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Autore: Kikyo90    07/11/2014    2 recensioni
VERSIONE RIVISITATA E CORRETTA DELLA VECCHIA MIA FF SCARLET ROSE. TRAMA UGUALE, STORIA MIGLIORATA. FATEMI SAPERE, CHI HA LETTO QUELLA VECCHIA E CHI LEGGERà SOLO QUESTA COSA NE PENSATE.
Bella si sveglia dopo un lungo periodo di coma in ospedale. L'unico suo contatto con il mondo, è un ragazzo di nome Edward, che la strappò alla morte una sera di un anno fa. -Il mio amore è come una rosa rossa rossa,ch'è da poco sbocciata in giugno: il mio amore è come una melodia che è dolcemente e armoniosamente suonata. Il mio amore è come questa rosa rossa che ti sto regalando: ti amo, Bella Swan. La ragazza arrossì, mentre vedeva il viso di lui che si avvicinava inesorabile alle sue labbra, fino a sfiorarle in un bacio timido e passionale allo stesso tempo. In quel momento, Isabella conobbe il vero significato della parola felicità. E se il dottor Cullen fosse diverso da come lo conosciamo? E se avesse un fratello? E se Edward non fosse suo figlio adottivo? E se gli eventi si fossero sviluppati in maniera del tutto diversa a quelli del libro? Beh, per trovare le risposte non dovrete far altro che cliccare sulla mia fic e leggerla ^^
Genere: Drammatico, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Carlisle Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Salve, é da tanto che non mi faccio più viva ma non avevo più ispirazione. Da un po', ho iniziato a sistemare la mia storiella di Scarlet Rose, non so chi di voi l'abbia letta e ringrazio tutti quelli che hanno letto e commentato.

Questa é una nuova versione, rivisitata e perfezionata, molto più ricca di particolari. Spero che la seguirete :) Fatemi sapere se avete letto anche l'altra, quale vi piace di più :)

 

SCARLET ROSE

CAPITOLO 1.

***

La ragazza stava scappando, da qualcuno o da qualcosa. Aveva sempre saputo di correre certi rischi, ma non avrebbe mai immaginato che sarebbe potuta finire così.

Quando tutto era iniziato credeva che la vita le avrebbe sorrido e ora, invece, si trovava nel bosco e stava cercando con tutte le sue forze di sfuggire al suo inseguitore.

Era riuscita ad uscire, a superare tutti gli alberi, quando inciampò e cadde sul freddo terreno. All'improvviso, la creatura da cui lei cercava di scappare, le fu sopra.

A nulla servì cercare di dimenarsi: la ragazza sprofondò nel buio e, da allora, non vide più nulla.

***

Da una stanza di ospedale si levò, all'improvviso, un urlo lancinante. Un'infermiera si precipitò subito a vedere cosa fosse successo, incredula per quanto stava vedendo.

-Calmati, tesoro, sei al sicuro...

Cercava di infondere tranquillità in quella giovanissima donna, che sembrava in preda al terrore. Quando riuscì a calmarla, chiamò altri due infermieri perché effettuassero tutti i dovuti controlli.

-Mi raccomando, monitoratela senza perderla d'occhio un attimo. Io vado a chiamare il dottor Cullen...

La signora Jane Ginger uscì di corsa quella stanzetta per andare il dottor Carlisle Cullen. Era il primario dell'ospedale e, in un caso come questo, non poteva non avvisarlo.

-Dottore, dottor Cullen! Presto, dottore, venga!

Bussava alla sua porta, ma sembrava non ci fosse nessuno perché non sentiva rumori dall'interno.

"Strano, pensavo di averlo visto entrare nel suo studio..."

-Signor Cullen, per favore, é urgente!-insistette, lei.

Quando si aprì la porta, le apparve davanti un Carlisle Cullen piuttosto contrariato.

-Insomma, a cosa devo tutta questa insistenza? Sono in riunione, non voglio essere disturbato!

-Quale riunione? Io non vedo nessuno, nello studio...

-Non sono affari suoi!

La donna fu sul punto di replicare, ma era lì per cose ben più importanti.

-Dottore, si é svegliata! La ragazza della stanza 3, si é svegliata!

-Non dica stupidaggini, quella ragazza é senza speranze...

-Le dico che si é svegliata, ha ripreso coscienza cacciando u urlo disumano, quasi fosse terrorizzata da qualcosa!

-Ma non é possibile...-mormorò, lui.

-Mi scusi?

-No, niente! Arrivo subito, grazie per avermi avvisato!

Il dottore prese il camice e se lo mise, per poi precipitarsi alla famosa camera numero 3.

La donna gli corse dietro, ormai non cercava più di capire le stranezze di quell'uomo. Nell'arco di quell'ultimo anno era cambiato troppo rispetto a come lo conosceva lei.

Quando arrivò a destinazione vide che, effettivamente, la ragazza era sveglia. Di lei si sapeva poco e niente, solo che si chiamava Isabella Swan e che era stata trovata quasi esanime nel cimitero della città. Si trovava in coma da un anno.

L'uomo le si avvicinò, con molta cautela.

-Allora, signorina, come stiamo?-le chiese, mentre misurava i battiti.

-Sinceramente, non saprei, dottore... per quanto tempo ho dormito? E come sono finita qui?

La sua voce era leggermente bassa e roca, era normale dopo tutto quel tempo.

-Sei stata trovata mezza morta nel cimitero e, il ragazzo che fa custode, ti ha subito soccorsa e portata qui. Sei stata in coma per un anno intero. So che sei ancora stanca, ma devo chiederti cosa ricordi della tua vita, prima che ti succedesse tutto questo... devo vedere fino a che punto e se é stato danneggiato il cervello.

La giovane sembrò riflettere per un attimo, sul viso un'espressione angosciata.

-Non ricordo niente... dottore, io non so più neanche come mi chiamo!

Le lacrime iniziarono a scendere dagli occhi della ragazza, si sentiva come in un mondo che non le apparteneva. Il dottore sorrise.

-Coraggio, non disperarti. Vedrai che ti aiuteremo a recuperare la memoria, con le nostre cure sarà come se nulla fosse successo.

La signora Ginger le si avvicinò, prendendole la mano con fare premuroso.

-Abigale cara, non ricordi neanche di aver perso il tuo...

-La ragazza non ha perso niente, infermiera, niente! Come le devo dire di stare attenta a non confondere le nostre pazienti?

La donna lo guardò stralunata, era più che sicura di non aver sbagliato, non era mica rimbambita... tuttavia, le sembrò più saggio non controbattere.

-Sì, dottore, mi scusi.

-Così,-chiese la ragazza-mi chiamo Isabella?

-Sì,-rispose, il dottore, guardando male la povera Jane-il tuo nome é Isabella Swan. Come ti ho detto, sei stata trovata quasi esanime nel cimitero dal ragazzo che fa il guardiano.

-Come fate a sapere il mio nome? Ve lo ha detto lui? Mi conosce?

-No, mia cara, il nome lo abbiamo visto dai documenti nella borsa che era accanto a te. Pensa che, quel povero ragazzo, ti é sempre venuto a trovare, nell'arco di quest'anno.-le disse, amorevole, la signora Ginger.

-Infermiera, non le dia queste informazioni tutte in una volta! Bisogna andare gradualmente... faccia chiamare Edward, il ragazzo che l'ha portata qui. Dato che é stato indicato come unico conoscente, é giusto informarlo di quanto successo.

La donna annuì e uscì dalla stanza.

-In che senso come unico conoscente? E la mia famiglia?

-In questo non posso aiutarti, non ne so niente... so solo che, l'unico a farti visita in questo periodo, é stato questo giovane. Può essere che, la tua famiglia, si trovi in qualche altro luogo; vedrai, ti aiuteremo a trovarli.

Il dottore le sorrise ma, ad Abigale, non piaceva molto.

-E della mia borsa cosa ne é? L'avete voi?

-Non credo, io non ho niente di tuo nel mio ufficio... posso chiedere, però, se qualcuno l'ha sistemata insieme agli oggetti degli altri pazienti.

-Gliene sarei grata, dottore...

In quel momento, sentirono bussare alla porta.

-Chi é?-chiese, Cullen.

-Sono Jane, ho con me Edward. Appena lo abbiamo chiamato é arrivato subito.

-Venite!

La porta si aprì, lasciando entrare l'infermiera e il ragazzo; un giovane con i capelli neri, un po' lunghi ma pettinati all'insù e leggermente sconvolti e gli occhi marrone scuro, quasi neri.

Isabella rimase, per un attimo, a guardarlo. Era davvero bello, possibile che, un ragazzo così giovane, facessil custode in un cimitero?

Anche lui la guardò per un attimo, indeciso su come rompere il ghiaccio.

-Allora,-disse Cullen-io vado a controllare alcune cose. Infermiera, lei rimanga con i due ragazzi, non li lasci da soli. Faccia stare Edward solo dieci minuti, Isabella non deve stancarsi troppo.

-Sì, ok dottore.

-Aspetti,-chiese la ragazza-quando mi dimetterete?

-Vedremo. Prima dovremo farti i dovuti esami e dovrai affrontare un periodo di riabilitazione. Tuttavia, non avendo memoria, credo che sarebbe meglio per te rimanere qui finché non troviamo almeno qualcuno della tua famiglia.

Isabella annuì, mentre l'uomo usciva dalla camera, consapevole che non sarebbe stato facile tornare alla vita normale.

-Ragazzi, io devo andare a controllare gli altri pazienti... torno fra una decina di minuti.

Anche Jane uscì dalla stanza, lasciandoli soli. Dopo un primo attimo di silenzio, fu lui a rompere il ghiaccio.

-Beh, forse é il caso che ci presentiamo. Io mi chiamo Edward Cullen, e sono il guardiano del cimitero.

Le porse la mano e, lei, strinse delicatamente.

-Io sono Isabella Swan, a quanto mi hanno detto, ma non so cosa sono.

-Vedrai che ce la farai a recuperare la memoria. La prossima volta, ti porto la borsa che c'era accanto a te quando ti ho trovata.

-Ah, ce l'hai tu? Il dottore mi diceva che, forse, era qui in ospedale.

-No, l'ho tenuta io, a casa, nell'eventualità che ti risvegliassi.

Anche se l'aveva salvata, Isabella non si fidava molto e chiese al ragazzo di parlarle di lui.

Edward aveva ventisei anni, e viveva da solo. Aveva molto in comune con Isabella dato che, anche lui, aveva perso la memoria. La differenza era che, lui, ricordava il suo passato ma aveva dimenticato ciò che gli era successo nella fascia di età fra i diciassette e i venticinque anni.

A quanto gli avevano detto e poteva ricordare, si era svegliato una mattina ed era come se gli ultimi otto anni non fossero mai esistiti. Persone conosciute e cose fatte in quell'arco di tempo erano come nulle. I suoi genitori, lo portarovo ovunque tra dottori e vari parenti (per vedere se riconoscesse qualcuno), ma non riuscirono mai a curarlo del tutto. Solo il cimitero sembrava essergli familiare.

Non aveva riacquistato i ricordi di quegli otto anni, aveva semplicemente imparato a convivere con quel vuoto. Ma, siccome le disgrazie non vengono mai da sole, pochi mesi prima un incidente d'auto aveva portato via i suoi genitori.

A quel punto, non se l'era più sentita di vivere nella casa dei suoi e aveva sostituito il vecchio zio nel ruolo di custode.

-E, con tutto questo, sei venuto a trovarmi?

Isabella era rimasta a bocca aperta nel sentire quelle cose. Anche quel povero ragazzo ne aveva passate di cotte e di crude.

-Sì, perché?

-Beh, avrai avuto altri pensieri e altre cose da fare. Mi sorprende come tu sia riuscito a trovare il tempo di venire da me.

Edward le sorrise, forse un po' amaramente.

-Per quanto ne sapevo, eri sola e, sapendo come ci si sente ad esserlo, non me la sono sentita di abbandonarti. É vero, quando ti ho trovata i miei c'erano ancora ma tu avevi bisogno di aiuto. E, poi, volevo che ci fosse qualcuno pronto ad accoglierti una volta che ti fossi svegliata.

Isabella non sapeva cosa dire. Quel bellissimo ragazzo non la conosceva, ma era così premuroso...

-Non potrò mai ringraziarti abbastanza, mi sa. Senza di te, sarei morta.

-Non c'é bisogno di ringraziare, te l'ho detto. Ho fatto quello che avrebbe fatto chiunque. Quando uscirai da qui ti darò una mano a ricordare, vedrai che ce la faremo.

-Lo spero... ah, che tu sappia, é venuto qualcun altro a trovarmi in questo periodo?

-No, credo di no...-scosse la testa, il ragazzo-per sicurezza puoi chiedere al dottore.

"Già fatto, volevo solo vedere se era la verità..."-pensò, lei, mentre annuiva.

-Adesso é meglio che vada, non devi stancarti troppo. D'altronde, ti sei appena risvegliata.

-Ma no, aspetta! Ho altre cose da chiederti!

-Non preoccuparti, torno domani.-le sorrise, cercando di rassicurarla.

In quel momento, entrò in camera anche l'infermiera.

-Allora, avete fatto conoscenza?-chiese lei, amorevolmente.

-Sì, signora, stavo andando via per non stancarla troppo.

-Mi spiace che tu non possa rimanere di più ma, adesso, devo anche portarla a fare degli altri esami.

Edward disse alla donna di non preoccuparsi, che sarebbe tornato il giorno dopo. Immaginava quanti esami avrebbe dovuto affrontare la povera ragazza, la salutò dicendole di stare tranquilla e pensare solo a guardire, che, tutto, si sarebbe sistemato.

Una volta salutato Edward, Isabella, chiuse un attimo gli occhi ma non per dormire; bensì per riflettere.

Cosa ci faceva, lei, in un cimitero? Come era finita in coma? Nonostante la visita del ragazzo aveva una strana sensazione di disagio, forse dovuta al sogno che stava facendo prima di svegliarsi e si sentiva stanca come se avesse corso veramente.

Forse, quello, era semplicemente l'effetto di un anno di coma, non poteva certo essere fresca e riposata dopo tutto quel tempo ma, ancora, non si spiegava perché avesse dimenticato tutto il suo passato. Ricordava di avere dei genitori ma, pur sforzandosi, non riusciva proprio a mettere a fuoco i loro visi come, del resto, capitava con chiunque lei tentasse di ricordare. Che fine aveva fatto la sua famiglia? Erano forse morti? No, non poteva essere...

-Isabella?

Il suono della voce di Jane la riportò alla realtà. Era dolce come la voce di una mamma.

-Sì, dottoressa?

-Adesso ti porterò a fare una tac.-le disse, mentre le staccava la flebo e faceva indossare il camice-Non ti viene in mente niente che possa aiutarci a capire perché sei stata colpita da un'amnesia?

La ragazza ci pensò un attimo, mentre veniva fatta sedere su una sedia a rotelle.

-No, mi dispiace. L'unica cosa che ricordo, prima di svegliarmi, é uno strano sogno ma, sicuramente, non c'entra.

-No, parlamene. In questi casi, non bisogna tralasciare niente.

Isabella, seppur scettica, le raccontò il sogno.

-Mi trovavo in mezzo agli alberi e scappavo, terrorizzata, non so da cosa o da chi... so solo che, ad un certo punto, sono caduta e mi sono ritrovata la "cosa" addosso. Non é molto, ma ricordo solo questo sogno ricorrente.

La donna disse che, niente, era ninutile. Spinse la giovane nella stanza che avevano di fronte, rassicurandola e affidandola ad un'altra infermiera che la aiutò ad alzarsi e a sdraiarsi nel tubo.

-Dottor Cullen, cosa ne pensa?

-Francamente non lo so, signora Ginger... non vedo niente di anomalo e, la cosa, non mi piace.

La donna scosse la testa. Come diavolo era possibile che, l'esame, non mostrasse nulla? Jane sembrò esitare per un attimo, prima di parlare di nuovo.

-Signore, la ragazza mi ha parlato di un sogno ricorrente. Non sarebbe il caso di interpellare il suo collega? Come psicologo potrebbe analizzare il sogno e, magari, aiutare la ragazza a scoprire chi é.

L'uomo impallidì. Cercando di mantenere la calma, rispose che non era una buona idea.

-Ma é il migliore che ci sia sul mercato!

-Ne cercheremo un altro, ma non provi a chiamare James Cullen per nessun motivo! Chiaro?

In realtà, pochi sapevano che, i due erano fratelli e che tra loro non correva buon sangue. Si frequentavano talmente poco che, nessuno, li aveva mai visti insieme.

-Come preferisce...-rispose, la donna, prima di uscire dalla stanza per andare a prendere Isabella. Erano passati i quindici minuti e, la tac, era finita.

-Non mi va di ritornare a letto...-borbottò, la ragazza.

-Non sei in condizione di poter dire cosa vuoi fare. Non essere capricciosa, su!

-Vorrei provare a camminare, mi sento tutta indolenzita e mi annoio a stare ferma!

-Di camminare se riparlerà tra qualche giorno, tesoro... ora sei troppo debole. Magari, domani, se vediamo che sei in condizioni di poterlo fare ti posso aiutare a metterti in piedi, ma non più di qualche secondo.

-La ringrazio, dottoressa, lei é veramente un angelo.

Jane sorrise, forse un po' amaramente, mentre diceva che era più che normale comportarsi così.

-Ok, se stanotte dovessi avere bisogno di qualsiasi cosa premi questo bottone e arriverò da te. Non cercare di alzarti da sola, qualsiasi colpo di testa potrebbe compromettere la tua condizione e ritardare le tue dimissioni. D'accordo?

-Sì, signora.

-Bene... buonanotte, Isabella.

La signora Ginger uscì dalla stanza cosicché, la ragazza, potesse riposare.

Era vero che aveva dormito un anno intero ma, lo stress mentale assorbito durante la giornata, era stato incredibilmente stancante e si era indebolita ulteriormente. Un'altra notte di riposo non poteva che giovarle, dunque.

Purtroppo, non riuscì a dormire perché, quando tentava di chiudere gli occhi, le tornavano in mente le immagini del sogno. Adesso che ci pensava, le sensazioni che aveva provato nel suo inconscio le sembrava di averle provato per davvero e, la cosa, la inquietava non poco.

Sbuffò, come a voler cacciare via quei pensieri e così si stese meglio coprendosi persino la testa.

Pur essendosi stesa, Isabella non aveva intenzione di dormire; temeva di non riuscire a svegliarsi ma, la stanchezza ebbe la meglio e la ragazza chiuse lentamente gli occhi.

Nello stesso istante, a qualche chilometro di distanza, un uomo seduto davanti ad un camino lasciò che la preoccupazione sparisse dal suo viso per fare spazio ad un sorriso sardonico.

-Poco male, non riuscirai a mettermi i bastoni fra le ruote... la tua prodezza ti costerà cara... tempo al tempo, la vendetta va gustata fredda.

Da quella bocca, proruppe una risata che non aveva niente di allegro. Una risata che non prometteva nulla di buono...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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