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Autore: LadyofDarkness    26/01/2005    9 recensioni
E’ una storia che tutti sanno, ma che realmente nessuno conosce. E’ la storia di Harry Potter, del bambino sopravvissuto. Un giovane uomo, oppresso dal proprio destino, dal destino celato in una profezia, in poche parole che possono stravolgere un’esistenza. Fu da quella profezia che tutto ebbe inizio, e fu con quella profezia che tutto avrebbe avuto fine. Siamo qui solo per raccontare quella storia, una storia fatta di amicizia, di amore, di tradimento, di seconde possibilità. Una storia di vita. Una storia di morte.
Genere: Dark, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Attenzione: Questa fanfiction conterrà contenuti violenti o di tipo sessuale che potrebbero offendere le persone più sensibili

Attenzione: Questa fanfiction conterrà contenuti violenti o di tipo sessuale che potrebbero offendere le persone più sensibili. E’ perciò sconsigliato di leggere questa storia ad individui di questo tipo.

 

 

 

E’ una storia che tutti sanno, ma che realmente nessuno conosce.

E’ la storia di Harry Potter, del bambino sopravvissuto.

Un giovane uomo, oppresso dal proprio destino, dal destino celato in una profezia, in poche parole che possono stravolgere un’esistenza.

Fu da quella profezia che tutto ebbe inizio, e fu con quella profezia che tutto avrebbe avuto fine.

Siamo qui solo per raccontare quella storia, una storia fatta di amicizia, di amore, di tradimento, di seconde possibilità.

Una storia di vita.

Una storia di morte.

 

Amore, Tradimento e Morte

 

 

CAPITOLO 1

*Pentagoni e stelle…*

 

§§§§§§§§

Chi è ossessionato dalla morte, a causa d'essa diviene colpevole. (Elias Canetti)

§§§§§§§§

 

Ero sdraiato prono sullo scomodo letto della mia camera.

Non che avessi realmente bisogno di riposare, o stessi relativamente comodo e rilassato…

Semplicemente, avevo ormai preso l’abitudine di passare le mie giornate in quello stato catodico, riverso sul mio letto, di cui una molla rotta immancabilmente mi perforava lo stomaco, perdendo lo sguardo sempre nello stesso punto della mia camera, intervallando le mie macabre e depresse riflessioni semplicemente con qualche capatina in bagno od in cucina a sgranocchiare qualcosa.

A volte, quando quello stato semicomatoso veniva sostituito dalle mie manie di vendetta, mi alzavo, aprivo il mio baule e ne tiravo fuori un volume della serie di libri Magia Difensiva Pratica: Come Usarla contro le Arti Oscure, un regalo che mi avevano fatto il Natale precedente Lupin e Sirius.

Sirius

Era proprio lui il punto.

Dio, le mie notti erano perennemente occupate da sogni della sua… no, non riuscivo neanche a pensare che lui potesse essere realmente…

Era tutto così assurdo.

Un secondo prima era lì, davanti a me, che combatteva, con il suo sorriso sprezzante, ed il secondo dopo era sparito, risucchiato da quel velo nero, trasportato chissà dove…

Se l’estate precedente avevo trovato spesso difficoltà nel dormire, tra sogni ossessivi di porte chiuse ed incubi della morte di Cedric Diggory, quest’estate avevo sempre paura di chiudere gli occhi la notte… o forse non desideravo altro.

Vederlo in quell’incubo era tutto ciò che mi restava di Sirius, insieme a qualche lettera, e a qualche ricordo intriso di malinconia e dolore.

Non avevamo avuto abbastanza tempo per stare insieme… avevo appena avuto il tempo di assaporare cosa fosse avere un qualcosa di molto simile ad un padre – anche se aveva forti tendenze da fratello minore – che mi era stato nuovamente strappato via.

Ma Bellatrix Lestrange l’avrebbe pagata, e con tutti gli interessi.

Avevo giurato vendetta a me stesso… mi ero detto che l’avrei uccisa, o, almeno, l’avrei rimandata ad Azkaban, dopo averle fatto provare atroci sofferenze.

Ed era solo questo pensiero che riusciva a tirarmi fuori dalle mie manie depressive, dallo stato catodico in cui mi lasciavo scivolare…

Ed era allora che mi mettevo a studiare come non avevo mai fatto, incurvandomi la schiena sopra quei pesanti tomi.

Sarei diventato un mago molto potente, temuto da Voldemort e dai Mangiamorte

Avrei sconfitto l’Oscuro Signore e riconsegnato alla prigione dei maghi Bellatrix, se prima non l’avessi uccisa io stesso, sporcando, con immensa gioia, le mie mani del suo sangue.

Vendetta...

Vendetta…

Vendetta…

Con questo stato d’animo avevo raggiunto ormai i primi di agosto.

Rimuginando su tutto questo stavo impazzendo, e me ne rendevo amaramente conto… mi rendevo conto dei viaggi di fantasia e dei pensieri macabri che mi attraversavano inopportunamente la testa.

Né gli auguri ed i regali per il mio compleanno, né i risultati dei G.U.F.O., a cui avevo dato appena un’occhiata e che ancora giacevano spiegazzati sulla mia disordinata scrivania, mi avevano portato alcun alito di gioia.

Il mio cuore aveva fatto appena un timido salto di allegria e sollievo nel leggere scrittura dei miei amici, le loro parole di conforto, ma poi ero ripiombato nella disperazione più nera.

La consapevolezza che non avrei più ricevuto biglietti, regali, nulla che provenisse dal mio padrino, dalla persona che, per me, più si avvicinava ad un genitore mi aveva oppresso il cuore, facendomi passare il più brutto dei miei compleanni.

Per una volta ero stato contento che i miei zii non fossero soliti festeggiarlo… non ero certo nello stato più adatto per farlo.

Ed ora stavo lì, sdraiato sul mio letto, a rimirare il muro dalla carta da parati mezza staccata, con in testa solo una nube nera di assoluto nulla.

La finestra era chiusa, rendendo quella camera molto più simile ad un forno crematorio che ad un luogo abitabile, ed il disordine che vi regnava non era nulla se confrontato al mio solito.

Mi rendevo vagamente conto di aver superato il peggio di me stesso… ma poteva mai importarmi?

La mia esistenza era come spaccata in due.

C’era la mia vita prima della morte di Sirius, e quella dopo la sua dipartita.

Tutto ciò che un tempo mi era sembrato qualcosa di assolutamente importantissimo e da cui non si poteva prescindere, un qualcosa che aveva vitale importanza, ora mi appariva come sciocco, ed assolutamente banale, se non futile e totalmente inutile.

Anche il pensiero dei G.U.F.O., che solo qualche mese prima mi atterriva e mi riempiva allo stesso tempo di attesa ed eccitazione, ora mi sembrava qualcosa di lontano… appartenente davvero ad un’altra vita che non sarebbe mai più tornata.

Li avevo superati tutti, a sorpresa anche quelli di Astrologia, Divinazione e Storia della Magia, sebbene con un semplice “Accettabile”, e in Pozioni avevo ricevuto, a discapito della mia solita media ancorata ad un dignitoso “Scadente”, un ben invidiabile “Oltre Ogni Previsione”.

Certo, non mi sarebbe bastato normalmente per accedere alla classe di Piton, che solitamente pretendeva non meno di “Eccezionale”, ma Silente doveva averci messo come al solito il suo zampino…

Avevo trovato infatti nella busta inviatami da Hogwarts con i risultati  dell’esame anche un foglietto redatto dal mio amatissimo professore di pozioni, in cui mi avvertiva che avrei sostenuto un nuovo esame appena arrivato a scuola, e che, dal risultato di quello, avrebbe decretato se ero idoneo o meno a seguire la sua classe per il M.A.G.O.

Ron mi aveva comunicato che anche a lui era arrivato un biglietto del genere, probabilmente per coprire quello che era un banale favoritismo nei miei confronti, e che doveva essere avvenuto così per tutti quelli che avevano preso “Oltre Ogni Previsione”.

Avevano cercato semplicemente un modo che non desse troppo nell’occhio per farmi accedere a quella materia che, non seguendo, avrebbe pregiudicato la mia futura partecipazione al corso triennale per diventare un Auror.

Come se ormai potesse importarmi qualcosa di divenire in futuro un Auror… non sapevo neanche se avrei mai avuto un futuro!

Sospirai affranto.

Chissà che ora poteva essere… avevo perennemente le persiane serrate, come se la luce del sole o la vista del cielo mi provocassero un’insana allergia, tanto che i miei zii non ne potevano più dei gufi che entravano dalle finestre degli altri ambienti per raggiungermi, trovando quella della mia perennemente sprangata.

Voltai la testa alla ricerca di un orologio, ma mi ricordai di non possederne.

Quello che ero solito indossare ormai era fermo da tempo – precisamente da quando avevo disputato la Seconda Prova del Torneo Tremaghi… mi appariva come se ciò fosse avvenuto secoli prima – e non crederete davvero che i miei zii fossero così gentili da decidere di metterne uno nella camera del loro ben voluto nipotino!

Avevo sete, e doveva essere piuttosto tardi.

Decisi così di alzarmi e, uscito dalla mia stanza, mi diressi in cucina.

Qui trovai zio Vernon, zia Petunia e mio cugino Dudley intenti a cenare e chiacchierare… naturalmente appena arrivai io si interruppero.

Solo la sorella di mia madre alzò la testa, dando a vedere di essersi accorta del mio arrivo nella stanza… per gli altri componenti della mia pseudo-famiglia ero diventato una specie di spettro, una presenza inquietante che si faceva viva a volte all’ora dei pasti o che sbucava per caso per pochi secondi, nei luoghi più disparati della casa mettendo loro paura, e che passava la maggior parte del tempo in quell’aria off limits della casa, denominata anche “Cameretta di Harry”.

Allungai il collo, osservando quello che mia zia aveva preparato per cena.

Pollo e purè.

Presi delle posate ed un bicchiere e le poggiai in quello che, solitamente, era il posto che mi veniva riservato a tavola, mi riempii, per modo di dire, il piatto e, sedutomi, cominciai a mangiare lentamente, a piccoli bocconi.

Se volevo vendetta non potevo certo lasciarmi morire di fame! Avevo già alimentato abbastanza la speranza dei miei parenti di lasciarmi perire per mancanza di cibo.

Per tutta la durata del pasto nessuno fiatò, e, quando ebbi finito quel poco che avevo davanti, mi alzai, mormorando un «Grazie per la cena» a cui nessuno diede peso e a cui nessuno rispose, portando quello che avevo usato per nutrirmi nel lavello e lavandolo scrupolosamente, per poi rimetterlo al suo posto nella credenza.

Stavo per risalire le scale, quando un appena udibile CRACK in lontananza mi fece arrestare.

Era stato un parto della mia fantasia, oppure qualcuno si era materializzato a Little Whinging, in prossimità della mia casa?!

Rimasi un altro po’ in ascolto, ma non mi parve di udire altro… perché mi preoccupavo, dopotutto ero al sicuro finché avessi vissuto sotto lo stesso tetto di un consanguineo di mia madre, no?

Scrollai la testa, dandomi del paranoico e del visionario, e ricominciai a salire la scalinata, quando un più sonoro boato fece tremare i vetri e tutta la casa, fin dalle fondamenta.

Persi l’equilibrio, e scivolai per quei pochi gradini che avevo salito, ritrovandomi nuovamente al pian terreno.

«Che è successo!» sibilò irritato mio zio, uscendo dalla cucina e dirigendosi verso di me con passo marziale, prendendomi per il bavero ed alzandomi.

«N-non lo so!» gli risposi, vagamente perplesso.

Che era successo?!

«Non mentirmi ragazzo! Che cosa hai combinato!! Non avrai usato quella… hai capito, no?» sibilò ancora più adirato mio zio, diventando paonazzo quando si era ritrovato ad evitare di mormorare una delle parole “tabù” in casa nostra.

Sospirai.

«Non ho usato la mia bacchetta per fare alcuna magia» gli risposi calmo.

Un nuovo boato, e sentii come il crepitio di qualcosa.

Mio zio mi lasciò andare, spaventato, ed io velocemente mi diressi verso la finestra, per vedere quello che era successo.

Sobbalzai.

No…

Non era possibile…

Non potevo crederci… insomma, mi trovavo lì proprio perché un’evenienza del genere non avesse luogo, ed invece ecco qua che, come al solito, tutto andava al contrario di come doveva essere.

Mangiamorte.

Fuori da casa mia.

Non riuscii a capire quanti ce ne fossero, ma dalla mia finestra dove mi ero affacciato, quella del salotto, riuscivo a vederne due, e mi sembrava di percepire la veste di un terzo poco lontano.

Girai per le altre finestre, osservando quello che avveniva all’esterno.

Ne ero riuscito a contare infine cinque, e, da quello che avevo potuto vedere, erano disposti a formare come un pentagono intorno al numero 4 di Private Drive, tenendo in mano delle candele nere dalla fiamma oscura, con le braccia protese verso il centro della forma geometrica.

Riuscii a riconoscere i volti di Codaliscia, della Lestrange e, al vertice della figura, la figura di Voldemort in persona.

Doveva avermi visto affacciato a quella finestra, perché ora stava osservando nella mia direzione.

Vedevo i suoi occhi cremisi puntanti nei miei, le sue labbra, che si muovevano lievemente pronunciando una nenia di cui io non conoscevo il testo, arricciate in un sorriso sardonico e di scherno rivolto esclusivamente a me.

Era come se mi stesse dicendo “riuscirò a prenderti… questa volta non avrai scampo”

Un nuovo boato mosse la terra, e le fiamme delle candele che tenevano tra le mani divamparono, unendosi.

Si formò il disegno di un pentagono in un cerchio di fiamme, e le lingue di fuoco presero a spandersi dentro e fuori della circonferenza, bruciando tutte le case di Private Drive, tranne però il numero 4.

Infatti, quando esse si erano dirette verso l’interno, con tutta la loro potenza, come un’onda che voleva sommergere la casa, vi era stata come una piccola scossa, e quelle si erano fermate, come se fossero venute a contatto con una barriera, un muro invalicabile, che, sebbene ci provassero ancora, non riuscivano a forzare…

Il risultato della protezione di mia madre.

Ed intanto vedevo il fuoco spandersi alle altre case, investendo nella mia rovina altre persone di cui io conoscevo appena i volti.

Sarebbero morte solo perché mie vicine di casa…

Tutto ciò che toccavo od anche solo sfioravo veniva irrimediabilmente distrutto.

Egoisticamente mi dissi di non pensarci… non era questo importante in quel momento.

Dovevo riuscire a capire cosa stesse succedendo.

Mi sembrava abbastanza lampante: Voldemort aveva attaccato nella speranza di giungere infine a distruggere la mia intoccabilità, la protezione fornitami dal sangue di mia madre ed accettata da mia zia Petunia quando mi aveva accolto in casa.

Naturalmente non ci stava riuscendo.

Dovevo comunque capire quale incantesimo stava utilizzando… in me era ardente il desiderio di aiutare quelle persone che erano rimaste coinvolte nella furia dell’Oscuro Signore, ed inoltre uno strana inquietudine mi stava guidando.

Se non erravo dovevo aver letto qualcosa in proposito…

«R-ragazzo! – mi richiamò dai miei pensieri la voce di mio zio, carica di panico – c-cosa sta s-succedendo?» mi domandò tremante.

Gli risposi, continuando contemporaneamente a pensare.

«Si tratta di Voldemort, quello che ha ucciso i miei genitori… sta cercando di forzare la barriera posta sulla casa per arrivare a me ed uccidermi…».

Se mi ricordavo bene, il pentagono era una figura a cinque punte molto usata nelle Arti Oscure per le sue proprietà distruttive…

«B-barriera?! Quale barriera?» domandò ancora il mio parente.

«Quella che mi protegge da quando sono qui, da quando mi avete accolto in casa vostra… il segno lasciatomi dal sacrificio di mia madre per salvarmi» spiegai, ancora.

Se non erravo, spesso, per annullare incantesimi in cui veniva usata quella figura, bisognava ricrearne un’altra… ma quale!

«Vuoi dire che casa nostra è sempre stata attorniata da quella… cosa?» domandò, diventando paonazzo, il mio stupido zio.

Sembrava quasi più alterato per il fatto che della magia avesse sempre permeato la sua abitazione  – non si era nemmeno soffermato a pensare che era proprio quella “cosa” che ora gli stava salvando la pellaccia – che per il fatto che essa ora si trovasse sotto attacco, avvolta da un spessa coltre di fiamme ed in pericolo di venire da esse bruciata.

«Esattamente»

Una stella! Certo! Bastava unire i punti del pentagono in maniera diversa, e la figura che si veniva a creare era quella che si opponeva ad essa.

Bastava una semplice stella!

Presi la bacchetta, e tracciai delle scie luminose a formare quella figura, di dimensioni medie, nel centro del salotto.

Non mi venne neanche in mente che, per la verità, mi era vietato usare la magia fuori dai confini di Hogwarts, e, francamente, in quel momento non me ne importava neanche poi tanto.

Insomma, l’anno prima ero riuscito a spuntarla, quando tutti mi ritenevano un pazzo visionario in ricerca ossessiva di fama e attenzione… adesso ero nuovamente il tragico eroe romantico di tutto il mondo magico, non mi avrebbero mai espulso né mi avrebbero mai rotto la bacchetta!

Sentii però squittire mio zio, irritato.

«COSA STAI FACENDO!» mi urlò.

«Cerco di salvarci la vita!» gli risposi.

Cavolo, ma era proprio ottuso!

«Vogliono te, no? Basterebbe consegnarti a loro, e ci lascerebbero in pace! Avremmo dovuto cacciarti di casa l’anno scorso, dopo quella storia di quei Dissena-cosi» esclamò zio Vernon.

«Se mi consegnaste certo non vi salvereste lo stesso… siete dei Babbani, e perciò, a giudizio di quelli là fuori, indegni di continuare vivere…» spiegai loro, con calma, mentre finivo di tracciare i contorni della figura ed il cerchio che ne congiungeva i cinque punti estremi.

«Non avresti mai dovuto dare ascolto a quella lettera che ti è arrivata l’altr’anno, Petunia!» la richiamò mio zio.

Anche mia zia doveva essere entrata nel salotto.

Mi girai a guardarla, e vidi Dudley nascosto, per modo di dire, dietro di lei, aggrappato alla sua sottana…

Che cugino dal cuor di leone!

«Non avrei mai dovuto accoglierlo in casa!» rincarò mia zia.

“Sapessi quanto ne sarei stato felice… ovunque sarebbe stato meglio di qui…” mi ritrovai a pensare.

«Ragazzo, sei stato solo una fonte inesauribile di guai e disgrazie… non avrei mai dovuto accoglierti in casa mia, crescerti e nutrirti…»

«Come se mi avessi mai nutrito abbastanza, o fossi cresciuto grazie alle tue cure…» mi ritrovai a rispondere, indisponente.

«Stai zitto! Sei un ingrato e per di più maleducato!»

«Chi vive con lo zoppo…» la mia mente ormai si stava riempiendo di rancore.

Possibile che in un momento del genere quegli sciocchi non trovassero altro da fare se non rinfacciarmi la loro “presunta” ospitalità?

«Sapevo che saresti stato spossato ed anormale come quei tuoi indegni genitori… non avrei mai dovuto far diventare questa casa anche la tua!» disse mia zia, alzando via via il tono della voce.

Avvertì un primo scossone nell’aria, ed una strana elettricità, come quando si avvicina una terribile tempesta, ma non capì cosa essa stava a significare, quale avvenimento tetro mi stava preannunciando, ed io non riuscii a fermare il fiume di parole che si riversò senza controllo dalla bocca.

«La mia vera casa è Hogwarts! Io non posso definire questo posto come casa mia!» urlai.

Rotto.

In quel momento sentii come se qualcosa si fosse irrimediabilmente rotto in me.

La barriera…

Guardai con occhi spaventati la sorella di mia madre, e la vidi sgranare gli occhi, portandosi una mano al petto, come se le mancasse l’aria.

Io e mia zia avevamo rotto la barriera, tenuta su dal nostro legame di sangue.

Lei aveva negato l’atto di avermi accolto quindici anni prima, ed io, senza neanche usare giri di parole, avevo detto che non potevo definire quel luogo come casa mia, e perciò avevo annullato con le mie mani la protezione che essa mi forniva.

Nello stesso istante avvertì un terribile dolore alla cicatrice che mi deturpava la fronte.

Tutto ciò che feci dopo fu dannatamente istintivo.

«Venite qui!» urlai ai miei parenti, mettendomi nel cerchio che avevo creato e intimando loro di fare lo stesso.

Inaspettatamente mi ubbidirono subito, senza remore.

Probabilmente anche Dudley e zio Vernon si erano accorti che qualcosa non andava… il disintegrarsi di quell’antica magia aveva prodotto una forte onda d’urto nella natura e nell’equilibrio delle forze magiche, che probabilmente anche loro avevano in parte avvertito.

Completai l’incantesimo di protezione un secondo prima che la mano di Voldemort tentasse di ghermirmi.

Vidi il suo volto pallido, le due piccole fessure che gli fungevano da naso, la bocca sottile disegnata in un ghigno esultante, le mani scheletriche, come due grandi ragni dalle zampe fini, venire respinte da un piccolo e fragile muro trasparente a pochi centimetri da me, e gli occhi rossi, folli e appagati che mi scrutavano bramosi.

Si sentiva inequivocabilmente vicino alla vittoria, e molto probabilmente aveva ragione.

Udì la sua voce penetrarmi nelle orecchie, la sua agghiacciante risata perforarmi i timpani.

«Quanto sei sciocco, povero piccolo Potter, ci hai praticamente invitato a casa tua… Ops… questa tu non la puoi chiamare casa» sentì accanto a me dire da Bellatrix, mentre anche tutti gli altri Mangiamorte si mettevano a ridere di me.

Avrei voluto insultarla, se solo ne avessi avuto la forza.

Sentivo tutte le mie energie venire risucchiate da quel piccolo disegno che avevo creato sul pavimento, per convertirle in quella barriera che ora ci stava salvando la vita, ma che non sapevo quanto sarebbe potuta resistere.

«Finalmente la protezione che ti aveva fornito quella cagna di tua madre è andata completamente distrutta… Devo ringraziare te e la tua cara zietta, Harry, se finalmente potrò completare la mia opera… quindici anni sono davvero tanti per lasciare qualcosa in sospeso, e credo sia ormai il tempo di porre fine alla tua inutile esistenza» sibilò il Lord Oscuro, con la sua voce serpentina.

Avvertì anche i miei parenti rabbrividire a quel suono.

Non mi lasciai distrarre.

Era anche la prima volta che mettevo in atto quell’incantesimo, e già ero meravigliato per il fatto che avesse realmente funzionato… ora dovevo solo continuare a concentrarmi, e sperare, pregare che qualcuno venisse in mio aiuto.

«Questa volta sei mio…» mi disse Voldemort.

Lo vidi fare cenno ai suoi quattro servitori di disporsi intorno alla mia barriera, formando nuovamente un pentagono.

Le fiamme avevano già cominciato ad invadere il primo piano della casa, ma ormai loro erano diventate l’ultimo dei miei pensieri.

Ero stanco… non ero abituato a svolgere incantesimi così avanzati – immaginavo che il livello di quello che stavo svolgendo in quel momento fosse elevato anche solo per il M.A.G.O. standard – e questo stava prosciugando tutta la mia forza.

Non avrei resistito ancora, e quando quegli esseri incappucciati presero a mormorare la loro nenia, mi sentii ancora più stanco e spossato, rendendomi conto di essere ormai ad un passo dalla fine.

Ero stato davvero sciocco.

Ero caduto ancora in una delle sue trappole con tutte le scarpe, portando con me gente che non c’entrava niente.

Forse sarebbe stato meglio per tutti se fossi morto insieme ai miei genitori, quando avevo ancora un anno. Mi sarei risparmiato tutta quella sofferenza, tutto quel dolore che invece avevo dovuto provare sulla mia pelle e sul mio cuore.

La mia vista si appannò, e cominciai ad avvertire il calore delle fiamme lambirmi.

La mia barriera si stava rompendo.

Le parole dell’incantesimo mormorato dai miei cinque aguzzini mi riempiva le orecchie e la mente, ma non riuscivo più a capirne e sentirne le parole… era solo un forte e vago rumore, che mi stava facendo scoppiare la testa.

Non resistetti più…

Svenni.

 

Continua…

 

 

E se il buon giorno si vede dal mattino…

Salve!!!

Eccomi qui con una nuova ff, per la vostra immensa gioia!

Avverto tutti fin da ora che questa ff è molto più in stile “Lady” che in stile “Marcycas” (e chi già legge ciò che scrivo sa a cosa mi riferisco…^^… Ho già cominciato bene, non è vero?!).

E’ un esperimento… è in assoluto, insieme ad un’altra che prima o poi mi metterò a scrivere, la prima ff che mi sia venuta in mente su Harry Potter, precisamente il giorno dopo aver letto il quinto libro… (quindi è più di un anno che mi frulla in mente… prima di The Little Scarlet Rose…) la trasposizione su “carta” però è stata molto più sofferta, perché le idee delle due storie si mischiavano e le trame si intrecciavano.

Ora però, con l’arrivo tra “qualche” mese di Harry Potter 6, diciamo mi è stata messa un po’ di fretta, e mi ritrovo qui, a lavorare.

E’ un esperimento anche in un altro senso.

La narrazione infatti sarà dal punto di vista dei vari personaggi in prima persona, e questo a volte determinerà dei ritorni indietro nel tempo, e via dicendo. Devo essere sincera… l’idea mi è venuta la prima volta che ho letto una storia di Luna Malfoy, “Nata per soffrire (the beginning)”, in cui infatti i primi chap sono raccontati in maniera soggettiva (non te lo avevo detto Luna… spero non ti arrabbierai… ç_ç), anche se qui avverrà tutto in maniera diversa.

Direi che la digressione iniziale è durata abbastanza.

Spero mi commenterete (lo farete, vero?!? ndLadyConAccettaInMano), ed ora vi lascio.

Un bacione a tutti

 

Marcycas – the Lady of Darkness

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Nota al 31/07/2014: Se voleste leggere altro scritto da me, ho pubblicato un libro a quattro mani che potrete trovare a questo link http://www.amazon.it/Guilty-Pleasure-Ludovica-Valle-Marcella-ebook/dp/B00K37549M. Dateci un'occhiata mi raccomando!
  
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