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Autore: Yasha 26    07/11/2014    19 recensioni
Mi volto verso la foto sul comodino e la prendo tra le mani. Ritrae me e la mamma sedute al parco, sotto una distesa immensa di ciliegi in fiore. “La Via dei Ciliegi” l’ha soprannominato lei quel posto. E' qui che mi rifugio quando voglio pensarla, restando ore ed ore seduta sulla stessa panchina su cui era solita sedersi lei.
***
Resto immobile a terra, rannicchiata su me stessa. Piango e prego che la sua furia si plachi in fretta, non potendo far altro.
Vedi InuYasha Taisho? Sono queste le uniche lacrime che mi concedo ogni maledetto giorno della mia vita e che non dedicherò mai a te!
IN REVISIONE GRAMMATICALE
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: inu taisho, Inuyasha, izayoi, Kagome, Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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In caso contrario, saranno presi provvedimenti legali.
Grazie.







Sono in ritardo, accidenti! Come ho potuto riaddormentarmi dopo aver spento la sveglia? Se non mi do una mossa chiudono i cancelli!!!
Infilo velocemente i miei collant super coprenti bianchi e la gonna, il tutto saltellando per la fretta. Dovrei mettere il dolcevita sotto la camicia della divisa, ma c’è davvero troppo caldo oggi, malgrado siamo a fine ottobre, come faccio? Trovato! Metto il foulard verde!
Finalmente vestita passo al trucco, come sempre il più coprente possibile, con tanta matita nera, fard e rossetto. Spazzolo i capelli, che getto davanti al viso per coprirlo più che posso. Mi guardo allo specchio e credo vada bene così, non si nota nulla nemmeno oggi.
Scendo di corsa in cucina per preparare la colazione.
-Sotaaa! Non ti sei ancora alzato, dormiglione?-    lo richiamo per la terza volta
-Sì, eccomi sorellona.-   risponde sbadigliando
-Ecco la colazione piccolo. Mangia in fretta così voliamo a scuola!-    dico mentre butto giù la mia
-Sorellona, mi fa male la testa. Posso restare a casa oggi?-    chiede con tono mesto
-NO, NON PUOI!-    esclamo con troppa enfasi, facendolo sobbalzare
Il visino si rattrista e mette su quel piccolo broncio che mettono i bimbi quando stanno per piangere.
-Cioè, scusa fratellino, volevo dire che… non puoi restare a casa quando io non ci sono, lo sai.-     cerco di spiegargli addolcendo il tono
-Lo so, ma sto male.-   insite lui, stringendomi il cuore
-Facciamo così, ti porto ugualmente all’asilo, se starai troppo male dici alla maestra di chiamarmi, ok? Ma chiama me, non a casa, intesi?-     chiedo preoccupata
Lui annuisce e si alza senza finire la sua colazione. Ha l’aria abbattuta, segno che non sta molto bene, ma non posso proprio farlo restare a casa se sono a scuola, e mi è impossibile saltare le lezioni oggi, per via di alcune verifiche. Se me le perdo sono nei guai!
Mettiamo entrambi le scarpe, pronti per uscire, ma prima…
-Papà, noi andiamo. Ci vediamo più tardi.-    lo avviso da dietro la porta della sua camera
-Non fare tardi!-     urla con voce ancora impastata dal sonno
-No, saremo di ritorno per le cinque.-    confermo, fiondandomi fuori casa finalmente
Corro a perdifiato con Sota in braccio, per far prima. Caspita, comincia a pesare adesso! Ha da poco compiuto cinque anni e non è più come quando era piccolo e lo tenevo tranquillamente con un braccio. Ora non me ne bastano due!
Arrivo all’asilo sfinita. Lascio Sota alle maestre con la raccomandazione di chiamarmi subito se sta male e mi ri-fiondo per strada, verso la mia scuola…il liceo Sengoku. Quanto detesto questo istituto. O meglio, chi lo frequenta!
-Eccola! È arrivata “Pippi calzelunghe”!-    mi sbeffeggia il primo coglione della giornata appena entro in classe
Io non rispondo, come sempre. Mi siedo al mio banco ignorando le risate di tutti, pregando che anche questa giornata voli il più velocemente possibile.
-Ehi non prenderla in giro Hojo! Almeno oggi ha i calzettoni bianchi invece che fucsia, come ieri. Sembra meno scema così!-      interviene un altro babbeo, ma io ignoro anche lui
-Sento delle belle risate. È arrivata la sfigata? Oh eccola infatti! Buongiorno cozza! Anche oggi truccata come una troia vedo.-       prorompe quello che è lo stronzo per eccellenza: InuYasha Taisho
Da quando ho messo piede in questa scuola non fa altro che prendermi in giro a causa del mio abbigliamento, e visto che è il ragazzo più popolare dell’istituto gli altri gli vanno dietro, prendendomi in giro a loro volta. Non ho amicizie qui, mi stanno tutti lontano, credendomi chissà che. Ma se credono che così facendo inizierò a frignare e a deprimermi si sbagliano di grosso! Ho problemi decisamente peggiori di due bulletti che mi fanno scherzi e mi chiamano cozza o troia. Essere emarginata da loro non fa altro che aiutarmi a mantenere la facciata che ho costruito, ciò che voglio loro vedano, e non vedano soprattutto.
-Allora, maschera mal riuscita di Halloween, non rispondi?-     continua lui, dando un calcio al piede della mia sedia e spostandola
-Taisho…perché non riesci proprio a lasciarmi in pace cinque minuti della tua vita? Non hai di meglio da fare che sprecare il tuo tempo con me?-      chiedo sbuffando
-E perdermi questo divertimento? No grazie, preferisco tormentarti, sfigata!-      afferma tirandomi via la sedia e facendomi finire per terra, gambe all’aria, mentre tutti ridono divertiti
Ecco che le calze coprenti tornano nuovamente utili!
Come faccio sempre in questi casi mi rialzo, senza fiatare, senza emettere alcun verso di dolore, senza versare le lacrime che lui vorrebbe. Mi rimetto seduta tranquillamente e apro il mio libro di inglese visto che la prima ora riguarda quella materia. Lui sta per dire altro, forse stizzito dal mio mutismo e dalla mia indifferenza, ma l’ingresso del professore lo zittisce.
-Signor Taisho vada a sedersi, cortesemente. Non ha sentito il suono della campanella o era così impegnato a corteggiare la signorina Higurashi da non averla sentita?-    lo riprende il professore
Oh no professore! Così mi mette nei guai più di quanto già non sia.
Mi volto a guardare Taisho, il suo viso è livido di rabbia mentre prende posto qualche fila più dietro. Povera me! Va bene che non mi feriscono i suoi insulti, ma i suoi schiaffi fanno abbastanza male quando gli gira, e quelli preferisco evitarli!
Le ore di lezione passano veloci. Alle quattro finalmente posso tornare a casa. Mi stupisce non vedere in giro Taisho, temevo me l’avrebbe fatta pagare cara per oggi. Tanto meglio. Prendo le mie cose ed esco dalla scuola. Arrivo all’asilo trovando Sota addormentato. Povero piccolo, deve stare davvero male. Lo porto a casa in braccio, arrivando stanca morta in camera sua, dove lo metto a letto. In casa non ho trovato nostro padre, sarà uscito. Dopo aver fatto i compiti vado a preparare la cena, una semplice zuppa di miso perchè non possiamo permetterci altro dato che papà non lavora.
All’ora di cena lui ritorna puntuale, sedendosi a tavola senza neanche salutarmi. Cominciamo bene!
Porto la zuppa a Sota in camera sua. Preferisco non farlo scendere in cucina, sia per come sta che per altro. Servo la zuppa e mi siedo, iniziando a mangiare.
-Questa brodaglia fa schifo! Quanto sale c’hai messo?-      urla improvvisamente mio padre, facendomi sobbalzare
-A me non sembra salata papà, forse è la tua boc…-    nemmeno il tempo di finire la frase che me la getta addosso prendendomi in pieno sul braccio destro, col quale sono riuscita a pararmi almeno il viso prima che mi ustionasse
-Osi contraddirmi, puttana? Non solo mantengo te e quel moccioso, ma non sei nemmeno in grado di cucinare una zuppa?! Siete totalmente inutili!-      mi urla in faccia dopo avermi afferrata  e sollevata per la maglia
La puzza di alcool che esce dalla sua bocca è talmente nauseante che volto il viso disgustata.
-Scusami papà! Hai ragione la zuppa è salata! Te ne preparo subito un’altra!-   tento io, anche se invano
-Mi è passata la fame!-       dice prendendomi a schiaffi e lanciandomi contro il tavolo, contro il quale sbatto la schiena, finendo a terra dolorante
Resto immobile a terra, rannicchiata su me stessa, conscia che se provassi ad alzarmi continuerebbe a picchiarmi, peccato che stasera non vada come al solito, infatti si sfila la cintura dai pantaloni ed inizia a colpirmi ovunque.
-Papà…mi dispiace! Scusami ti prego! Basta! Fermati!-    lo imploro tra le lacrime, con le braccia avvolte al viso ed alla testa
-Zitta brutta stronza! Dovevate morire tu e quel moccioso, non lei! Non la mia amata Sakura! Dovevate morire voi, inutili parassiti! Lei era un’ottima cuoca! Lei si prendeva cura di me! Era la mia vita!-       sbraita mentre mi colpisce furioso le gambe ed il fianco, ancora ed ancora
Il rumore delle cinghiate è perfino più doloroso del colpo che ricevo ogni volta. Piango e prego che la sua furia si plachi in fretta, non potendo far altro.
La tortura finisce quando non sento neanche più il dolore dei suoi colpi. Lo vedo andar via mentre borbotta qualcosa di incomprensibile e si asciuga gli occhi. Deve aver pianto. Come sempre. Resto rannicchiata sotto al tavolo non so per quanto, scossa dalle lacrime. Anche per oggi sono viva.
Ecco…le vedi InuYasha Taisho? Sono queste le uniche lacrime che mi concedo ogni maledetto giorno della mia vita e che non dedicherò mai a te. Ed è così dal giorno in cui mia madre è morta  di cancro, e da quando poi mio padre, per il dispiacere, ha iniziato a bere per dimenticare, riversando su di me il suo dolore.
La mia vita procede così da quattro anni e procederà così per altri tre, finchè finalmente non sarò maggiorenne e porterò via con me mio fratello, denunciando nostro padre per tutto il male che mi sta facendo. Ma adesso no, non posso far nulla. Se parlassi con qualcuno lo arresterebbero e porterebbero me e Sota in un istituto. Lui è ancora piccolo e sono sicura verrebbe subito adottato, venendo allontanato da me. No! Non posso permetterlo! Ho giurato alla mamma, poco prima che morisse,  che mi sarei sempre presa cura di lui, che gli avrei fatto da mamma oltre che da sorella maggiore. Devo solo avere pazienza e sopportare, sperando che quel bastardo non mi uccida nel frattempo. 
Ho provato a comprenderlo e giustificarlo i primi tempi. Mi dicevo che aveva perso la donna che amava  e che forse era normale reagisse così, ma poi col tempo, e le botte sempre più frequenti, ho iniziato ad odiarlo. Avevo quattordici anni e Sota appena uno quando la mamma è morta, era suo dovere prendersi cura di noi, non il contrario. Da quel giorno si è riversato tutto su di me, dalla gestione della casa a crescere Sota. Viviamo di quel poco che mamma e papà avevano messo da parte con anni di duro lavoro, prima che accadesse tutto, ma quei soldi sono quasi finiti, quindi dovrò trovare un lavoro per mantenerci, e questo sarà un grosso problema per me. A chi lascerò mio fratello mentre non sono in casa? Non lo lascio di certo con quella bestia, potrebbe ucciderlo. Finora l’ho protetto, ma se lavorerò e sarò assente, come potrò proteggerlo?
-Sorellina che hai? Stai male?-     mi chiede Sota cogliendomi di sorpresa
-Sota, che ci fai qui?-     gli chiedo tentando di alzarmi senza gemere dal dolore
-Ho portato la ciotola vuota della zuppa. Era buonissima!-        dice sorridendomi e facendo sorridere anche me
Il suo sorriso e il suo benessere sono quelli che mi fanno tirare avanti, o non so dove sarei adesso, sicuramente lontana da questa casa!
-Ne sono felice piccolo. Ora fila a lavarti i denti e poi a nanna.-      
-Vado! Notte sorellona!-   esclama abbracciandomi per la vita, provocandomi un dolore atroce
-Buona notte fratellino.-    gli sorrido trattenendo le lacrime
Ripulisco la cucina meglio che riesco e mi rifugio nella mia camera. A fatica tiro da sotto il letto una cassettina piena di pomate, unguenti, fasce, disinfettanti e quant’altro per il primo soccorso. Mi spoglio il più delicatamente possibile, osservando il mio braccio completamente bordeaux e già pieno di vesciche dovute all’ustione con la zuppa bollente. Ci spalmo su una crema per le ustioni e poi fascio il tutto, mordendomi le guance per non singhiozzare dal dolore. Mi guardo allo specchio per vedere dove passare altra crema e disinfettare le nuove e vecchie ferite. A volte avrei la tentazione di fare un bagno nell’acqua ossigenata per far prima, peccato non me ne possa permettere tanta. Quando finisco sembro una mummia con tutte le bende che ho addosso. Vado a lavarmi il viso, struccando tutta la matita colata con le lacrime e rivelando altri segni, ancora violacei, ricordo dei pugni che mi ha dato cinque giorni fa. Beato il trucco e chi lo ha inventato! Senza i fiumi di matita e fondotinta che uso tutti noterebbero i segni. Meglio passare per sgualdrina che rischiare di finire in istituto e perdere Sota. Stessa utilità hanno calze e dolcevita, coprono i segni altrimenti visibili da tutti. Porto le calze anche in pieno agosto e durante le lezioni di attività fisica. Soffro terribilmente con tutta questa roba addosso, ma che altro posso fare? Capisco che il mio modo di conciarmi da adito agli insulti, lo noto da sola quanto sono stramba, forse anche io mi definirei una sgualdrina vedendomi da fuori e non con gli occhi gonfi di dolore. Purtroppo il primo difetto dell’essere umano è quello di giudicare dalle apparenze, etichettando la gente senza conoscere il perché dei loro gesti.
Quando esco dal bagno passo dalla camera di mio fratello. Come speravo l’ha chiusa a chiave, come gli raccomando ogni giorno. Sono perfino costretta a dormire con la porta chiusa visto ciò che è accaduto qualche settimana fa. Quel giorno credevo davvero sarei morta, se non per le percosse per un infarto sicuramente. Fortuna che mi sono difesa o…basta! Non pensarci più Kagome! Ricorda sempre che quel maledetto non era in sé, rimane sempre tuo padre. Già padre, ma posso ancora definirlo tale?
Mi chiudo in camera e mi stendo, solo che le cinghiate fanno malissimo, da qualunque parte mi giri bruciano, per non parlare del braccio che sembra mi stia andando a fuoco. Pulsa in modo assurdo. Fa più male adesso che prima.
Mi alzo mettendomi seduta, cercando una posizione in cui sento meno dolore. Fosse facile! Mi volto verso la foto sul comodino e la prendo tra le mani. Ritrae me e la mamma sedute al parco, sotto una distesa immensa di ciliegi in fiore. Sembra che la nonna ci abbia azzeccato chiamandola Sakura.
“La Via dei Ciliegi” l’ha soprannominato lei quel posto, nel parco Ueno. Ho ancora il ramo essiccato che le regalai prima che morisse, proprio nella stagione dell’Hanami. Quando glielo portai sorrise, felice di rivedere per un’ultima volta quel delicato fiore di così breve durata, esattamente coma la sua vita, finita troppo presto a soli trentacinque anni.
Da allora, quando voglio stare da sola a pensare a lei, mi rifugio proprio nella sua Via dei Ciliegi , restando ore ed ore seduta sulla stessa panchina su cui era solita sedersi lei. Durante tutto il periodo dell’Hanami ricopro la sua tomba di fiori di ciliegio, sperando possa esserne felice.
I miei pensieri vengono interrotti da una forte musica proveniente dal piano inferiore, ovviamente è papà che mette a palla le musiche che ascoltava con mamma. Un tempo mi faceva pena, ora provo solo disprezzo per lui. É soltanto un egoista! Anche io e Sota soffriamo per mamma, ma a lui non è mai importato. Si crede la vittima della situazione, quando le vere vittime siamo io e mio fratello. A molta gente muore il coniuge, ad alcuni anche i figli ,che è peggio, ma non reagiscono così, ubriacandosi e picchiando i figli per quattro anni. Ormai la morte di mamma è una scusa per bere, perché gli piace e ne è dipendente. Non riesco più a provare compassione, ho smesso quando mi ha rotto la gamba a forza di calci e l'ho odiato del tutto quando mi ha rotto anche tre costole l'anno successivo.
No, non provo pietà per lui, è solo un bastardo. Perché non si è ammalato lui invece che mamma? Perché devo subire tutto questo da colui che dovrebbe amarmi e proteggermi? Come può un padre tentare di strangolare la figlia? Lo rinnego come padre, è solamente l'uomo che odio di più al mondo!
 
La notte passa lunga ed interminabile. Non ho chiuso occhio. Almeno oggi non farò tardi, vediamone il lato positivo.
Mi preparo come sempre con calze coprenti,  foulard e tantissimo trucco.
Ho male ovunque. Le calze mi premono sulle ferite facendomi bruciare la pelle. Il braccio non lo sento quasi più invece, e non credo sia un buon segno. Ho preferito non cambiare le bende, non me la sono sentita, lo farò quando torno.
Dopo aver accompagnato Sota all'asilo vado a scuola anch’io. Vediamo cosa si inventa oggi Taisho per offendermi.  In classe stranamente non c’è, magari oggi non viene, speriamo! Visto che fino ad ora di pranzo nessuno mi ha rotto le scatole decido di pranzare su in terrazzo. Peccato che appena varcata la soglia ho una brutta sorpresa…Taisho è qui che dorme come se nulla fosse. Ma vedi te, salta le lezioni per dormire. Eh si che ha buoni voti anche. Se volessi potrei dargli una botta in testa, se la meriterebbe. Fortuna per lui che odio alzare le mani. Credo sia anche comprensibile.
Decido di andarmene silenziosamente per non farmi sentire, purtroppo il destino mi è sempre avverso e   dietro di me mi ritrovo due ragazzi, amici di quell’idiota, che mi sbarrano il passaggio.
-Guarda chi abbiamo qui! Sei venuta per disturbare InuYasha, non è così?-    dice uno di loro ad alta voce, così che l’interpellato si svegli
-Ero venuta qui per mangiare tranquilla, ho visto lui e ho girato i tacchi. Non voglio disturbare nessuno. Fatemi passare.-         chiedo cercando di farmi largo tra di loro
-Eh no mia cara ! Ora che sei qui rimani a farci compagnia!-   esclama il mio incubo scolastico
-Avrei di meglio da fare che farvi compagnia, Taisho.-   rispondo stanca
-Tipo?-   chiede lui
-Tipo… gli affari miei. Spostatevi.-    dico ai due imbecilli fermi davanti la porta del terrazzo
-Io invece immagino cosa devi fare…-     afferma sicuro, con quel suo solito ghigno spocchioso
-Non è difficile intuirlo avendo il pranzo tra le mani.-    sostengo scuotendo la testa
Che tipo imbecille!
-Questo è ciò che vuoi far credere tu. Lo so cosa nascondi sotto quei vestiti…-      ripete avvicinandomisi pericolosamente
-Non…non so a cosa ti riferisci…-       dico preoccupata
Come può aver capito tutto? Non si vede assolutamente nulla. Certo, compio dei movimenti come se fossi un bradipo agonizzante, ma non credo che da questo si intuisca che vengo picchiata. Oh mamma, proteggimi tu!
-Invece lo sai! L’ho scoperto perché ti vesti in modo così ridicolo anche se fuori ci sono trenta gradi e perché usi tutto questo trucco. Confessa…sei una cazzo di emo! E ti copri le braccia per non far vedere i tagli!-       dichiara soddisfatto
Eh? Mi ha scambiato per una emo? Davvero? Do quest’impressione? Beh il trucco dark ci sta in effetti. Mi viene quasi da ridere però. Sia per la grossa cazzata sparata sia per il sollievo di non essere stata scoperta.
-Allora? Non rispondi? Sei così sconvolta da non avere parole?-      incalza, aspettando forse che scoppi in lacrime?
-Devo deluderti mi sa, il tuo intuito da profiler ha fatto cilecca. Ti conviene cambiare lavoro.-        rispondo trattenendo le risate
Mi rivolge uno sguardo omicida. Devo averlo fatto infuriare parecchio mi sa. Forse era meglio se stavo zitta! Lo vedo estrarre un coltellino dalla tasca, mentre gli altri due dietro di me mi afferrano per tenermi ferma.
-Ehi aspetta…che intenzioni hai?-     chiedo spaventata, provando a divincolarmi
-Ti consiglio di stare ferma se non vuoi ti finisca male.-      minaccia avvicinandosi al mio braccio sinistro col coltello
-No! Lasciatemi! Aiuto! Aiutooo!-        inizio a strillare, però mi tappano subito la bocca
Chiudo gli occhi terrorizzata, non voglio vedere cosa sta per farmi.  Aspetto solo di sentire anche questo nuovo dolore, che però non arriva. Sento solo il lacerarsi della manica della divisa.
Riapro gli occhi, osservando la camicia strappata fino alla spalla.
-Tzè! In questo braccio non c’è nulla. Vediamo l’altro.-    ghigna portando il coltello verso il polsino della manica destra
No! Qui c’è la fascia che copre l’ustione! Se toglie la benda la vedrà!
-Ti prego fermati!-    provo a supplicarlo, inutilmente visto che anche la manica destra fa la fine dell’altra
-Oh oh…una fascia! Scommetto ci sono i tagli sotto!-     afferma tagliando anche quella, ma la benda si è quasi del tutto attaccata alla mia pelle, quindi inizia a tirarla via, provocandomi un dolore inimmaginabile
-Lasciami! Ti supplico, basta!!!-      piango disperata, mentre chiazze di sangue appaiono dalla pelle lacerata
-Ma che cazzo…che hai combinato?-     chiede incredulo, osservando la benda tra le sue mani
-Ti prego…ti prego…-      singhiozzo solamente, sentendo come se il braccio stesse per staccarsi
Il dolore è talmente forte che le gambe mi cedono, ma i due che mi tenevano ferma mi reggono prontamente.
-Che facciamo InuYasha?-      gli chiede uno di loro
-Io…non lo so…-
-Portiamola in infermeria.-    suggerisce l’altro
Infermeria? Dottore? Medicazione, quindi via i vestiti?
-NO! No, in infermeria no! Sto benissimo!  Lasciatemi andare, vi prego!-    chiedo ritrovando la forza, data dalla disperazione
-Tu devi essere completamente pazza! Come puoi dire di stare bene? Tra un po’ ti si vedono i muscoli da quanto sono profonde le ferite. Che accidenti hai combinato per ridurti così?-
-Mi sono solo bruciata con del brodo, nulla di che, passerà.-     gli spiego provando a fermare le lacrime mentre i due ragazzi mi liberano dalla loro stretta
-Nulla di che? Hai un’ustione di secondo o terzo grado e per te è nulla?-
-Senti…sono affari miei se ho un’ustione anche da quinto grado! Ho detto che sto bene. Voglio solo che mi lasci in pace. E’ così difficile da capire, Taisho?-
-Non esiste un’ustione da quinto grado, si fermano al quarto. Comunque ok, fai quel cazzo che ti pare, sapessi che mi importa! Andiamocene ragazzi.-     dice agli altri, lasciandomi finalmente sola
Per stavolta l’ho scampata dall’essere scoperta, ma devo disinfettare subito le ferite o sarò nei guai, guai davvero seri. Non è la prima volta che mi ritrovo a curare delle ustioni, ma non sono mai state così estese. Accidenti!
Aspetto sul terrazzo che suoni la campanella che segna la fine della pausa pranzo. Mi assicuro che non ci sia più nessuno nei corridoi e mi fiondo al mio armadietto dove tengo delle bende e una casacca di riserva. Quell’imbecille me l’ha rovinata, come farò adesso a fare cambio quando quest’altra si sporcherà? Dovrò richiederne un’altra. Quanto ti odio Taisho! Tu sia dannato, Insieme quel maledetto di mio padre! Sembra che il genere maschile ce l’abbia con me, anche se non ne capisco il motivo!
Rifasciato il braccio metto la divisa ed esco dal bagno. Inutile ritornare in classe adesso, tanto vale che me ne vada fingendo un malore. Dopo aver ottenuto il permesso dal preside esco, ma decido di andarmene nel mio posto preferito. Non voglio tornare a casa.
Non siamo nella stagione della fioritura dei ciliegi, però mi piace ugualmente starmene seduta qui, sotto questi imponenti alberi che sembrano guardarmi e, in un qualche modo, proteggermi. Certo non mi proteggono da pugni e calci, ma dall’impazzire davvero sì. Mi tengono coi piedi per terra. Questo luogo è l’unico sottile filo con mia madre, l’unico filo di lucidità che mi tiene ancorata in questo mondo.
Alzo la testa per guardare tra le fronde degli alberi, mosse dal leggero vento autunnale.
-Mamma...mamma ti prego, aiutami tu, o non arriverò viva ai vent'anni. Ti prego proteggimi da quel mostro ancora per un po’. Dammi la forza di resistere.-        le chiedo nuovamente in lacrime, unendo le mani in una piccola preghiera
Persa in quella dolorosa richiesta d’aiuto non mi accorgo di qualcuno che mi osserva, nascosto fra i cespugli. Qualcuno che un giorno potrebbe salvarmi da tutto questo…mandato da me come in risposta alle mie implorazioni.
 
 
 









 
 
 
Che cavolo ci faccio con una nuova (l’ennesima) storia quando ho da finirne altre quattro? ^^’ eeeehhhh……..non so che dire in mia discolpa……perdono perdono perdonoooooooo!!!!!! Anzi mi sono trattenuta dal pubblicare anche le altre che mi frullano in testa da parecchio ^^’
Posso dirvi almeno che questa non la prevedo troppo lunga…almeno spero.
Come avrete intuito abbiamo altri temi delicati (che fantasia eh?) anche abbastanza attuali e che riempiono le cronachr degli ultimi anni. Non sarà un marito/compagno a picchiare la moglie/compagna….ma sempre violenza domestica sarà. Al tema del bullismo non dedicherò molto tempo oltre quello che avete letto in questo capitolo, non voglio narrare esattamente di quello, per quanto trovo sia la cosa più vile che esista, sinonimo di immaturità e inesistente educazione data dai genitori. Questa gente non merita di vivere per me, perché chi fa il prepotente con chi è indifeso e fragile non è altro che immondizia della società che occupa ed inquina aria preziosa per chi la merita.
Detto questo…vi sembreranno parole scontate e inutili le mie però (mi rivolgo al genere femminile) non lasciatevi mai alzare un dito! Non perdonate un uomo che vi da schiaffi e poi chiede perdono, perché lo farà sempre e per sempre, fino ad uccidervi. Inutile girarci intorno, gli uomini violenti finiscono con l’uccidere e non cambieranno mai.
Passiamo alla foto (che non credo metterò ad ogni capitolo)…che c’azzecca direte? Questa storia è nata da quell’immagine (immaginate quanto sto messa male XD) ho immaginato Kagome e sua madre passeggiare lì, tra gli alberi di ciliegio  e poi è venuto il resto…ed ecco la nascita del titolo “la via dei ciliegi”  che scemenza vero? XD ma non è un mistero che sono mezza fusa, abbiate pietà ^_^
Ok me ne vo prima che mi prendiate a sprangate ^^'  
Baci baci Faby <3 <3 <3 
 

 
   
 
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