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Autore: Cyber Witch    07/11/2014    12 recensioni
“La società in cui si vive è perfetta fino a quando si pensa conformi alle regole che hanno posto, persino le eccezioni sono calcolate. Hanno già programmato tutto, sanno quello che farai in base alle scelte che hai preso una volta. L’unico modo per stupirli è fare quello per cui non hanno preparato una soluzione.”
*
Guardiamo la città bruciare dall'alto del mondo.
[sfogo momentaneo, non mi scuserò per quello che avete appena letto]
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga, Videogioco
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Sto modificando la grafica di tutte le mie storie,
niente di quello che è stato scritto verrà toccato a parte gli errori

Ringrazio tutti quelli che l'hanno letta e che mi hanno aiutata. Vi si ama.




🔥Let’s watch it burn🔥

La città è così carina stasera...
vuoi bruciarla con me?











Si era svegliata di nuovo, quella mattina, ad un orario improponibile. Si chiese perché mai la sveglia non fosse suonata, ma il dubbio si risolse in fretta quando si ricordò della fine che la suddetta avesse fatto appena un giorno prima.
Scaraventata all’infuori dell’appartamento in uno dei suoi sfoghi. Quella sera Ninetales si era rifiutata di entrare nella Pokéball e si era addormentata nel suo letto.
Quando fu pienamente cosciente delle sue facoltà fisiche scostò le coperte scaraventandole dall’altra parte della stanza. Poggiò i piedi nudi sul pavimento e rabbrividì, sentendo il freddo salirle direttamente ai polpacci per poi invaderle tutto il corpo.
Il sole, nonostante tutto l’allarmismo che l’aveva destata, non era ancora sorto e faticava a vedere la mobilia nella stanza. Si mosse a tentoni, cercando di non inciampare nelle varie paia di scarpe che aveva sparse nella stanza o di battere le dita dei piedi in angoli che parevano spuntare ogni giorno in posti diversi.
Accese la luce, socchiudendo subito gli occhi per la troppa intensità del neon che percorreva il perimetro del soffitto e illuminando la stanza di un’asettica luce bluastra.
Riuscì a scorgere il suo riflesso nell’immensa vetrata che fungeva da parete laterale alla sua camera da letto e sospirò: era terribilmente stanca.
Pallida, gli occhi infossati e le guance che avevano perso la loro classica paffutezza. I capelli castani erano crespi e raccolti in una coda scomposta. Era dimagrita tantissimo.
Non si piaceva, non più oramai.
Sbatté due volte il piede sinistro per terra, sbuffando e trattenendo a stento le lacrime.
« Ho vent’anni, te ne rendi conto Nine? » domandò con voce gracchiante.
La gola le doleva, respirare era diventata una tortura. Ninetales le si avvicinò, strusciando graziosamente la testa contro la coscia della ragazza.
« Non sopravvivrò un’altra settimana, qua dentro... » mormorò, carezzando il Pokémon dietro le orecchie.
La volpe guaì, sospingendo la ragazza verso il bagno, nel tentativo di distrarla e farla riprendere.
Si avvicinò alla piccola porticina scorrevole che portava alla toilette passandosi una mano sul volto come per cancellare tutti i pensieri negativi che aveva in testa.
Si preparò velocemente, evitando di entrare nella doccia e limitandosi solo a rinfrescarsi. Quando uscì dalla stanza per entrare nella camera da letto il sole aveva iniziato a farsi vedere dietro il Grattacielo Nero e lei capì che non sarebbe mai riuscita ad arrivare al lavoro in tempo se continuava con quel ritmo.
Prese il primo completo che trovò nell’armadio e senza pensarci se lo mise. Raccolse poi i capelli in uno chignon alto per contenerne almeno un po’ il disordine e prendendo la borsa con la Pokéball di Ninetales si avviò verso l’uscita dell’appartamento.
Il Pokémon dalle nove code la seguiva pochi passi indietro, osservando le gambe magre dell'umana avvolte dai pantaloni grigi che avanzavano percorrendo strade conosciute a memoria, meccanicamente.
La strada era piena di volti tutti uguali, senza parvenza di qualche emozione. Raramente si trovava qualche bambino nella Città Nera, erano tutti lavoratori impegnati e i pochi allenatori che giungevano non rimanevano mai.
Tutti quei corpi si muovevano in maniera alienata, come tirati da fili invisibili a compiere azioni delle quali non erano nemmeno coscienti. Respiravano la stessa aria, convivevano, eppure lei non avrebbe saputo riconoscere un suo collega di lavoro all’infuori dell’ufficio.
Il tragitto fu breve, non si rese conto di essere arrivata al Mercato Internazionale fino a quando non sentì l’annuncio che partiva ogni mattina alle otto in punto.
« Le trattative sono aperte anche oggi. Per un mondo più unito il Mercato Internazionale è pronto a servirvi » la voce registrata di una giovane donna ripeteva sempre la stessa frase, sempre con la stessa intonazione, sempre con le stesse bugie.
La ragazza inserì la scheda elettronica dentro il lettore ottico e vide la sua intera vita proiettata su uno schermo.
« Lara, anche oggi in ritardo? » chiese un suo collega, con in mano un bicchierino di plastica ripieno del disgustoso caffè che le macchinette vendevano agli impiegati.
Lara faticò a riconoscere l’uomo che le aveva posto la domanda e se non lo mandò a quel paese fu solo perché in lui riconobbe il direttore commerciale estero.
Preferì liquidare la conversazione con un semplice cenno del capo e dileguarsi verso la sua scrivania.
Nonostante il lavoro di segretaria fosse uno dei più sottovalutati nella Città Nera le fruttava abbastanza da permetterle di vivere dignitosamente e di concedersi anche qualche svago. Non che le servissero.
Non frequentava alcuna compagnia là dentro, si conteneva a respirare e tirare avanti, limitando al minimo i rapporti con altri umani.
Delle volte si chiedeva cosa l’avesse spinta ad intraprendere quel viaggio senza ritorno nel paese dei balocchi.
Poi se ne ricordava: la paura della delusione. La delusione che vedeva negli occhi dei genitori quando vedevano la rassegnazione che Lara portava con sé. Troppo cagionevole di salute per intraprendere un viaggio da allenatrice. Sempre troppo poco per fare quello che i suoi genitori avrebbero voluto che facesse.
E se non poteva avere fama allora avrebbe avuto i soldi e avrebbe fatto vedere ai genitori chi era meritevole dell’orgoglio che mai le avevano dimostrato.
Si sedette alla scrivania, sistemando delicatamente tutte le pratiche che ancora venivano scritte a mano dalla ragazza, quando aveva gli occhi troppo stanchi per starsene a fissare il monitor di un computer.
Ninetales era sotto il ripiano di legno a pisolare, con la testa messa sopra le zampe incrociate e la cassa toracica che si espandeva e contraeva tranquillamente.
“Ma che cosa ci fai ancora qua?”
Lara alzò la testa dal foglio di carta che aveva sotto gli occhi e si guardò attorno. Tutte le persone nell’edificio erano esattamente nella sua stessa posizione, chini sopra tastiere o fogli.
“Non otterrai niente. Ti stanno rinchiudendo. Loro lo sanno. Vogliono solo controllarti, hanno paura.”
Questa volta ne era sicura, non poteva essersi immaginata tutto quel tartaglio di parole nella sua testa, smorzate solo dal rumore del silenzio che aleggiava nell’ufficio.
“Il controllo è ciò che esercitano, dandoti la libertà di pensiero. Ma puoi pensare solo a due cose: la fama ed i soldi.” Continuò.
La castana decise di riprendere il suo lavoro, accavallò le gambe e si rimise a trascrivere numeri e a controllare firme su firme.
“La società in cui si vive è perfetta fino a quando si pensa conformi alle regole che hanno posto, persino le eccezioni sono calcolate. Hanno già programmato tutto, sanno quello che farai in base alle scelte che hai preso una volta. L’unico modo per stupirli è fare quello per cui non hanno preparato una soluzione.”
Questa volta Lara alzò la testa e si diresse verso il bagno, lasciando Ninetales a dormicchiare beatamente.
Chiuse la porta bloccandola, poggiandosi poi contro di essa.
« Cosa stai dicendo? Chi sei? » domandò scettica.
“Sai perché tutte le ribellioni sono fallite? Perché erano già state programmate. Tu sei l’unica che ancora può farcela. Non ti hanno tenuta sott’occhio, ti reputano troppo debole.” Le sibilò.
« Chi diamine sei tu per dire certe cose? » sbottò, guardando verso l’alto.
Lo chignon iniziava a disfarsi e alcune ciocche ai lati della testa fuoriuscivano disordinate.
“Puoi cambiare, puoi far vedere loro che non sei debole. L’unico modo è stupirli.”
Lara sospirò, passandosi (per l’ennesima volta) una mano sul volto.
« Ti ascolto... » disse, anche se era sicura che la voce sibilante già sapesse quel che voleva dire.
“Lara, guarda questa città bruciare dalla cima del mondo. Sarà solo l’inizio, ma ci vuole qualcuno che fomenti la rivolta.”
« Ma perché mai dovremmo rivoltarci? »
“Lara, non lo vedi?! Non vedi come ti stai riducendo? Come si stanno riducendo tutti quanti? Persino i Pokémon ne risentiranno, di questo passo.” Intimò la voce.
La castana socchiuse gli occhi e si lasciò cadere verso il terreno.
« Come? »
“Il come spetta a te. Hanno tessuto una bandiera di odio che ora sventolate senza timore, trova il filo giusto e tiralo. Si smaglierà da sola.” Detto questo la voce sparì e lasciò Lara sola a rimuginare su ciò che aveva appena sentito.
« Se proprio dovrò morire, morirò con le ceneri di questa merda nei miei polmoni... » mormorò per poi alzarsi.
Raggiunse tranquillamente la sua scrivania, per poi svegliare Ninetales e portarla con sé fino al Grattacielo Nero, proprio davanti al Mercato Internazionale.


 
🔥



L’aria fredda le faceva male ai polmoni e nemmeno il rassicurante calore che Ninetales aveva riusciva a tranquillizzarla del tutto.
La voce aveva ragione. Non aveva avuto alcuna difficoltà nell’aprire le riserve di gas che il Grattacielo Nero aveva nelle fondamenta, né tantomeno le guardie le avevano proibito di salire fin sul tetto.
Si era posizionata davanti alla bocca di ventilazione dal quale il gas caldo fuoriusciva. Stava aspettando che l’intero edificio fosse pregno della sostanza per dare vita al suo piano suicida.
« Guarderò questa città bruciare, vedrò le nuvole piangere sangue e i cadaveri per le strade... » mormorò, i capelli ormai sciolti.
Ninetales la guardò sicura, strusciandosi di nuovo contro la coscia di Lara.
« Promettimi che se mai ci fosse una piccola possibilità di salvarti lo farai, Nine. » chiese la ragazza.
Il Pokémon osservò i tratti magri della castana e scosse la testa. Il suo verso fu il più straziante di tutti. Una sorta di “se moriamo, lo facciamo tutte e due”.
« Avanti Nine, usa lanciafiamme. »
Poi un’esplosione.


 
🔥



Quando il postino arrivò a casa dei genitori di Lara aveva una sola lettera per loro ed era della figlia.
Era scritta a mano, cosa assai rara di quei tempi.
Il padre l’aprì, sistemandosi poi gli occhiali per leggere alla moglie il contenuto della missiva.


Cari genitori,
In questi due anni non ci siamo sentiti, ho voluto tagliare tutti i ponti con voi fino al momento in cui non fossi stata certa che avrei avuto la vostra approvazione.
Volevo essere la figlia perfetta, quella per cui avete tanto lottato. Quella a cui non avete mai donato niente, sperando di farla migliorare.
Beh, ci siete riusciti.
Finalmente ho scoperto la ragione per cui sono qua, ho scoperto perché non sono mai stata in grado di soddisfarvi appieno.
Probabilmente morirò, ma non mi interessa. Il mio cadavere verrà ritrovato con un grande “fanculo” sulle labbra.
L’unica cosa che hanno conosciuto di me è stata la mia maschera, mamma e papà. E nemmeno voi avete conosciuto veramente vostra figlia, limitandovi a pensare al futuro da fallita che avrebbe avuto. Vi sbagliavate, la fama l'ho trovata, eccome se l'ho trovata.
La città è così bella di sera, perché non la guardate bruciare assieme a me?
Vostra, o forse non più,
Lara.”

 














 
.:.Cyber-spazio.:.
07/11/2014: pubblicata
17/03/2015: modificata


Per puro aspetto grafico sto modificando questa storia, non ho niente da aggiungerci, ringrazio solamente le dodici persone che l'hanno recensita e quelle poche che, effettivamente, ci son state per me.
Cy.



[ qui sotto lascio le note originali della storia nel caso possano interessare lol a chi interessano? ]
Sinceramente non ho niente da dire al riguardo di questa storia, solo che sono scazzata e che ho veramente voglia di bruciare qualcosa.
Non voglio fare moralismi, non voglio pretendere di avervi insegnato una lezione importante, perché di storie come questa ce ne sono a palate. Io ho semplicemente voluto sfogarmi. Quindi, per chiuderla restando in tema: sì, ascolto questi demoni molto più spesso di quanto dovrei, quindi mi limiterò a scrivere perché non voglio parlare.
(che poi io sarei anche logorroica, ma shhh)
Un inchino,
Caprico. (Ora Cy)

 
  
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