata che portava a una casa diroccata.

Lucius le spiegò che non dovevano assolutamente muoversi da lì e che la casa serviva solo per il bagno, il resto era inutilizzabile. «Non girovagare per le stanze, sono vuote e la struttura è pericolante.»

Avevano una sola bacchetta ed era stata rubata a un Ghermidore. Non obbediva alla perfezione ma andava bene per gli incantesimi schermanti. Una volta assicurati di essere protetti, Hermione si rese conto di non aver guardato dentro le borse. Si voltò verso Malfoy, che le dava le spalle mentre controllava di nuovo gli incantesimi.

«Come facciamo per il cibo?»

«Ne abbiamo abbastanza» fu la risposa che ricevette. Insoddisfacente.

«Cosa c’è nelle borse?»

«Aprile e guarda.»

Trattenendosi dal pestare un piede e sbuffare, Hermione si avvicinò al tavolo e aprì le borse incriminate. In una c’erano le provviste, nell’altra un cambio d’abito, candele e… la sua borsetta di perline. Era quasi commossa, non riusciva a credere di averla tra le mani, era sicura di averla persa.

«La mia borsetta…» disse in un sussurro incredulo stringendola tra le mani,

«Potter aveva detto che era importante.»

Hermione si voltò verso di lui e si ritrovò inchiodata dal suo sguardo, incapace di articolare una risposta.

«Non sapendo chi, in caso, avessi dovuto portare via, se si fosse trattato di te mi ha detto di recuperare quella borsetta a tutti i costi.»

«Grazie.» Gli rivolse un sorriso – non riuscendo a fare altro – e si sedette sul letto per controllare il contenuto del prezioso oggetto.

Lucius osservò la ragazza a lungo. Le brillavano gli occhi, non riusciva a smettere di sorridere. Si era chiesto cosa ci fosse in quella piccola borsetta che faceva tanto rumore e si stupì nel vedere quanta roba ci fosse effettivamente dentro.

Gli venne da ridere e faticò a trattenersi. «Ti sei portata dietro mezza Hogwarts?»

Hermione scosse la testa e passò più volte le dita sulla copertina del suo libro preferito, Storia Di Hogwarts. «Solo il necessario.»

Non c’era niente di particolare, ma grazie ai libri avevano un modo per passare il tempo che non fosse fissare il muro o dormire. C’era anche un mazzo di carte babbane – Lucius le guardò con diffidenza – e la radio.

«Non ricordavo di averla messa qui dentro» disse Hermione girandosi l’oggetto tra le mani. «Ci faceva compagnia. Ron l’ascoltava di continuo per avere notizie della sua famiglia.»

Ripensò a quei momenti e si sentì soffocare. Era passato solo un giorno e già sentiva la loro mancanza. Non le importava più neanche che Ron avesse abbandonato lei ed Harry: era tornato e andava bene così. Voleva solo rivederli o almeno sapere qualcosa sulle loro condizioni attuali.

Come se le avesse letto nel pensiero, Lucius rispose alla sua domanda. «Penso che riceveremo notizie entro sera.»

Gli regalò un altro sorriso prima di rimettere la radio nella borsetta di perline. Avrebbe fatto loro compagnia, ma in quel momento non se la sentiva di provare ad accenderla.

 

La predizione di Lucius si era rivelata esatta: il Patronus di Tonks portò loro un messaggio breve e conciso. Stavano tutti abbastanza bene, ma Harry si era quasi rotto durante la Materializzazione. La ricerca degli Horcrux era stata sospesa per qualche giorno. L’ultima raccomandazione era di restare nascosti e aspettare.

Non successe altro per tre giorni. Hermione aveva insistito per insegnare a Lucius qualche gioco babbano con le carte e alla fine lui aveva acconsentito, non avendo di meglio da fare.

«Impari in fretta.»

«Spieghi molto bene le cose.»

Hermione sorrise. Era un sorriso piccolo, quasi accennato, innocente.

«Posso farti qualche domanda?» azzardò lei mentre dava le carte.

Lucius la guardò in silenzio. Sapeva che sarebbe arrivato quel momento, la sua richiesta non lo stupì affatto. «Chiedi.»

Era sempre di poche parole, notò lei, ma andava bene così finché riuscivano a parlare un po’.

«Hai lasciato Voldemort solo per convenienza?»

«Dritta al punto, vedo» commentò senza poter nascondere un ghigno divertito.

«Voglio sapere di chi mi sto fidando.»

Quindi si fidava di lui. Il suo rapporto con Potter doveva essere davvero speciale. In fin dei conti, pensò, lei aveva costantemente rischiato la vita per lui. Non aveva creduto alle parole del ragazzo quando gli aveva detto che il suo nome sarebbe stata la garanzia di cui aveva bisogno.

«Dopo il fallimento di due anni fa lui non era più contento di me, ma gli facevano comodo il mio nome e i miei soldi. E la mia casa.»

Hermione notò il risentimento di quelle ultime parole e lo osservò riordinare le carte che aveva preso.

«Da Azkaban non potevo fare nulla, così lui ha preso possesso di tutto ciò che avevo e per punirmi ha coinvolto mio figlio. Non potevo accettarlo.» Lucius alzò lo sguardo su di lei e si trattenne dal ridere nel vederla così sconvolta. «Cosa c’è? Credevi che avessi cresciuto Draco a pane e Cruciatus?»

Le guance di Hermione andarono a fuoco. «No, no… è che… un po’ sì, insomma… Draco sembrava sempre intimorito da te. Ogni volta che vi ho visti insieme bastava uno sguardo e lui si zittiva.»

«Questo è per l’educazione ricevuta. È il mio unico figlio, l’ho viziato come farebbe chiunque. Credi non sappia che andava in giro a dire “Aspetta che lo venga a sapere mio padre” per qualunque sciocchezza?»

Di nuovo, Hermione arrossì e si sentì anche un po’ stupida. A pensarci bene, per quanto impaurito o eccessivamente reverenziale Draco fosse sempre stato verso di lui, vantava sempre suo padre, il suo potere, quello che era in grado di ottenere, i regali che gli faceva.

«Non l’ho mai vista da questo lato» ammise, guardando le carte che aveva in mano. «Voi Purosangue vi sposate solo per contratto?»

Domanda curiosa. «A volte qualcuno si innamora. Se vuoi sapere se io e mia moglie ci amiamo, la risposta è no. Ci volevamo bene quando ci siamo sposati, ma nel corso degli anni le cose sono cambiate. Tutto sommato siamo stati più fortunati di altri.»

«Ma è triste.»

«Lo so.»

«E nel tempo… voi…» sentiva di star andando troppo sul personale, ma non aveva mai davvero avuto occasione di parlare con lui e più parlava più domande le venivano in mente.

«Hermione» l’ammonì con un tono che non ammetteva repliche, inchiodandola con lo sguardo, «non discuterò con te del mio matrimonio. Tutti abbiano dei segreti e chi è cresciuto come me sa nasconderli bene. L’ultima cosa che ti dirò a riguardo è che la mia famiglia ha smesso di essere tale molto tempo fa.»

«Non volevo essere invadente» disse subito lei, non volevo pensare che quella era la prima volta che la chiamava per nome.

Lui scartò una carta tra quelle che aveva. «Sei curiosa. Me l’aspettavo. Lo sarei anch’io se fossi in te.»

Giocarono in silenzio per qualche minuto, ma Lucius sapeva che lei voleva chiedergli almeno un’altra cosa, lo vedeva nel modo in cui lo guardava o si mordeva le labbra per non dire qualche sciocchezza.

Stanco, sospirò. «Chiedi, su.»

«Il sangue.»

Non era una domanda, ma Lucius immaginò che lei non aveva saputo come esporla. Probabilmente temeva una discussione.

«Non è mai il sangue, è lo status che ne consegue.»

«Però…»

«C’è chi ci crede, certo. Ci credevo anch’io da ragazzo. Poi ho scoperto che i soldi e la reputazione hanno più potere del sangue che hai nelle vene. Conosco le origini del Signore Oscuro, Hermione. Tutti le conosciamo.»

«E nonostante questo avete continuato a seguirlo predicando la supremazia dei Purosangue?» sembrava sconvolta e non aveva del tutto torto a esserlo.

«Come ho detto prima, è lo status. Lui era forte e carismatico la prima volta. Faceva grandi cose, ne prometteva di ancora più grandi… non era più lo stesso quando è tornato e nel frattempo non è stato il sangue a salvare la mia famiglia, ma la mia capacità di prendere accordi e mantenere pulito il nome della mia famiglia.»

Hermione non sapeva cosa dire. Sapeva benissimo che Lucius Malfoy era riuscito a infiltrarsi ovunque, ad avere scappatoie sempre a disposizione, soldi a non finire, per non parlare del modo in cui si relazionava col prossimo e gli affari che faceva.

«Quindi non credi davvero che chi ha il sangue misto non sia degno della magia?»

«Ora capisco perché irriti tanto Severus» di nuovo, Lucius la osservò arrossire, ma decise comunque di rispondere alla sua domanda. «Credo che i Purosangue dispongano di una magia potente. Il sangue è sempre l’elemento chiave di incantesimi e pozioni, più è puro più è forte. Ma non mi interessa particolarmente sapere perché dei Babbani abbiano il dono della magia.»

Wow, fu tutto ciò che Hermione era in grado di pensare.

«Soddisfatta?»

Annuì, sentendosi piccola di fronte a lui. Era diverso dall’uomo che aveva conosciuto la prima volta, meno arrogante e più… umano, sì. Era la parola giusta per descriverlo.

 

La notte successiva Lucius si svegliò di colpo. Da quando era stato ad Akzaban aveva avuto il sonno leggero. Aprì gli occhi e rimase in attesa, ascoltando… poi sentì un singhiozzo. Un altro. Un sospiro. Si voltò verso il letto di Hermione e, seppur nel buio, la vide muoversi sotto la coperta.

Forse stava sognando, si disse, ma quando la sentì piangere decise di alzarsi. A dire il vero si era stupito di quei primi giorni perché la ragazza non si era mostrata debole o impaurita neanche una volta. Ammirevole, per quello che aveva passato.

Arrivato da lei si stupì, perché stava piangendo nel sonno.

«Hermione?» provò a chiamarla, ma lei continuava a piangere. Si sedette sul bordo del letto e allungò una mano per scuoterla quando lei gridò – per un attimo fu come sentirsi di nuovo a Malfoy Manor e guardarla soffrire sotto le mani di Bellatrix.

Lucius le afferrò le spalle, chiamò il suo nome altre due volte e all’improvviso lei scattò a sedere. Aveva gli occhi sgranati colmi di terrore, il respiro così forte che sembrava dovessero scoppiarle i polmoni da un momento all’altro e tremava.

«Cosa… cosa… io…» ansimò la ragazza, guardandosi attorno disorientata.

«Un incubo» spiegò lui, ma lei non si calmava. Lucius pensò che non avesse mai visto nessuno tremare in quel modo.

«Non respiro» disse a un certo punto lei, portandosi le mani al petto. «Non respiro.»

Capendo ciò che aveva, Lucius lasciò le sue spalle per afferrarle le mani e intrecciò le dita alle sue. «Stringi. Guarda me. Focalizzati su di me.»

Parlava piano, con voce bassa e calma e occasionalmente faceva un po’ di pressione sulle sue mani. A fatica, lei smise di guardarsi intorno e fissò gli occhi sul suo volto.

«Brava, continua così. Ora respira con calma.»

Pur in quello stato confusionale, Hermione obbedì e cercò di fare come lui le aveva detto. Ci vollero molto minuti per farla tornare a respirare normalmente, ma continuava a tremare, seppur meno di prima. Un pizzicore sul dorso delle mani fece capire a Lucius che lei aveva stretto così tanto da conficcargli le unghie nella pelle.

«Come va?»

«Meglio» disse lei con un filo di voce. «Cos’era?»

«Un attacco di panico» spiegò lui, senza lasciare le mani né distogliere lo sguardo. Alla sua espressione interrogativa decise di aggiungere un’altra informazione. «Draco ne ha avuti molti da quando gli è stata affidata quella missione.»

Hermione annuì senza dire nulla. Per molti minuti rimase immobile prima di riuscire a rilassarsi completamente. «Che ore sono?»

«È ancora notte, torna a dormire.»

Le mani di Lucius erano calde e la sua voce rassicurante. Non voleva lasciarlo andare. Provò un senso di abbandono quando lui sciolse la stretta e fece per alzarsi.

«No!» esclamò, gettandosi verso di lui e stringendo la stoffa della camicia. «Non lasciarmi sola. Aspetta. Resta con me.»

Sorpreso – ma non stupito – da quella reazione, restò seduto. Hermione non voleva saperne di lasciare la sua camicia, così portò di nuovo le mani sulle sue.

«Devi dormire.»

Lei scosse la testa. «Non voglio dormire da sola.»

Lucius trattenne il respiro. Cosa gli stava chiedendo? Non poteva dormire con lei. Il letto era singolo, se ci avessero dormito insieme… non poteva farlo.

«Hermione…» sembrava incerto.

«Solo un po’, finché non mi addormento.»

Gli rivolse uno sguardo così smarrito che lui, nonostante tutto, si ritrovò ad accettare. «Va bene. Solo finché non ti addormenti.»

Incerto, e attento a non toccarla, Lucius si stese sul letto schiacciandosi il più possibile contro la parete. Hermione fece lo stesso, tirò su la coperta e gli accoccolò con la schiena contro il suo petto. Proprio quello che lui voleva evitare.

Rimase immobile a lungo, attento a seguire il respiro della ragazza, ma mentre lei si addormentava, lui chiudeva gli occhi e iniziava a rilassarsi. Cercò di restare sveglio ma non ci riuscì.

 

Il mattino dopo Lucius si svegliò per primo e si trovò in una tale situazione di disagio che non ricordava di aver vissuto da molti anni.

Lui ed Hermione erano abbracciati, un suo braccio era sotto la testa della ragazza, l’altro sul fianco – ben oltre il limite che lui non avrebbe superato – e lei gli stringeva mano. Il corpo di Hermione aderiva completamente al suo.

Fu contento di vederla dormire serena, ma doveva alzarsi prima che lei si svegliasse e non era facile districarsi da lei. Ebbe bisogno di parecchi minuti in cui si sentiva sempre più a disagio e finalmente riuscì ad alzarsi dal letto. Hermione dormiva ancora.

La coperta era scivolata ai piedi del letto e Lucius, nonostante tutti i suoi sforzi, non riuscì a non guardare il corpo della ragazza mentre la copriva di nuovo fino al mento.

Era carina. Più magra di quanto ricordasse, ma ben proporzionata. Non era un corpo da rivista, ma non era più quello di una bambina e le recenti esperienze avevano trasformato Hermione in una donna prima del tempo.

Lei si svegliò poco dopo, ignara di tutto, e lo trovò già vestito e pulito e la colazione quasi pronta. Gli rivolse un gran sorriso e uno sguardo diverso dagli altri.

«Grazie per stanotte.»

«Non devi ringraziarmi.»

Gli sorrise di nuovo e, con cautela, aprì la porticina e salì per darsi una sistemata e lavare i vestiti.

Il Patronus di Tonks tornò per informarli che Harry stava meglio e che presto sarebbero andati a prenderli, ma che li stavano cercando e dovevano restare nascosti ancora un po’.

Parlarono degli Horcrux, ma nessuno dei due aveva idea di quali fossero quelli mancanti o dove trovarli. Aspettare era frustrante, così ogni giorno Hermione si inventava qualcosa di nuovo per passare il tempo.

Quella notte lei pianse di nuovo nel sonno. Quando Lucius le si era avvicinato e l’aveva svegliata, lei gli aveva chiesto di non lasciarla sola.

Riluttante, aveva accettato e fu così per tutte le notti a seguire. Hermione si metteva sempre nello stesso modo perché non si sentiva sicura a dormire con la schiena verso il vuoto e di notte non si muoveva quasi mai.

Aveva preso l’abitudine di stringergli la mano e portarsela al petto. E questo non andava bene. Ogni mattina Lucius si svegliava prima di lei e faceva le solite manovre per alzarsi senza disturbarla.

Quasi una settimana dopo il loro arrivo al bunker, sceso dalle piccole scale trovò Hermione nel panico: parlava la sola, si passava le mani tra i capelli, camminava avanti e indietro come una pazza.

«Che succede?»

«Cosa mi ha fatto? Cosa mi ha fatto?» continuava a ripetere quella domanda senza mai fermarsi.

«Hermione?» Lucius si avvicinò e le afferrò le braccia per farla fermare. «Cos’hai?»

«Bellatrix» disse lei in un soffio. «Deve avermi fatto qualcosa.»

Lui non capì. «Di cosa stai parlando?»

«Non ho…» si bloccò, insicura. Doveva dirglielo? Non erano affari suoi e forse non voleva saperlo. «Che effetti ha la Maledizione Cruciatus? A lungo termine intendo.»

«Dipende da caso a caso.»

«Ha effetti particolari sul corpo di una donna?»

Lucius non comprese, di nuovo, ma sentiva che si trattava di qualcosa di intimo e non voleva pensare a lei in quel modo. «Non so di cosa stai parlando.»

«Io… ecco, c’è la possibilità che danneggi qualche organo?» si morse il labbro, incerta se dare altri dettagli.

Lui abbassò lo sguardo e gli si accese una lampadina in testa. «Oh…»

Hermione arrossì, ma lui aveva capito una cosa diversa e la conversazione finì per essere ancora più imbarazzante del previsto.

«Non vorrei chiedertelo, ma devo. Sei incinta?»

Lei rimase a bocca aperta, non solo per la domanda ma per il disagio che gli leggeva in faccia.

«No» scosse la testa, cercando di riprendersi da quel momento. «È impossibile.»

«Allora ho inteso male» rispose lui, mostrandole un’espressione confusa. «Sei sicura di non essere incinta? Perché se no non capisco che danni ti avrebbe fatto la maledizione.»

«È impossibile che lo sia» ripeté lei con sicurezza.

«Non puoi saperlo finché non è evidente.» L’ultima cosa di cui avevano bisogno in quella situazione era un’adolescente gravida.

«Lucius.» Un brivido. Era la pima volta che lo chiamava per nome. «Non posso essere incinta se non ho mai…» lasciò cadere la frase nel vuoto.

A quel punto lui capì e fece due passi indietro. «Oh

Hermione cercò di nascondere l’imbarazzo continuando a parlare. «Sono preoccupata perché il mio corpo non funziona come dovrebbe.» Non poteva dirgli apertamente che le era saltato il ciclo, quella conversazione era già fonte di così tanto disagio da bastare per una vita intera.

Era possibile che il ciclo avesse degli sbalzi a causa di uno shock, ma lei era stata sottoposta alla Maledizione Cruciatus molto a lungo e sapendo che lo stesso incantesimo aveva fritto il cervello dei signori Paciock, temeva che nel suo caso le avesse fritto altro. Non ne era sicura, ma era una possibilità. Purtroppo sarebbe passato molto tempo prima che potesse farsi vedere da un medico.

«Penso che… andrò di sopra. A controllare. Rinforzerò gli incantesimi schermanti. Scusami.»

Lucius scappò letteralmente dalla stanza.

Hermione si prese a schiaffi per avergli detto una cosa simile, ma erano soli e lui era l’adulto tra i due, era l’unico su cui poteva fare affidamento per ora.

«Cosa diavolo stavo pensando?»

Quella sera Hermione non era sicura di chiedergli di dormire insieme, ma ormai si era abituata a non riusciva a sopportare l’idea di essere sola nel letto. Aveva bisogno di un contatto umano, di calore, di sapere che non era tutto perduto. Che c’era speranza. Che era viva.

Con grande padronanza di sé e facendo finta che la conversazione di quella mattina non fosse mai avvenuta – e non volendo far pensare a Hermione di aver fatto qualcosa di male – Lucius accettò e si mise sotto la coperta come aveva fatto nei giorni precedenti.

Di nuovo lei gli prese la mano, ma era agitata, lo sentiva. Continuava a muoversi, stendere le gambe, piegarle, stenderle di nuovo. Sbuffava, poi gli stringeva la mano e la lasciava andare subito dopo.

Tutto quel muoversi non aiutò l’uomo col proprio autocontrollo, fino a quando lei non si girò per guardarlo in faccia.

Era bella. Lucius si sentì a disagio, di nuovo. L’aveva praticamente vista crescere, aveva appreso molte cose su di lei e da quando aveva chiesto aiuto a Silente sentiva di conoscerla più di quanto pensasse.

«Quanto pensi che staremo qui?»

«Poco, immagino. Forse qualche settimana. Non più di un mese comunque.»

Lei annuì e chiuse gli occhi. Il braccio che aveva sul suo fianco era ancora lì, ma lui era stato attento a lasciare la mano sulla sua schiena e non oltre. Non era più abituato a dormire con qualcuno.

Aveva passato un anno ad Azkaban e una volta tornato a casa aveva dormito poco e niente, da solo. Narcissa aveva rifiutato di stare con lui più del necessario e non le aveva dato torto. Era solo colpa sua se Voldemort se l’era presa con Draco, il loro unico figlio appena sedicenne.

Quel pensiero gli fece venire un dubbio. Hermione aveva già compiuto diciassette anni? Per quanto avesse iniziato ad apprezzare la sua vicinanza non poteva sopportare l’idea di condividere il letto con una minorenne e svegliarsi eccitato accanto a lei tutte le mattine.

Chiuse gli occhi, anche se era già buio – di notte tenevano accesa una sola candela sul tavolo – per non vedere quello sguardo così innocente e speranzoso.

«Lucius?»

Una carezza sul viso. Sospirò.

«Capisco che tu voglia andare via. La compagnia di un vecchio Mangiamorte pentito non è equiparabile a quella dei tuoi amici.»

Hermione ridacchiò nel buio, ma non spostò la mano. Mosse appena le dita sulla sua guancia.

«Non mi dà fastidio stare qui con te.»

Aprì gli occhi e vide incertezza sul suo viso. Non sapeva se rispondere, stare zitto o andarsene.

«Neanche a me.»

La vide sorridere e sorrise anche lui. «Dormi ora.»

Spostò il braccio dal suo fianco e le afferrò la mano – non poteva sopportare oltre quel tocco delicato e innocente. Lei si irrigidì ma non si mosse.

«Mi stringi?»

Trattenne il respiro.

«Non credo sia il caso.»

«Perché?»

Come poteva fargli quella domanda? Era davvero così ingenua o lo stava mettendo alla prova?

Perché hai l’età di mio figlio. Avrebbe voluto dirglielo, ma questo avrebbe svelato il disagio che provava accanto a lei, così vicina a lui, nello stesso letto.

«Hermione…»

«Scusa.»

La ragazza abbassò lo sguardo e ritrasse la mano dal suo viso, ma invece di spostarsi si fece ancora più vicina, abbracciandolo alla vita, col volto sul suo petto.

Per qualche istante lui non seppe cosa fare. Lo stava prendendo in giro? Davvero non aveva capito? Oppure… ma no, cosa stava pensando? Era già tragico provare desiderio per una ragazza che aveva la metà dei suoi anni e nessuna esperienza con un uomo.

Non poteva. Non doveva. Però voleva.

«Credo che non dovremmo dormire insieme.»

«Non voglio stare sola.»

«Non potrò dormire con te quando andremo via da qui.» Quella frase suonò diversa da come l’aveva pensata.

«Allora non sprechiamo questa occasione.»

Avrebbe ceduto. Si alzò con uno scatto brusco, ma lei non volle saperne di lasciarlo andare.

«La verità è che ho paura!» esclamò lei, prendendolo alla sprovvista, stringendo di più la presa sulla sua camicia. «Ho paura di morire e di morire da sola.»

Non era l’unica, penso l’uomo. In quei giorni tutti avevano lo stesso pensiero, loro più degli altri. Erano ricercati, se Potter avesse perso lei sarebbe comunque stata in cima alla lista delle persone da trovare a tutti i costi e portare al cospetto dell’Oscuro Signore.

Per lei non c’era pace. Poteva morire combattendo o morire come prigioniera. Era costantemente in pericolo e Lucius lo sapeva benissimo.

«Comprendo come ti senti, Hermione, ma attaccarti a me in questo modo non ti aiuterà.» Si disse che forse doveva avere polso e mantenere le distanze, ma sapeva di essere lui il primo ad apprezzare quella vicinanza.

«Scusami…» lo lasciò andare e si strinse nelle braccia, un po’ per il freddo e un po’ per impedirsi di toccarlo di nuovo.

Lucius Malfoy l’aveva affascinata e intimidita fin dal loro primo incontro. Si era sempre chiesta come fosse possibile che un uomo come lui, in grado di fare e ottenere qualunque cosa volesse si limitasse a seguire uno come Voldemort.

Non aveva mai voluto credere che fosse così chiuso di mente e quei giorni passati insieme, solo loro due, le avevano dato ragione. Lucius Malfoy era molto di più.

L’aveva già immaginato osservando i cambiamenti di Draco nel corso degli anni e ora ne aveva avuto la conferma.

«Non dovevo darti fastidio con le mie stupide richieste.»

Si spostò per farlo alzare senza essergli d’intralcio, ma lui non si mosse. Quando si voltò per guardarlo scorse nei suoi occhi qualcosa che le fece venire i brividi in tutto il corpo. Una sensazione piacevole, mischiata alla consapevolezza che fosse sbagliato.

Lo vide scuotere la testa a sdraiarsi di nuovo, tirandola giù piano per le spalle e coprendo entrambi con la coperta. Fu lui ad abbracciarla – sempre stando attento a dove la toccava – e stringerla a sé.

Quella sera era lui ad averne bisogno. Decise che andava bene così, che poteva fare quello sforzo per permetterle di dormire serena. Tenerla tra le braccia gli sarebbe bastato.

«Grazie.»

«Dormi.»

Hermione si beò del calore e della sicurezza che lui le infondeva. Fu difficile addormentarsi per lei quella notte. Era nervosa, emozionata ed eccitata allo stesso tempo. Era eccitazione, sì? Non ne era sicura, ma i pensieri che le frullavano per la testa di sicuro non l’aiutavano: era attratta da lui, sia dal punto di vista fisico che mentale.

Era abbastanza intelligente da sapere che in parte era dovuto alla situazione di pericolo in cui si trovavano e anche al fatto che erano soli, però non si spiegava la disperata dipendenza che provava nei suoi confronti.

Lucius dormiva profondamente eppure continuava a stringerla a sé. A Hermione bastò muovere appena il capo per trovarsi col viso a pochi centimetri dal suo.

Poteva farlo? Non era giusto, ma lui stava mostrando un grande rispetto nei suoi confronti. Non potrò farlo quando si sveglierà. Decise di cogliere quel momento di coraggio e posò le labbra sulle sue.

 

La settimana seguente trascorse allo stesso modo. Di giorno parlavano, leggevano, giocavano a carte. Dovevano limitare al minimo indispensabile l’uso della magia per evitare di essere tracciati in qualche modo. Ogni giorno uno dei due controllava e rinforzava gli incantesimi protettivi, ma non osavano di più.

Hermione adorava le loro conversazioni: come aveva sempre saputo, Lucius era un uomo dalla vasta cultura e si poteva parlare di qualsiasi cosa; raccontava le sue esperienze e si mostrava interessato ad argomenti di cui non sapeva molto.

Lei gli raccontò della sua vita da babbana e quando la tristezza passò sul suo volto e Lucius le chiese se stesse bene, gli disse quello che aveva fatto per proteggere i propri genitori.

«Sono sola» aveva detto un pomeriggio, «loro sono al sicuro e non potrei chiedere di meglio, ma ho dovuto cancellarmi dalle loro vite e non so se sarò in grado di ridare loro la memoria.»

Quelle parole avevano stupito l’uomo più di quanto avesse dato a vedere. Tutta quella forza in una ragazza così giovane era da ammirare, per non parlare del fatto che aveva usato un incantesimo molto delicato a livelli davvero alti. Non era facile cancellare un’intera esistenza dalla mente di due persone e modificare i ricordi per far quadrare tutti i pezzi della loro nuova vita.

«Deve essere stato difficile, non è da tutti padroneggiare così bene l’Incanto Oblivion» aveva risposto in un tentativo di focalizzare l’attenzione della ragazza sulle sue abilità piuttosto che sulla solitudine della sua vita ora.

Si era chiesto, mentre giocavano a carte, se lui sarebbe stato in grado di fare la stessa cosa. Eliminarsi dalla vita di sua moglie e suo figlio per salvarli. era stata la risposta. Sì, l’avrebbe fatto.

Le notti di quella settimana erano state difficili. Lucius accettava che Hermione si stringesse a lui e non cercava più di respingerla. Sapeva che il loro tempo stava per scadere e non aveva più la forza di controllarsi tutto il tempo. Era difficile e snervante e non serviva a nulla quando aveva la ragazza addosso in quel modo. Decise di godere di quel poco che aveva.

Presto finirà.

Hermione, parlando di feste a scuola, buttò a caso l’informazione che gli aveva provocato i peggiori dubbi: aveva compiuto diciassette anni ma non aveva potuto festeggiare perché era già in fuga con i due amici e non avevano potuto celebrare in modo decente l’evento.

L’ultimo Patronus ricevuto, a quasi tre settimane dal loro primo arrivo, dava ottime notizie.

«Harry sta bene. Forse abbiamo trovato un altro Horcrux. Ci sono ancora Ghermidori in giro ma fra una decina di giorni dovremmo venire a prendervi.»

Hermione osservò il Patronus svanire in una nuvola azzurra e provò sentimenti contrastanti: era felice che Harry si fosse ripreso ed era curiosa di sapere cosa avevano scoperto su quel nuovo Horcrux, ma al tempo stesso non voleva andare via da lì.

Aveva sempre saputo che sarebbe stata una sistemazione momentanea, che lei sarebbe tornata dai suoi amici e Lucius dalla sua famiglia. Di sicuro avrebbero trascorso qualche giorno tutti insieme a casa di Tonks e Remus, ma non avrebbero più dormito insieme, né giocato a carte o parlato come avevano fatto in quel periodo.

Altre persone si sarebbero messe in mezzo a loro due. Hermione sentì una profonda oppressione al pensiero di non poter neanche più guardare Lucius come faceva ora, perché sarebbe sembrato strano e fuori luogo.

Lui aveva una moglie. Che si amassero o meno era un uomo sposato e lei lo aspettava.

Girò appena il capo, consapevole di avere quei pensieri scritti in viso, ma si stupì nel vedere la stessa cosa negli occhi di lui. Rimasero così, in piedi, per un paio di minuti, i più intensi che Hermione ricordò di aver mai vissuto guardando il viso di una persona.

Fu lui a interrompere quel pericoloso contatto visivo dandole le spalle. «Bene. Buone notizie.» Stava blaterando cose senza senso e si sentiva stupido. Era un uomo per l’amor del cielo, non poteva sentirsi in quel modo davanti a una ragazza appena maggiorenne. Quel tempo per lui era passato e finito.

«Già.»

«Immagino che Nymphadora vorrà festeggiare il tuo compleanno in modo appropriato.»

Altre chiacchiere senza capo né coda che però gli ricordavano che i suoi pensieri erano almeno legali.

Stava per dire altro quando sentì le braccia di Hermione intorno a sé e il corpo della ragazza sulla sua schiena. Si irrigidì all’istante e non osò muoversi. Perché si comportava così? Non si rendeva conto di quello che gli stava facendo?

«Scusa.» Lo lasciò andare subito, scusandosi più volte.

Lui fece finta di niente, ma quella sera cercò di ritardare il più possibile il momento di andare a dormire. Non era sicuro di avere più il controllo, non ora che quella bolla stava per scoppiare, non ora che avevano una data di scadenza.

Se lei l’avesse provocato ancora…

Non poteva rimandare ancora. Spense le candele tranne una, chiuse il libro e la raggiunse. Hermione era seduta dal suo solito lato del letto, la coperta spostata per lui, una strana luce negli occhi.

Lui non disse niente, ripeté le stesse azioni di ogni sera, ma quando lei lo abbracciò avvertì qualcosa. Era diverso il modo in cui lo stringeva. Lei era diversa.

«Lucius?»

«Dimmi.»

«Pensi che ce la faremo?»

«Non lo so. Lo spero.»

«E se non ce la facessimo?»

«Stai perdendo la speranza?»

Hermione scosse la testa. «Sto solo pensando che da tanto tempo ormai vivo giorno per giorno.»

Lui intuì dove volesse arrivare e decise di lasciarla fare. Era stanco di combattere con di lei e contro se stesso.

«Potrei morire da un momento all’altro senza aver vissuto tante cose.»

«Hermione…»

«Puoi biasimarmi per questo?» Posò una mano sul suo petto e piano piano risalì sulle spalle e sul suo viso. Gli accarezzò di nuovo la guancia in quel modo delicato. «Voglio solo vivere tutto quello che mi è concesso. Non voglio risparmiarmi nulla.»

Tremava.

«Ci sono cose che non puoi vivere con me.»

«Perché no?»

«Smettila.»

Si mise seduto e le voltò le spalle. Non voleva vederla, non voleva vedere l’espressione che aveva in viso. Non voleva toccarla perché sapeva che non sarebbe riuscito a fermarsi.

Aveva anche lui la stessa paura e si era chiesto più volte a cosa servisse sopprimere quello che provava se tanto per quel che ne sapeva il giorno dopo potevano non svegliarsi più.

«Sono perfettamente consapevole di quello che dico e soprattutto di quello che voglio.»

E questo era il peggio, perché Lucius sapeva che Hermione era intelligente e cosciente. Sarebbe stato più facile respingerla se fosse stata solo una ragazza delirante, ma lei non era così, non si stava facendo prendere dal momento.

Era consenziente.

«Te ne pentirai in futuro.»

«Potrei non averlo un futuro, Lucius!» esclamò a quel punto e solo in quel momento lui si accorse che era seduta accanto a lui e lo stava abbracciando di nuovo.

«Te ne pentirai comunque!» ribatté lui, facendo l’errore di voltarsi e guardarla. Non l’aveva mai vista così seria e determinata, eppure tanto passionale allo stesso tempo. Strinse i pugni fino a farsi male. «Ti farai male, Hermione.»

«Non mi interessa» rispose scuotendo la testa. «Ho vissuto di peggio. Lucius, io–»

Le sue parole vennero troncate da un bacio. Con rapidità Lucius si era completamente girato verso di lei e l’aveva baciata, tenendole una mano dietro la testa.

Voleva convincerla a lasciar stare quel pensiero assurdo e invece si ritrovò a seguirla nei movimenti mentre lei si sdraiava di nuovo e lo tirava giù con sé.

«Non farlo…» sussurrò sulle sue labbra quando sentì le sue mani sbottonargli la camicia.

«Voglio farlo e lo vuoi anche tu.»

«Non possiamo, Hermione. Io non posso» le afferrò un polso stringendo con forza. «Non riuscirò a fermarmi.»

«Non voglio che ti fermi.»

Le labbra della ragazza erano di nuovo sulle sue, le mani libere sul suo petto.

«Ti farò male» ripeté Lucius, cercando ancora di non toccarla. Se l’avesse fatto sarebbe crollato tutto.

«E allora fammi male» sussurrò lei in risposta. «Non mi importa, basta che sia tu. Basta che sia vero.»

In quel momento ogni istinto di autocontrollo venne mandato al diavolo.

Lucius liberò la mente da ogni pensiero, ogni dubbio, ogni domanda che l’aveva tormentato e diede tutto se stesso a quella ragazza che lo voleva con tanta determinazione.

 

I giorni successivi li passarono a letto. A parlare, leggere, sfiorarsi. Messa da parte la coscienza fu più facile lasciarsi andare. Alle conseguenze avrebbero pensato dopo, nessuno dei due se ne curava.

Hermione era bella dentro e fuori, brillava di ardore e giovinezza. Era come se gli accarezzasse direttamente il cuore con quelle piccole mani che lo toccavano con tanta devozione. E lui lo adorava. Adorava quello che avevano.

Fu bellissimo e insostituibile dal primo momento all’ultimo, quando arrivò il Patronus che annunciava l’imminente fine del sogno. Quel giorno nessuno dei due disse una parola mentre sistemavano le poche cose che avevano.

L’ora dell’appuntamento si avvicinava ed Hermione era al tempo stesso contenta a terrorizzata.

Era felice di rivedere i suoi amici, voleva terminare la ricerca e distruzione degli Horcrux, ma non voleva andarsene. In quel posto sarebbe rimasto il segreto che condivideva con Lucius, l’uomo che l’aveva amata e toccata come se fosse la cosa più bella e delicata del mondo.

L’uomo con cui amava discutere dei più disparati argomenti, a cui aveva insegnato giochi di carte babbani.

L’uomo con cui aveva fatto l’amore per la prima volta.

«Sbagliavi.»

Lucius alzò la testa per guardarla e la vide sorridere.

«Non sono pentita.»

Fu un attimo, coprì la distanza che li separava con due lunghi passi e la prese tra le braccia, sollevandola da terra e baciandola come se da quello dipendesse la sua stessa vita.

Hermione si aggrappò a lui con tutte le sue forze, gli passò le mani tra i capelli – adorava farlo, soprattutto quando dormiva – e mise in quel bacio tutti i sentimenti che provava per lui.

In quei giorni si era sentita viva come non mai, amata come aveva sempre desiderato, adorata da un uomo a cui aveva dato il suo corpo, la sua anima, la sua mente, il suo cuore.

Sentiva di appartenere a lui come a nessun altro.

Il bisogno di aria li costrinse a separarsi, con riluttanza lui la lasciò andare e per loro fu come una frattura. Un dolore intenso e indelebile.

Un gufo portò loro la Passaporta – un vecchio portaocchiali – che Lucius recuperò dal piano di sopra. Tornato al bunker trovò Hermione in piedi con una borsa in spalla, il sorriso sulle labbra e gli occhi lucidi.

Era tanto bella da abbagliarlo.

Si avvicinò al tavolo, afferrò l’altra borsa e le mostrò l’oggetto.

«Hermione…»

«Sì?»

Sorrise.

«Neanche io sono pentito.»

La Passaporta si attivò pochi secondi dopo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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